lunedì 17 settembre 2018

LE ALTERNE VICENDE DELL’ALTERNANZA SCUOLA-LAVORO


Il Ministro dell’Istruzione Bussetti ha annunciato che le ore di alternanza scuola-lavoro negli istituti superiori verranno diminuite, in misura diversa a seconda degli indirizzi di studio. Nei licei sembra certo che verranno dimezzate (da 200 a 100), per gli istituti tecnici potrebbero forse essere ridotte da 400 a 300, per i professionali la riduzione potrebbe essere solo del 10%. Il Ministro ha motivato questa decisione con le notevoli difficoltà che molti istituti hanno incontrato nel realizzare esperienze realmente qualificate, pur riconoscendo che ci sono state diverse positive eccezioni. La cosa non ha suscitato reazioni di alcun tipo nei partiti che aveva istituito l’alternanza.
A distanza di tre anni dall’approvazione della Legge 107 è senz’altro opportuno fare il punto di questa esperienza, ma una volta di più la decisione di cambiare, almeno a quanto ne sappiamo, non è accompagnata da una spiegazione articolata, né sembra poggiare su una sistematica raccolta e su una accurata analisi di dati, tale da consentire una seria valutazione dei risultati nei diversi indirizzi di studio. Il ministro ha fatto anche un accenno al rischio di “apprendistato gratuito”. Sarebbe utile capire che cosa intendesse dire esattamente; e comunque l‘eventuale problema si dovrebbe affrontare con opportuni controlli e con cambiamenti delle linee guida, non riducendo le ore.
Cerchiamo comunque di fare il punto della situazione. La vera e propria alternanza scuola-lavoro consiste nell’“alternare” l’apprendimento scolastico di una professione a un tirocinio pratico presso un’azienda (uno studio, un ente) relativo alla professione stessa. Riguarda quindi gli istituti tecnici e professionali e, se ben condotta, può essere di grande utilità. Lo dimostra, tra gli altri, l’esempio tedesco, anche se non trasferibile integralmente in Italia. Nei licei, in particolare il classico e lo scientifico, che per definizione sono propedeutici a studi universitari, non sarebbe quindi appropriato definire “alternanza” una serie di esperienze lavorative o di informazione in loco su alcune professioni o attività di vario genere. Sarebbe più logico che i liceali ne potessero usufruire all’università, quando in genere sono più delineati i possibili sbocchi professionali degli indirizzi di studio. È vero che in certi casi le esperienze attualmente proposte possono costituire, se correttamente impostate, un utile momento formativo sul piano della crescita personale. È anche vero però che spesso non contribuiscono all’approfondimento delle materie curricolari, mentre sottraggono tempo a un già contenuto monte ore di insegnamento; e la cosa ha suscitato numerose lagnanze fra i docenti di queste scuole. Si tratta peraltro di una critica analoga a quella che è stata rivolta al moltiplicarsi dei progetti extracurricolari, con relativa erosione delle ore di lezione.
Almeno per i licei, si potrebbero salvaguardare sia il tempo scuola che la possibilità di vivere esperienze formative (che siano veramente tali) collocando queste ultime nel periodo estivo o nel pomeriggio. Sarebbero da privilegiare le attività di volontariato, soprattutto nelle associazioni che si occupano di servizi alle persone. Al contrario di quanto accade nel rapporto col mondo del lavoro, in cui non c’è sempre la convenienza – e quindi una reale disponibilità – a ospitare degli studenti, qui si possono incontrare realmente le necessità formative dei ragazzi e le esigenze delle associazioni. In altre parole, è più facile che ci sia un reale interesse reciproco. Si tratta inoltre di esperienze che possono far crescere i ragazzi sviluppando in loro il senso di responsabilità e la sensibilità sociale.
Per i professionali e i tecnici (ma anche per i licei artistici) l’alternanza appare essenziale (anche se andrebbe inserita in modo più armonico nei piani orari), ma si dovrebbe tenere ben presente anche la fondamentale importanza dei laboratori come luogo di apprendimento e quindi la necessità del loro potenziamento in qualità e numero di ore. Relativamente ai professionali, con la recente riforma si è purtroppo persa l’occasione di ridimensionare il numero e il monte orario delle lezioni teoriche, aumentando allo stesso tempo le ore di laboratorio. Viene invece scaricata sulle scuole la responsabilità di utilizzare la flessibilità per ottenere questo risultato, ma sappiamo bene che le resistenze dei collegi renderanno la cosa estremamente difficile.

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