Gentile dottor Vinciguerra,
gli ultimi due numeri di “TuttoscuolaFOCUS” trattano ampiamente di
una proposta dell’Associazione TreeLLLe, che vorrebbe sperimentare in cento
istituti superiori due ore settimanali di una nuova forma di educazione alla
cittadinanza, basata non su lezioni teoriche, ma su “attività con contenuti interdisciplinari e
modalità didattiche interattive. Esempi: giochi di ruolo, discussioni su spunti
di cronaca, attività di volontariato, elaborazione di filmati, dossier, etc.”.
Nei paragrafi dedicati al problema c’è
un importante riferimento ai sistemi educativi orientali, che danno grande peso al comportamento, all’impegno, al
rispetto dell’autorità, valori “che
vengono addirittura prima delle conoscenze e competenze, a differenza di quanto
accade nel mondo occidentale”. E hanno ragione loro, perché si tratta dell’indispensabile
cornice in cui l’apprendimento raggiunge al meglio i suoi obbiettivi. Ma anche
chi visita le scuole in molti paesi del nord Europa ha ottime possibilità di
trovare un clima così tranquillo e operoso da sbalordire il visitatore italiano.
È semplicemente impensabile raggiungere
mete analoghe a quelle indicate solo con la reintroduzione dell’educazione
civica, sia pure nelle forme della didattica attiva (che personalmente ho
spesso adottato da insegnante della materia alle medie, con indagini sul campo,
raccolta di dati, discussioni guidate). L’educazione “alla cittadinanza” la si
costruisce prima di tutto con l’educazione propriamente detta, quella che in
prima battuta compete alle famiglie, purtroppo disorientate da teorie
pedagogiche permissive che hanno fatto più danni della grandine. Si tratta di
un costante allenamento al principio di realtà, che gradatamente fa acquisire
le “competenze sociali e civiche” e che dovrebbe consegnare alla scuola dell’infanzia
bambini già sostanzialmente educati, cosa che purtroppo raramente succede. Quanto
poi alla scuola italiana e a chi la dovrebbe indirizzare, sono decenni che, in
perfetta sintonia con quanto accade nella società, è in corso una vera e
propria delegittimazione – anche a livello lessicale – della serietà, del rigore,
del rispetto delle regole in nome di un “dialogo”, che spesso non è altro che
abdicazione al proprio ruolo. E soprattutto vi perdura l’ostracismo per le
sanzioni, di cui si nega in radice il valore educativo. Di conseguenza in molte
scuole si può fare quasi tutto – dal disturbo continuo alla lezione agli
insulti agli insegnanti, dalle occupazioni all’imbroglio nelle verifiche e agli
esami – senza incorrere in un adeguato provvedimento disciplinare. E questo
perché ancora si associa qualsiasi sanzione all’autoritarismo, mentre si tratta
di garantire a tutti i ragazzi, compresi quelli che per tanti motivi hanno più
difficoltà a comportarsi bene, la percezione del confine tra ciò che si può e
ciò che non si può fare. È in questo senso che Massimo Recalcati parla di un
“diritto a essere puniti”.
La conferma che quello “buonista” è ancora l’orientamento
culturale prevalente nella riflessione sulla scuola viene proprio dal
contributo che “Tuttoscuola” ritiene di offrire al dibattito aperto da
TreeLLLe: “Offriamo una ipotesi alla discussione: la sostituzione
del reperto storico del ‘voto di condotta’ con la valutazione collegiale (anche
non numerica) del livello di global citizenship [!] progressivamente
raggiunto dallo studente”.
È davvero paradossale: in un testo tutto teso al recupero della “dimensione dei valori (norme morali,
comportamento sociale, riconoscimento e rispetto dei ruoli ecc.)” il
“reperto storico” che si vuole abolire (ma l’estensore si è trattenuto, stava
per dire “archeologico”) è il più importante passo avanti degli ultimi anni (e
quasi l’unico) verso una scuola più esigente nel rispetto delle regole. E si
tratta, guarda caso, di una sanzione, perché con il cinque in condotta alla
fine dell’anno non si può essere ammessi alla classe successiva. Un esito
estremo, che però costituisce un deterrente proporzionato alla gravità di
comportamenti effettivamente registrati anche di recente, come le occupazioni di
scuole a lungo sequestrate da un’infima minoranza di studenti, con gravi danni
erariali e al diritto allo studio. Non ci può essere scuola seria, né una
società giusta senza la possibilità di punire chi viola gravemente o ripetutamente
le regole della civile convivenza. Come lapidariamente scrive Leonardo da
Vinci, “Chi non punisce il male, comanda che si faccia”.
Cordiali
saluti,
Giorgio
Ragazzini
Per il Gruppo di Firenze
State attenti. Questa gente ce la sta mettendo tutta per distruggere la scuola. Opponetevi con forza: stanno entrando a gambe tese dove prima non erano ammessi portando ovunque le loro velenose metastasi.
RispondiEliminaI permissivismo è il loro modo di guadagnarsi il consenso degli studenti e dei vari pedagogosinistri. Potranno così procedere sempre più indisturbati nella loro opera di fabbricatori di schiavi consenzienti.
RR
Intanto proliferano i progetti e girano i quattrini a go go. Per chi li sa intercettare e motivare.
RispondiEliminaIeri, in un consiglio di classe ordinario, si è parlato delle'eventualità di sospendere alcuni alunni per i loro comportamenti, naturalmente indicendo (si può immaginare con quanta gioia da parte di tutti) l'apposito Consiglio straordinario previsto dalle norme. La coordinatrice ha opposto un netto rifiuto, affermando che in una classe parallela si era impiegato oltre un mese per svolgere tutta la procedura prevista, dal Consiglio straordinario sino al consenso (dato a denti stretti, secondo quanto diceva la collega) della Dirigente, sicché il provvedimento era arrivato a freddo, quando ormai era di fatto inutile.
RispondiEliminaIl non rimpianto ministro Luigi Berlinguer e i suoi consulenti, a mio parere, erano ben consapevoli di quello che facevano quando introdussero, con il loro Statuto, procedure degne della giustizia penale.
Iniziò allora la distruzione della scuola, ora la si sta solo completando. Poi, per tacitare l'opinione pubblica e nascondere le vere cause del male, il sistema mediatico getta la colpa sul fatto che "non si insegna più l'educazione civica".
Non sono d'accordo. Per arrivare ad un provvedimento di sospensione è sufficiente una settimana, purché i docenti siano concordi. Non si può dare la colpa solo a Berlinguer. L'atteggiamento antieducativo appartiene ad una parte importante del mondo scolastico,
RispondiEliminaPer quanto mi riguarda, sono tanto convinto dell'importanza della questione che faccio parte della Commissione di Garanzia della mia scuola, ho accettato non appena la Dirigente me lo ha proposto, mentre è raro che io sia disponibile a svolgere incarichi aggiuntivi.
RispondiEliminaUn provvedimento preso in una sola settimana, però, non l'ho mai visto, e la semplice convocazione del consiglio di classe straordinario l'ho sempre vista richiedere molto più tempo, trattandosi di mettere d'accordo una decina di colleghi che hanno orari di servizio completamente diversi e debbono tutti riprendere o accompagnare figli o nipoti da questa o quell'altra parte, in una scuola che, per di più, non sempre è aperta tutti i pomeriggi, data la scarsità del personale ATA.
Personalmente sono convinto, e credo di avere fondati motivi per questa convinzione, che l'intento nel complicare così l'assunzione dei provvedimenti fosse proprio quello di ostacolarli, e che con tale intento sia stato formulato lo statuto di Berlinguer nella parte riguardante la questione.
Il che non vuol dire dare solo la colpa a lui, la colpa non è mai solo di una persona o di un gruppo di persone.