venerdì 7 marzo 2014

INSEGNANTI E ALLIEVI: LE CONSEGUENZE DELL' AMICIZIA

Nella sua rubrica settimanale sul "Corriere Fiorentino", Antonella Landi racconta perché abbia deciso di "fare la guerra" ai propri allievi, nel loro interesse, per scongiurare una deriva da "quasi amici" risultata perniciosa per l'apprendimento. Leggi.

26 commenti:


  1. Viste preferenze e scelte editoriali di quella obiettiva, imparziale e documentata gazzettina, è strano che oltre che "lampo" e di "logoramento" la "guerra" di questa signora -che deve saperne di guerra vera e propria quanto chi scrive sa di lingua swahili- non sia stata definita anche "santa".

    O crociata, già che ci siamo; crepi l'avarizia.

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  2. bella pagina di giornalismo e di umanità e, vorrei dire, di vera pedagogia.

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  3. Mah, l'unica cosa che mi viene da commentare è: "ma che, se ne accorge adesso?"

    Eppure io stessa credo di essere un'insegnante molto meno inquadrata della media, disponibilissima a un linguaggio abbastanza informale, alle divagazioni culturali al di fuori del programma della mia materia, ai commenti liberi sulle questioni di attualità, di cronaca e di politica, all'ascolto di sfoghi su problemi personali, e alle battute di spirito.

    Ma nonostante questo, MAI e poi MAI, in tutti i miei anni di insegnamento, mi è passato per la testa di distribuire a man bassa agli studenti i miei recapiti privati per incoraggiarli a scambiare con me alla pari messaggini affettuosi e telefonate divertenti.

    Anzi, se anche mi fosse mai passato per la testa di farlo, sarei stata comunque fermata da un istintivo ritegno, dando per scontato che sarebbero stati LORO a sentirsi imbarazzati per primi, non avendo nessun interesse a coltivare un'amicizia personale chiassosa e goliardica con una signora di mezza età che fa una vita abissalmente diversa dalla loro, e che ogni tanto deve pure interrogarli :)

    E tengo molto a ripetere che questo non c'entra NIENTE con la mia istintiva disponibilità ad ascoltare eventuali confidenze personali o richieste di consigli al di fuori del programma scolastico, o anche a farsi una bella risata insieme quando è il caso.

    L.

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  4. Io trovo sempre molto bello le persone, soprattutto se fanno la professione di insegnante, che si mettono in discussione e che rivedono costantemente il loro modo di rapportarsi con gli allievi e con la propria funzione.

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  5. Io trovo sempre molto bello le persone, soprattutto se fanno la professione di insegnante, che si mettono in discussione e che rivedono costantemente il loro modo di rapportarsi con gli allievi e con la propria funzione.

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  6. Ho letto l'articolo della Landi, che condivido nella sostanza, anche se non mi pare che questa docente si comporti esattamente come scrive qui: leggendo il suo blog si vengono a scoprire certi suoi atteggiamenti molto confidenziali con gli studenti, da "amica" più che da insegnante. Sono d'accordo invece con quel che ha scritto Paniscus: un buon insegnante, a mio parere, deve essere disponibile ad ascoltare i problemi dei suoi studenti, a dare loro conforto, a evadere qualche volta dallo stretto programma scolastico. Ma questo non deve comportare un'eccessiva confidenza con i ragazzi: l'amico, il genitore, il docente sono tutti ruoli diversi, e ciascuno deve restare nel proprio ruolo: altrimenti succede quel che dice la stessa Landi, cioè che gli studenti, vedendo nel professore un "amico", ne approfittano per evitare i loro doveri e per perdere il senso del rispetto verso l'insegnante che invece non deve mai mancare. Io mi definisco un "prof. all'antica", nel senso che non do confidenza ai miei studenti, non vado a cena con loro e neanche in gita; ma ciò non significa che non sia loro affezionato o che non cerchi di dare tutto ciò che posso dare e di ricevere altrettanto dai ragazzi. E ricordiamoci anche di un'altra cosa: che il rispetto deve essere reciproco, nel senso che anche il docente è tenuto a non urtare la sensibilità degli studenti e non fare mai osservazioni che possano essere prese come offensive. Il rispetto è tutto; ma di amicizia non si parla proprio, né tanto meno di dare ai ragazzi i propri recapiti telefonici o altro.

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  7. Viviamo in un'epoca in cui è necessario ribadire l'ovvio, perché si è smarrito il senso di una elementare e salutare distanza tra il mondo privato dei ragazzi e delle loro amicizie e quello della scuola, che fa, appunto, un altro mestiere.

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    1. Per motivi personali e una mia eccentricità l'anno scorso ho dato molta confidenza agli allievi. Nulla di grave, tutte buo e intenzionalità al punto che di fatto questo non ha comportato nulla sul piano disciplinare. Mi spiego, nulla di strano solo che per una sorta di ipertrofia relazionale legata ai miei molteplici interessi culturali e a problemi personali ho dato loro molta confidenza. L'ambiente di lavoro era complesso, poco accogliente e mi sono nascosto dietro una grande disponibilità. Ora pare possa fare un dottorato, a parte questo, se non dovesse partire da subito non è meglio cambiare scuola?

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  8. Appunto, l'ovvio...
    Il fatto è che manca completamente il buon senso di capire che il ruolo dell'insegnante non è quello di essere "amico" dei suoi alunni.
    Anche atteggiamenti pedagogici come per esempio quello di abituare gli alunni delle primarie a dare il "tu" invece che il "lei" agli insegnanti (e agli adulti non familiari) è deleterio ai fini educativi.
    Non ci si accorge che in questo modo si abituano i ragazzi alla maleducazione perchè si sa che "la troppa confidenza rompe la riverenza".
    Anche fra adulti vale lo stesso detto.

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  9. I bambini delle elementari non danno del lei alla maestra perché non hanno il concetto di "dare del lei", a nessuno, mica solo alla maestra.

    A me francamente questo sembra solo un normale caso di evoluzione spontanea della lingua, non un segno di chissà quale decadenza dei costumi civici.

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  10. Ho comunque apprezzato molto la condivisione pubblica di una netta correzione di rotta da parte di Antonella Landi. Ce ne fossero.

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  11. @paniscus

    Quando ero piccola davo il "lei" alla mia maestra d'asilo, poi a quello elementare (avevo un maestro) e successivamente agli insegnanti delle superiori.
    Lo stesso i miei coetanei.
    Il fatto che ci fosse una distanza psicologica fra noi e "loro" (insegnanti)non ci permetteva di rispondere male e di comportarci in modo maleducato.
    Io penso che la pretesa evoluzione sia stata invece una involuzione: meglio ripristinare le buone pratiche e la buona educazione.

    Certamente Antonella Landi è da apprezzare perchè ha messo in evidenza le situazioni attuali (con relative conseguenze) che si possono creare nel momento in cui si volesse "dare amicizia" agli alunni.

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  12. Io sono nata nel 1970. Non mi risulta di aver mai dato del lei alle maestre d'asilo, né di essere stata forzata dalla maestra delle elementari a dare immediatamnete del lei per una questione di principio.

    Mi pare di ricordare che verso la fine delle elementari lo si faceva, ma appunto, imparandolo gradualmente negli anni, e non venendo forzati fin dall'inizio.

    Semplicemente, esisteva l'idea che il dare del tu a tutti fosse accettabile "per bambini piccoli", e che poi crescendo si cambiava modalità... ma non che fosse considerata una vergogna o un oltraggio da stroncare.

    Questo non mi ha minimamente impedito di arrivare all'età di circa 10 anni perfettamente attrezzata in merito, senza che mi sognassi di dare del tu ai professori delle medie o tantomeno a quelli delle superiori.

    L'idea che "bisogna abituarli immediatamente da piccolissimi altrimenti non imparano più" mi sembra alquanto discutibile, visto che nella mia generazione abbiamo imparato tutti...

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  13. @paniscus.

    Il lei?
    Fin dall'asilo nido.
    I legami tra un atteggiamento poco riverente e il TERRORISMO sono appurati in letteratura: basta con queste confidenze indebite da islamonazinoglobalcomunistanarchici amici di Don Milani e sprezzanti della sorte dei nostri maro'[*]!




    [*] Qualunque cosa siano.

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  14. per il pregevolissimo NSCO:

    Il lei?
    Fin dall'asilo nido.
    I legami tra un atteggiamento poco riverente e il TERRORISMO sono appurati in letteratura



    Ma magari è l'asilo nido stesso che è sovversivo: i bambini a casa con la mamma, hanno da stare!

    Tu scherzaci: su un altro forum c'avrei un'amica (si fa per dire) sostenitrice accanita della casalinghitudine di lungo corso e della simbiosi assoluta tra madre e figlio 24 ore su 24 almeno per tutti i primi tre anni... che è riuscita a sostenere che quelli che sono stati mandati all'asilo nido, poi si drogano :)

    O almeno, la vulgata storica di tale forum recita così... poi è impossibile stabilire se sia stata lei a dirlo davvero o se le sia stata attribuita come esagerazione retorica ne corso degli anni, ma GIURO che qualcuno che lo pensa davvero c'è!

    L.

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  15. Quello che ho desiderato mettere in evidenza è il fatto che abituare fin da piccoli al "lei" serve come una sorta di positivo "imprinting".
    Continuando con il confronto con il mio ieri ricordo che il fatto che sapessi che con le persone adulte dovevo utilizzare un certo linguaggio e comportamenti corretti non mi ha certo impedito il rapporto affettivo con loro.
    Anzi per me era un onore quando mi si diceva una parola di apprezzamento oppure avevo una caramella oppure una carezza.
    Inoltre sia io che i miei compagni ci sentivamo protetti: sapevamo che se qualcuno di noi si comportava male con gli altri aveva matematico il rimbrotto dell'insegnante. Anzi il rimprovero e l'occhiataccia dell'adulto era motivo di vergogna per noi stessi.
    Differente è la situazione di chi oggi bambino o ragazzino si sente autorizzato a far del male al compagno e non si vergogna del rimprovero di chi è adulto e anzi cerca con questi con arroganza lo scontro nel torto, contando sull'appoggio incondizionato dei genitori avvocati difensori.
    il "tu" favorisce tantissimo la posizione di parità fra adulto genitore o insegnante e alunno e spinge a un rapporto di braccio di ferro piuttosto che di rispetto.
    La parola bullismo è per me risuonata molto tardi: direi quando è stato per me il turno di essere io stessa insegnante.

    La mia posizione con gli alunni non si discosta per nulla da quella di Massimo Rossi.

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  16. un caro amico è stato per poco tempo allievo di don Milani e mi diceva che volavano zuppe a go go. Si fossero provati a dargli del tu.

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  17. I Puffi son così,
    ti danno solo il "tu"
    poi puffan su e giù
    e intanto prendono per il sedere lì............

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  18. Sulle zuppe (fiorentinismo)non c'è dubbio: volavano. Sul "tu" non saprei. Ma certo non erano amici. "La scuola è una dittatura che prepara alla democrazia", scrisse il Priore senza giri di parole. Ma i donmilaniani fanno finta che non l'abbia detto.

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  19. i donmilaniani sono ancora dei sudditi nei confronti del priore che evidentemente non fece maturare in loro lo spirito critico. Che ne sappiate, esiste un libro di memorie scritte da uno dei suoi allievi (allieve) sull'esperienza scolastica a Barbiana?

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  20. "La scuola è una dittatura che prepara alla democrazia"
    lo disse anche Mussolini

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  21. Non mi risulta quello che "Mussolini" dice di Mussolini. Aspetto una qualche documentazione in proposito. Si tratta comunque di una delle più sensate affermazioni di Don Milani, che naturalmente non piace ai cultori del buonismo.

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  22. Direi che l'amicizia è stata superata dalla complicità in reato. In un istituto di Finale Ligure quattro ragazzi vengono sospesi perché hanno molestato una compagna. La ragazzina li denuncia. Tre vengono messi ai domiciliari. Dopo un mese tornano a scuola. Festeggiamenti dei compagni: torta e sbicchierata. La ragazzina ha cambiato scuola dopo aver subito una sorta di ostracismo da tutti.
    Dov'è il preside? Dove sono gli insegnanti? E chi sono questi sedicenni che ci circondano?

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  23. @Unknoam
    Gli insegnanti? Il Preside? dove erano costoro?
    Ma semplice! Erano nel tempio del "buonismo" e del "io non so nulla" a fare le vestali dell'illegalità.

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  24. Una delle note umoristiche più apprezzate in questa sede è il continuo ribadire l'importanza della "legalità".
    Che nel "paese" dove mangiano spaghetti significa semplicemente repressione dei poveri e giustificazione dei ricchi.

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  25. Mi sembrano fatti gravissimi. Non ci trovo nulla di umoristico né di classista: tutti i coinvolti appartengono a un ceto sociale medio-basso.

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