Giorgio Israel è stato un acuto e attrezzatissimo critico militante
delle politiche scolastiche degli scorsi decenni e degli ultimi anni in
particolare. Non era però una delle tante voci “contro” condizionate da
ragioni di schieramento politico, spesso con l’aggravante di una conoscenza superficiale
delle cose scolastiche. Israel si distingueva invece per una approfondita
competenza in materia, per
la lucidità unita alla passione e per l’indipendenza
di pensiero anche rispetto a governi da cui pure era stato chiamato a fornire
un contributo di idee in commissioni ministeriali, come nei casi della riforma dei licei e del percorso
formativo dei futuri insegnanti.
Per noi del Gruppo di Firenze, Israel è stato fin dall’inizio un
importante punto di riferimento e un prezioso
sostenitore di tutte le nostre iniziative, a cominciare dalla lettera
aperta del 2008 Scuola, un partito trasversale del merito e della responsabilità, di
cui fu uno dei primissimi firmatari. La presentazione del documento al Liceo
Visconti fu l’occasione per conoscersi anche di persona. Da lì
cominciammo a scriverci e a sentirci per segnalare o commentare l’ennesima
sciocchezza ministeriale, per scambiarci documenti oppure per suggerire lui a
noi qualche iniziativa o noi a lui di intervenire su una questione all’ordine
del giorno.
Israel ha più volte messo in guardia sull’acritica esaltazione delle
tecnologie informatiche (“la faccenda dei nativi digitali è un'immensa bufala,
forse inventata dai venditori di materiali informatici”, ci scrisse una volta).
Ha criticato più e più volte le pretese di valutazione “oggettiva”, per non
parlare delle notissime polemiche sull’Invalsi e sul rischio di orientare
l’insegnamento alla soluzione dei test. Ha difeso il ruolo della scuola pubblica
e combattuto la tendenza a metterla al servizio degli utenti (“la cultura e la
conoscenza non sono prodotti e servizi e nell'istruzione l'interesse sociale e
nazionale deve imporsi sugli interessi specifici”). Ha denunciato “l’ideologia
della sostituzione della scuola delle conoscenze con la scuola delle
‘competenze’ promossa da un network di pedagogisti e di dirigenti
ministeriali”, con la conseguente inondazione di griglie e documenti di certificazione,
fino all’ultimo uscito, in cui “si procede fino all’esclusione di ogni possibile valutazione negativa
del rendimento dello studente”. Sarebbe molto lungo l’elenco completo dei temi
affrontati da Giorgio Israel nei suoi interventi. Ma sarà bene andare spesso a
rileggerli sul suo blog.
Ne sentiremo un po’ meno la mancanza.
Una voce libera e autorevole. Ho commentato molte volte sul suo blog, più di una volta non ha pubblicato i miei commenti e a volte abbiamo anche questionato. La mia stima e ammirazione per lui è sempre rimasta immutabile. Mi mancherà e mancherà a tutti quelli che hanno a cuore le sorti della nostra scuola e della vera cultura, che non è scientifica né umanistica, ma è al di sopra di queste pretestuose ripartizioni.
RispondiEliminaLa prima cosa che mi è venuta in mente, alla dolorosa notizia della sua morte, peraltro temuta, è stata " E adesso?" . Adesso chi potrà, con la sua autorevolezza, la sua chiarezza, la sua competenza, la sua volontà dimostrare sempre che il re è nudo? Attorno alla scuola c'è il deserto, se si esclude Giulio Ferroni.
RispondiEliminaEgoisticamente, questa assenza mi pesa molto, nela modestia intellettivo che ci circonda.
uomo dal brutto carattere purtuttavia di grande carattere
RispondiEliminaMi mancherà tantissimo. La sua intelligenza, la sua appassionata difesa dell'istruzione classica, il suo mettere al centro le passioni, le persone.
RispondiEliminaGrazie di tutte le battaglie affrontate con spregiudicatezza e anticonformismo.
Come dicono gli Ebrei: che la sua memoria sia benedetta.
RR
Ho saputo solo adesso della scomparsa del prof. Israel, con profondo cordoglio. Era un uomo colto, onesto e soprattutto giusto e obiettivo. Gli sono particolarmente grato perche' aveva la mente aperta, tanto da difendere strenuamente il Liceo Classico e gli studi umanistici, nonostante fosse un illustre matematico. Ho commentato piu' volte il suo blog e mi ha sempre risporto con affabilita' e cortesia. Le persone come lui lasciano un segno indelebile nella nostra mente, anche perche' il loro numero, in questa nostra societa' tecnocratica, e' molto esiguo.
RispondiEliminaGilda TV. Sono utili le prove Invalsi? Prof. Giorgio Israel
RispondiEliminagrande persona e uomo libero
RispondiEliminamarco
Addio a Giorgio Israel. Mancherai a tanti di noi
RispondiEliminadi Cristiana Bullita - Ven, 02/10/2015 - 11:54
Giorgio Israel era uno storico della scienza, matematico, epistemologo. A lui l’attuale riforma della scuola non piaceva granché. Non gradiva «la figura del dirigente scolastico [trasformata] in un valutatore autonomo e autocratico», non condivideva «l’esplicita tendenza a ridurre lo spazio delle discipline tradizionali (matematica, storia, scienze, ecc.) a favore di altre competenze digitali e attività pomeridiane extra-curricolari».
Giorgio Israel non piaceva agli intellettuali organici e ai sostenitori di una pedagogia modaiola. Era un critico del «successo formativo garantito» e sosteneva che «la scuola non è un’impresa basata sulla customer satisfaction». Scriveva che «l’Invalsi è […] un centro ideologico che opera sulla base di una serie di assiomi dati per scontati e che sono invece altamente opinabili», che «il test non è un’unità di misura di alcunché», che «quando attribuisco un voto […] non misuro un bel niente, bensì fornisco una stima numerica, con un sistema convenzionale, di un mio giudizio soggettivo» e che «la valutazione è un processo culturale» non riducibile a una tecnica di misurazione. Ai tanti che parlano di “competenze” con spocchia da intellettuali, Israel ricordava che «non esiste affatto una definizione condivisa di competenza», che essa non è, cartesianamente, un’idea chiara e distinta.
Israel affermava che «la scuola forma persone libere, non individui confezionati da un’ideologia tecnocratica». Giorgio Israel mancherà a molti di noi.
CRISTIANA BULLITA
http://www.metronews.it/15/10/02/addio-giorgio-israel-mancherai-tanti-di-noi.html
http://www.gildavenezia.it/addio-a-giorgio-israel-mancherai-a-tanti-di-noi/
Per esempio, mi manca in questo momento. Avrei postato questa tabella sul suo blog
RispondiEliminahttp://www.edscuola.eu/wordpress/?p=66585
e senza dubbio non avrebbe risparmiato uno dei suoi commenti pungenti a proposito di punti come il n. 1 "Propone interventi didattici DA usufruire online", contenente un errore sintattico da matita blu, poiché "usufruire" è intransitivo. O come il n. 13 "Presenta tabelle illustrative sui livelli di valutazione della situazione di partenza dei livelli di apprendimento degli alunni", che francamente all'inizio mi ha fatto pensare a uno scherzo, a una parodia del peggiore gergo buropedagoghese. Chi ci salverà più?
articolo di Gianfranco Morra apparso su Italia Oggi, il quotidiano diretto da Pierluigi Magnaschi.
RispondiEliminaA I , così Platone aveva scritto sulla porta della sua scuola, l’Accademia: «Chi non è geometra (matematico) non entri».
Il primo che avrebbe lasciato entrare si chiamava Giorgio Israel, che l’altro giorno per l’ultima volta ci ha prematuramente e, come sempre, dolcemente salutato. Insegnava matematica alla Sapienza di Roma, ma era nel senso etimologico un vero filo-sofo, un innamorato della saggezza. Egli è sempre stato un campione della cultura europea, della quale sapeva sintetizzare le tre valenze fondamentali.
Senza dubbio quella greca, la scoperta del logos. Un culto della ragione ch’egli tradusse in insegnamento esemplare, in tanti scritti scientifici e in affascinante divulgazione culturale. Un culto da cui derivava la sua indipendenza e la sua tolleranza. Eppure ebbe non poche aggressioni, la più scoppiettante fu quella del collega matematico Giorgio Odifreddi, noto scienziato «progressista» impegnato nella propaganda ateistica (cfr. Perché Dio non esiste, 2010). Questi era stato insignito del premio Peano per la matematica, che già Israel aveva avuto. Fu proprio ciò che lo indusse a rifiutarlo: «Israel è un virulento, un intellettuale da nicchia, una testa calda, un vittimista ebreo».
Poi la religione biblica. Figlio di un sefardita di Salonicco, era nato a Roma nel 1945. Ebreo certo, ma non vittimista. Quando fu presentato il progetto di punire penalmente i negazionisti della shoà, egli (come altri intellettuali israeliti, anche di sinistra, Bauman e Della Seta in testa) vi si oppose: negare Auschwitz era una cretinata, ma non meno lo era punire la libertà di espressione, anche quando fosse male usata. Era un alibi della nostra cultura di regime: una condanna sterile e controproducente dell’antisemitismo per giustificare un diffuso antisionismo filopalestinese (duce D’Alema, ammiratore di Hamas). Israel aveva capito che l’antisionismo non colpiva solo Israele, ma tutto l’occidente. Lo scrisse più volte e ricevette non poche minacce di morte. Nel silenzio interessato dei media della sinistra. Mentre ItaliaOggi, più volte, si schierò dalla sua parte.
Infine la tradizione cristiana, che di quella ebraica è la continuazione, se non il compimento. Egli vedeva nel cristianesimo il più potente collante dell’unità europea. Più volte si schierò contro l’aborto, l’eutanasia e le manipolazioni genetiche. Nel gennaio 2008 la sua università aveva invitato a parlare papa Benedetto XV, poi i padroni della «Sapienza» glielo avevano impedito. Israel difese Ratzinger, docente di università tedesche laiche, che doveva, come ogni altro uomo, essere libero di esprimersi: «Gli intellettuali di sinistra a parole ripetono con Voltaire che occorre battersi perché ciascuno possa dire il contrario di ciò ch’essi pensano, ma poi trionfa il loro fanatismo ideologico».
Questa fedeltà ai valori greco-ebraici-cristiani dell’Europa lo portò a comprendere il fallimento del nostro sistema di educazione. Oggi, mentre trionfa una scienza per lo più meccanicista nel metodo e utilitarista nei fini, la cultura umanistica viene trascurata e marginalizzata.
È un errore. Il vecchio alunno del liceo Visconti di Roma non credeva alla separazione delle due culture e riteneva, anzi, che proprio il predominio della tecnoscienza richiedeva un potenziamento della tradizione umanistica, non in senso strettamente filologico, ma antropologico. Per difendere quei margini di razionalità e di libertà che si stanno facendo sempre più stretti. Proprio mentre un male crudele ce lo ha tolto, arriva in libreria una sua vivace difesa dell’educazione europea: Abolire la scuola media? (Il Mulino, pp. 120, euro 11).
Un conservatore, dunque? Senza dubbio, che sapeva trarre dall’insegnamento del passato uno stimolo per reagire alle banalità del presente e per proporre un rinnovamento nel futuro. Nel solco della intuizione di Tocqueville: «Poiché il passato non illumina più l’avvenire, lo spirito avanza nelle tenebre».