Periodicamente torna alla ribalta la protesta contro i compiti a
casa. Ma è l’ex preside Maurizio Parodi a tener vivo il problema, con una campagna
che in quindici mesi è arrivata a diecimila adesioni (non così tante in
relazione a una platea di parecchi milioni di persone), quasi tutti genitori.
Solo duecento gli insegnanti su 780.000, secondo quanto riferisce oggi “La Repubblica”. Non stupisce questa solenne
bocciatura da parte di chi è chiamato in causa. Non si tratta infatti di una
critica circostanziata ai casi in cui gli alunni vengono sovraccaricati di
esercizi e di pagine di manuale, ma della richiesta di una pura e semplice
abolizione dei compiti nella scuola dell’obbligo: si salverebbero dunque solo
gli ultimi tre anni delle superiori. E per di più colpisce la virulenza del
linguaggio con cui vengono enumerate le motivazioni dell’iniziativa. I compiti
sono inutili, perché sono destinate presto a svanire “le nozioni ingurgitate attraverso lo studio
domestico per essere rigettate a comando”
(sic!); “sono dannosi perché suscitano “odio e repulsione per la cultura”; sono
discriminanti in quanto “avvantaggiano
gli studenti avvantaggiati, quelli che hanno genitori premurosi e istruiti”;
prevaricano il diritto al riposo e allo svago. Sono impropri,
limitanti, stressanti, malsani… Come si possa solo pensare di rivolgersi
utilmente ai docenti italiani trattandoli come una legione di aguzzini è
difficile da spiegare. Ma anche se si potesse fare la tara a questa astiosa
requisitoria, resterebbe il fatto che qui si propone di eliminare una delle
basi della cultura occidentale: lo studio. Né si può pensare che dopo dieci
anni di scuola in cui a casa non si è toccato un libro, né fatto un esercizio
si arrivi al triennio delle superiori bell’e capaci di studiare. Così come non
è possibile suonare uno strumento senza anni e anni di faticose e ripetitive
esercitazioni, né praticare uno sport a un buon livello senza un duro lavoro
per acquisire i fondamentali e tanto meno diventare un professionista in
qualsiasi campo senza “ingurgitare” una gran quantità di conoscenze; e non per
“rigettarle a comando”, ma per farne la materia prima della propria cultura.
La verità è che questo
approccio fondamentalista a un problema che esiste, ma non è la regola, si collega
a una diffusa concezione della scuola ideale, che si vorrebbe basata solo su attività
divertenti e sul gioco, anziché soprattutto sullo studio sistematico e
rigoroso (in misura e modalità adatte alle diverse età); e che con motivazioni analoghe a quelle di questa petizione vorrebbe
eliminare, dopo quasi tutti gli esami, le bocciature e i voti. Una concezione
che già molti anni fa Lucio Lombardo Radice, che pure era sostenitore dell’innovazione
didattica e in particolare delle concezioni attive, la criticava senza mezzi
termini per così concludere: «Vogliamo
sottolineare che un momento non eliminabile, per
un solido sviluppo intellettuale in una direzione quale che sia, per l’acquisizione
di un permanente patrimonio culturale comunque configurato, è lo studio-lavoro,
la lettura-riflessione, lo sforzo di comprensione tenace, l’applicazione
disciplinata, organica, paziente, la faticosa organizzazione della propria
mente e del proprio sapere».
Giorgio Ragazzini
20 commenti:
Mi pare che se ne sia già parlato più volte (anche perchè la petizione è di almeno due anni fa, e quindi non capisco perché mai venga periodicamente ripescata fuori, dandovi molta più pubblicità di quello che meriti), e quindi colgo l'occasione per ribadire quello che ho SEMPRE affermato riguardo a queste storie.
L'ossessione patologica contro i compiti a casa (che ovviamente nasce in ambiente di scuola elementare, quando ancora nessuno pensa a quale tipo di studio individuale sarà richiesto dopo) si spiega in un modo solo, ben riconoscibile: la pretesa di deresponsabilizzazione assoluta DEI GENITORI, e non dei bambini o ragazzi.
Siccome, alle elementari, la stragrande maggioranza dei genitori è convinta che i compiti a casa siano un carico che ricade su di loro e non sul figlio, e pensa sinceramente che NON SI POSSA richiedere ai bambini di studiare ed esercitarsi da soli senza un adulto che li segue passo passo (cosa che a mio avviso è sbagliatissima, ma comunque sta di fatto che la maggioranza dei genitori la pensa così)...
...allora, diventano contrari ai compiti, in assoluto, semplicemente perché sono loro, adulti, che non vogliono la seccatura di dover seguire i compiti a casa dei figli, tutto lì.
Il problema non è che i compiti a casa non vanno bene perché "il pupo si stanca troppo": il problema è che quando il pupo non ha voglia di farli, allora tocca ai genitori rompersi le scatole per farglieli fare, e mettersi in una situazione "impopolare" in cui si deve discutere col figlio per costringerlo a fare qualcosa che non vuole; oppure che, quando il pupo si lamenta che non gli riescono, allora è il genitore che si sente in dovere di sostituirsi a lui.
Se la stessa identica rottura di scatole se la smazzasse qualcun altro e non coinvolgesse i genitori, allora le povere creature potrebbero tranquillamente stare sui libri fino alle 10 di sera, senza che nessuno si preoccupi che "si stanchino troppo".
E infatti proprio quelli che caldeggiano l'abolizione dei compiti, sono solitamente gli stessi che sostengono che "i compiti si dovrebbero fare direttamente a scuola con l'assistenza degli insegnanti" o che caldeggiano il mito surreale delle scuole aperte fino a notte per fare millemila attività integrative e facoltative, ma sempre sotto la responsabilità di qualche adulto e con autonomia zero.
Mi sembra che la cosa rientri perfettamente nella tendenza generale della società a vivere esclusivamente nell'attimo presente, e a pensare solo a quello che "fa sentire meglio in questo momento", senza la minima riflessione sulle sue ripercussioni a lungo termine.
Solo che questa, fino a pochi anni fa, era una caratteristica naturale dei bambini e degli adolescenti, mentre il ruolo dell'adulto era proprio quello di LIMITARE questa tendenza nel bambino e nell'adolescente,e prepararlo gradualmente all'idea di dover ampliare i propri orizzonti temporali... mentre adesso sono proprio glia dulti a rivendicare il diritto di ragionare così e di aspirare solo a quello.
Mio figlio, se non fa mai i compiti a casa, rischia di non imparare mai a studiare per conto proprio? E chi se ne frega, ci penserà fra 10 o 20 anni, l'importante è che adesso, QUI e ORA, questa seccatura dei compiti a casa non ci rovini il prossimo week-end...
Sì, è una mentalità diffusa. Il ragazzo maturerà prima o poi e allora scenderà dal cielo la voglia di studiare insieme con tutto quello che non ha fatto negli anni precedenti. Miracoli come quelli di Padre Pio?
E quella triste figura della Carrozza che incitava i docenti a non dare compiti per le vacanze, la ricordate?
RR
La Carrozza mise intrafinefatta un'ora di geografia nei professionali e nei tecnici. Un'ora alla rinfusa da svolgere a piacere nel biennio. lasciamola perdere per favore che il solo nome mi provoca dolore.
Per i compiti a casa sono invece favorevole ma con moderazione. Molti colleghi ne abusano e rischiano di vanificarli anche perché non li personalizzano come da anni sono abituato a fare con soddisfazione degli allievi.
Da insegnante di matematica alle superiori, dico è impensabile credere che sia possibile un apprendimento significativo solo ascoltandola e di mattina a scuola, a causa della vastità dei programmi rapportata al numero di ore, i momenti di esercitazione non sono certamente sufficienti allo scopo (quando mi daranno 8 ore anziché 4 a settimana a parità di programma forse riuscirò a fare/far fare tutto in classe!); detto ciò, va anche rilevato come la programmazione dei carichi di lavoro di molti consigli di classe sia quasi inesistente: ciascun docente quasi sempre lavora come se ci fosse solo lui e la sua materia, anche perché i momenti collegiali per discutere di didattica sono quasi inesistenti, oberati come siamo nei collegi e nei cdc dagli adempimenti di natura prettamente burocratica.
Infatti: il problema va affrontato pragmaticamente, non con furore ideologico.
Aggiungo che diversi anni fa condussi un'inchiesta nella mia scuola media, distribuendo a tutti i ragazzi dell'istituto un questionario sui compiti a casa. Risultato: molti allievi se la cavavano addirittura con mezzora al giorno e la media, se non erro, non raggiunse l'ora. Almeno per quella scuola, il quadro orrorifico disegnato dal preside Parodi è del tutto infondato. In teoria è giusto concordare il carico di compiti con i colleghi, ma è molto difficile farlo quando sono sette, uno dei quali ha tre materie e uno due.
e quando hanno 15 materie come la mettiamo?
Non avranno quindici materie TUTTI I GIORNI, no?
Nelle materie che hanno pochissime ore alla settimana, normalmente, il lavoro a casa viene assegnato con parecchi giorni di anticipo, e gli studenti sono liberi di organzzarsi su quando farlo. Mi pare piuttosto improbabile che ci siano i carichi mostruosi di compiti in tutte le materie assegnati direttamente oggi per domani...
Sono a favore dei compiti a casa. Ma non potete immaginare la mole di compiti che impone da tre anni a un bambino di terza tempo pieno a non staccare mai. Tornato a casa compiti fino a sera. Sabato e domenica compiti da mattina a sera. Vacanze e mesi estivi compiti tutti i giorni. TUTTI. La situazione è molti diffusa.
"Molto diffusa" proprio non direi, semmai quella che descrivi tu è un'eccezione patologica piuttosto rara. Alle elementari a tempo pieno, la prassi più comune è quella di non dare quasi mai compiti a casa per i pomeriggi dei giorni feriali, ma solo per il fine settimana, tanto è vero che in parecchie scuole i bambini non portano nemmeno lo zaino a casa tutti i giorni, lo lasciano a scuola. E se capita che occasionalmente vengano dati dei compiti per un giorno infrasettimanale (per esempio, consegnare una ricerca o una relazione su un'attività svolta), non sono mai improvvisati dall'oggi per domani, ma programmati con parecchi giorni di anticipo.
E tutto questo, non certo perché "i compiti li abbiano già fatti a scuola", ma proprio perché è normale che al tempo pieno i compiti a casa siano di meno.
Il tempo pieno (al contrario di quello che un sacco di gente pensa, ma è completamente sbagliato) NON E' un doposcuola in cui la mattina si fa lezione "normale", e poi si passa il pomeriggio a "fare i compiti" che sono stati assegnati di mattina.
E' vero che a scuola si fanno attività di consolidamento e di approfondimento in più, rispetto a moduli a tempo più breve, ma non vuol dire che si passino le ore a "fare i compiti", con l'unica differenza che invece di farli a casa si fanno a scuola.
Una situazione in cui al tempo pieno danno compiti a casa tutti i giorni NON E' affatto la norma, ti assicuro.
Purtroppo io ho avuto un'esperienza diversa. Le maestre di mio figlio favorivano attività tipo teatro, Amnesty e uscite didattiche e ci davano da fare a casa i compiti non svolti a scuola in orario infrasettimanale. Dopo otto ore, per i bambini era troppo.
Un'altra situazione assurda è creata dalla settimana corta: sei o sette ore NON permettono di svolgere i compiti per sei o sette materie il giorno dopo.
Stiamo, infatti, perdendo il senso della misura e un ritmo umano dell'esistere.
Il compito a casa è assolutamente indispensabile, gli orari e l'organizzazione sono invece tali da rendere talvolta impossibile il loro sereno svolgimento.
Da questo punto di vista la scuola è molto peggiorata anche solo rispetto a pochi anni fa.
RR
Siete fuori dal mondo, informatevi meglio. Quello che definite eccezione è sempre più regola. Le maestre sono sempre più esaltate.
Lettera a Repubblica: "MA VOGLIAMO DAVVERO DEI FIGLI SMIDOLLATI?"
Leggo di lamentele di genitori o addetti corrivi allo spirito del tempo che esecrano lo studio e il rafforzamento di questo a livello individuale. Da professore e preside in pensione commisero la pochezza italiota di fronte al problema delle nuove generazioni. O vogliamo una scuola di tipo ricreativo e socializzante, e allora dobbiamo abolire cattedre specialistiche, voto, esami, riconvertire gli edifici scolastici a laboratori ludici, rendere opzionale frequenza, scelte culturali, orientamento. O vogliamo una scuola che, come si è sforzata finora, nonostante fosse assillata da perniciose e assillanti iniziative ministeriali, cerchi di istruire, educare e formare, e dare spazio ai capaci e meritevoli. Se tanti giovani laureati formatisi in Italia si inseriscono con merito in programmi di ricerca esteri, non sarà anche merito di chi li ha formati? Tertium non datur. Lo studio personale è essenziale per impadronirsi di un sicuro bagaglio culturale. Si scelga cosa si vuol fare dei nostri figli: degli smidollati divertiti o persone responsabili e competenti? Enio Lucherini
"sei o sette ore NON permettono di svolgere i compiti per sei o sette materie il giorno dopo."
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Alle elementari hanno sei o sette materie tutti i giorni, con compiti diversi per ogni materia, assegnati tutti i giorni direttamente per il giorno dopo?
Mai visto, e i figli alle elementari ce li ho avuti anch'io.
Anzi, uno dei due è ancora alle elementari.
Boh.
Che nella scuola ci siano dei forsennati che si sentono bravi solo se fanno stralavorare anche a casa i propri allievi è fuor di dubbio. Ma la norma mi sembra un'altra: quella di dare compiti con equilibrio e misura.
Per le vacanze e per l'estate sarei per dare compiti anche personalizzati.
Per tornare a chi li dà in maniera scriteriata e fuori da ogni buon senso didattico, ricordo che ci sono i rappresentanti dei genitori che dovrebbero perlomeno intervenire nei consigli di classe e fare la loro parte. Se non la fanno in questi casi a che servono gli organi collegiali? In generale, tuttavia, i forsennati sono una esigua minoranza, almeno da quel che mi risulta, e da sempre sono favorevole affinché i ragazzi a casa approfondiscano o recuperino parti del programma affrontato a scuola. E' pur vero che talvolta si finisce con il respingere e rifiutare le cose che ci hanno costretto a studiare, ma senza averle studiate come si fa poi a recuperarle da adulti?
No, mi riferivo alle medie inferiori (6 ore = 6 materie).
Alle elementari 8 ore tra i banchi a fare (spesso) attività ludiche, con il lavoro vero assegnato a casa per il giorno dopo. Le nostre garbate proteste sono state subito interpretate come desiderio di fare i lavativi. A me è sembrata la cattiva coscienza delle maestre.
Il tempo pieno non ha funzionato.
Adesso, alle medie, l'accumulo di materie impedisce di lavorare approfonditamente!
Chiamiamolo pure effetto paradosso.
RR
Parliamoci chiaro. Il tempo pieno risponde ad esigenze, nobilissime, di carattere sociale e anche per questo è stato fatto di tutto per accreditarlo come modello alto di scuola. Figuriamoci; bambini costretti per otto-nove ore in stanze anguste, senza la possibilità di usare al pomeriggio spazi adeguati ad un lavoro diverso rispetto a quello della mattina, necessariamente improntato all'insegnamento innanzitutto delle conoscenze di base.
Dei bambini piccoli possono senz'altro trascorrere anche nove ore a scuola, ma con l'obbligo di fare, dopo pranzo, quello che tutti i bambini farebbero a casa: un po' di lezioni, ma poi giochi, sport, teatro, laboratori, passeggiate, musei, musica, fotografia, cucina.....
Mio figlio frequenta il tempo pieno e lo caricano lo stesso di compiti a casa. Io e mio marito lavoriamo e tornati a casa dobbiamo fare i compiti con lui perché i nonni non sanno da che parte rifarsi. Le maestre si accaniscono con i bambini e con noi genitori che stanchi morti ci dobbiamo rimettere al lavoro.
Ribadisco il senso del mio intervento: come suggerisce l'adagio latino abusus non tollit usum, non si propone di abolire totalmente i compiti perché ci sono insegnanti che ne danno troppi, né le medicine perché ce n'è un consumo eccessivo, né la polizia perché si verificano gravi episodi di pestaggi e torture, né... né... né... Per tutti gli eccessi e le storture si devono trovare strumenti proporzionati al problema. L'aggettivo "fondamentalista" del titolo si giustifica perché alla critica e alla proposta si preferisce una violenta e volgare criminalizzazione dei compiti a casa e di chi li assegna.
A sentire il livello di certe obiezioni, verrebbe voglia di promuovere un'altra petizione perché venga vietato per legge ai genitori di mettersi a fare i compiti coi figli.
L.
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