Ai primi di maggio si è tenuto a Firenze, presso l'Istituto Salvemini-D'Aosta, un incontro tra dirigenti scolastici degli istituti professionali toscani e l'assessore regionale all'istruzione e alla formazione professionale Cristina Grieco. Quest'ultima ha presentato le novità riguardanti i corsi triennali di istruzione e formazione professionale (IeFP cosiddetti "complementari"). Probabilmente la più importante è la possibilità di iscrizione per i quattordicenni, che non dovranno quindi più aspettare di compiere i sedici anni, cioè il compimento dell'obbligo scolastico. Sono inoltre inclusi nelle possibili scelte anche i corsi professionalizzanti organizzati dai comuni e dalle agenzie formative. Da notare che l'assessore Grieco aveva firmato nel 2011, da preside dell'Istituto Vespucci di Livorno, l'appello di 85 dirigenti scolastici promosso dal Gruppo di Firenze in cui si chiedeva alla Regione Toscana, di avviare, "all'interno di un consistente numero di istituti professionali, la sperimentazione di percorsi triennali di formazione professionale a cui si possa accedere direttamente dopo l'esame di terza media".
Durante la riunione si è anche discusso della attuale situazione degli istituti professionali, con la loro alta percentuale di insuccessi e abbandoni scolastici; e molti dei presenti hanno condiviso una lettera al Ministro Giannini sull'urgente necessità di rivederne l'inadeguato e pletorico quadro orario, dando molto più spazio alle attività di laboratorio. Leggi la lettera al Ministro.
La questione è, in parte, malposta: 1) se delicealizzare vuol dire tollerare che una fascia di giovani non sappia leggere e scrivere allora non sono d'accordo; è pur vero che delicealizzare potrebbe voler dire togliere la seconda lingua straniera e aumentare le ore di pratica professionale. 2) il fallimento dell'istruzione professionale ove ho insegnato per 20 anni è dovuto principalmente alla mitologia errata dell'orientamento alla scuola media inferiore: il ragazzo non sa studiare allora lo mando ad imparare a fare l'elettrotecnico sicchè viene condannato ad un ulteriore fallimento in quanto a una serie di materie complesse se ne aggiungono altre. Si dica con chiarezza che una buona formazione professionale è difficile e faticosa e non è la scuola per gli "scemi"; pertanto prima di tutto gli studenti debbono saper studiare e poi essere orientati. 3) ancor peggio è l'idea per cui un disabile "debba" frequentare l'istruzione professionale in quanto non è in grado di intraprendere altri percorsi con il risultato che il disabile non viene ammesso nei laboratori per ovvie ragioni di sicurezza. 4) fatto grave è l'indirizzare gli studenti stranieri all'istruzione professionale senza alcuna motivazione. Ricapitolo: occorre riformare la scuola media inferiore e l'orientamento, è imprescindibile insegnare bene a leggere e a scrivere. Piero Morpurgo
RispondiEliminaCondivido in toto l'intervento di Piero ma penso che la proposta non sia esattamente in direzione di un immiserimento delle discipline quanto di una riduzione del loro numero a favore di un aumento delle ore laboratoriali. Il problema è capire quali ...
RispondiEliminaCome ho già scritto in un'altra occasione, o però continuo a non capire come si possa conciliare l'idea che i percorsi formativi degli istituti professionali debbano tenersi distanti dalla cosiddetta "licealizzazione" con la tesi per cui non debbano avere dignità inferiore a quella dei licei. Per mantenere un valore formativo adeguato anche al di là delle materie strettamente professionalizzanti, è necessario che i programmi di alcune materie "generaliste", come la letteratura italiana o la storia, siano il più possibile simili a quelli dei licei. La differenza poi rispetto a questi ultimi la fa la presenza di materie come latino e filosofia che negli istituti professionali sono assenti (e direi pour cause, anche se in Francia due ore settimanali di filosofia e solo nell'ultimo anno si trovano anche in questi tipi di scuola). A meno che non si pensi a un modello come quello tedesco, dove, una volta reso il latino facoltativo, scomparso quasi del tutto il greco e non esistendo la filosofia come materia liceale, la differenza tra Gymnasium, Realschule (istituto tecnico) e Realschule (Istituto professionale), la fanno la durata complessiva delle scuole e i programmi totalmente diversi per le materie di base, come tedesco, matematica e storia. Ma la Germania ha un altra tradizione (sistema duale, ecc.) e un diverso mercato del lavoro, oltre che la tendenza a formare più lavoratori ubbidienti che cittadini realmente consapevoli. Ora, temo che cittadini realmente consapevoli non li formi neppure la nostra scuola, ma non è "delicealizzando" gli istituti professionali che andremmo in una direzione migliore. Tra l'altro, proprio perché gli istituti professionali sono già privi di latino e di filosofia, non vedo perché debbano perdere anche una delle poche materie con cui quegli adolescenti, anche se riottosi, potrebbero imparare quanto meno ad esprimersi correttamente.
RispondiEliminaAnch'io sono favorevole al latino ai professionali e non avevo pensato alla filosofia. Se fatta con criterio potrebbe essere un'occasione formativa speciale. Perché no?
RispondiElimina"Anch'io sono favorevole al latino ai professionali e non avevo pensato alla filosofia. Se fatta con criterio potrebbe essere un'occasione formativa speciale. Perché no?"
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Perché nella maggior parte dei casi i ragazzi che vanno ai professionali ci vanno apposta perchè non vogliono saperne di tali materie. E quindi, non le studierebbero, e le vivrebbero esclusivamente come una vessazione insostenibile, incassando sfilze di 2 e di 3 e andando ad aumentare ancora di più la percentuale di bocciature e di abbandoni scolastici, rispetto a quanto non sia già alta in quel genere di corsi.
L'idea che i percorsi formativi degli istituti professionali debbano tenersi distanti dalla cosiddetta "licealizzazione" si concilia con la tesi per cui non debbano avere dignità inferiore a quella dei licei semplicemente assumendo come riferimento di base l'idea che la conoscenza che parte dalla pratica (non che si arresta alla sola pratica, ovviamente) non abbia dignità inferiore a quella che parte dalla teoria e che il lavoro manuale non abbia dignità inferiore al lavoro intellettuale.
RispondiEliminaFatta salva la conoscenza di un livello base delle materie veramente fondamentali, che naturalmente va garantito a tutti. Ma a questo livello dovrebbe bastare in buona parte la formazione primaria e secondaria di primo grado; o comunque, se in queste fasce della formazione non si sono poste le necessarie basi, è inutile poi continuare a tormentare i ragazzi che non ne vogliono sapere, come dice Paniscus.
L'avrò forse già raccontato, una delle mie nonne aveva fatto la quinta elementare e lavorato come sarta, ma aveva tutta la collezione della Medusa Mondadori e ricordo di aver discusso con lei su Tolstoj e Dostoevskij. Probabilmente, anzi certamente, non tutti coloro che si arrestavano alla quinta avranno avuto simili interessi. Ma non so se con la formazione elementare di oggi ciò sarebbe possibile.