Agli episodi di violenza da parte di
allievi e genitori nei confronti degli insegnanti si contrappone la bella
lettera del padre di un allievo del Dagomari di Prato, resa nota giovedì scorso
anche da questo giornale. In questo caso si riconosce a una scuola e ai docenti
il grande merito di aver accolto «un ragazzo sfiduciato» e di averlo «reso un
uomo» attraverso gli anni di studio. Un bel complimento, non c’è che dire,
visto che lo studente in questione aveva problemi, come scrive il padre, per
anni non riconosciuti nelle altre scuole e che era per questo andato avanti con
difficoltà. Alla fine il percorso del giovane si è concluso con un vero
successo. Tanto basta per fare notizia. Eppure, malgrado le difficoltà del
mondo scolastico, che per decenni ha dovuto arrangiarsi quasi da solo rispetto
alle tante emergenze sociali e didattiche (dall’inserimento degli studenti
stranieri all’aumento esponenziale di ragazzi con difficoltà di vario genere) i
successi della scuola ci sono, anche se spesso non se ne parla. È invece
frequente che sia i genitori che i ragazzi alla fine del corso di studi
ringrazino personalmente i loro docenti per come li hanno saputi seguire,
incoraggiare, ma anche richiamare, quando occorreva, ai loro doveri. Esiste
tuttavia una parte, ahimè crescente, di genitori che vedono la scuola come un
servizio che non deve chiedere troppo, né ai ragazzi né alle loro famiglie,
magari insistendo sull’indispensabile sintonia educativa. Così la
responsabilità di un eventuale «insuccesso scolastico» sarà solo dei docenti. E
di questo si convincono anche gli studenti, tanto più che a sostenerlo, oltre
ai loro genitori, c’è anche una vulgata pedagogico-ministeriale che si propone
da tempo di raggiungere a qualunque costo il successo formativo per tutti,
anche abbassando l’asticella della preparazione. Ma non è certo così che si
risolve il problema del futuro dei giovani. Difficile in questo contesto
culturale che il mondo della scuola goda di stima e riconoscenza. E sarà
altrettanto difficile, stando così le cose, che gli episodi da cronaca nera
nelle aule scolastiche possano scomparire. Ma quando certi riconoscimenti
arrivano — come nel caso di Prato, o più spesso in privato — contribuiscono
come nessun’altra cosa a ridare agli insegnanti il senso profondo del loro
lavoro, quello di essere riusciti a far entrare nel mondo dei giovani con
speranza e fiducia in sé stessi. Ad altri il compito di non deluderli.
Valerio Vagnoli
(“Corriere
Fiorentino”, 21 luglio 2018)
Bellissimo e vero.
RispondiEliminaPer mia esperienza, quando gli insegnanti fanno il loro lavoro con serietà e competenza, i genitori prima o poi se ne accorgono e molti ringraziano. A fine quinta molti avevano le lacrime agli occhi nel salutarmi, anche un nonno. Poi mandano messaggi dalla scuola secondaria, inferiore e superiore, che i ragazzi vanno avanti, spesso anche quelli che parevano avere più difficoltà. Allora penso che il mio impegno sia servito.
Daniela Giuliani