giovedì 1 dicembre 2011

L'APPELLO PER LA SCUOLA DEI PRÈSIDI ROMANI


Giovedì 24 abbiamo dato notizia dell'iniziativa "antioccupazioni" di trentadue dirigenti scolastici romani, che hanno reso pubblico un appello in cui si sottolinea la funzione formativa della scuola, anche sul piano della partecipazione studentesca, e si dice chiaramente "No" alle occupazioni. Ne pubblichiamo oggi il testo integrale.


Leggi l' Appello per la scuola.

29 commenti:

anonymous ha detto...

18 + 32 = 50

e gli altri presidi?

Papik.f ha detto...

Un articolo di Paolo Mastrolilli sulla "Stampa" racconta lo scambio di opinioni tra il Nobel Edmund Phelps e il direttore generale della Banca d'Italia Fabrizio Saccomanni, in occasione della conferenza "Italy and the world economy" promossa dalla Banca d'Italia alla Columbia University di New York. L'occasione era la presentazione della ricerca di Gianni Toniolo sulla storia dell'economia del nostro paese nei 150 anni d'unità.
Scrive Mastrolilli: «L'Italia ha avuto successo per un secolo, crescendo a ritmi più elevati del resto d'Europa dalla fine dell'Ottocento fino al 1992. Poi qualcosa si è inceppato. L'obiettivo della conferenza era capire cosa, e come ripartire».
Questa l'analisi di Saccomanni: «Siamo divenuti compiacenti. I giovani si lamentano del loro futuro: dobbiamo tornare a fare quello che facevamo in passato. C'è bisogno di lavorare di più, studiare di più e reagire di più».
Credo che nella scuola, una tra le strutture maggiormente scadute nella compiacenza negli ultimi quarant'anni (spesso per le indicazioni piovute dall'alto ancor più che per l'operato di dirigenti e insegnanti), si dovrebbe riflettere seriamente su queste affermazioni.
E mi sembra che riconsiderare dalle radici l'ormai stanco rituale di occupazioni e autogestioni sia appunto un nodo fondamentale di una simile riflessione.

V.P. ha detto...

" ...l'ormai stanco rituale di occupazioni e autogestioni ..."

giusto.
secondo me, i presidi sono intervenuti - impropriamente perché non rientra nelle loro prerogative sindacali - su un problema praticamente non esistente o già risolto.

Enrico D. ha detto...

Dopo aver letto quanto ha scritto V.P., propongo al Gruppo di Firenze di istituire un premio per l'intervento più originale dell'anno. Secondo V.P. infatti:
a) i presidi non avevano diritto di esprimere la loro opinione sulle occupazioni;
b) se queste ultime sono "stanche", ciò significa che praticamente non ci sono più (si vede che i presidi se le sono sognate).

Papik.f ha detto...

Sono contento che V.P. sia d'accordo con me sul fatto che occupazioni e autogestioni sono ridotte a uno stanco rituale. Meno d'accordo, tuttavia, sono sull'idea che non esistessero già più. Ad esempio, nella scuola dove insegno, l'anno scorso ci siamo sorbiti una quindicina di giorni. Rituali ma reali. Durante i quali, certo, anch'io come i colleghi, dopo aver firmato la presenza, me ne sono andato a svolgere occupazioni meno stressanti dello stare in classe con gli alunni. Del resto non potevamo fare altrimenti: la strada davanti alla scuola è alquanto stretta e fredda e il bar dell'angolo non ha neanche un biliardo.
Tanto meno credo che, quando stanche e rituali ancora non lo erano, occupazioni e autogestioni fossero un bene. Sto ancora cercando di capire l'utilità sociale e formativa di conferenze tenute da esperti autonominatisi su come si rolla una canna o su come si organizza un rito satanico; o di alcune nottate trascorse presumibilmente in promiscua allegria sui tappeti elastici della palestra, lontani dai controlli familiari e senza bisogno di pagarsi un albergo, bensì a spese del contribuente. Generalizzo? forse, ma certo (ahimé) non invento.
Per quanto riguarda l'idea che un pubblico funzionario, facendo quanto può per evitare la reiterazione di un reato che causa un danno agli utenti di un servizio che lui è pagato per garantire, esorbiti dalle proprie "prerogative sindacali" (?), mi sembra, per così dire, alquanto bizzarra.

V.P. ha detto...

Riportiamo il testo integrale di 34 presidi fiorentini che dicono “NO” alle occupazioni e parlano del merito e della
responsabilità.


La Letterina n. 302 - giovedì 8 dicembre 2011
alle pagine 3, 5, 7

V.P. ha detto...

NAPOLI: NO ALLE SCUOLE OCCUPATE
Diciamo basta con il buonismo di quanti continuano a sottovalutare uno sparuto gruppo che da anni fa leva, in alcuni plessi scolastici, sull’arroganza e sulla paura, occupando e, sovente, vandalizzando, appena si approssima il periodo natalizio, gli edifici pubblici destinati alle attività scolastiche, costringendo anche gli studenti che vorrebbero fare lezione a disertare le aule. Il tutto grazie pure al disinteresse di molti genitori. Si possono individuare precise responsabilità su quanto sta accadendo in questi giorni in alcune, fortunatamente poche, scuole napoletane. Per questo chiediamo da tempo una maggiore attenzione al problema da parte degli organi istituzionali, a partire dalla direzione scolastica regionale, e risolutezza nello stroncarlo. Occorre maggiore determinazione da parte dei dirigenti scolastici ricordando, sia che occupare una scuola significa interrompere un servizio pubblico essenziale, palesandosi dunque anche l’ipotesi di un reato penale, sia che il non raggiungimento dei 200 giorni minimi di lezioni effettive, previsti dalle norme vigenti, potrebbe compromettere l’intera attività dell’anno scolastico. Quindi non bisogna esitare un solo attimo nel chiedere l’intervento delle forze dell’ordine per l’immediato sgombero degli edifici occupati, denunciando i responsabili che vanno immediatamente identificati.
Gennaro Capodanno, Gennaro.capodanno@gmail.com

La Letterina n. 302 - giovedì 8 dicembre 2011
a pag. 6

V.P. ha detto...

NAPOLI: NO ALLE SCUOLE OCCUPATE
Diciamo basta con il buonismo di quanti continuano a sottovalutare uno sparuto gruppo che da anni fa leva, in alcuni plessi scolastici, sull’arroganza e sulla paura, occupando e, sovente, vandalizzando, appena si approssima il periodo natalizio, gli edifici pubblici destinati alle attività scolastiche, costringendo anche gli studenti che vorrebbero fare lezione a disertare le aule. Il tutto grazie pure al disinteresse di molti genitori. Si possono individuare precise responsabilità su quanto sta accadendo in questi giorni in alcune, fortunatamente poche, scuole napoletane. Per questo chiediamo da tempo una maggiore attenzione al problema da parte degli organi istituzionali, a partire dalla direzione scolastica regionale, e risolutezza nello stroncarlo. Occorre maggiore determinazione da parte dei dirigenti scolastici ricordando, sia che occupare una scuola significa interrompere un servizio pubblico essenziale, palesandosi dunque anche l’ipotesi di un reato penale, sia che il non raggiungimento dei 200 giorni minimi di lezioni effettive, previsti dalle norme vigenti, potrebbe compromettere l’intera attività dell’anno scolastico. Quindi non bisogna esitare un solo attimo nel chiedere l’intervento delle forze dell’ordine per l’immediato sgombero degli edifici occupati, denunciando i responsabili che vanno immediatamente identificati.
Gennaro Capodanno, Gennaro.capodanno@gmail.com

La Letterina n. 302 - giovedì 8 dicembre 2011
a pag. 6

Giorgio Ragazzini ha detto...

Ringrazio VP per la segnalazione, benché l'avessi già letta, anche perché mi dà l'occasione per dire che Gennaro Capodanno fa confusione tra prèsidi fiorentini (18) e prèsidi romani (32). In ogni caso è positivo che un sempre maggior numero di dirigenti esca dalla rassegnata inerzia con cui in grande maggioranza avevano accolto finora le occupazioni.

V.P. ha detto...

Rispondo a Papik.f

Il mio p.d.v. sulle occupazioni studentesche fa riferimento alle realtà scolastiche e territoriali che ho conosciuto, direttamente o indirettamente, e si può così riassumere:

1) sono personalmente contrario a occupazioni, autogestioni, cogestioni e altre formule simili;

2) forse più che dalla interruzione delle lezioni, la contrarietà alle occupazioni e simili è motivata dalla loro inefficacia cioè dalla impossibilità di raggiungere gli obiettivi dichiarati:

3) le proteste in genere non riguardano la singola scuola ma le politiche del Miur che però risulta insensibile, immobile e tetragono di fronte a “lotte” minoritarie, isolate, non a lungo sostenibili, lontane da lui e fronteggiate dalle scuole;

4) non sembra ipotizzabile una serie di occupazioni che coinvolga molte scuole, di molte città, per mesi;

5) a volte la gestione delle occupazioni sfugge ai promotori e succedono episodi incresciosi come devastazioni e danni in genere imputabili a provocatori esterni;

6) altre volte l’occupazione si esacerba per errori o forzature dei presidi;

7) non si tratta di uno “stanco rituale” (io non l’ho scritto) ma al più di un “rituale ricorrente” (un po’ come un’influenza stagionale) che alcuni presidi riescono o sono capaci ad incanalare in situazioni di autogestione concordata nelle modalità e nei tempi, limitando i danni di tutti i generi, e facendone un’esperienza simil-didattica; in altre parole, meglio lasciare sfogare fisiologicamente che reprimere e contrastare impropriamente;

8) non ho nemmeno detto che le occupazioni non esistono già più ma che sono molto poche anche rispetto al passato e in considerazione del recente cambio di governo e di ministro;

9) le occupazioni non costituiscono di per sé reato e ciò è stato già detto dalla magistratura una decima di anni fa;

10) ho ritenuto e ritengo inopportuna l’iniziativa dei presidi fiorentini e toscani prima e di quelli romani poi sia perché anticipa, evoca e magari fomenta situazioni solo ipotetiche sia perché esplicitamente minaccia severe sanzioni (come ha fatto subito notare un ex preside siciliano):

11) ritengo che il monito dei presidi sia stato un’iniziativa di tipo sindacale in quanto principalmente a tutela di sé stessi, delle loro prerogative e responsabilità (con riferimento a passati comportamenti, pilateschi ed evasivi, del Miur in occasioni simili); iniziativa impropria 1°) perché eventualmente e principalmente si dovevano rivolgere verso il ministro e non verso i ragazzi; 2°) perché dicono cosa non fare e tacciono su cosa eventualmente fare, a parte i dibattiti pomeridiani; 3°) i presidi come categoria (quindi non solo i 18 fiorentini e i 32 romani) sono rimasti quasi muti e inattivi durante i tre anni e mezzo della gestione Gelmini.

Arcitaliano ha detto...

Il miglior Dirigente scolastico, date retta ammìa,fa fronte alle occupazioni alla stessa maniera del giunco che rispetto alla piena si piega e la fa passare.
Dalle mie parti si dice così: Scàcciti juncu ca passa la china

Giorgio Ragazzini ha detto...

Rispondo ad alcune delle affermazioni di VP.
“I presidi dicono cosa non fare e tacciono su cosa eventualmente fare, a parte i dibattiti pomeridiani”. Invece il testo dice: “Ben altra credibilità avrebbero, anche agli occhi dell’opinione pubblica, attività politico-culturali organizzate dagli studenti durante il pomeriggio, oltre che nelle assemblee e negli attivi di classe in orario scolastico. Esistono poi tanti modi per far conoscere le proprie rivendicazioni, da internet ai volantini, dai comunicati stampa alle petizioni, oltre alle molte forme di pubblica manifestazione, purché rispettose delle leggi e dei diritti altrui”.
“Le occupazioni non costituiscono di per sé reato e ciò è stato già detto dalla magistratura una decina di anni fa”. Non è esatto. I reati principali connessi alle occupazioni sono due (oltre a quelli “collaterali” come danneggiamenti, minacce, eccetera): invasione di edificio e interruzione di pubblico servizio. Sul secondo nulla quaestio: se succede, è reato. Le sentenze, di cui una della Cassazione, effettivamente esistono, ma si riferiscono al primo, e per inciso poggiano su un argomento che fa strabuzzare gli occhi a chi abbia un minimo di sale in zucca. Siccome l’articolo dice “Chiunque invade arbitrariamente terreni o edifici altrui, pubblici o privati, eccetera”, i supremi giudici, certo guidati da afflato giovanilista e progressivo, sostengono che “la scuola costituisce una realtà non estranea agli studenti, che contribuiscono e concorrono alla sua formazione e al suo mantenimento”.(segue)

Giorgio Ragazzini ha detto...

Mancherebbe cioè il requisito dell’altruità dell’edificio. In parole povere, siccome è un po’ casa loro, non sono punibili. I giudici, cioè, confondono il senso lato e affettivo (in cui lo si può anche dire), con il senso giuridico, per il quale una scuola è della collettività (Stato), che delega un dirigente alla tutela e alla gestione dell’istituto. La lettera lo dice molto bene nel penultimo capoverso.
Il rischio che la presa di posizione dei presidi fomentasse le occupazioni è stato smentito dai fatti; si è avuto, anzi, il fenomeno opposto. E molti ragazzi che prima tacevano inerti o timorosi sono stati incoraggiati a opporsi. Ma il rischio andava comunque corso. Da troppo tempo i dirigenti, lasciati vergognosamente soli, si uniformavano proprio alla massima suggerita da Arcitaliano nel commento successivo, sintesi della filosofia che ha infettato così in profondità la società civile siciliana.
Infine VP rimprovera i presidi fiorentini di aver sbagliato indirizzo rivolgendosi ai ragazzi invece che al ministro, ma non dice perché, forse per brevità. È stata, comunque, una scelta meditata e consapevole quella di rivolgersi agli studenti come soggetti di libertà e di responsabilità, invece di considerarli vittime innocenti di qualcuno che li travìa. E solo da questo atteggiamento, e dal prospettare le possibili conseguenze delle loro azioni, che può nascere un autentico dialogo educativo.

V.P. ha detto...

Giorgio Ragazzini:
«...Da troppo tempo i dirigenti, lasciati vergognosamente soli(1), si uniformavano proprio alla massima suggerita da Arcitaliano nel commento successivo, sintesi della filosofia che ha infettato(2) così in profondità la società civile siciliana....»

(1) concordo e, se possibile, solidarizzo: Miur risulta assente e latitante.

(2) attribuire ai comportamenti non eroici la responsabilità dell'infezione - che non è certo limitata alla sola Sicilia! - è proprio esagerato.
"Scàcciti juncu ca passa la china" è infatti un consiglio di prudenza e saggezza un po' come "ubi maior minor cessat".
non carichiamo ad altri (presidi o ragazzi) le appena ricordate latitanze ministeriali e governative!

pippo ha detto...

Mi sembra di capire che per V.P vi siano sempre, per tutti, salvo che per il Potere, delle attenuanti generiche. Le responsabilità individuali, per lui, sembrano non esistere e delle attenuanti si riconoscono alla fine anche alla filosofia dell'Arcitaliano. Mah!

V.P. ha detto...

"pippo" riassume, sintetizza, generalizza forse troppo.
però non c'è dubbio che le responsabilità ultime siano dei "responsabili", cioè il Potere, cioè ministro, miur e poi governo.
nel caso specifico, miur scarica la patata bollente ai presidi senza fornir loro né direttive, né mezzi e nemmeno coperture.
questo è un comportamento ricorrente da parte dei nostri politici.

Papik.f ha detto...

Sul fatto che l’atteggiamento del ministero, dei presidi e della magistratura sia stato per anni quello che evidenziano V.P. e Arcitaliano non v’è dubbio e non vale neanche la pena di discuterne. Quello su cui si può discutere, però, è che senso avessero le iniziative in questione. Ovviamente considero le autogestioni più tollerabili, se controllate e ridotte nel tempo, come male minore rispetto a un’interruzione completa del pubblico servizio (per inciso, mi chiedo quando mai, in un’occupazione, questo reato possa non verificarsi). Sono comunque d’accordo con V.P. sul fatto che le autogestioni siano state per molti dirigenti, e per vari anni, un utile strumento di mediazione e compromesso. Tuttavia, non ho mai apprezzato particolarmente il tono di compiacenza con il quale molti colleghi le hanno accolte (o addirittura incentivate) affermando che fossero uno strumento di crescita per gli alunni; strumento di crescita collettiva dovrebbe essere la scuola stessa nella sua, seria, attività quotidiana, mentre nelle autogestioni ho visto spesso soprattutto l’esibizionismo di pochi capetti.
La questione più interessante, tuttavia, è un’altra: l’aria sta cambiando? Se sì, cambierà necessariamente, nel tempo, anche l’atteggiamento di politici, magistrati e addetti ai lavori. Occupazioni e autogestioni erano tollerate o considerate positivamente – ed era possibile, a politici e funzionari, lavarsene le mani – perché era l’opinione corrente a tollerarle. A me sembra di scorgere più d’un segno di un radicale cambiamento, non solo nelle iniziative del Gruppo di Firenze, ma anche nel contatto quotidiano con i ragazzi. Tra l’altro, fra gli Istituti romani i cui dirigenti hanno aderito all’appello, guarda caso, c’è proprio quello dove, quando vi lavoravo, ho visto verificarsi gli episodi cui mi riferivo sopra.
A mio parere l’opinione diffusa inizia a non tollerare più, e ancor meno tollererà in futuro, che le (scarse) risorse disponibili per la scuola vengano sprecate per iniziativa di minoranze. Durante queste forme di manifestazione le risorse messe sempre più dolorosamente a disposizione dal contribuente in stipendi, manutenzioni, strutture, restano non impiegate (per quanto riguarda le ultime voci citate rischiano addirittura di comportare nuove spese, e dubito che ciò accada solo a causa di “provocatori esterni”). L’Italia può ancora permetterselo? io non credo. Per questo riportavo nell’altro post le frasi di Saccomanni: penso anch’io che l’atteggiamento di compiacenza e di autoindulgenza debba finire una volta per tutte, in tutte le sedi e a tutti i livelli e che, se non finirà, non abbiamo nessuna speranza di uscire dalla presente situazione.
Per quanto riguarda queste forme di protesta contro le politiche del Miur, infine, mi sembrano uno strumento del tutto improprio e da questo punto di vista penso che faccia bene il Miur a non tenerne conto. Un giorno di sciopero con una manifestazione di massa può essere condivisibile o meno, efficace o meno, ma ha una sua logica intrinseca (anche se ritengo che in un Paese normale le linee della politica, in generale, dovrebbero essere dettate dagli elettori – a parte situazioni di emergenza, speriamo brevi, come la presente – e non dalla piazza). Interrompere in modo prolungato il funzionamento della scuola per protestare contro il fatto che la scuola non funziona, invece, mi è sempre sembrata un’azione in sé stessa illogica.

Pippo ha detto...

Saccomanni: «Siamo divenuti compiacenti. I giovani si lamentano del loro futuro: dobbiamo tornare a fare quello che facevamo in passato. C'è bisogno di lavorare di più, studiare di più e reagire di più».
Può bastare? Questi sono stati gli effetti e i riflessi del consumismo anche sul piano didattico e formativo.

V.P. ha detto...

x pippo

No, non può bastare. E poi a cosa?

Saccomanni, ovviamente autorevole ma non è una divinità, ha detto anche altro: “La mancanza di innovazione, secondo il direttore di Bankitalia, non dipende dalle dimensioni delle aziende, ma dall'incapacità manageriale di sfruttare a pieno quanto abbiamo inventato. Il nuovo governo comunque ha identificato le priorità: consolidare il debito, lievitato negli anni perché usato come forma di consenso, e rilanciare la crescita, aiutando le imprese e investendo su capitale umano e istruzione.”

Saccomanni, che ha dato il suo utile contributo alla diagnosi, non identifica il soggetto “noi” della frase “siamo divenuti compiacenti …”, non specifica le responsabilità manageriali (ma ci saranno e ci sono anche quelle politiche), cita fantomatici e inesistenti investimenti sulla scuola.

V.P. ha detto...

Forse conviene leggere le 42 pagine del rapporto della Banca d'Italia:

L’Italia e l’economia mondiale, 1861-20111

V.P. ha detto...

Papik.f: "Interrompere in modo prolungato il funzionamento della scuola per protestare contro il fatto che la scuola non funziona, invece, mi è sempre sembrata un’azione in sé stessa illogica."

Anche a me sembra azione illogica soprattutto perché non sostenibile a lungo. Però a occupare sono i ragazzi che la pensano diversamente e, a volte, non impediscono la didattica a chi non partecipa. Non ricordo interruzioni prolungate cioè, per me, oltre un paio di settimane.

Papik.f ha detto...

Ringrazio V.P. per il link. Ho letto il rapporto di Toniolo, che è molto interessante e forse i docenti di storia, economia o educazione alla cittadinanza potrebbero farlo conoscere ai loro alunni (in realtà, tolti frontespizi, indici e versione in inglese sono sedici pagine e due righe). Che dire della seguente affermazione: "Dagli anni Settanta in poi sembra esserci stato uno scambio tra aumento quantitativo della scolarità e diminuzione della sua qualità" (p. 19)?
A qualche sessantottino probabilmente fischieranno le orecchie, per dirla un po' volgarmente.

Valerio Vagnoli ha detto...

........senza contare che la scuola a partire da quegli anni diventò surrogato di altre moltissime cose. Si sostituì ai nonni dando a bere che stare a scuola anche 10 ore al giorno, per bimbetti di 6-10 anni, rappresentava una grande opportunità didattica. Si sostituì alla famiglia, purché a questa non si creassero problemi ulteriori una volta ricomposta, si fa per dire, al momento del rientro a casa davanti alla telivisione. Si sostituì alle parrocchie e ai circoli ricreativi con progettini destinati ad intrattenere studenti grandi e piccini. Si sostituì ai pediatri, ai sociologi, agli psicologi, ai medici, diventando inadempiente se non intercettava e risolveva il disagio, i tossici, i disadattati, i viziati, gli asini, i neghittosi etcetera etcetera. Si sostituì persino ai partiti già da due-tre decenni del tutto disinteressati, contraccambiati, ai giovani e pertanto avrebbe dovuto contare su docenti impegnati, costruttivisti, moderni e strutturalisti perché i politici non la insozzassero di inadempienza, nel migliore dei casi, di carattere gerontologico. Si sostituì, inoltre, un po' a tutto quello che poteva corrispondere ad una società che ingozzandosi del più acritico consumismo, la fece diventare consumistica e pronta ad accontentare gli utenti-studenti con annessa parentela, almeno di primo grado. E alla fine si sostituì anche a sé stessa e diventò una sorta di fortino dove una massa di disperati: ragazzi, docenti, dirigenti, personale di tutti i generi, resistevano, o provavano a farlo, mentre il resto andava alla deriva senza però neanche aver provato a resistere.

V.P. ha detto...

mi riferisco all’ultimo post di papik.f in particolare alle frasi: «…"Dagli anni Settanta in poi sembra esserci stato uno scambio tra aumento quantitativo della scolarità e diminuzione della sua qualità" (p. 19)? A qualche sessantottino probabilmente fischieranno le orecchie, ….»

e osservo:

1) a me sembra del tutto logico e naturale il fatto che aumentando la quantità debba diminuire la qualità. ciò però non costituisce una giustificazione per l’insoddisfacente qualità attuale della nostra scuola.

2) niente di volgare negli eventuali fischi auricolari agli ormai ex sessantottini. sul ’68 però esistono ricordi e interpretazioni diverse e divergenti. ad esempio la collega Claudia Fanti, pochi giorni fa, si esprimeva diversamente (1).

3) dal ’68 sono passati ben 43 anni (due generazioni), è quasi storia e mi sembra improprio richiamarlo continuamente come alibi permanente, esaustivo e tombale rispetto alle responsabilità od omissioni successive.

4) in particolare il ricordo del '68, pur considerato ed interpretato in un certo modo, non può far dimenticare che negli ultimi vent’anni, le risorse destinate alla nostra scuola sono diminuite dal 5,5% del Pil nel 1990 al 4,6% del 2008 (2), al 4,2% del 2010 per poi puntare al 3,7% programmato per il 2015 e al 3,2% del 2030 (3)!

Senza lilleri 'un si làllera, dicono a Firenze.


(1) I falsi partigiani dei giovani di ogni epoca

(2) Spese istruzione e PIL 1990-2008


(3) OCSE conferma che l'Italia disinveste nell'istruzione

Papik.f ha detto...

Sul commento di V.P.:
sul punto 4 siamo d'accordo, c'è poco da discutere, purtroppo i dati sono quelli che sono. Sarebbe interessante però sapere se tale tendenza sia cambiata oppure rimasta invariata a seconda del "colore" dei governi. Io sospetto che sia vera la seconda opzione, ma potrei sbagliarmi, naturalmente.
Sugli altri punti non sono d'accordo e la penso come Sartori nel suo editoriale di qualche giorno fa: credo che gli esiti dei moti studenteschi degli anni sessanta siano stati una delle peggiori sciagure della nostra storia recente. Su questo probabilmente non saremo mai d'accordo e quindi è inutile continuare a discutere. Osservo solo che per poter parlare di storia occorre che la generazione che ha fatto quei moti sia completamente uscita dal mondo della politica e del lavoro. Dal '68 sono passate due generazioni per quanto riguarda gli studenti; due generazioni nelle quali gli studenti di allora sono diventati opinionisti, politici e amministratori. E dall'operato - a mio parere scellerato - di ministri quali D'Onofrio e Berlinguer e di alcuni loro consulenti, molti dei quali a tutt'oggi assai influenti nel Miur, è trascorso purtroppo assai meno tempo.

Papik.f ha detto...

A proposito del quesito che ponevo sopra, mi sembra che la lettura della tabella linkata da V.P. lasci pochi dubbi: il calo degli investimenti sull'istruzione in relazione al PIL appare lineare e costante, il che lascia ben poco spazio all'ipotesi che governi di tendenza diversa si siano comportati diversamente. Anche se tutti coloro per i quali la colpa è sempre dell'altra parte non lo ammetteranno mai.

V.P. ha detto...

papik.f scrive: "il calo degli investimenti sull'istruzione in relazione al PIL appare lineare e costante, il che lascia ben poco spazio all'ipotesi che governi di tendenza diversa si siano comportati diversamente."

esatto, condivido, stavo per osservare e scrivere proprio la stessa cosa.

due altre osservazioni:
1) la discesa della percentuale del pil è cominciata - mi sembra - con governi di centro-sinistra in modo soft, defilato, silenzioso ma sicuro;
2) con tremonti-gelmini c'è stata un'accelerata micidiale, perdipiù clssificata e sbandierata come virtuosa e perseguita tenacemente, a testa bassa, da una ministra non all'altezza, docile verso ed etero-diretta da mef, pdl, cl, cei, fga,...

V.P. ha detto...

papik.f scrive: "il calo degli investimenti sull'istruzione in relazione al PIL appare lineare e costante, il che lascia ben poco spazio all'ipotesi che governi di tendenza diversa si siano comportati diversamente."

esatto, condivido, stavo per osservare e scrivere proprio la stessa cosa.

due altre osservazioni:
1) la discesa della percentuale del pil è cominciata - mi sembra - con governi di centro-sinistra in modo soft, defilato, silenzioso ma sicuro;
2) con tremonti-gelmini c'è stata un'accelerata micidiale, perdipiù clssificata e sbandierata come virtuosa e perseguita tenacemente, a testa bassa, da una ministra non all'altezza, docile verso ed etero-diretta da mef, pdl, cl, cei, fga,...

V.P. ha detto...

papik.f scrive: "il calo degli investimenti sull'istruzione in relazione al PIL appare lineare e costante, il che lascia ben poco spazio all'ipotesi che governi di tendenza diversa si siano comportati diversamente."

esatto, condivido, stavo per osservare e scrivere proprio la stessa cosa.

due altre osservazioni:
1) la discesa della percentuale del pil è cominciata - mi sembra - con governi di centro-sinistra in modo soft, defilato, silenzioso ma sicuro;
2) con tremonti-gelmini c'è stata un'accelerata micidiale, perdipiù clssificata e sbandierata come virtuosa e perseguita tenacemente, a testa bassa, da una ministra non all'altezza, docile verso ed etero-diretta da mef, pdl, cl, cei, fga,...