giovedì 13 agosto 2009

RICOLFI E ISRAEL SU COPIÒPOLI

Luca Ricolfi, in un editoriale di ieri sulla "Stampa") spiega tra l'altro perché le correzioni ai test sono ordinaria amministrazione nell'analisi dei dati e non si tratta pertanto di interessate manipolazioni nordiste. Per il futuro ritiene che si debba puntare su somministratori indipendenti. Giorgio Israel prende oggi le distanze da chi vorrebbe puntare esclusivamente sulle valutazioni oggettive (o presunte tali), escludendo o marginalizzando l'intervento umano (L'insegnante compagno che ti passa i bigliettini). Ambedue sono convinti che alle origini di questa vicenda, oltre alle differenze ambientali di etica civica, ci sia la teoria del cosiddetto "diritto al successo formativo", che qualche anno fa venne a coronare la pluridecennale dottrina pedagogica, per cui l'eventuale insuccesso è responsabilità della scuola e non - almeno in ugual misura - dell'allievo.

martedì 11 agosto 2009

COPIÒPOLI: URGE UN'ETICA PROFESSIONALE PER I DOCENTI ITALIANI. E PIÙ CONTROLLI

A quanto pare, la "cortese richiesta" (sic) di non aiutare gli allievi durante le prove Invalsi per l'esame di terza media non ha prodotto grandi effetti e si è dovuto ricorrere a complicate procedure correttive per avere un quadro verosimile dei risultati. Gli aiutini hanno imperversato nel meridione, ma non si può dire che ne sia immune il resto della penisola (leggi). I colleghi hanno qualche attenuante. Non è stato certo un caso che nei decenni passati nessuno abbia mai parlato agli insegnanti (né durante la loro formazione, né dopo) di etica professionale. Il rigore non è mai stato ben visto dalla cultura buonista che ha guidato la scuola dagli anni '70. Sui principi e sulle regole si può chiudere un occhio, complice l'endemico mammismo mediterraneo, quando si tratta di "aiutare" un povero ragazzo. Con questo allenamento pregresso, si arriva alle prove Invalsi, dalle quali si teme che la propria scuola possa venire, se non proprio penalizzata, quanto meno messa in cattiva luce.
In molti Stati occidentali, invece, esistono da tempo i codici deontologici, che elencano gli impegni fondamentali di ogni docente verso gli studenti e le loro famiglie, verso i colleghi e verso la professione. Sarebbe ora che anche da noi se ne cominciasse almeno a discutere, dando modo al mondo della scuola di rendersi meglio conto di quali siano veramente "il bene dei ragazzi" e l'interesse della collettività; e che comportamenti del genere tolgono qualsiasi credibilità al sistema istruzione, comunque riformato e attrezzato, e gli impediscono di funzionare. Per ora prendiamo atto che alla vicenda viene dato un certo risalto sui giornali, anche se nessuno sembra essersi scandalizzato. Solo il presidente di TreeLLLe Attilio Oliva parla apertamente di "etica", oltre che della necessità di controlli e di sanzioni. In altri commenti prevale ancora un linguaggio fra l'eufemistico e l'indulgente. Per esempio, chi fa copiare o suggerisce ha "atteggiamenti opportunistici". E poi, spiega una rappresentante dell'Invalsi, "non si vuole colpevolizzare nessuno. I dati non sono un'accusa nei confronti di ragazzi e docenti: sono un tentativo di innescare comportamenti virtuosi". E infine il Presidente dell'Istituto: " È comprensibile che ci siano insegnanti che cercano di aiutare gli studenti che hanno seguito per tre anni".

sabato 8 agosto 2009

NOTE SUL GOVERNO DELLA SCUOLA - 2. Dal volontarismo alla competenza

Una volta evidenziata la diversità di ruoli che insegnanti e genitori (o studenti) dovrebbero avere nel governo di un istituto, i problemi non sono certo finiti. Chiunque abbia esperienza di scuola sa benissimo quanto, nella maggior parte dei casi, sia stato difficile in questi decenni trovare insegnanti che accettassero di candidarsi, soprattutto dopo i primi anni caratterizzati da entusiasmo e spirito di collaborazione. Spesso finiscono per rendersi disponibili persone generose, ma non realmente motivate e tanto meno preparate, e in molti casi gli eletti “obtorto collo” finiscono poi per onorare solo di rado il proprio impegno, tanto che si verifica di frequente la mancanza del numero legale.
Questa concezione volontaristica improntata all’impegno e alla sensibilità sociale, pur apprezzabile, non è più sufficiente. Si tratta di avere chiaro che, come i membri del Consiglio di amministrazione di una qualsiasi azienda di una certa complessità, i docenti eletti in quello che nell’Aprea 2 si chiama “Consiglio di indirizzo”, devono avere quanto meno delle attitudini specifiche, distinte da quelle che servono per insegnare, e assumersi pienamente le responsabilità relative al loro ruolo, a partire da una assidua presenza alle riunioni del Consiglio. Oltre a un incentivo economico (gettone di presenza), che però di per sé non porta necessariamente a un innalzamento della qualità, l’avere svolto per alcuni anni il ruolo di membro del Consiglio potrebbe costituire titolo utile per possibili “sviluppi di carriera”, ad esempio diventare docente senior (per restare nell’ambito del pdl Aprea) o dirigente. In una disposizione del genere chi ha attitudini di carattere organizzativo e progettuale potrebbe trovare un incentivo a candidarsi. In alcuni casi potrebbe essere opportuno organizzare per i nuovi eletti brevi corsi di formazione sulle competenze dell’organismo di cui sono entrati a far parte. (GR)

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mercoledì 5 agosto 2009

NOTE SUL GOVERNO DELLA SCUOLA - 1. Insegnanti e genitori

Come sottolinea il commento di Sergio Casprini, la nuova versione del pdl Aprea riaffida a un genitore la presidenza del “Consiglio di indirizzo” e prescrive la pariteticità della rappresentanza di genitori e docenti. Nelle superiori, con l’aggiunta degli allievi, c’è addirittura il rischio di una preponderanza degli “utenti”.
In altre parole: non si prende atto dell’esaurimento (o meglio del fallimento) del modello di partecipazione nato negli anni ’70, non si provvede all’indispensabile professionalizzazione del governo delle scuole e per di più si rimane al di fuori di una corretta visione delle responsabilità decisionali nella scuola pubblica. Fino a oggi, che si sappia, a nessuno è mai venuto in mente di far presiedere gli ospedali alle associazioni dei consumatori, né a metter sullo stesso piano tecnici e utenti nei consigli di amministrazione.
Su quest’ultimo punto è opportuno leggere almeno qualche riga di un saggio di Carlo Marzuoli, docente di diritto amministrativo nell’Università di Firenze (L’istituto scolastico autonomo in Istruzione e servizio pubblico, Il Mulino):
"Le pubbliche amministrazioni hanno il potere e la responsabilità di operare nell'interesse pubblico e detto potere e responsabilità debbono rimanere in capo all'am­ministrazione. [...] I diritti di conoscenza e di partecipazione procedimentale, che dan­no agli interessati [genitori e studenti] la possibilità di far valere il loro punto di vista, le loro esigenze, ecc., contribuiscono a una mi­gliore possibilità di tutela di tali interessi, a completare l'insieme degli elementi di cui l'amministrazione deve te­ner conto, a rendere più trasparente e controllabile l'am­ministrazione. Al tempo stesso, non pregiudicano il pote­re e la responsabilità dell'amministrazione, la quale rima­ne pur sempre, dopo aver tutti ascoltato e tutto valutato, l'unica responsabile della decisione".
Nel nostro sistema i titolari del governo della P.I. e quindi anche della scuola devono essere designati “con le forme del sistema politico-rappresentativo (organi politici) o del merito tecnico-professionale accer­tato con procedure pubblicistiche”, come appunto succede (o dovrebbe succedere) per dirigenti e docenti. Un Consiglio di Indirizzo in cui si creasse una presenza consistente o addirittura una maggioranza di genitori (o di genitori e studenti), il criterio dell’interesse pubblico (e in un certo senso lo stesso carattere pubblico della scuola) non potrebbe considerarsi pienamente rispettato. (GR)

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sabato 1 agosto 2009

DALL’APREA 1 ALL’APREA 2 IL PASSO... È INDIETRO

Il Disegno di Legge Aprea, presentato all’inizio della Legislatura (maggio 2008) riguarda fondamentalmente due grandi questioni: la governance delle scuole dell’autonomia e un diversa articolazione dei profili professionali dei docenti.
Le recenti polemiche sulla proposta leghista di test sulla conoscenza dei dialetti hanno messo in secondo piano il fatto che quel testo, su cui la Commissione Cultura ha a lungo discusso e su cui lo scorso inverno c’erano state tantissime audizioni (tra cui quella del Gruppo di Firenze), è stato profondamente cambiato e secondo la nostra opinione in peggio. In sintesi ecco le nostre principali obiezioni al nuovo testo.
L’attuale Consiglio d’Istituto nell’Aprea 1 si chiamava “Consiglio di Amministrazione” e la sua composizione veniva in pratica affidata alla discrezionalità dei singoli Istituti, cosa che non può dare alcuna garanzia di buon governo. Nell’Aprea 2 il “Consiglio di indirizzo” (come ora si chiama), conferma invece quasi del tutto l'inadeguato assetto vigente: rappresentanza paritaria di docenti e genitori, a uno dei quali va di nuovo la presidenza del Consiglio, mentre nella versione precedente del DdL questo ruolo toccava giustamente al Dirigente Scolastico. Inoltre negli istituti superiori si dovrà garantire anche una rappresentanza degli studenti, quindi genitori e studenti sarebbero in numero maggiore rispetto ai docenti. Noi pensiamo che il criterio della “partecipazione paritaria” debba essere superato, perché certamente i rappresentanti di genitori e studenti devono svolgere una fondamentale funzione di controllo e di garanzia, ma il governo di un istituto scolastico autonomo, con le nuove e delicatissime responsabilità che il progetto gli assegna, esige un'adeguata competenza e una piena responsabilizzazione dei membri del Consiglio, che a genitori e studenti non possono per forza di cose essere richieste.
Inoltre, ciliegina sulla torta, il Consiglio di Indirizzo redige il Piano dell’offerta formativa che da sempre è stato uno dei compiti fondamentali del Collegio dei docenti.
Anzi, in questo nuovo disegno di legge il Collegio dei docenti non esiste più, sostituito dai dipartimenti di aree disciplinari e interdisciplinari, i quali ovviamene avranno un ruolo solo esecutivo rispetto alle indicazioni didattiche deliberate dal Consiglio di indirizzo in cui i docenti, come si è visto, hanno un minor peso politico, in senso professionale e culturale.
Eppure l’ispirazione iniziale con cui l’Aprea aveva presentato nel 2008 questo disegno di legge era stata quella di ridare al docente prestigio professionale, anche attraverso la creazione di un’area contrattuale autonoma degli insegnanti, obiettivo storico delle associazioni professionali contro le prevaricazione dei sindacati della scuola.
In questa nuova versione del DdL il principio dell’autonomia contrattuale è rimasto, ma con la mancanza di un ruolo più significativo dei docenti nel governo della scuola non ha più la stessa importanza. Aggiungiamo la contemporanea sparizione dal Ddl degli organi di rappresentanza professionale a livello regionale e nazionale, che nell’Aprea 1 dovevano “garantire l'autonomia professionale, la responsabilità e la partecipazione dei docenti ... alle decisioni sul sistema educativo”, per misurare l'entità del passo indietro sul terreno di una decisiva valorizzazione della funzione docente.
(Sergio Casprini)