giovedì 25 agosto 2016

MOLTI CANDIDATI DEL "CONCORSONE" NON SANNO SCRIVERE. OVVERO, I NODI AL PETTINE DELLA CATTIVA SCUOLA

Sulla fortissima selezione nelle prove scritte del maxi-concorso per entrare nella scuola ha scritto ieri un ampio intervento Gian Antonio Stella, basandosi su uno studio di “Tuttoscuola”. L’articolo affastella, in modo non sempre logico, tutta una serie di temi e considerazioni (alcune condivisibili, altre molto meno), ma il problema di gran lunga più serio che si pone al mondo della scuola, e in primo luogo al governo e al parlamento, è racchiuso in alcune citazioni tratte dall’analisi di “Tuttoscuola”. Secondo la quale dalle prove scritte emerge “una scarsa capacità di comunicazione scritta, in termini di pertinenza, chiarezza e sequenza logica e una carenza nell’elaborare un testo in modo organico e compiuto”, al punto che alcuni commissari si sono chiesti “se si trattasse di candidati stranieri che non padroneggiavano bene la nostra lingua, salvo poi verificare che erano italianissimi». Inoltre dai testi dei candidati “si ricava anche un campionario di risposte incomplete, errori e veri e propri strafalcioni, che sorprendono in maniera più acuta per il tipo di concorso in questione, ovvero una selezione tra chi si candida a insegnare alle nuove generazioni». Sembra di rileggere le ripetute e inascoltate lamentele di tanti docenti universitari inorriditi dagli scritti dei loro studenti e persino dei loro laureandi per le macroscopiche carenze nelle “competenze di base”.
Non c’è però da meravigliarsene. Dato che, come riferisce “Tuttoscuola”, l’età media dei candidati è di 37-38 anni, questo significa che una buona parte di loro ha frequentato le elementari e le medie dagli anni ’70 in poi, quando cioè si stavano già dispiegando sugli apprendimenti gli effetti delle pedagogie permissive, egualitariste e puerocentriche a oltranza. Col sostegno di non pochi “esperti” si abbandonavano quasi del tutto lo studio della grammatica, la correzione degli errori (per non demotivare i bambini; e comunque mai con la matita rossa!), l’esercizio della calligrafia, vissuto da molti come “repressivo” della spontaneità infantile, le poesie a memoria, le date della storia, i nomi della geografia. Per non parlare della condanna della bocciatura anche come extrema ratio utile a sostenere impegno e serietà nello studio. Una scuola, insomma, sempre meno esigente sul “profitto”, mentre contestualmente veniva messa sotto accusa la disciplina e si squalificavano le sanzioni come retaggio di un passato autoritario anche per comportamenti gravemente incivili. Si tratta però di una tolleranza che non ha pregiudicato solo la formazione umana e civica di milioni di ragazzi, ma anche l’apprendimento stesso che può avvenire solo in un clima di attenzione e di concentrazione. E questo vale a maggior ragione per gli allievi  socialmente svantaggiati.
Nonostante un simile contesto politico-culturale, in questi decenni moltissimi insegnanti hanno cercato di difendere, potremmo quasi dire a mani nude, i valori dell’impegno, del merito, della responsabilità, nonché l’importanza di acquisire sicure competenze di base. Sarebbe ora che diventassero questi i cardini di una nuova politica scolastica. (GR)

mercoledì 3 agosto 2016

“PILLOLE DEL SAPERE”, LA SENTENZA DELLA CORTE DEI CONTI CHE LA GIANNINI NON PUÒ IGNORARE

["ilsussidiario.net", 3 agosto 2016]

Nei giorni scorsi “Il Tempo” informava che la Corte dei Conti ha condannato tre ex alti dirigenti ministeriali a risarcire lo Stato per la faccenda delle cosiddette “pillole del sapere”, una ventina di filmati didattici di tre-quattro minuti da diffondere nelle scuole, che furono commissionati alla società “Interattiva Media”. Costarono la cifra astronomica di 769 mila euro, circa 39 mila l’uno. E pensare che c’era un istituto tecnico disposto a farle gratis. L’affidamento fu fatto senza gara e senza che nessuno si preoccupasse di verificare se altre aziende fornissero prodotti analoghi a minor prezzo. Quanto alla qualità, sono stati giudicati un po’ da tutti didatticamente inadeguati. Di conseguenza Giovanni Biondi, ex capo dipartimento della Programmazione del Ministero, dovrà risarcire  35 mila euro allo Stato; Antonio Giunta La Spada, già direttore dell’Agenzia Nazionale per lo Sviluppo dell’Autonomia Scolastica (Ansas) 90 mila euro; Massimo Zennaro, capo della Direzione generale per lo studente, poi portavoce della ministra Gelmini, 10 mila euro. Totale 135 mila euro. Non sono, come ci si aspetterebbe, 269 mila, in quanto non sono stati chiamati in giudizio altri soggetti che pure hanno contribuito al danno erariale, cioè funzionari del ministero e dell’Ansas. Per questo sono state sottratte dall’importo le quote “astrattamente addossabili a tali soggetti”.
Com’è noto, fu un’inchiesta di “Report” (che definì i filmati “le pillole della vergogna”) a far aprire un’indagine penale e una contabile. La prima è finita in un “non luogo a procedere”, ma va detto, come ricorda “Il Tempo”, che per i giudici contabili proprio la sentenza di proscioglimento fa emergere manifesti profili di “mala gestio” e che l’archiviazione fu dovuta a “gravi carenze nell’attività di indagine da parte del P.M. penale”. La Corte dei Conti, oltre a rilevare “un meccanismo di spesa al di fuori della normativa vigente, volto a instaurare un rapporto esclusivo con un imprenditore privato e a depauperare le pubbliche finanze”, è drastica anche sulla qualità dei prodotti: “palesemente scadente, come riconosciuto anche dal giudice penale”. Se non bastasse, in precedenza la commissione indipendente istituita dal Ministero si era espressa negativamente sui filmati: “Lo spirito che permea questi prodotti non è didattico”. E più avanti: “Il 50% degli argomenti trattati sembrano più pubblicità progresso che materiali didattici”.  
Tanto premesso (come dicono i testi ministeriali), si dà il caso che il dottor Biondi nel 2013 è passato a presiedere niente meno che l’Indire, cioè l’Istituto Nazionale per la Documentazione, l’Innovazione e la Ricerca Didattica, l’ente che si occupa istituzionalmente anche delle materie oggetto dell’inchiesta e della condanna, cioè della progettazione e realizzazione di supporti didattici. Non sappiamo se la sentenza della Corte dei Conti verrà appellata o meno, e dunque se è da considerare definitiva. Dato però che l’iniziativa del presidente Biondi è stata più volte censurata sia nel metodo (procedure e danno erariale) che nel merito (qualità e utilità dei prodotti ai fini della didattica), viene da chiedere al Ministro Giannini: è ancora opportuno che continui a ricoprire quel ruolo?
Giorgio Ragazzini
L'articolo del "Tempo".