domenica 20 dicembre 2015

LA SOLITUDINE DELLA SCERIFFA DISARMATA

Il bell’editoriale di Gaspare Polizzi sul “Corriere Fiorentino” di oggi (La sceriffa disarmata) è dedicato alla preside del Liceo di Porta Romana, dove una netta minoranza di studenti, sostenuti dai loro genitori, ha occupato per molti giorni la scuola, impedendo che si svolgessero le lezioni. Il danno così causato alla comunità scolastica e alle casse dell'erario è stato gravissimo. È naturale che l'autorità giudiziaria ne chieda conto e ancor più che la scuola prenda le opportune misure educative affinché i ragazzi imparino a rispettare le regole, la cosa pubblica, i loro compagni e i soldi dei contribuenti. Naturalmente i genitori sostengono i loro “bambini”. Infatti sembra proprio che tali li vogliano mantenere e che con il loro atteggiamento iper-protettivo impediscano loro di crescere nella consapevolezza che oltre ai diritti devono essere salvaguardati anche i doveri. In altri contesti sociali europei sarebbe inverosimile una situazione del genere, tanto grave quanto poco seria, per parafrasare uno dei pochi intellettuali che al potere di ogni colore non fu per niente organico. I fanciulli sono stati in grado di farsi beffa di una comunità di oltre 1500 persone, di passare nottate dentro la scuola, di prendersi gioco di preside, professori, impiegati e compagni, ma non li si riconosce meritevoli di una sospensione da 10 a 15 giorni (solo per qualcuno si arriva a 21) e ci si attacca a qualche manchevolezza formale per impedire che i pargoli debbano pagare per le conseguenze della loro supponenza, della loro violenza e della loro irresponsabilità.
In tutta la faccenda ha stupito più di ogni altra cosa che alla ferma compostezza civica e morale  della Preside Addabbo abbia corrisposto la quasi assoluta latitanza delle autorità scolastiche a sostegno della dirigente e del principio di legalità. A parte la vicinanza espressa dal sottosegretario Toccafondi, nessun altro ha sentito la necessità di essere solidale con la collega, di stare accanto a lei, che so, per una quindicina di minuti durante le intere mattinate che Annamaria Addabbo, insieme a molti suoi docenti, ha trascorso all'esterno della scuola. Il baco uscito dalle muffe ideologiche di un passato che vorremmo laicamente lontano continua a credere che i bravi dirigenti siano quelli che evitano i conflitti e che se questi ci sono la colpa è loro: poco flessibili, poco comunicativi, poco inclini al "volemose bene" che tanto odiava l'intellettuale di cui sopra e che invece caratterizza la nostra visione – così  provinciale  e così privata – delle istituzioni pubbliche. Per certa gente un leader davvero carismatico non viene mai messo in discussione dagli studenti e dal personale in genere. Questa infantile miopia che accomuna adolescenti e adulti rimasti tali (e non a caso ideologicamente fermi agli anni settanta), non contribuirà a creare un bel futuro. I segni ci sono tutti per capirlo, ma agli accecati dall'ideologia questo non interessa. Per certa gente contano solo i diritti, o presunti tali, e guai se qualcuno non è disponibile a capirli e magari osa chiedere che le leggi vengano rispettate. I leader carismatici, si sa, non hanno bisogno di ricorrere alle regole e chissà se a forza di magnificarli prima o poi qualcuno si materializzerà sul serio. (Valerio Vagnoli)

martedì 15 dicembre 2015

I GENITORI CATTIVI MAESTRI

Al Liceo Artistico di Porta Romana i consigli di classe e il Consiglio di Istituto hanno deliberato la sospensione di 39 studenti responsabili dell’occupazione dell’Istituto per dieci giorni, durante i quali hanno impedito l’ingresso a studenti, docenti, amministrativi e custodi, oltre che alla Dirigente Anna Maria Addabbo. Per alcuni occupanti il periodo di sospensione arriva a 21 giorni.
Già nel post del 3 dicembre scorso, “Gli studenti e l’occupazione come diritto”, riferendo le lamentazioni degli studenti del Liceo Alberti dopo lo sgombero dell’istituto da parte della polizia, scrivevamo che è evidente in questi ragazzi la totale assenza di consapevolezza circa la gravità dei loro comportamenti e delle relative conseguenze. Se l’occupazione è pensata come l’esercizio di un diritto, ne viene di conseguenza che non può comportare sanzioni.
A Porta Romana sono di scena i genitori, come riferisce "La Nazione", scesi in armi contro i provvedimenti disciplinari. Invocano l’intervento dell’Ufficio Scolastico Regionale, annunciano ricorsi al TAR, minacciano forme di disubbidienza e, non c’era da dubitarne, denunciano il carattere repressivo e non educativo dei provvedimenti. Certo, con altri dirigenti sarebbe finita diversamente, tuttalpiù con un predicozzo accigliato. Qui per fortuna hanno trovato la porta sbarrata. Speriamo che una volta tanto a nessuno venga in mente di dargli ragione. (AR)

lunedì 7 dicembre 2015

MINISTRO GIANNINI, ESISTE PER IL GOVERNO UN PROBLEMA DI DISCIPLINA NELLE SCUOLE?

Gentile Ministro Giannini,
avrà senz’altro letto il mese scorso Che errore ignorare la scuola, l’editoriale in cui Ernesto Galli della Loggia si chiedeva se a viale Trastevere “sia mai giunta notizia che in moltissime realtà scolastiche italiane ormai si assiste a una vera e propria abolizione di fatto della disciplina”. Chi lavora nella scuola conosce bene questo problema, dovuto anche al disorientamento educativo di molte famiglie, e le conseguenze che ha già avuto e continuerà ad avere sull’apprendimento e sulla qualità della convivenza civile. Per non parlare di come incide sulle motivazioni e sulla stessa salute dei docenti.
Di fronte a una denuncia così impietosa e accorata era logico aspettarsi una sua risposta, che però non è venuta. Del resto il silenzio dei governi su un aspetto così centrale nella formazione, come il rispetto delle regole, dura purtroppo da decenni, con l’eccezione dei ministeri Fioroni e Gelmini. Quanto allo Statuto degli studenti di Berlinguer, sembra concepito per scoraggiare le sanzioni più che per garantire comportamenti corretti. Un precedente ministro è andato oltre al silenzio, invitando gli studenti a ribellarsi a genitori e insegnanti; e da un attuale sottosegretario è uscito perfino un caloroso apprezzamento delle occupazioni, in cui si infrangono leggi, si violano diritti degli altri e si sperpera denaro pubblico. Anche la Buona Scuola ignora totalmente la necessità della Buona Condotta; e dovrebbe invece essere considerata una priorità. Eppure è l’Ocse, non qualche acritico lodatore del tempo andato, a sostenere che “dove la disciplina è allentata, gli insegnanti sprecano tempo e gli studenti non sono concentrati a causa delle numerose interruzioni”; che “la maggior parte degli studenti è contenta quando c’è la disciplina in classe”; e che “le classi in cui vige la disciplina di solito hanno risultati migliori”. Sfortunatamente anche non pochi dirigenti e docenti ritengono in buona fede che non si debba mai punire, ma puntare solo sul dialogo e sul rinnovamento della didattica per prevenire e correggere i comportamenti sbagliati, mentre l’educazione alla responsabilità, cioè a rispondere di quei comportamenti, deve necessariamente prevedere anche delle sanzioni. Come lei sa, sembra difficile persino impedire durante l’orario scolastico l’uso del cellulare, fonte di distrazione, ma anche strumento utilizzato per forme di bullismo e per copiare durante gli esami: altro problema su cui varie sollecitazioni e denunce non sono state prese in considerazione.
Le chiediamo quindi, Ministro Giannini, di prendere tutte le possibili iniziative a sostegno della correttezza e della legalità nelle scuole, in modo che vi venga garantito il necessario clima di rispetto reciproco e di collaborazione nell’interesse degli studenti, dei docenti e in quello della collettività. Per parte nostra ci  permettiamo di avanzare un paio proposte:
- Modificare e integrare alla luce dell’esperienza lo Statuto degli studenti, in quanto norma generale sull’istruzione, inserendovi tra l’altro indicazioni sulle sanzioni in relazione almeno alle principali mancanze disciplinari, incluse quelle che si verificano nel corso delle occupazioni e degli esami di Stato. Si tratta tra l’altro di evitare eccessive differenze tra scuole in questa materia, pur salvaguardando il giusto margine di discrezionalità rispetto ai casi concreti.
- Promuovere occasioni di serio dibattito e di aggiornamento su temi come la crisi dei ruoli educativi e le sue cause, l’alleanza fra scuola e famiglia, la gestione della classe, il ruolo delle sanzioni educative, il contrasto al bullismo, i doveri come necessaria garanzia dei diritti e della solidarietà sociale.
Distinti saluti,
Gruppo di Firenze
per la scuola del merito
e della responsabilità

giovedì 3 dicembre 2015

GLI STUDENTI E L'OCCUPAZIONE COME DIRITTO

Mentre in diverse città italiane continuano le occupazioni delle scuole, sembra crescere finalmente l’insofferenza verso queste iniziative, finora viste con indulgenza e persino con simpatia da settori dell’opinione pubblica. La maggioranza degli studenti degli istituti interessati e i loro genitori hanno protestato vivacemente per la prevaricazione di una minoranza che viola il loro diritto allo studio. A Firenze la polizia si è decisa a intervenire senza pretendere l’esplicita richiesta della dirigente del Liceo Artistico Alberti, dopo anni in cui si limitava a raccomandare ai ragazzi di non fare danni. E a questo proposito “Tuttoscuola” si chiede: “Il vaso è colmo?” Si tratta di un buon segno, anche se è presto per trarre conclusioni ottimistiche. Tra l’altro il governo rimane del tutto indifferente di fronte a un fenomeno che costa ogni anno milioni di euro ai contribuenti.
Colpiscono in modo particolare le motivazioni degli occupanti per l’evidente sproporzione tra mezzi e obbiettivi, in genere riconducibili a carenze di attrezzature e di manutenzione dell’edificio scolastico, anche se viene poi richiamata ritualmente la riforma della “Buona scuola. Ma c’è di più. Prendiamo il caso del suddetto liceo artistico fiorentino, dove polizia ha fatto uscire gli occupanti barricati da tre giorni nella scuola. Le reazioni degli studenti dovrebbero far riflettere chi, anche all’interno del ministero, accredita alla leggera gli occupanti come interlocutori politici e come futura classe dirigente. Eccone alcune riportate dalle cronache: «Bell'esempio di democrazia, far entrare le forze dell'ordine in una scuola». «Gli agenti hanno approfittato del portone aperto per un attimo e sono entrati spintonando. Un ragazzo si è coperto il volto con uno zaino e loro gliel'hanno sbattuto a terra». E sulla preside: «È il giorno della sua sconfitta. Chiamare la polizia è un segnale chiaro: ha perso il controllo della scuola. E noi che volevamo persino rimbiancare le pareti...». «Non si risolvono i problemi da noi denunciati con l'uso della forza». Senza entrare nel merito delle singole frasi, è evidente che manca in questi ragazzi la consapevolezza di ciò che comporta un’occupazione: gravi violazioni della legalità; lesione del diritto allo studio dei compagni; ingenti risorse dilapidate; tempo scuola buttato alle ortiche a danno dell’apprendimento; una seria ferita al clima interno della scuola. In altre parole, si tratta della reazione di chi ritiene che l’occupazione sia un diritto.
Chi viola le leggi per motivi ideali e ha poi il coraggio di assumersene la responsabilità, accettandone le conseguenze anche penali, merita rispetto. Ma se è già difficile chiederlo a dei ragazzi, una simile coerenza diventa impossibile quando per decenni gran parte degli adulti minimizza, assolve o addirittura apprezza e incoraggia queste imprese. E quali esempi virtuosi vengono loro proposti quanto a modi di dissentire? Certo non la quasi costante impunità di chi blocca il traffico paralizzando città e autostrade, di chi sfascia vetrine e automobili durante le manifestazioni e di chi riempie i muri di scritte. Per questo l’iniziativa del Questore di Firenze è un indubbio passo avanti rispetto al passato anche sul piano educativo, malgrado che per arrivarci ci siano voluti dieci giorni di occupazione in un altro istituto e una forte pressione dei genitori e di gran parte degli insegnanti. È dunque urgente reintegrare a pieno nella nostra cultura il valore formativo delle sanzioni, rassegnandosi al fatto che il dialogo, la disponibilità e l’empatia non sempre bastano a far percepire a tutti l’inaccettabilità di certi comportamenti.
Giorgio Ragazzini