Giorgio Ragazzini, “ilSussidiario.net”, 18 agosto 2023
Il 26 luglio il Senato ha approvato una mozione unitaria con cui
riconosce l’Holodomor (il termine ucraino che significa “sterminio per
fame”) come genocidio perpetrato da Stalin e si impegna a adottare “ogni
conseguente iniziativa per promuovere in Italia e all’estero la consapevolezza
e il ricordo di questa tragedia”. La quale ha causato la morte di un numero di
ucraini che va, a seconda delle stime, da 3-4 a 10-11 milioni. Questo impegno
finora era mancato da parte di chi – case editrici, quotidiani, tv di Stato –
avrebbe potuto, e quindi dovuto, assumerselo. Basta dire che ci vollero
diciotto anni perché Harvest of Sorrow (“Raccolto di dolore”) di Robert
Conquest, il libro che per primo ha documentato quel crimine senza precedenti,
venisse pubblicato in Italia (da una piccola casa editrice, la Liberal Edizioni).
Questo importante atto del Senato,
favorito dall’aggressione russa all’Ucraina, non ha avuto però nessun risalto
sui mezzi di informazione; a conferma dell’esistenza di un problema più
generale, quello della resistenza ad accettare fino in fondo la realtà dei
regimi comunisti; e in particolare di quello sovietico. L’Urss è stata una
società fondata sulla coercizione e sul terrore, che ha ripristinato la
schiavitù, costringendo ben venti milioni di cittadini a lavorare per lo Stato
nei Gulag (e in buona parte a morire di freddo e di fatica); che ha fatto
assassinare milioni di oppositori veri o presunti; che ha causato, con le sue
folli teorie economiche, diverse carestie, compresa la “carestia terroristica”,
come l’ha definita Conquest, utilizzata contro gli ucraini, colpevoli di essere
contadini e di essere ucraini. Oltre, s’intende, ad aver abolito tutte le
libertà garantite dalle costituzioni dei paesi democratici. Infine, si stima
che le diverse esperienze comuniste nel mondo abbiano causato complessivamente
quasi cento milioni di morti. Nonostante questo, lo sdegno riservato ai crimini
del nazismo non si è esteso che in minima parte a quelli della patria del
comunismo e ai suoi proseliti.
Non è questa la sede per analizzare i
motivi per cui molti vivono ancora in uno stato che si può definire di
“sedazione cosciente” del senso morale, che impedisce di immedesimarsi nelle
terribili sofferenze inflitte a miliardi di esseri umani. Alla situazione della
memoria pubblica in Italia a proposito di fascismo e comunismo, ancor oggi
giudicati con due pesi e due misure, ha dedicato il 12 agosto un editoriale sul
“Corriere della Sera” Ernesto Galli della Loggia, la cui lettura è senz’altro
consigliabile.
Dato che è alla scuola che spetta una
funzione rilevante nella formazione della futura opinione pubblica, vorrei qui
dare un’idea della situazione in cui si trova l’insegnante di storia
nell’affrontare il tema dei totalitarismi novecenteschi. Per il fascismo e il
nazismo dispone di una vasta gamma di documenti scritti fra cui scegliere i più
adatti all’età degli allievi, di fotografie (molte delle quali famose), di
numerosi film di grande qualità. Ne elenco solo alcuni: Il delitto
Matteotti di Florestano Vancini, Una giornata particolare di Ettore
Scola, Tutti a casa di Luigi Comencini, Arrivederci ragazzi di
Louis Malle, Schindler List di Steven Spielberg, Jona che visse nella
balena di Roberto Faenza. I documentari reperibili in rete sono
numerosissimi. Mi limito a citarne uno di grande impatto emotivo: Gli ultimi
giorni, prodotto da Steven Spielberg, che tratta della Shoah attraverso
l’esperienza di cinque sopravvissuti ungheresi – poi trasferitisi negli Stati
Uniti – che tornano sui luoghi della loro prima vita. E quanto è stato
importante Il diario di Anna Frank per aiutare i ragazzi a immedesimarsi
con gli ebrei perseguitati? Senza dimenticare l’enorme importanza dell’impegno
instancabile dei sopravvissuti ai campi di sterminio nel costruire la
conoscenza della sanguinaria politica nazista. Tutto questo è stato essenziale
per farci raggiungere quella “temperatura emotiva” necessaria perché queste
tragedie si radichino saldamente nel patrimonio culturale di ciascuno. Per
dirla con Primo Levi, solo così sappiamo davvero che “questo è stato”.
La situazione è molto diversa sul
versante del comunismo, soprattutto per quanto riguarda documentari, libri e
film utilizzabile dai docenti del primo ciclo. Non c’è un’Anna Frank che
coinvolga gli allievi nella sua condizione di reclusa per sfuggire alla morte. Pochi
sono i documentari, comunque sempre confinati in Rai Storia; pochissimi i film sulla
realtà dell’Urss (va meglio per la lontana Cambogia, a cui nessuno ha avuto
modo di affezionarsi). Di qui la difficoltà di “realizzare”, cioè rendere
davvero reale nella propria mente, quello che è stato e in parte è ancora il
comunismo. Va da sé che, al di là della disponibilità di supporti didattici,
anche gli insegnanti risentono del clima culturale dei due pesi e due misure
sui totalitarismi del novecento; e questo non può non incidere sul modo in cui
vengono presentati.
Sarebbe comunque essenziale che il
Servizio pubblico radiotelevisivo si impegnasse nel produrre o tradurre film e
programmi sui vari regimi comunisti, alcuni dei quali ancora vivi e vegeti, e
approntasse per la scuola un catalogo ragionato di ciò che esiste. Una
collaborazione importante potrebbe venire da “Memorial Italia”, parte
dell’associazione fondata da Andrej Sacharov negli anni ’80 per occuparsi della
storia dell’Urss e della Russia post-sovietica. Un’operazione verità che
sarebbe doverosa anche per onorare le tante vittime finora da molti considerate
di serie B.