(“Corriere
fiorentino”, 28 ottobre 2017)
Nel mondo della scuola è
diffuso lo scaricabarile in tema di responsabilità di qualsiasi tipo; e spesso
alla fine il cerino resta in mano ai docenti e soprattutto ai presidi che in
Italia hanno sulle loro spalle oneri che non ha nessun altro dirigente della
Pubblica amministrazione.
Oneri tra cui è compreso quello di farsi
avvocato dello Stato nelle cause di lavoro relative al proprio personale. Anche
quando la responsabilità ricade sul dipendente, quasi sempre le sentenze
chiamano a risponderne anche il dirigente per non averlo adeguatamente
controllato e istruito in merito ai suoi compiti. Tra questi, secondo quanto
stabilito da una recente ordinanza della Cassazione, c’è quello di verificare
che gli allievi minori di quattordici anni siano prelevati all’uscita da scuola
dai loro genitori o da persona appositamente delegata a farlo. Immaginatevi il
caos di quei minuti davanti a scuole frequentate da centinaia e centinaia di
allievi, con la possibilità che qualcuno scappi al controllo dei poveri
docenti! Ma tornando al problema sollevato da questa sentenza, che ne conferma
altre dei Tribunali ordinari, di sicuro essa contribuisce a creare ulteriore
tensione tra scuola e famiglie, per le quali è comodo farle la guerra, vista la
farraginosa normativa da cui è sommersa. Una normativa su cui sono basate molte
— e a volte scandalose — sentenze dei Tar, che danno spesso torto alla scuola.
Tanto nessuno o quasi farà ricorso, vista anche l’inadeguatezza degli organici
dell’Avvocatura dello Stato, che dovrebbe sostenere le ragioni
dell’istituzione.
Rispetto a questo sfascio legale, ma anche
culturale, le famiglie e i loro avvocati hanno sempre più possibilità di
portare a casa sentenze a loro favorevoli, quando il ragazzo sia stato escluso
dall’esame perché scoperto a copiare o perché non ammesso agli esami per le
numerose insufficienze. È poi quasi normale che in caso d’infortunio, seppur
minimale, vi sia un ricorso con tutto quello che ne consegue.
La stessa ministra Fedeli, anziché
limitarsi a intimare al mondo scolastico il rispetto dell’ordinanza della
Cassazione, avrebbe l’altra sera potuto ricordare che ogni scuola potrebbe,
grazie ai regolamenti d’Istituto, scegliere come organizzare l’uscita degli
allievi, anche a seconda della loro età. Un’altra rassicurazione sembra venire
nelle ultime ore da Simona Malpezzi del Pd, che si è impegnata a varare le
nuove norme per liberare le scuole da questo tipo di responsabilità.
È davvero difficile pensare che un ragazzo
di tredici e quattordici anni debba essere consegnato alla fine delle lezioni a
un adulto. Personalmente mi auguro che a quell’età e anche qualche anno prima,
salvo casi particolarissimi, le ragazze e i ragazzi siano lasciati liberi di
tornarsene a casa da soli o in compagnia dei coetanei. Lasciamogli questa libertà
utile alla loro crescita e meno rischiosa rispetto a quella di viaggiare, nel
fortino della propria camera, davanti a uno schermo su altre «strade», che
possono rivelarsi molto più pericolose di quelle che da scuola conducono alle
loro abitazioni.
Valerio Vagnoli