martedì 7 agosto 2018

L’ARTE SÌ, MA CON REGOLE. Firenze, gli studenti, i turisti

Se è forse impossibile cambiare la modalità «mordi e fuggi» con cui ogni anno milioni di turisti da ogni parte del mondo vengono a visitare Firenze e i suoi musei, qualcosa almeno si può fare, in primo luogo per i nostri studenti, i turisti del domani. A volte li vediamo, in particolare i più grandicelli, trascinare svogliatamente le gambe, a testa bassa o intenti a scherzare tra di loro per rendere meno noioso il vagabondare del gruppo. E quando gli studenti, siano essi bambini delle primarie o giovani delle superiori, girano spersi, a frotte, per musei e monumenti cittadini, non possiamo non cogliere quanto sia intenso il senso di avvilimento che essi ci trasmettono. In molti casi gli insegnanti si rivolgono a pochi ragazzi che stanno loro intorno, quelli che salvano, per così dire, il valore culturale della gita e del lavoro dei docenti. Certo non è sempre così. Rispetto al passato, a Firenze e nelle altre città d’arte, sembra di notare una maggiore partecipazione e consapevolezza da parte dei visitatori, che siano turisti oppure scolaresche, e anche una maggior capacità didattica da parte delle guide, ma nell’insieme il «quadro» non è proprio edificante.
Tuttavia il compito di cambiare le cose più in profondità spetta innanzitutto alle scuole, a partire da quelle per l’infanzia, che dovrebbero ovunque investire in maniera convinta e culturalmente efficace anche sull’educazione all’arte. Non è utile che si portino gli studenti a incontrare capolavori della pittura e della scultura senza un’adeguata preparazione. Per fortuna nessun luogo del nostro Paese è privo di chiese, palazzi, centri storici, tabernacoli e musei che quasi sempre restano sconosciuti anche a chi ogni giorno ci passa davanti e che, oltre a meritare una maggiore attenzione in sé, possono funzionare come «laboratori didattici» da utilizzare per familiarizzarsi con le opere d’arte e anche per valorizzare finalmente i cosiddetti musei minori. In questo modo i grandi capolavori del passato saranno poi alla portata dei ragazzi, specialmente se si riesce a evitare che nella loro testa il bello della «gita» non consista in nottate caotiche, magari correndo gravi rischi. E lasciamo a certi «pedagogisti» l’idea che tutto è utile per accrescere l’esperienza, certificando così come la mancanza di ricondurre i saperi ai loro specifici ambiti di appartenenza ci faccia sempre più scivolare nella putrefazione della mediocrità. 
Anche per questo è necessario far visitare ai ragazzi una città e ancor più un museo mettendoli davanti a poche opere, perché niente è più inefficace dell’affastellamento delle conoscenze. Sarebbe perciò importante pensare a biglietti speciali per le scolaresche, limitati a due o tre sale e con tempi misurati. E sarebbe altrettanto importante intervenire per governare i flussi anche degli altri visitatori, per esempio attraverso l’obbligo delle prenotazioni, aperture programmate dei musei a più alta affluenza alternando studenti, residenti e turisti. E ai residenti, come a tutti gli studenti, potremmo lasciare la gratuità o forti sconti. Un numero di ingressi controllato permetterebbe a molti turisti, anziché di buttare via il tempo in code lunghissime e spesso turbate da episodi di microcriminalità, di misurarsi con percorsi alternativi che permetterebbero loro di portarsi addosso, per tutta la vita, la soddisfazione di aver scoperto capolavori inaspettati. Certi provvedimenti avrebbero contro molti interessi. Ma la politica, come la scuola, se non è lungimirante non può che fallire.
Valerio Vagnoli
“Corriere Fiorentino”, 7 agosto 2018