martedì 24 dicembre 2019

PRIMARIA, MENO MATERIE E PIÙ VERIFICHE


Si sa che la scuola da tempo non riesce più a essere quello che vorremmo: un punto fermo nella costruzione del futuro dei nostri figli e della nostra identità nazionale. Anche i noti e recenti dati dell’indagine Ocse-Pisa hanno confermato ciò che dicono da anni, e cioè che i nostri ragazzi sono davvero messi male e in particolare che la capacità di comprendere ciò che leggono sta inesorabilmente naufragando e spesso non riescono neppure a leggere bene ad alta voce. Non occorre essere profeti (basta il buon senso) per renderci conto che le cose continueranno a peggiorare in assenza di decisi interventi nella direzione giusta. Perché quando a mancare ai nostri quindicenni è la preparazione di base, significa che a fallire è anche la nostra scuola di base. Eppure quella che un tempo si chiamava «elementare» aveva contribuito fino a qualche decennio fa a dare conoscenze e competenze fondamentali davvero straordinarie, omogenee e diffuse su tutto il territorio nazionale. E non a caso, soprattutto dopo la seconda guerra mondiale, gli italiani si riconobbero finalmente in una Patria comune, perché comune era diventata la loro lingua e la loro cultura di base, proprio grazie alla scuola elementare; mentre è stato a mio avviso sopravvalutato il ruolo pur utile della televisione e  soprattutto quello di "Lascia o raddoppia". 
Alla base del successo di quella scuola c’erano innanzitutto maestre e maestri che erano figure di grande importanza nelle comunità in cui operavano e sapevano che era irrinunciabile raggiungere gli obiettivi stabiliti dai programmi. Tanto più che alla fine della seconda e della quinta classe sarebbero stati verificati e giudicati da colleghe e colleghi che avrebbero esaminato i loro allievi e, di conseguenza, il loro lavoro. E c’erano inoltre famiglie che dalla scuola si attendevano quello che a molti di loro non era stato concesso; e cioè che almeno i loro figli sapessero leggere e scrivere e fare i conti, magari per poter controllare che il bottegaio o il padrone non si approfittassero della loro ignoranza. Fu quella una grande scuola a tal punto da primeggiare per anni e anni a livello internazionale. C’è da chiedersi, tra l’altro, quanto abbia influito il fatto di togliere il maestro, pardon, la maestra unica affidando le classi, come avviene da qualche decennio, a una girandola di docenti spesso costretti a perdersi dietro progetti, attività multidisciplinari, progettazioni a breve, medio e lungo termine fatte spesso, come le norme stesse richiedono, specialmente di chiacchiere e burocrazia. E le materie da sole sono almeno una dozzina. È facile, così, perdere di vista gli obiettivi fondamentali di una scuola di base.
Nel 2017 oltre 700 docenti universitari avevano spiegato, in un appello «contro il declino dell’italiano a scuola», in quali condizioni arrivassero molte matricole. E chiedevano «una scuola davvero esigente nel controllo degli apprendimenti, con l’introduzione di verifiche nazionali periodiche durante gli 8 anni del primo ciclo», tra cui il dettato ortografico e il riassunto. C’è stata solo qualche modifica all’esame di terza media e niente per la scuola primaria, peraltro privata da anni di qualsiasi esame. Non si potrebbe ricominciare da qui?
     Valerio Vagnoli
     (“Corriere Fiorentino” del 22 dicembre 2019)

mercoledì 4 dicembre 2019

UNA LETTERA DI SCUSE DEL PRESIDENTE FICO E UN NOSTRO APPELLO DI DODICI ANNI FA

La deputata del Movimento 5 Stelle Lucia Azzolina ha pubblicato su Facebook la lettera di scuse del Presidente della Camera Fico agli studenti e ai professori presenti in aula durante i disordini nell’aula di Montecitorio (“spinte, grida, contatti fisici e aggressività nei comportamenti”).
Fico definisce “occasionali” questi episodi, ma a voler essere indulgenti si può dire che non lo sono abbastanza. A questo proposito è il caso di ricordare un nostro appello del 2007 ai presidenti dei due rami del Parlamento Fausto Bertinotti e Franco Marini “per far presente la necessità che Senatori e i Deputati conservino in ogni circostanza un comportamento confacente alla speciale importanza del loro ruolo.”
Riproduciamo qui sotto la lettera del Presidente Fico, la prima pagina del quotidiano che dette maggior risalto al nostro appello firmato da 131 insegnanti, più sotto l'articolo nelle pagine interne e il testo integrale dell’appello. (GR)




APPELLO AI PRESIDENTI DELLE CAMERE:
I PARLAMENTARI DIANO IL BUON ESEMPIO AI GIOVANI

Al Presidente del Senato
della Repubblica Franco Marini
Al Presidente della Camera
dei Deputati Fausto Bertinotti
Noi sottoscritti docenti della scuola italiana ci rivolgiamo rispettosamente a Voi Presidenti delle Camere, per far presente la necessità che i Senatori e i Deputati conservino in ogni circostanza un comportamento confacente alla speciale importanza del loro ruolo.
Uno dei compiti principali della scuola consiste nell’educare alla responsabilità e al rispetto reciproco. Per esperienza sappiamo che questo si ottiene, più che con le prediche e le raccomandazioni, facendo osservare le regole della convivenza e dando, come adulti, l’esempio.
Ecco perché ci permettiamo di insistere sulla necessità che tutti i parlamentari della Repubblica siano per i cittadini, e in particolare per i giovani, esempio di compostezza, di misura e di civile dialogo.
In altre parole, auspichiamo che dalle aule del Parlamento siano banditi i cori e gli striscioni, i cartelli e le bandiere, le risse e gli insulti, insomma qualsiasi atteggiamento contrario al decoro di questa istituzione.
Vorremmo anche preservare i nostri allievi dalla disistima – oggi purtroppo molto diffusa nel Paese – verso chi si occupa della cosa pubblica; e magari poterli portare in visita alla Camera o al Senato senza il timore di alimentare in loro questo sentimento.  
Ci auguriamo invece che l’attività politica torni presto a godere dell’elevata considerazione che in una società democratica dovrebbe essere la regola e non l’eccezione.
Distinti saluti,
1.       Giorgio Ragazzini – Scuola media “Masaccio-– Calvino – Don Milani ” – Firenze
2.      Valerio Vagnoli – I.T. “Peano” – Firenze
3.      Andrea Ragazzini – Liceo artistico “Alberti” – Firenze
4.      Sergio Casprini – Ist. d’Arte di Porta Romana – Firenze
5.      Aurora Contu – I.C. “Casalbianco” – Settecamini – Roma
6.      Marzia Tortelli – I.P. “Cellini” – Firenze
7.      Gianna Caroti – I.P. Alberghiero “Saffi” - Firenze
8.     Luciano Paccini – Scuola media “Masaccio – Calvino – Don Milani ” – Firenze
9.      Valerio Tanini – Scuola media “Poliziano-Guicciardini” – Firenze
10.  Patrizia Pepè – Scuola media “Poliziano-Guicciardini” – Firenze
11.   Marisa Curaro – I.C. “Casalbianco” – Settecamini – Roma
12.  Raffaela Della Puca – I.C. “Casalbianco” – Settecamini – Roma
13.  Dina Martone – I.C. “Casalbianco” – Settecamini – Roma
14.  Lucia Oddi – I.C. “Casalbianco” – Settecamini – Roma
15.   Gianna Colantoni – I.C. “Casalbianco” – Settecamini – Roma
16.  Vera Zerlenga – I.C. “Casalbianco” – Settecamini – Roma
17.   Annamaria Carlone – I.C. “Casalbianco” – Settecamini – Roma
18.  Sandra Zurzolo – I.C. “Casalbianco” – Settecamini – Roma
19.  Katia Caponigro – I.C. “Casalbianco” – Settecamini – Roma
20. Luigi Spada – I.C. “Casalbianco” – Settecamini – Roma
21.  Maria Gabriella Patisso – I.C. “Casalbianco” – Settecamini – Roma
22. Angelo Spagnuolo – I.C. “Casalbianco” – Settecamini – Roma
23. Angela Milano – I.C. “Casalbianco” – Settecamini – Roma
24. Angela Caraccio – I.C. “Casalbianco” – Settecamini – Roma
25.  Maria Grazia Cenci – I.C. “Casalbianco” – Settecamini – Roma
26. Paola Cinti – Liceo artistico “Alberti” – Firenze
27.  Marco Panti – Dirigente scolastico – USP Firenze
28. Francesco Zaffuto – ITCG “Bianchi” – Monza
29. Leila D’Angelo– Liceo scientifico “Dini” – Pisa
30. Luisa Prodi – Liceo scientifico “Dini” – Pisa
31.  Silvana Boccara – Scuola media “Fermi” – Scandicci
32. Giuseppe Pallanti – I.P. Alberghiero "Buontalenti" – Firenze
33. Giovanna Ragionieri – Liceo artistico “Alberti” – Firenze
34. Raimondo Vacca – Liceo artistico “Alberti” – Firenze
35.  Daniela Basosi – I.C. “Montagnola- Gramsci” – Firenze
36. Cesarina Catani – I.T.C “Salvemini” – Casalecchio di Reno (BO)
37.  Giuseppe Moncada – Liceo scientifico “ Majorana” – Scordia (CT)
38. Daniela Ragazzini – I.P.  "Aldrovandi- Rubbiani"- Bologna
39. Salvatore Barone – Liceo  scientifico "E.Majorana" – Scordia (CT)
40. Leonardo Barsantini – Agenzia Naz. per lo Sviluppo dell'Auton. Scol. Ex- IRRE Toscana
41.  Carla  Antonioli – Scuola Media “Rossetti-Mazzini" – Pescara
42. Giuseppe Bagni – ITI/IPIA. “Leonardo Da Vinci” – Firenze
43. Biagio Interi – Liceo scientifico “Majorana” – Scordia (CT)
44. Tina Binetti – XVII Circolo didattico – Bari
45.  Ilaria Ricciotti – Docente in pensione –  Montecosaro (MC)
46. Amalia Minò – I.C. “Balabanoff” – Roma
47.  Lucrezia Monello – I.C. “Garibaldi” – Setteville di Guidonia (Roma)
48. Bruno Telleschi – Liceo Classico “Mamiani” – Roma
49. Luisanna Facchetti – Centro territ. istruz. e formaz. adulti – S. Giovanni Lupatoto (VE)
50. Grazia Papini – Istituto di Istruzione Superiore “Vittoria Colonna” – Arezzo
51.   Francesco Bullegas – Liceo Scientifico Statale "E. Lussu" – Sant'Antioco  (CI)
52.  Andrea Marchetti – I.P. Alberghiero “Saffi” – Firenze
53.  Nadia Senatore – I.C."Montagnola - Gramsci" – Firenze
54.  Elisa Caraffini – Scuola media “Masaccio – Calvino – Don Milani ” – Firenze
55.  Antonia Gregorini – Educatrice nell’asilo nido – Comune di Firenze
56.  Elena Messeri – IPSIA “Chino Chini” – Borgo San Lorenzo – Firenze  
57.  Carla Pampaloni – Ist. Magistrale "G. da S. Giovanni" – S. Giovanni Valdarno (AR)
58. Romeo Baccetti – Scuola media “Pieraccini-Verdi” – Firenze
59.  Paola Bosco – ISIS  “Margaritone” – IPCSST “Vasari” – Arezzo
60. Elisabetta Angioletti – Scuola media “Anna Lapini-La Fantina” – Firenze
61.  Maria Goretta Salvucci – I.C. "Dante Alighieri" – Spoltore (PE)
62. Luana Papini – Ist. Istr. Superiore “Vittoria Colonna” – Arezzo
63. Salvatore Siciliano – Ist. di istr. sec. di I gr. "G. Pucciano" – Bisignano (CS)
64. Stefania Bozzi – I.C. n° 8 /centro storico, Scuola prim. "Nogarola" – Verona
65.  Serenella Rosa – docente in pensione – Bologna
66. Teresa Pasqui – Istituto Statale D'arte – Firenze
67.  Paola Papini – I.C. "Primo Levi" – Impruneta  (Fi)
68. Fabrizio Reberschegg – ITT "Algarotti" – Venezia
69. Francesca Biagini – Liceo Linguistico "Pascoli" – Firenze
70. Antonella Foscarini – I.C. di San Piero-Vaglia/sede di Pratolino – Firenze
71.   Renza Bertuzzi – ITC  “Salvemini” – Bologna
72.  Stefano Borgarelli – ITIS  "Volterra" -  San Donà Di Piave (Ve)
73.  Gigi Monello – Liceo Scientifico "Alberti" – Cagliari
74.  Antonio Gasperi – ITCS "L.B.Alberti" – S.Donà  di Piave (VE)
75.  Margherita Dini – Scuola Media Statale “Rolandino–Pepoli” - Bologna
76.  Clarita Amicucci – Scuola Media "Rolandino – Pepoli" – Bologna
77.  Cristina Zanoni – Scuola Media Statale  " Rolandino – Pepoli " – Bologna 
78. Stefano Stagni – Scuola  Media Statale "Rolandino-Pepoli" – Bologna
79.  Giuseppina Bolletta – I.T.C.  Carlo Matteucci – Forlì
80.M. Antonia Pagliarulo – Scuola Media Statale "Rolandino – Pepoli" – Bologna
81.  Carmela Aloe – I.C. “Casalbianco” – Settecamini – Roma
82. Maria Rosaria Italiano – I.C. “Casalbianco” – Settecamini – Roma
83. Nadia Volpe – I.C. “Casalbianco” – Settecamini – Roma
84. Simona Valeri – I.C. “Casalbianco” – Settecamini – Roma
85. Lia Alberti – I.T.C. "A. Rizza" – Siracusa
86. Paola Falsini – Liceo scientifico "Enriques Agnoletti" – Sesto Fiorentino
87. Paola Cavallari – Liceo “Copernico” – Bologna
88.Paola Eleuterio – Scuola media “Masaccio – Calvino – Don Milani ” – Firenze
89. Maria Teresa Valastro – Scuola media “Masaccio – Calvino – Don Milani ” – Firenze
90. Gerardo Grattelli – Scuola media “Masaccio – Calvino – Don Milani ” – Firenze
91.  Luisa Puttini – Scuola media “Masaccio – Calvino – Don Milani ” – Firenze
92. Maria Francesca Unali – Scuola media “Masaccio – Calvino – Don Milani ” – Firenze
93. Adriana Trambusti – Scuola media “Masaccio – Calvino – Don Milani ” – Firenze
94. Laura Pia Tavoni – Scuola media “Masaccio – Calvino – Don Milani ” – Firenze
95.  Gianna Morozzi – Scuola media “Masaccio – Calvino – Don Milani ” – Firenze
96. Maria Merlini – Scuola media “Masaccio – Calvino – Don Milani ” – Firenze
97.  Antonio Luca Scalzullo – Scuola media “Masaccio – Calvino – Don Milani ” – Firenze
98. Vincenzo Triduo – Scuola media “Masaccio – Calvino – Don Milani ” – Firenze
99. Silvano Fabbri – Scuola media “Masaccio – Calvino – Don Milani ” – Firenze
100.        Pier Francesco Cecconi – Sc. media “Masaccio – Calvino – Don Milani ” – Firenze
101.          Franca Novelli – IC “Garibaldi” – Setteville di Guidonia
102.         Sara Milanetti – IC “Garibaldi” – Setteville di Guidonia
103.         Grazia Donati – Circolo didattico 3 – Firenze
104.         Maria Luisa Berti – insegnante in pensione – Bologna
105.         Sabina Chiostri – Circolo didattico 13 – Firenze
106.         Anna Fontanazza – Scuola media “Guicciardini – Poliziano” – Firenze
107.         Giuseppe Cortese – Scuola media “Guicciardini – Poliziano” – Firenze
108.        Elisabetta Ciappi – Scuola media “Guicciardini – Poliziano” – Firenze
109.         Margherita Salvagnini – Scuola media “Guicciardini – Poliziano” – Firenze
110.          Marina Bongi – Scuola media “Guicciardini – Poliziano” – Firenze
111.           Rosaria Melodia – Scuola media “Guicciardini – Poliziano” – Firenze
112.          Ilaria Madama – Scuola media “Guicciardini – Poliziano” – Firenze
113.          Paolo Benevieri – Scuola media “Guicciardini – Poliziano” – Firenze
114.          Carolina Camodica – Scuola media “Guicciardini – Poliziano” – Firenze
115.           Donatella Donati – Scuola media “Guicciardini – Poliziano” – Firenze
116.          Claudia Cancedda – Scuola media “Guicciardini – Poliziano” – Firenze
117.           Carla Giurati – Scuola media “Guicciardini – Poliziano” – Firenze
118.          Carmela Curvietto – Scuola media “Guicciardini – Poliziano” – Firenze
119.          Piero Montanara – Scuola media “Guicciardini – Poliziano” – Firenze
120.         Alberto Magnolfi – Scuola media “Guicciardini – Poliziano” – Firenze
121.          Tamara Ricci – Scuola media “Guicciardini – Poliziano” – Firenze
122.         Elisabetta Pieraccini – Scuola media “Guicciardini – Poliziano” – Firenze
123.         Costanza Radaelli – Scuola media “Guicciardini – Poliziano” – Firenze
124.         Angela Lucentini – Scuola media “Guicciardini – Poliziano” – Firenze
125.          Maria Maddalena Leoncini – Scuola media “Guicciardini – Poliziano” – Firenze
126.         Agostino Cassese – Scuola media “Guicciardini – Poliziano” – Firenze
127.          Rita Lombardi – Scuola media “Guicciardini – Poliziano” – Firenze
128.         Mariangela Larini – Liceo Scientifico “Rodolico” – Firenze
129.         Lucia  Capozzi – I.C. “Piero della Francesca” – Firenze  
130.         Grazia Moschi – I.C. “Ghiberti” – Firenze
131.          Lena Mazzi  - I.C. “Montagnola” – Firenze 

giovedì 28 novembre 2019

INSEGNANTI E NUOVI STUDENTI. CON UN ELOGIO DELLA LEZIONE FRONTALE


Pubblicato su “ilsussidiario.net”, 28 novembre 2019*
All’inizio di Insegnanti, il bel libro autobiografico e di riflessione sulla scuola di Roberto Contu, c’è la sedia lanciata da uno studente verso un compagno davanti al costernato docente al suo esordio nell’insegnamento. Poi “le due ore assolutamente più lunghe e interminabili” della sua vita, il ritorno a casa, la moglie che lo guarda stralunata, la convinzione di non essere tagliato per insegnare. Ma è solo un flashback. L’autore (docente di italiano e storia negli istituti superiori) non solo decide di restare nella scuola invece di dedicarsi alla ricerca universitaria, ma diciassette anni dopo può dire che quella scelta la ripeterebbe “settanta volte sette”.
Un lieto séguito che da solo può incoraggiare i colleghi (sicuramente numerosi) che si trovino oggi ad affrontare analoghi inizi di “puro e adamantino caos”. Contu però nella sua “lunga chiacchierata” ci propone un’idea molto esigente dell’insegnamento, a cominciare dalla necessità di studiare in modo permanente e addirittura “forsennato”; che è tra l’altro una condizione necessaria (ma non sufficiente: ne vengono elencate molte altre non meno importanti) perché un insegnante possa considerarsi anche un intellettuale.
Molta attenzione e molto sforzo di comprensione sono dedicati nel libro al mondo degli allievi, che l’autore vede cambiati non solo rispetto al tempo in cui era allievo lui stesso, ma anche nel corso della sua esperienza di insegnamento, soprattutto in rapporto all’evoluzione delle tecnologie che i ragazzi si trovano tra le mani. Il modo di capire e di apprendere della “generazione Zero”, quella nata intorno all’anno duemila, agli occhi di Contu sembra “segnare un punto di non ritorno” rispetto a “un modello di trasmissione intimamente deduttivo, concettuale, sequenziale”. In parole povere l’ipotassi, cioè il pensiero organizzato in modo prevalentemente gerarchico, nei giovani cede sempre più il passo “alla paratassi delle connessioni multiple”. Di conseguenza si creerebbe la necessità di “una didattica modulare, autoconclusiva a ogni passo”, in quanto “più aderente al tempo presente”. Il dibattito è aperto, come suol dirsi; apertissimo e complesso. Si tratta di capire se questo slittamento è del tutto inevitabile, se è invece possibile un serio negoziato tra le nuove tendenze e il tradizionale modo di apprendere o se, infine, la scuola deve essere il luogo di una conservazione – critica ma determinata – del pensiero “ipotattico”. La domanda che ci si deve fare è: le nuove generazioni, uscendo da una scuola “paratattica”, saranno in grado di capire la complessità del reale, una capacità già oggi poco di moda? E qui peserà l’inerzia - o l’indifferenza – finora dimostrate da chi governa la pubblica istruzione rispetto alla necessità di studiare sul campo la scuola com’è veramente, lasciando perdere le astratte proclamazioni nuoviste. Per parte sua Contu sembra non avere dubbi: “Non è vero che i ragazzi sono peggiorati: semplicemente capiscono e imparano in modo diverso”.
La curiosità non superficiale per il nuovo non fanno però di Contu un “nuovista” acritico. Spicca anzi a metà del libro il capitolo dedicato all’Elogio della lezione frontale, bestia nera dei tanti che appioppano volentieri la qualifica di “laudatores temporis acti”. Contu, che pure auspica il possesso di una molteplicità di approcci, la considera “la pietra angolare del mestiere”, con gli allievi disposti all’antica e il professore munito solo di voce e di gessetto.  Per un motivo molto semplice: “Io so che i risultati migliori a scuola li ho ottenuti e li ottengo tuttora con lezioni frontali”. Purché, aggiunge, mi limiti ad alcuni argomenti, “quelli che conosco molto bene”. Con un criterio-guida valevole con ogni metodologia: bisogna sapere 1000 per trasmettere 10.
Ma Insegnanti indica anche altri tratti della professione che i docenti dovrebbero conservare o recuperare nel solco della tradizione: la centralità del proprio ruolo nell’apprendimento (forse in polemica implicita con l’idea dell’insegnante “facilitatore”); la giusta distanza fra chi insegna e chi impara, anche se non “siderale” come un tempo (no quindi al modello del professor Keating nell’Attimo fuggente, no al messaggio “Ehi, io sono come voi”, insomma niente fobia dell’alterità fra docente e allievo); infine il confronto, necessario anche se problematico, con il canone letterario. Su questo il libro è in parte anche un utile vademecum didattico. Contu ci fa infatti seguire ora per ora, naturalmente a grandi linee, lo svolgimento di un’unità didattica su Petrarca; e poi, nel capitolo spiritosamente intitolato Portare a spasso il canone, plana sul programma del triennio indicando – sulla base di un’ormai lunga esperienza – quali autori e quali argomenti “reggono” nel confronto con la classe, quali (pochi) “crollano” irreparabilmente e quali si possono invece recuperare tenendo conto delle odierne sensibilità giovanili.
Un cenno infine al capitolo Autorità, autorevolezza, autoritarismo. Dopo avere elencato le caratteristiche personali che conferiscono autorevolezza, Contu conclude che gli insegnanti hanno autorità in quanto sono autorevoli – una condizione che si può anche acquisire lavorando su sé stessi. Questo è senz’altro vero, però l’autorità non è solo il riflesso del prestigio conquistato sul campo, prima ancora è la legittimazione che la società assegna comunque al ruolo di insegnante. Riguarda o dovrebbe riguardare, quindi, tutti i docenti. Un tempo anche l’insegnante mediocre veniva rispettato, mentre le spinte antiautoritarie post sessantotto hanno volentieri confuso l’autorità e l’autoritarismo, cioè con il suo uso ingiusto, promuovendo l’idea che maestri e professori dovrebbero essere tutti “carismatici”. Un’utopia, probabilmente, anche per il selezionatissimo corpo insegnante finlandese, figuriamoci per quello italico, che viene via via integrato da nuovi docenti spesso senza alcuna verifica della loro preparazione. È invece ragionevole pretendere (anche nell’interesse educativo dei ragazzi) che tutti gli insegnanti nel loro complesso siano sostenuti da un clima di serietà e di rispetto delle regole che spesso manca; ed è invece un fattore fondamentale dell’apprendimento.
Giorgio Ragazzini

LA SCELTA DELLA SCUOLA E QUEI LUOGHI COMUNI CHE OGGI VANNO EVITATI

 “Corriere Fiorentino”, 28 novembre 2019
In queste settimane le scuole stanno avviando le iniziative tese a presentare ai ragazzi e alle loro famiglie la loro «offerta formativa»: gli ambienti, i piani di studio, le attività opzionali, le eventuali sperimentazioni. Da quando sono (relativamente) autonome, nelle scuole è ovviamente aumentata la tendenza a mettere in maggiore evidenza quello che è diverso dagli altri istituti analoghi, a volte perfino amplificando i risultati ottenuti dai loro studenti. 
E questo un po’ per «patriottismo» e genuino orgoglio di istituto, un po’ perché con meno iscrizioni qualche docente o dirigente rischierebbe di andare da un’altra parte. La concorrenza è più forte fra le scuole superiori, dato che fra le elementari e le medie le differenze sono minime e influiscono sulla scelta più che altro la vicinanza e magari la fama di qualche docente e dirigente. Fornire informazioni chiare su quello che aspetta i nuovi iscritti è di certo utile, ma non tutto quello che viene fatto lo è.
Negli ultimi anni, per esempio, si è affermata l’idea di offrire ai ragazzi delle medie la possibilità di assistere a una «vera» lezione nel proprio istituto. Ma quanto può essere orientativa una singola lezione di uno dei tanti docenti (sicuramente scelto tra i migliori) di una delle tante materie?
La mia impressione è che, rispetto al passato, sia per fortuna quasi del tutto scomparso lo stile «pubblicitario» che un tempo a volte improntava le attività di orientamento organizzate dalle scuole. Oggi in moltissimi casi chi accoglie i ragazzi si preoccupa di non tradire la loro fiducia evitando di alimentare aspettative irrealistiche. Purtroppo non si può sempre dire alle famiglie che tutte le sezioni sono uguali per la qualità degli insegnanti, né avvertire che in alcune se ne trovano degli inadeguati (un problema a cui nessun ministro, come sappiamo, osa mettere mano). Eppure tutti sanno, al di là di tanti discorsi e di tanti open day, che coloro che fanno la scuola, nel bene e nel male, sono proprio i docenti. Che fare allora per evitare scelte sbagliate?
Per fortuna comincia a essere utilizzata in molte scuole della primaria e delle medie una vera e propria didattica per l’orientamento. Ma una sua impostazione più scientifica, in collaborazione con veri esperti del settore, dovrebbe essere generalizzata. Penso per esempio al cosiddetto «bilancio delle competenze», oggi rivolto solamente agli studenti dei professionali o ai «compiti di realtà» già in uso addirittura, senza chiamarsi così, nella «vecchia scuola» elementare e poi dimenticati. La stessa scuola media potrebbe essere più orientativa; in particolare l’educazione tecnica (ora «tecnologica») avrebbe potuto in questi decenni fornire saggi di quella «intelligenza delle mani» che è il cuore di tanti mestieri, per molti dei quali oggi non si trova chi li voglia esercitare.
Per come stanno le cose, spesso purtroppo le scelte avvengono secondo la tradizione e il luogo comune per cui i «bravi» vanno ai licei classico e scientifico, i «discreti» ai tecnici e ai licei considerati meno impegnativi, i «meno bravi» ai professionali.
C’è anche chi propone, come pure avviene in molti altri paesi, che il parere dei docenti delle medie sugli indirizzi delle scuole superiori a cui può iscriversi un allievo sia vincolante. Ma per arrivare a questo è appunto necessario avere alle spalle un lavoro di orientamento molto più affidabile e scuole che godano tutte di credibilità e di rispetto da parte della società; a iniziare dalla classe dirigente.
Valerio Vagnoli

martedì 26 novembre 2019

NUOVI ITALIANI E VECCHIE PRATICHE


In un recente editoriale sul Corriere della Sera (I nuovi italiani che sono stati trascurati) Beppe Severgnini vede con favore “l’adesione di massa alle proteste ambientali di Greta Thumberg, ma anche al movimento, per quanto orientato politicamente, delle Sardine da parte delle nuove generazioni, che rientrano così sulla scena politica italiana dopo anni di chiusura individualistica nelle ricerca di un personale benessere fisico e materiale. Secondo l’editorialista “adolescenti e giovanissimi stanno riprendendosi il centro della scena, trascinando con sé la generazione dei fratelli maggiori”.  È difficile – aggiunge – fare previsioni sugli sviluppi di questi fenomeni, ma sta certamente accadendo qualcosa di positivo, anche se chi ha un’altra età e un’altra esperienza conosce il rischio di “trasformare l’entusiasmo in presunzione, la freschezza in arroganza, l’intraprendenza in aggressività.” E conclude: “Lasciamo che una nuova generazione costruisca il proprio futuro, ora che sta trovando voce, passione ed energia; e sosteniamola, perché possiamo farlo”.
Non possiamo che condividere queste affermazioni. Vediamo nelle manifestazioni degli ambientalisti e delle Sardine un modo ironico, allegro e non violento di porre le ragioni della protesta. Però vediamo anche – e su questo gli adulti non possono tacere – che una parte degli studenti, aderendo alla battaglia ambientalista di Greta Thunberg, ripropone le vecchie pratiche politiche: da quelle che fanno perdere giornate di scuola (e credibilità) come gli “scioperi” scolastici (ne è stato indetto uno per il 29 novembre dal movimento Friday for Future) a quelle illegali come le occupazioni delle scuole.
In questi giorni, per esempio, il Liceo classico Michelangiolo di Firenze è stato occupato da 60 studenti. L’iniziativa sarebbe in preparazione dello sciopero di cui sopra, ai cui obbiettivi ecologici si vogliono aggiungere i temi cari ai movimenti antagonisti fiorentini, quali i “no” all’Alta velocità, alla nuova pista dell’aeroporto, all’inceneritore, alla cosiddetta “gentrificazione” del centro storico.
Di fronte a questo gli adulti si dimostrano come altre volte impotenti o titubanti o addirittura corrivi. La preside ha minacciato sanzioni disciplinari, ma non se l’è sentita di denunciare gli studenti. E alcuni genitori hanno giustificato gli atti illegali dei loro figli come fossero solo marachelle. (Quanto allo sgombero della scuola, il buon senso dice che dovrebbe essere compito delle forze dell’ordine di fronte a notizie di reato, senza pretendere che i presidi si accollino l’impopolare onere di farne richiesta).
Se queste, citando Severgnini, sono nuove traiettorie della democrazia, il futuro dei nostri giovani non è tanto roseo. Eppure viviamo in un paese democratico, dove le proteste possono essere fatte nel rispetto della legge e del diritto allo studio per chi legittimamente non aderisce né agli scioperi né tantomeno alle occupazioni. Non siamo a Hong Kong, dove i giovani studenti lottano per la democrazia e per la libertà contro il loro governo, asservito agli interessi di uno stato antidemocratico come la Cina, subendo tra l’altro una brutale repressione da parte delle forze dell’ordine (ma su questo nuovi e vecchi italiani tacciono).
Sergio Casprini

sabato 23 novembre 2019

L'ESAME ALLA CAMOMILLA DEL MINISTRO FIORAMONTI


Tra le due modifiche all'Esame di Stato annunciate dal Ministro Fioramonti, la prima, il ritorno della traccia di storia, è  condivisibile, anche se era stata soppressa perché veniva scelta da pochissimi studenti, ma limitandosi a prenderne atto, si direbbe senza porsi minimamente il problema di approfondirne le ragioni.
La seconda novità fa parte della serie "Dalla parte degli studenti", un fortunato  reality di produzione Miur che ha vista protagonisti in varia misura tutti i ministri dell'Istruzione, e qualche sottosegretario, degli ultimi anni. Fioramonti ha deciso di eliminare le buste da sorteggiare all'inizio del colloquio, mantenendo però l'idea dei materiali di varia natura (poesie, articoli, fotografie, riproduzioni di opere d'arte) con cui farlo partire. Queste le motivazioni: "La maturità non deve essere una roulette, non siamo al casinò (!). Non vogliamo che l'esame di stato sia un elemento di stress .... e  che diventi una corsa al massacro (!). Gli studenti devono andare all'esame fieri e sicuri della propria preparazione." Fierezza e sicurezza che saranno  sicuramente agevolate se, come ha dichiarato il Ministro a domanda dei giornalisti, gli studenti potranno conoscere in anticipo il materiale di cui sopra. Al Ministero smentiscono però il loro superiore, affermando che i materiali non si sapranno prima, ma sarà solo evitata la roulette russa (!) delle buste. Cioè non cambierebbe quasi nulla, salvo non escludere, pensando male, una preventiva comunicazione dell'argomento da parte di qualche commissario...
Ma tornando allo stress, questa idea di un esame alla camomilla è una palese mistificazione. Di fronte a una prova importante, come dovrebbe essere l'Esame di Stato, un qualche stress è fisiologico e inevitabilmente legato  tanto all'impegno necessario per essere e sentirsi preparati, quanto al misurare le proprie capacità e i propri limiti nell'affrontare la prova stessa. Rendendo l'esame più facile (questo è l'intento di Fioramonti) si diminuirà forse lo stress, ma si indeboliranno anche le motivazioni a prepararsi seriamente.
Andrea Ragazzini

lunedì 18 novembre 2019

CIVILTÀ E DOCENTI PERDUTI. Dalla scuola di un piccolo villaggio toscano a quella dispersa del villaggio globale


La rivista “Adò”, edita dall’Associazione “Laboratorio Adolescenza”, ha posto ad alcuni docenti e una giornalista la domanda : “Servono ancora gli insegnanti?”. Pubblichiamo qui sotto la risposta di Valerio Vagnoli del Gruppo di Firenze; le altre possono essere lette direttamente sulla rivista reperibile sulla nostra pagina facebook o direttamente a questo indirizzo: http://bit.ly/2r4tTq0.
Sono nato e vissuto, per fortuna o purtroppo (come direbbe Giorgio Gaber), in un villaggio minuscolo della campagna toscana. Allora – si era negli anni cinquanta – nessuno al mondo avrebbe potuto pensare che anche quel paesino, attraversato solamente da una strada bianca e dal suono delle campane di chiese sperse sulle colline, avrebbe lasciato il posto all’attuale immenso villaggio globale.
Per quelli della mia generazione fu sufficiente l'esperienza della scuola media, da raggiungere nella cittadina sede del Comune facendo sette-otto chilometri in bicicletta o in corriera, a farci rendere conto di quanti limiti, insieme ad alcune cose belle, segnavano la nostra vita nel villaggio. Così, insieme alla solidarietà spontanea, ma a volte anche interessata, che caratterizzava i rapporti tra le famiglie e la nostra stessa vita quotidiana, avremmo lentamente scoperto, grazie ai libri – soprattutto se si trattava dei classici – e a qualche illuminato docente, che la nostra vita era dominata dalle superstizioni, dalla maldicenza e dalle prepotenze di chi manteneva e ostentava privilegi di casta contro i quali era difficile opporsi, pena l'esclusione dal convivere sociale che spesso non era convivenza civile. E avremmo scoperto la grandezza di quei pochissimi che avevano osato opporsi, pagando di persona prezzi umanamente pesanti, alle meschinità delle idee dominanti di quella nostra piccola comunità. La quale, tanto per fare un esempio, considerava ragazze perdute le prime che preferirono il lavoro in fabbrica rispetto alla solitudine disperata di quello a domicilio o, ancor peggio, di quello dei campi. E ancora a quei tempi dare alla luce un figlio significava per la donna il dover “rientrare in santo” prima di poter rimettere piede in chiesa. Se poi il figlio fosse nato con problemi di qualunque natura, era un'atroce tragedia per lui e per l'intera famiglia, il più delle volte “costretta” per vergogna a crescerlo nascondendolo agli altri, per sempre prigioniero tra le mura di casa. In quegli stessi anni i poderi venivano affidati solo a contadini che avevano figli maschi, braccia forti per lavorare la terra e garantire la continuità nella gestione dei poderi (ma anche l’inamovibilità della gerarchia sociale). Noi, invece, nati nei primi anni '50, avremmo scoperto grazie alla nuova scuola media unificata che all'ingiustizia della Storia si potevano e si dovevano trovare spiegazioni e rimedi senza doversi fare scudo di ideologie forti, che difficilmente forniscono analisi eque e lucide. Molti docenti, soprattutto quelli della nuova generazione, seppero trovare i loro entusiasmi proprio grazie a quel mondo nuovo che entrava nelle aule scolastiche: aule prima riservate solo alle classi sociali privilegiate, mentre noi, i nuovi arrivati, ci portavamo dietro, insieme alle timidezze, le aspettative di chi entrava in mondi fino ad allora sconosciuti e forse in grado di mutare i nostri destini.
Ma pochissimi sarebbero stati i genitori che mandando i figli alla scuola media, anche perché finalmente costretti a farlo, avrebbero chiesto loro di impegnarsi, com’è frequente oggi, per diventare chissà che cosa! Quasi sempre chiedevano ai figli di studiare e di dare ascolto ai docenti per essere domani persone capaci di pensare con la propria testa, senza rischiare di fare la vita che era toccata loro, quella di dover ubbidire senza fiatare. Ci raccomandavano anche di non cedere alle lusinghe della pubblicità sempre più frequente nella televisione, che andavamo a vedere nell'unica bottega del borgo. A scuola ci veniva invece chiesto di vederla per poi discutere insieme su cosa, di quanto veduto, ci entrava nell'anima, ed entrandovi se poteva esserci o meno utile. E il più prezioso aiuto che, con pazienza, ci veniva dato era che vi sono doveri per il genere umano imprescindibili, il primo dei quali è la salvaguardia del proprio pensiero dalle ingegnose e infide ingerenze degli altri. E ogni tanto accadeva che la televisione ci fosse d'aiuto e ci stimolasse, soprattutto se guidati dagli insegnanti, anche a misurarci con realtà diverse dalla nostra, con storie e documenti che ci offrivano nuove conoscenze e nuovi stimoli per comprendere il mondo e la gente diversa da noi. Questo riuscirono a darci i nostri docenti che, anche attraverso la storicizzazione delle loro materie, ci spiegavano quale faticoso ma essenziale esercizio fosse il mantenersi vigili rispetto ai pifferai magici, quelli che oggi spadroneggiano in rete e domani chissà dove.
Purtroppo in questi ultimi decenni la nostra società, grazie anche allo sconsiderato uso dei nuovi strumenti di comunicazione, è per certi aspetti tornata a fare i conti con l'ignoranza e la fragilità, anche se in forme nuove. Santoni e maldicenti, presuntuosi e ciarlatani spesso hanno, proprio grazie a questi mezzi, un successo da far impallidire quelli del passato. Di fronte a un quadro del genere, in cui ognuno si sente libero di affermare ciò che vuole e di affrontare con spudorata ignoranza il mondo intero, non abbiamo quasi altra risorsa per recuperare i valori della nostra civiltà se non la scuola e in particolare il lavoro dei suoi bravi docenti. Mai come in questi nostri tempi, e ancor più in futuro, il loro impegno sarà indispensabile per ritrovare, per dirla con Leopardi, “il verace saper, l'onesto e il retto / conversar cittadino”. E perché ciò accada è indispensabile che il ruolo dei docenti torni a essere centrale. Ma dovranno essere docenti seriamente formati e selezionati, perché solo i migliori possono garantire un'istruzione degna di questo nome. E solo così la scuola non penalizza chi non ha in famiglia adeguate risorse culturali. Occorre poi che sia garantito e insegnato il rispetto delle regole, per impedire che la società possa cadere nelle mani di quelli che le regole se le fanno da soli, costringendo tutti gli altri a subirle. A rendere necessario tutto ciò non c’è solo il declino del nostro sistema scolastico e parallelamente anche delle nostre istituzioni, ma anche il dover constatare che la vera cultura dominante dei nostri tempi è, appunto, quella della rete, così accattivante per i giovani da creare vere e proprie dipendenze. Siamo di fronte a una rapidissima circolazione di contenuti priva di filtri e non di rado legata a interessi di carattere commerciale, quando non subdolamente politico. Di fronte a internet molti giovani hanno un comportamento di piena acquiescenza, anche per colpa di un orientamento poco esigente impresso alla scuola da pedagogie sconsiderate, che rinunciando a chiedere a tutti i ragazzi una solida preparazione, abbassano così le loro difese rispetto ai messaggi da cui sono raggiunti.
A causa dell’uso forsennato della rete, si diventa sempre meno pazienti e capaci di sostenere l’impegno richiesto da una vera formazione. D’altronde ormai da decenni il governo della scuola non ritiene fondamentale, come avveniva un tempo, che i nostri ragazzi siano tutti quanti, nessuno escluso, capaci di leggere, di scrivere bene e di far bene i conti. Le strategie didattiche e formative si sono progressivamente lasciate andare a un insegnamento in competizione con i nuovi mezzi di comunicazione, dove tutto deve essere regolato da tempi brevi. Basterebbe vedere la condizione di abbandono di molte biblioteche scolastiche per renderci conto di come abbiamo distrutto uno dei cardini della nostra cultura, cioè la ponderatezza e la costruzione graduale di saperi approfonditi attraverso lo studio personale e di gruppo, quest'ultimo nella mia esperienza utilissimo per fare ricerche condivise, discusse e destinate a rimanere archiviate anche per tutta la vita nella testa di noi ragazzi. Come per tutta la vita sarebbe rimasto gran parte del nostro sapere imparato a memoria. Insomma, sempre più il compito della scuola dovrà tornare a essere quello di formare futuri cittadini dotati di forza critica e di autonomia di pensiero, proprio come la conoscemmo nei primi anni della scuola media unificata che si preoccupava, senza sconfinamenti di carattere ideologico, di farci scoprire le cause e le origini delle cose. Tutto questo è e sarà possibile solo nel quotidiano rapporto personale con insegnanti in grado di condurci per mano, con sapienza e fermezza, alla scoperta del mondo che non è solo quello, come a molti viene fatto credere, che entra nelle nostre case.
Valerio Vagnoli
Pubblicato su “Adò – Laboratorio Adolescenza” – Vol. 2 – n.3 – 2019