Provate a digitare su Google “Miur prevenzione dipendenze”: vi verrà
fornito un nutrito elenco di riferimenti a iniziative in corso o a progetti in
cui è implicato il ministero dell’Istruzione, accanto ad altri del Ministero
della Salute, della Polizia di Stato o delle Regioni. E non si tratta solo
delle varie droghe illegali, di alcol o di tabagismo, ma anche di “prevenzione
di tutte le forme di dipendenza” compresa la ludopatia e in genere le
“dipendenze comportamentali”.
In occasione della recentissima intesa fra la Presidenza del Consiglio e
il Miur sulla prevenzione dell’abuso di alcol e delle tossicodipendenze, si è
ripetuto ancora una volta che “partire dall’educazione nelle scuole è
fondamentale”. Ma paradossalmente è proprio nella scuola che si andrà a
incentivare una dipendenza in forte crescita fra i giovani, quella dal
cellulare, dopo la decisione della ministra Fedeli di sdoganarli come strumento
didattico. A sconsigliare di darle seguito, questo argomento si aggiunge ai
molti già evocati: la disponibilità dello smartphone distoglie dalla necessaria
attenzione, aumenta la tentazione di copiare da internet, favorisce gli scherzi
e il bullismo. Per di più, sostituendo uno strumento privato a quelli che la
scuola stessa potrebbe fornire, fomenterebbe “la peggiore competizione tra gli studenti, e
giocoforza tra le loro famiglie, a chi si compra l'oggetto più nuovo”, come ha scritto Adolfo Scotto di Luzio. Che
aggiunge: “Lo
smartphone in classe preclude ai giovani l'esperienza della scuola come reale
scoperta di quello che non si conosce e come incontro con l'estraneo culturale.
[...] Educando viceversa i giovani a ritrovare in classe ciò che già conoscono
fin troppo bene fuori, li si addestra nella logica dell'uguale e della
ripetizione del noto”.
Esistono diverse conferme scientifiche di una già notevole diffusione di
questa nuova dipendenza. Una viene da uno studio molto serio realizzato dalla
Scuola di psicoterapia “Erich Fromm”e presentato di recente a Firenze, secondo
il quale l’attrazione per lo smartphone sta diventando per molti una fonte di
stress e di ansia, con sintomi come il bisogno di essere continuamente
raggiungibili, la paura di esaurire la carica, la “vibrazione fantasma”, cioè
la sensazione errata che l’apparecchio stia vibrando, fino al tremore, alla
tachicardia, agli attacchi di panico. Nelle persone con bassa autostima e
difficoltà relazionali, l’uso del cellulare favorisce la chiusura in sé stessi
e la paura di essere rifiutati. Una ricerca britannica attesta che il 60% dei
giovani tra i 18 e 29 anni va a letto con lo smartphone. Si parla ormai di
“nomofobia”, (no mobile + fobia),
cioè la paura di restare senza questo vero e proprio talismano.
Anche senza conoscere la letteratura scientifica, se vogliamo proteggere
almeno i giovanissimi dal diventare schiavi del telefonino, oltre che metterli
in guardia dal fumo, dall’alcol, dalle droghe, dai disturbi alimentari e dal
bullismo, la messa al bando degli smartphone dalle aule scolastiche dovrebbe
apparire come una misura necessaria e di buonsenso.
Dal canto suo la ministra Fedeli assicura che non si tratterà
“di smartphone come dispositivo a
gestione individuale mentre ci sono le lezioni”, ma di uso regolato sotto
la responsabilità dei docenti. Intenzione in astratto rassicurante, se si
potesse garantire una pratica saltuaria di
“uso consapevole della tecnologia”, accompagnata dall’obbligo tassativo di
tenere l’apparecchio spento nello zaino per il resto del tempo. Ma quanto è
diffuso e quanto incoraggiato nella scuola italiana (a iniziare dal ministero)
il rigore necessario per assicurare un simile equilibrio? Siamo purtroppo
vicini allo zero assoluto. Bisogna quindi insistere perché non sia assestato un
colpo definitivo alla possibilità di lavorare in classe con l’indispensabile
concentrazione. Del resto, numerosi manager e programmatori di Microsoft,
Apple, Google e di altre aziende della new economy da Seattle a Cupertino,
incluso Steve Jobs, hanno scelto e scelgono per i loro figli scuole in cui
anche il computer è rigorosamente bandito. Vogliamo proprio essere più “digitali”
di loro?
Giorgio Ragazzini
Aderisci all' iniziativa “No al cellulare in classe – Scrivi
un rigo alla Ministra: segreteria.particolare.ministro@istruzione.it”.