lunedì 27 agosto 2012

A LEZIONE DI IMBROGLIO. INTERVISTA A MARCELLO DEI (da “La Tecnica della scuola” n. 4 del 25 luglio 2012)

La "Tecnica della scuola" ha pubblicato, nel numero del luglio scorso, un'intervista col sociologo Marcello Dei, autore del noto saggio Ragazzi si copia (Il Mulino). La pubblichiamo ora integralmente per gentile concessione dell'autore e dell'editore. Leggi

28 commenti:

Papik.f ha detto...

Finalmente, grazie a Marcello Dei, sappiamo di chi è la colpa se nelle scuole italiane si copia: di Ronald Reagan e Margaret Thatcher.
Ma in USA e Gran Bretagna chi copia è severamente punito e considerato un reprobo? De minimis non curat praetor, risponderebbe probabilmente il Nostro.

Antonello ha detto...

Probabilmente il Sig. Dei non mette piede in un'aula scolastica di tempi del "suo" Liceo.
Se la mettesse oggi capirebbe che, nella scuola italiana di oggi, copiare non ha alcun senso.
Nella scuola italiana di oggi anzi, non si copia per niente.
Copiare è faticoso: e perché poi copiare quando si è certi che si viene promossi ugualmente, anche con il compito "in bianco"?
Adesso, come Commissario di esame di Maturità, sono io ad aver paura di fare domande sulle quali il Candidato fa "scena muta" o balbetta qualche parola, nella migliore delle ipotesi....
In una Quinta, quest'anno, interrogavo uno studente.
Non era in grado di fare un discorso compiuto che contenesse più di tre (sic) parole di fila.
A un certo punto gli dico:
“Senti, io voglio che tu mi faccia un discorso che duri come minimo cinque minuti. Parlami di quello che vuoi, ma fammi un discorso che duri almeno cinque minuti”.
“Quello che voglio io?” mi risponde.
“Certo, assolutamente quello che vuoi tu.”
Mi ha snocciolato le formazioni di tutte le Squadre del Campionato italiano di Serie A, più quella del Real Madrid, del Barcellona e del Manchester United, riserve comprese.
Questa è la scuola italiana di oggi.

Anonimo ha detto...

Lidia ha scritto...
Spero vivamente che il candidato esperto in formazioni calcistiche sia stato bocciato.
Gli si dia del bravo riguardo alla sua abilità e competenza in fatto di calcio e gli si dica di ritentare la sorte dell'esame di Stato l'anno successivo dopo aver trascorso almeno un anno a mostrare la stessa abilità e competenza nelle materie di studio del suo curriculo.
L'imbroglio non è solo nel copiare ma nel promuovere chi non da prestazioni idonee.
Che esempio diamo noi?

Anonimo ha detto...

Lidia ha scritto...
E non c'è "modernità" e "scuola di oggi" come motivazione di scusa e resa da parte del professionista insegnante...

Antonello ha detto...

"Nelle prime tre settimane di attività ho dato qualche voto di insufficienza, ma i bambini mi hanno detto: ‘Qui nessuno dà voti di insufficienza, perché il Direttore non lo permette.’ Come non mi piaceva questo sistema! Così ho fatto del mio meglio per porvi fine, ma durante la riunione degli insegnanti il Direttore ha detto: ‘Io farò del mio meglio per costringerla a lasciare la scuola!’ E ce l’ha fatta”.
Fine Anno scolastico 2011/2 in una Scuola Elementare di Buddusò, uno Scientifico di Canicattì o un Tecnico di Abbiategrasso?
No.
Scuola di Irkutzk, Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche, anni ’70.
Da una lettera pubblicata sulla “Literaturnaia Gazieta” e
riportato in: Vivere in Russia, di Piero Ostellino, ed. Rizzoli, 1977, pag. 35.

Classe 4° Geometri, Scrutini finali, anno 1997.
Votazione della Studentessa come appare dal Tabellone : Religione Molto, Italiano 5, Storia 6, Diritto 6, Topografia 3, Costruzioni 3, Tecnologia delle Costruzioni 2, Estimo ed economia 3, Educazione Fisica 7.
Il Preside, dopo aver letto i voti, testualmente: “Con questi voti questa ragazza DEVE ESSERE PROMOSSA.”
La viperina Collega di Costruzioni balza su chiedendo come il Preside ritenga possibile promuovere una studentessa con quei voti nelle Materie Professionali.
Al che il Preside seccamente replica con queste parole:
“Professoressa, Lei non sa che al giorno d’oggi i cinque anni della Scuola Superiore non sono più professionalizzanti?”.(sic)

Esami di Maturità Tecnica per Geometri, A.S. 2011/12, materia Tecnologia delle Costruzioni.
Chiedo alla Candidata di quale argomento desidera parlarmi.
Della Legge Urbanistica Nazionale n° 1150 del 1942, lei mi risponde.
Chiedo alla Candidata cosa stesse succedendo in Italia in quell'anno.
La Candidata non sembra averne la più pallida idea, come sembra non avere la più pallida idea dei contenuti della Legge suddetta.
Ma questo è nulla, l'interessante viene dopo.
Al termine del colloquio il Presidente mi invita, molto "caldamente", a "attenermi strettamente al mio ambito disciplinare, per non turbare i Candidati"(sic).
Promossa, ovviamente.

E' ovvio che tutti i Presidi in parola hanno subito un intenso "dressage" : chi voleva tutti promossi era lo Stato Sovietico così come oggi lo vuole lo Stato Italiano, nostro datore di lavoro.
Stato Italiano che, come ogni datore di lavoro, vuole essere puntualmente obbedito e sa perfettamente come farsi obbedire.

Non so se posso citare un blog dove ho raccolto decine di episodi che mi sono capitati nella mia ultratrentennale carriera di Insegnante: non vorrei essere accusato di farmi pubblicità in maniera surrettizia.

VV ha detto...

Fosse anche colpa di reagan e della Tathcher la sinistra cosiddetta progressista italiana si è ben allineata al clima consumistico degli anni ottanta-novanta,adottando un lessico scolastico di rara idiozia proprio perché non proprio ma traghettato dal mondo degli affari. E un affare è diventato per molti, e lo sarà sempre di più, lo smantellamento della scuola pubblica. Ha ragione anche Antonello nello scrivere che molti studenti non sono interessati neanche a copiare e si preoccupano, senza tuttavia strafare, della loro preparazione solo nelle ultime settimane di scuola quando, insieme ai loro genitori, rivendicano il loro "diritto" ad essere interrogati e reinterrogati. I docenti, in trincea, si difendono come possono dai rischi o anche dalle sole minacce di fare ricorso. Si pensi che solo l'accesso agli atti da parte di un genitore richiede una mole di lavoro enorme per la segreteria, i ds e per i docenti che devono ricostruire la vita scolastica di un intero anno di un loro allievo che solo in virtù di avere trovato finalmente alla fine della scuola le "giuste motivazioni" pretende, appunto, di essere valutato ai fini della sola promozione.

Giorgio Ragazzini ha detto...

Nella scuola di oggi "non si copia per niente?" Veramente i dati dicono altro. Secondo Studenti.it agli ultimi esami di maturità ha copiato il 60%. Nel 2011 il 32% ha copiato tutto, il 10% abbastanza, il 13 un po', il 16 ci ha provato senza successo.
Per quanto riguarda l'influenza sull'etica pubblica di Reagan e della Tharcher, neanche a me pare di fondamentale importanza, tanto più che, come nota Papik.f, in quei paesi il senso civico è parecchio più radicato che da noi.
Per capire la svalutazione delle regole in Italia, credo che si debba ricorrere soprattutto a dati psicologici, culturali e storici in parte comuni a tutto l'occidente, in parte specifici dela situazione italiana, come suggerisce la notevole differenza tra nord e sud.
Tuttavia la diversità di opinioni sulle cause non deve far perdere di vista la grande importanza che il libro del professor Dei e i suoi vari interventi hanno avuto e hanno proprio come strumento di battaglia culturale e di presa di coscienza di un problema particolare, in cui però si riflette con chiarezza tutta la debolezza etico-sociale del nostro paese.

Antonello ha detto...

Naturalmente il mio (sugli studenti che non hanno neppure bisogno di copiare perché vengono promossi ugualmente)è ovviamente un paradosso.
Ma quante volte ho sentito dire in un Consiglio di Classe dalla mia Preside, peraltro una rispettabile professionista, dvanti a una sfilza di insufficienze in una determinata materia: "Professore, se gli alunni non la seguono può tranquillamente abbassare gli obbiettivi"?
Io molte volte, non so voi.
E se la Preside diceva quella frase vuol dire che aveva ricevuto dal suo superiore precise istruzioni in merito, non lo faceva di certo "sua sponte".
Chi determina la posizione dell'asticella non siamo più noi Docenti, oggi.

Anonimo ha detto...

Lidia ha scritto...
E adesso che ad essere valutato sarà il dirigente scolastico, secondo voi come andrà a finire? Le cose peggioreranno, miglioreranno, è una grida manzoniana e tutto procederà come prima? Un vostro parere.
A livello ministeriale ed europeo lo hanno capito che gli imbrogli di vario tipo dipendono per il novanta per cento dall'azione o non azione, controllo o imposizione dei dirigenti?
Gli ispettori saranno pappa e ciccia con i dirigenti oppure vi è speranza di miglioramento?

Nella mia esperienza scolastica ho anch'io incontrato dirigenti che ai miei due opponevano motivazioni quali:
- l'insegnante che boccia l'alunno boccia sé stesso.
- mi faccia vedere i compiti e le interrogazioni sul registro (subito da me forniti!)
- il ragazzo ha problemi familiari
- Lei (voi = me insieme ai miei colleghi) non sapete prenderlo
- i genitori hanno minacciato denuncia.

Queste sono alcune perle.

Risultato? Anno 2011 su nove proposte di non ammissione agli esami in terza media il consiglio di classe ne ha deliberato sette. Nessuna denuncia da parte dei genitori. Prove? Tantissime: compiti in bianco, cartoline spedite a casa, relazioni periodiche indirizzate al preside e protocollate del coordinatore e di alcuni insegnanti del consiglio di classe sugli alunni bisognosi di attenzione, verbali di consiglio di classe in cui il dirigente era presente.
Risultato? Preside furioso ma impotente anche perchè lui non poteva dire di non sapere la situazione degli alunni in quanto era stato costantemente e puntualmente informato con richiesta di intervento sia per lettera che nelle riunioni di consiglio di classe.
E' il consiglio di classe a decidere, il dirigente non può far nulla se non pressare e ricattare, ma se almeno alcuni dei docenti non si fanno intimorire le cose vanno diversamente anche perchè la soluzione delle situazioni degli alunni con difficoltà (segnalazioni ad assistenti sociali, psicologi, etc) è prerogativa dei dirigenti su segnalazione dei docenti e del consiglio di classe.

Anonimo ha detto...

Lidia...
Oggi ho seguito alla televisione un documentario su De Gasperi e Papa Pio XII.
Personaggi del Vaticano (presumo vescovi)dissero a De Gasperi che il Papa desiderava (imponeva) che il governo italiano collaborasse con i fascisti.
De Gasperi (che aveva subito le persecuzioni dei fascisti e anche il carcere) disse chiaro e tondo che se il Papa voleva questo che lo convocasse pure ma che lui gli avrebbe detto che pur rimanendo cristiano preferiva dimettersi piuttosto che cedere.

Che uomo!

Ma di quanti De Gasperi (uomini e donne) abbiamo bisogno nei Consigli di classe, nei Collegi dei docenti e IN TUTTI GLI AMBITI POLITICI E DEL SOCIALE???

Anonimo ha detto...

Lidia ha scritto...
Per correttezza inserisco un link che racconta la vicenda della ingerenza:

http://cinquantamila.corriere.it/storyTellerGiorno.php?year=1952&month=05&day=25

Papik.f ha detto...

Intendiamoci: ho comprato, letto e apprezzato il libro di Dei e sono d'accordo anche con gran parte delle sue affermazioni nell'intervista. Non condivido però, in alcun modo, l'idea che, prima che arrivassero gli anni ottanta e l'ottimismo reaganiano a rompere le uova nel paniere, il mondo filasse felice verso la rossa primavera dove sorge il sol dell'avvenire. E credo che la mia opinione sia condivisa da chi viveva al di là di quel muro che grazie al Cielo non c'è più.
Mi sembra che un simile preconcetto ideologico porti Dei a ipotizzare responsabilità che proprio non sussistono; come non sussistono, in questo senso, le responsabilità del '68 che lui giustamente nega. Io penso che il '68, in particolare nella gattopardesca versione italiana, abbia molte colpe, ma non questa.
Le radici, come giustamente dice Giorgio Ragazzini, sono qui più antiche e profonde. Riguardano, a mio parere, l’abitudine a vedere come nemico chiunque (qualunque autorità) rappresenti gli interessi della comunità (che sia Stato, Regione, Comune) in contrapposizione a quel sistematico prevalere dell'interesse del singolo, della corporazione e della conventicola che è la maggior disgrazia dell'Italia.
La solidarietà degli alunni nel copiare discende, secondo me, dalla stessa matrice dell'omertà e della rassegnazione – se non della compiacenza – nei confronti della malavita organizzata, dell'abuso edilizio, dell’evasione fiscale, della raccomandazione, del non rispetto delle regole in generale.
E anche la connivenza da parte di molti tra quelli che le regole dovrebbero farle rispettare, seppur certamente aumentata negli ultimi anni per le pressioni verso il “successo formativo garantito” unite alla pretesa insensata di valutare gli insegnanti su questa base, credo sia fenomeno almeno in parte assai più antico e si inserisca nello stesso quadro d’insieme.
Per questo trovo un po’ deludente che un sociologo di valore, dopo aver analizzato a fondo la questione, cada in simili interpretazioni.

Antonello ha detto...

Quella che in effetti doveva essere l’ottima idea di elevare il livello complessivo dell’istruzione in Italia estendendolo anche alle c.d. “classi svantaggiate”, con la prassi si è rivelata un boomerang: mai come oggi le “classi svantaggiate”, secondo il mio parere, non hanno accesso all’istruzione, ma solo, nella migliore delle ipotesi, a un pezzo di carta che è semplicemente uno “chiffon de papier”, fatto che sarà definitivamente sancito con l’abolizione del valore legale dl titolo di studio, del resto già sostanzialmente in atto.
A parte il fatto che al giorno d’oggi è il termine di “classe svantaggiata” ad avere un senso completamente diverso rispetto alle categorie ottocentesche di tipo dickensiano cui i Tecnici di viale Trastevere sembrano ancora pensare.
“Professore, che vuole? Non vedo mia madre da un paio d’anni, mio padre esce la mattina presto e torna la sera tardi, mia sorellina è anoressica, mangia e vomita... ma io che devo fare?” mi disse una volta un mio alunno al quale non mancava probabilmente nulla di materiale ma che categoricamente si rifiutava di svolgere ogni e qualsiasi lavoro scolastico.
E’ più svantaggiato questo alunno o quello che anni fa aveva il pane contato ma una famiglia solida?
E sono più crudele io che esprimo qualche perplessità o la Collega vuole per lui una promozione perché, poverino, “ha una situazione familiare così disastrata...”?
Promozione che non servirà a niente perché non sostenuta da una preparazione adeguata e con la quale di certo non si potrà inserire nel mondo del lavoro o che, nella migliore delle ipotesi, creerà unicamente un sotto-occupato.
Certamente: a tutt’oggi nella Scuola, il privato non è ancora riuscito a soppiantare il pubblico: il Monumento all’Istruzione eretto dai Legislatori dell’Italia Unita e dai nostri Padri Costituenti, di qualunque idea politica essi fossero, era assolutamente univoco e troppo solido per poter essere demolito in quattro e quattr’otto.
Ma già per le Università è diverso, basta vedere il proliferare di quelle private, serie e....meno serie.
Sembra quasi che i Costituenti abbiano pensato “I nostri successori cercheranno di demolire quello che noi stiamo facendo: cerchiamo perlomeno di render loro la vita difficile”......
Quindi il processo di demolizione della scuola pubblica non si è ancora concluso, anche se è ben avanzato e non lontano dal compimento: altre due o tre spallate, come quelle che questo Governo di c.d. Tecnici sta predisponendo e ci saremo.
Né ritengo che la colpa del degrado scolastico stia nella “Società del Benessere”, tutt’altro: anzi, è stata proprio la società del benessere a rendere possibile una scuola di massa.
E’ difficile pensare ad un miglioramento del livello dell’istruzione quando i maschietti a sette o otto anni devono andare a mungere un gregge di pecore prima dell’alba e le femminucce andare a prendere l’acqua all’unica fontanella esistente reggendo una brocca in equilibrio sulla testa, come la mia età mi ha consentito di vedere negli anni ’50 ( e anche ’60...) in sperduti villaggi della Sardegna.
Forse i “Laudatores temporis acti” sono nati tutti dopo il miracolo economico......

Antonello ha detto...

segue
I guai stanno da altre parti.
Principalmente nell’ideologia: tutti gli uomini hanno la medesima dignità, ma non sono “tutti uguali”: io non potrò mai correre i 100 m in 9 e 65 e penso che che Bolt non riuscirà mai a risolvere un’equazione differenziale, neanche con tutta la buona volontà e impegno possibili, da parte mia e sua.
Lo vedo dai miei alunni: per taluni l’apprendimento del disegno geometrico è immediato, facile e divertente, per altri un processo faticoso, altri non ci riusciranno mai, nonostante tutti i miei sforzi, nell’ambito delle vigenti normative, di somministrare loro non uso il termine “nozioni” ma “insegnamenti” in ogni modo facilitati e oserei dire già parzialmente “predigeriti”, facendo ricorso a qualsiasi mezzo, dalla bacchetta di gesso alla LIM....
Purtroppo non sono stati ancora inventati vasetti di omogeneizzati al “Disegno Tecnico” alla “Matematica” o alla “Letteratura greca”, da far ingurgitare agli studenti mediante vigorose cucchiaiate direttamente in gola....
I “Tecnici” del Ministero la pensano in maniera diversa: tutti possono fare tutto.
Per cui sono stati inventati slogan tra cui citerò solo il nefasto “imparare ( o insegnare) divertendo(si)”.....si, come no......c’è stato qualcuno la cui motivazione sarebbe stata sufficiente per legioni di studenti italiani di oggi, eppure si faceva legare alla sedia quando doveva mettersi a studiare seriamente.......
Chiariamo: chi sta compiendo questa operazione di demolizione è tutt’altro che stupido, sa perfettamente cosa sta facendo e dove vuole arrivare.
Esempio: Esami di maturità.
Quando una volta i Commissari erano tutti esterni e provenivano da tutta Italia gli esami di maturità non erano solo gli studenti a subirli, ma innanzitutto i Docenti, il cui operato veniva accuratamente esaminato tramite appunto la preparazione degli alunni.
Si aveva inoltre una, per così dire, parificazione delle conoscenze e della conseguente valutazione su tutto il territorio nazionale.
Ma ho avuto modo di sentire con le mie orecchie in sala Docenti questa sciagurata frase: “Ma perché io non posso avere la soddisfazione di esaminare all’esame di maturità gli alunni che ho avuto durante l’anno?” (sic)
E bravo/a, e se a te non piace ( o non sai spiegare o non conosci) Pirandello o il calcolo di un canale di irrigazione chi controllerà che tu abbia svolto quella parte del programma e che tu non abbia invece parlato per tutto l'anno di Che Guevara o di Benito Mussolini?
Io la mia soddisfazione l’ho avuta quando un Commissario esterno di Montebelluna o di Catania mi ha fatto i complimenti per la preparazione mostrata dai miei studenti.....

Antonello ha detto...

Segue
Invece, con la scusa che “costavano troppo” dapprima si sono fatte Commissioni con soli Docenti “interni” poi, visto lo scandalo, ma non è che oggi sia meglio, a “metà e metà”.....“metà e metà” per modo di dire e per salvare le apparenze perché, per determinati Istituti e materie accade che, vista la base di reclutamento in ambito comunale, gli alunni del Docente Y siano esaminati dal Docente X, e quelli del Docente X siano esaminati dal Docente Y come spesso mi è capitato.....naturalmente con la supervisione di un Presidente di Commissione che non vuole non dico sentir parlare di “bocciature” ma neppure di voti che scendano ad di sotto del “70”......
Vengo alla conclusione perché mi sto dilungando.
Io non sono di certo fautore di una Scuola di insana ferocia, ma ritengo che per essere promossi allo Scientifico si debbano saper fare le derivate, al Classico conoscere Euripide e ai Geometri saper applicare il Teorema di Pothenot, a prescindere dalle condizioni socio-psico-economiche degli studenti.
Scuola e Servizio di Assistenza Sociale devone essere tenute distinte e distanti.
Certamente se gli Insegnanti notano in qualche alunno segni di malessere devono essere pronti a segnalare il fatto e rivolgersi a personale specializzato, ma è nefasto che lo facciano in proprio, abdicando così al loro compito fondamentale che è quello di trasmissione della conoscenza.
Ma le mie idee sono di retroguardia: intonando il nefasto slogan “Poverini, anche loro hanno diritto.......” la Scuola italiana, Università compresa, sta diventando un blob indifferenziato all’insegna del “benaltrismo” e del “poi si vedrà.......”, il tutto in pieno accordo alle sciagurate direttive europee.

Anonimo ha detto...

Lidia ha scritto...
Nel mio intervento scritto prima di quelli di Paprik e Antonello avevo chiesto:

<>

Lo ripropongo.

Anonimo ha detto...

Lidia ha scritto...

Scusate, a proposito di imbrogli ripropongo la domanda:

E adesso che ad essere valutato sarà il dirigente scolastico, secondo voi come andrà a finire? Le cose peggioreranno, miglioreranno, è una grida manzoniana e tutto procederà come prima? Un vostro parere.
A livello ministeriale ed europeo lo hanno capito che gli imbrogli di vario tipo dipendono per il novanta per cento dall'azione o non azione, controllo o imposizione dei dirigenti?
Gli ispettori saranno pappa e ciccia con i dirigenti oppure vi è speranza di miglioramento?

Anonimo ha detto...

Lidia ha scritto...
Naturalmente i dirigenti onesti non avrano nulla da temere...

Papik.f ha detto...

@Lidia: avevo letto la tua domanda ma non saprei proprio cosa rispondere. Dipende da come saranno valutati i dirigenti, da chi e in base a quali parametri; ma da come ciò avverrà nel concreto, non nelle dichiarazioni rilasciate inizialmente da politici e amministrativi vari. Comunque, l'esperienza non porta a essere particolarmente ottimisti. Se poi il principio di fondo è quello del successo formativo ...
Per quanto riguarda la relazione con gli ispettori, non mi sembra si possa escludere l'esistenza di "cordate" di ispettori e dirigenti, costituite su base politica o sindacale; il che naturalmente non implica che tutti necessariamente vi appartengano.

Antonello ha detto...

Ritornando in-topic, Giorgio Ragazzini ha scritto:

“Secondo Studenti.it agli ultimi esami di maturità ha copiato il 60%. Nel 2011 il 32% ha copiato tutto, il 10% abbastanza, il 13 un po', il 16 ci ha provato senza successo.”

Bene.
Ammettiamo di fare in modo che gli studenti non possano assolutamente copiare, cosa relativamente semplice da fare.
Personalmente, ad esempio, per i compiti in classe di fine anno assegno un compito personalizzato ad ogni studente, avvertendoli preventivamente che domande apparentemente simili possono avere tra le righe un “non” in più che può cambiare completamente il senso della frase e quindi la relativa risposta.

Questo perché ritengo molto più rilassante trascorrere qualche istante in più preparando a casa i compiti rispetto ad esercitare una occhiuta vigilanza in classe durante lo svolgimento.

Ma potrebbe essere sufficiente anche fare gli esami come in Corea, dove le prove d’esame vengono svolte in locali appositi con gli studenti separati da diversi metri etc., e dove addirittura le rotte degli aerei vengono modificate perché con il loro rumore non disturbino i Candidati e gli Esaminatori.

Ammettiamo dunque che gli studenti non possano copiare.
Ergo, il 32% che ha copiato e che quindi si presume non in grado di svolgere personalmente il compito presenterà quest’ultimo in bianco.
Ergo, la valutazione sarà insufficiente.
Ergo, questi studenti non potranno essere ritenuti idonei per il passaggio alla classe successiva, giusto per esprimersi in maniera politicamente corretta.
Ergo, la percentuale dei “bocciati” (utilizzando termini più “pregnanti”...) aumenterebbe vertiginosamente dal 3 o 4 % di oggi a un 30/35, forse anche 40%.

E siamo sicuri che al giorno d’oggi queste percentuali al Ministero P.I. o come si chiama adesso farebbero piacere?

Secondo me, ancora prima delle lenzuolate di ricorsi di genitori furibondi, arriverebbero legioni di Ispettori, che scoprirebbero tali e tanti “vizi formali” nello svolgimento degli esami da rendere inevitabile il farli ripetere a spese dei malcapitati Docenti.......

E poi finiamola di dire che nei paesi anglosassoni non si copia per un presunto “tessuto morale” molto più elevato e forte rispetto alla “furbizia italica”.

Premetto che conosco perfettamente i paesi anglosassoni perché etc. etc. etc.

Nei paesi anglosassoni non si copia perché il sistema scolastico è fortissimamente competitivo e sono gli stessi studenti a non far copiare i loro colleghi.
Questo perché la scelta delle Università più prestigiose, quelle da cui le grandi aziende attingono già prima del completamento degli studi “prenotando” i migliori cervelli, dipende dal voto scolastico finale: e se io ti faccio copiare e poi tu alla fine prendi un voto più alto del mio grazie al fatto che hai copiato da me, tu potresti “fregarmi” precedendomi nella scelta dell’Università dove io vorrei essere ammesso.......col cavolo che io ti faccio copiare........

So, every man for himself.

Non ho letto il libro del Dott. Dei, ma da quello che ho letto dalle recensioni mi pare di poter intravvedere, oltre a qualche idea preconcetta, anche alcune carenze di informazione.

Saluti

Antonello

Antonello ha detto...

Una mia Conoscente fa la Ricercatrice in una Facoltà di Economia ( e Commercio nel nome della facoltà non compare più, parlare di Commercio è una cosa così volgare......).

Un bel giorno arriva dall’Università della Tuscia un “Valutatore” (sic) al quale, immagino non gratuitamente, è stato affidato il compito di “valutare” (appunto.....) le “prestazioni” della Facoltà.

Raduna i Docenti in Aula Magna ed esordisce con queste parole:

“Voi, quando esaminate gli studenti agli esami, come vi comportate?”

Risposte più ho meno del tenore:

“Facciamo domande sul programma che abbiamo svolto e, se gli studenti rispondono in maniera sufficiente, passano l’esame, altrimenti li invitiamo a ripassare...”

“Sbagliato!!” ribatte il Valutatore “ voi dovete preliminarmente “programmare” il numero degli studenti da promuovere, che non può essere in ogni caso inferiore al 60/70%, e di conseguenza valutare la preparazione degli studenti!!”
Il discorso del “Valutatore” è proseguito poi sulla falsariga dell’esordio.

Alcuni vecchi Docenti della Facoltà sono rimasti talmente a bocca aperta nel sentire queste parole che pare che le loro mandibole si siano slogate: hanno dovuto farsi ripetere il tutto perché non avevano compiutamente afferrato il concetto.

Relata refero naturalmente, ma ho, purtroppo, piena fiducia nella serietà di questa mia Conoscente.

Il copiare è un problema che sta a valle: se noi non risolviamo anzitutto i problemi che stanno a monte........

Papik.f ha detto...

Quanto afferma Antonello sulla competizione nel sistema anglosassone è vero. Molti anni fa un mio amico andò negli USA per un Master. Durante una pausa pranzo lasciò il blocco degli appunti sul banco e al ritorno non lo ritrovò. Gli spiegarono che era normale: ogni collega di corso è un potenziale concorrente e quindi va danneggiato con ogni mezzo possibile.
Non vedo tuttavia come ciò possa contraddire quanto sostenuto da Giorgio Ragazzini e da me sulla diversa concezione (io non ho mai parlato di superiorità) della relazione tra individuo e società nei Paesi anglosassoni e nel nostro.
Qual è, infatti, la giustificazione etica per una concorrenza così esasperata (che, ovviamente, nel concreto ha i suoi aspetti positivi e negativi come qualunque altra impostazione, compreso il nostro "familismo amorale")? Se non mi sbaglio di molto, è l'idea di fondo che dal successo dei migliori derivi il progresso della società e un miglioramento delle condizioni di tutti. E credo che convinzioni simili siano alla base della minore evasione fiscale e così via.
Da noi, invece, si ritiene che sia bene andare avanti per conoscenze e appartenenze, quindi ogni controllo è solo un ostacolo e conviene allearsi per superarlo. "Il figlio dell'avvocato fa l'avvocato, su questo non c'è niente da fare", mi disse una volta un collega di Storia e Filosofia, rigorosamente progressista (e molto capace professionalmente), mentre discutevamo di selezione e meritocrazia.
Non è però stato sempre così: senza voler essere un "laudator temporis acti", ho letto alcune settimane fa, sul supplemento domenicale del Corsera (o del Sole? non ne sono certo), la sintesi autobiografica presa da un archivio della memoria di una persona, nata in Sicila da famiglia misera alla fine del secolo XIX, che ha avviato una modesta attività imprenditoriale pur restando sempre su livelli di quasi miseria, e il cui figlio non solo ha potuto studiare all'Università ma è diventato, negli anni trenta del Novecento, notaio.
Sarebbe possibile questo oggi? la laurea sarebbe certamente assicurata, anche senza troppo faticare, ma sull'accesso al notariato ho qualche dubbio.
Ciò non toglie nulla allle miserevoli condizioni nelle quali si viveva a quell'epoca, né alla mia convinzione che le radici dei nostri mali siano molto antiche. Ma dal punto di vista dell'ascensore sociale, certamente le cose negli ultimi decenni sono peggiorate (e qui sì che il '68 c'entra, basti considerare il pedigree di tutti i sessantottini che hanno poi avuto successo nella loro carriera).

mario ha detto...

D'accordissimo. Mai come con questa scuola dequalificata e "democratica" vi è stato un così rigido immobilismo sociale.
Mario

Antonello ha detto...

Come ho detto, conosco perfettamente il mondo anglosassone.
Questo perché i miei Genitori hanno lavorato per ventidue anni all’estero e questo mi ha dato modo di conoscere bene la loro lingua e di poter scoprire i pregi (per me, molti) e i difetti (per me, relativamente pochi) di quelle popolazioni.
In ogni caso il mio modo di pensare collima perfettamente con il loro e i miei più cari amici abitano a Sheffield, a Leicester....

La nostra sostanziale diversità dipende dal fatto che la loro società ha le sue radici nell’empirismo, la nostra in un’ideologia religiosa poi trasformatasi, in varie forme, in ideologia politica.

Non sono di certo un giustizialista, ma basta considerare la differenza tra il caso Enron e il caso Parmalat: dopo un anno i responsabili del primo erano già condannati in via definitiva a trent’anni di galera seria, nel secondo non credo si sia neppure arrivati a una sola condanna in via definitiva....

No, nel mondo anglosassone ( dove peraltro le cose stanno non poco cambiando) non basta candeggiarsi l’anima con due Avemarie e tre Padrenostro e, se la colpa è proprio efferata, un Credo e un Salveregina..... per essere poi pronti a riiniziare da capo.....

Per cui, nel mondo anglosassone pagare le tasse conviene perché:
- le quote sono considerate generalmente eque;
- è facile pagarle, non esistono i Mod. 27 bis/3 propri del bizantinismo burocratico italiano;
- lo Stato, in genere, non tenta di fregarti come fa da noi: ho ricevuto pochi mesi fa due cartelle esattoriali per oltre 800 euro: si è poi scoperto che non solo non dovevo nulla, ma anzi avevo pagato in più;
- le tasse si chiamano ancora “i soldi dei contribuenti” e non “i soldi delle Stato” come da noi oggi;
- se pagano tutti pagano tutti meno; ma i cittadini perfettamente sanno che i soldi non vengono scialacquati come da noi ed evito esempi che sono su tutti i giornali: qualche esempio capitatomi personalmente lo trovate qui http://orizzonti-antonello.blogspot.it/ ; non vorrei essere accusato di farmi pubblicità in maniera surrettizia, tanto non devo vendere assolutamente nulla: se i moderatori lo ritengono opportuno possono togliere tranquillamente il link.
- se poi proprio non pago le sanzioni sono pesanti e, alla luce di quanto sopra, è vero, se non pago le tasse vengo considerato un malvivente, gli amici mi tolgono il saluto etc.

Sul copiare, valgono sostanzialmente le stesse ragioni e in più quella, cone dicevo nel precedente post, che se io ti faccio copiare poi tu mi "freghi"....

Certamente neanche io amo una società esasperatamente competitiva, ma quando il 95% delle mie energie e risorse in aula deve essere spesa cercando di recuperare l’irrecuperabile e chi avrebbe invece voglia di studiare e imparare deve accontentarsi delle briciole di conoscenza che riesco a dare quasi di straforo, beh.... forse l’istruzione italiana ha probabilmente bisogno di un .... come dire....tagliando di registrazione......

Saluti

Antonello

Papik.f ha detto...

Sono d'accordo, e posso anche qui aggiungere un aneddoto: molti anni fa incontrai casualmente un compagno di liceo che si era trasferito in Canada a fare l'imprenditore. Mi raccontò che aveva erroneamente pagato una quota eccessiva di imposte e nel giro di pochi giorni gli era arrivato un assegno con il rimborso da parte dell'Ufficio delle Entrate (o comunque si chiami lì) con il rimborso che, si badi, lui non aveva richiesto anche perché non si era accorto dell'errore. La conclusione fu: "a quelli, le tasse gliele paghi quasi volentieri!"
Resto tuttavia convinto che in quei Paesi vi sia l'idea di fondo che il successo dei migliori e il comportamento corretto e leale di ciascuno sia un bene per la società e quindi per tutti, altrimenti non credo che quei meccanismi competitivi (per la scuola) e repressivi (per gli altri casi cui fai riferimento) potrebbero sussistere. Ma su questo forse mi sbaglio, tu conosci quella mentalità certamente meglio di me.
Quello di cui sono certo, invece, è che qui da noi una simile idea è condivisa da pochi e ancor meno applicata.
Non sono affatto convinto, peraltro, che la causa sia da ricondursi alla religione cattolica. Se non altro perché in tal caso Austria, Baviera o Francia sarebbero più simili all'Italia che alla Gran Bretagna, del che mi permetto di dubitare (basta andare in Sud-Tirolo, che pure è cattolicissimo, per avvertire un'aria ben diversa dalle altre regioni italiane...).
Né credo che dipenda dal passato potere temporale della Chiesa, altrimenti il problema dovrebbe riguardare solo Lazio, Umbria e Marche. E se vogliamo pensare a un differente comportamento dei sacerdoti italiani rispetto a quelli degli altri Paesi cattolici, siamo daccapo: perché una simile differenza?

Antonello ha detto...

Sicuramente, la nostra mentalità è diversa: non dico migliore o peggiore, diversa.
E, per quanto mi riguarda, io sono del tutto contento di essere italiano, per quanto strano possa sembrare, in primo luogo proprio perché l’istruzione che ho avuto modo di ricevere dal sistema educativo italiano quando questo era ancora solido non aveva eguali nel mondo.
Devo dire di aver avuto per questo, in Gran Bretagna, grandi soddisfazioni personali, sulle quali sorvolo.

Sicuramente, nei paesi anglosassoni, e in particolare negli Stati Uniti, è essenziale mostrare innanzitutto la buona fede.
Mio Fratello sbagliò anni fa il visto di ingresso (doveva fare un lungo corso di specializzazione in un ospedale ) e dovette andare all’ufficio immigrazione che, come noto, negli S.U. non scherza.
Gli venne consigliato raccontare tutta la faccenda, che era piuttosto ingarbugliata, per filo e per segno, senza omettere nulla. La Funzionaria addetta stette a sentirlo, gli fece due o tre domande, dopodiché tirò fuori da un cassetto un modulo, lo compilò, ci mise un timbro e una firma sopra.
Fatto.
Figuriamoci in Italia.......

Molti anni fa un amico, allora giovane Capitano d’aviazione, conosce a Firenze questa bella mora californiana abbronzata, e va a trovarla a Los Angeles.
Che cosa fa un giovane Capitano d’aviazione appena sceso dall’aereo?
Noleggia una Ford Mustang decappottabile con cambio automatico.
Semaforo giallo.
Che cosa fa un giovane Capitano d’aviazione che ha appena noleggiato una Ford Mustang decappottabile con cambio automatico con una bella tipa al fianco, complice la poca dimestichezza con il cambio? Si ferma o accelera?
Accelera.
Mentre sta passando sente un fischio, inequivocabilmente dal fischietto di una policeman.
Che cosa fa il giovane Capitano d’aviazione?
Accelera.
Dopo due minuti la strada gli viene tagliata da una Highway Patrolcar a sirene e lampeggianti spiegati che lo costringe a una brusca frenata, dall’auto saltano fuori due tipi enormi con stella da sceriffo, uno si mette dietro il cofano e gli punta la pistola addosso, la ragazza si mette a urlare di stare fermo e di non muoversi, l’altro sceriffo si avvicina con un balzo alla macchina, con una sola mano lo solleva fuori dall’auto e lo sbatte contro il cofano.
Come me lo raccontava morivo dalle risate, sembrava una scena del Gatto Silvestro con il bulldog Ettore.
Viene istantaneamente portato dal Giudice il quale, fortunatamente, viene convinto dal fatto che lui etc. etc. era solo distratto, etc. che era un Ufficiale di una Forza Armata Alleata etc, che era sinceramente pentito, etc. etc. il che gli evita i guai più grossi ma non una multa bella salata.....

Anche qui in Italia, dove chi guida ubriaco una macchina rubata e stermina una famiglia si busca al massimo tre anni di arresti domiciliari e l’affidamento ai servizi sociali.....

E’ ovvio che in questo clima chi copia agli esami viene malvisto.....

Marcello Dei ha detto...

Dai commenti al post del 28 agosto:

“Finalmente, grazie a Marcello Dei, sappiamo di chi è la colpa se nelle scuole italiane si copia: di Ronald Reagan e Margaret Thatcher. …” (Papik)

“Intendiamoci: ho comprato, letto e apprezzato il libro di Dei e sono d'accordo anche con gran parte delle sue affermazioni nell'intervista. Non condivido però, in alcun modo, l'idea che, prima che arrivassero gli anni ottanta e l'ottimismo reaganiano a rompere le uova nel paniere, il mondo filasse felice verso la rossa primavera dove sorge il sol dell'avvenire. Il '68, in particolare nella gattopardesca versione italiana, abbia molte colpe, ma non questa.” (Papik)

L’idea che nel mio libro io addossi la colpa delle copiature nella scuola italiana a Ronald Reagan e a Margareth Thatcher è alquanto inesatta, anche nella versione dell’ottimismo reaganiano.
Messe da parte le battute ridicolizzanti, cerchiamo di far chiarezza. In Italia prima degli anni ottanta, la scuola era classista quanto e forse più di oggi. E da noi come negli altri paesi dell’Occidente, la società, era solidamente ancorata all’economia di mercato. Il paradigma etico del capitalismo di allora era centrato sul lavoro, sull’impegno, sulla disciplina e sul senso civico, valori associabili a quelli della democrazia politica. La rossa primavera e il sol dell’avvenire il Pci li aveva già messi nella naftalina da molto tempo, ormai sopravvivevano nei sogni di pochi superstiti rivoluzionari.
Già negli anni settanta iniziano grossi cambiamenti nell’assetto economico e politico dell’Occidente. La globalizzazione e la privatizzazione dell’economia trovano una sponda nelle politiche neoliberiste promosse da Reagan, da Thatcher e seguite (con judicio) da Tony Blair e dai governi dei paesi del mondo. Questi mutamenti s’intrecciano con l’affermarsi di un nuovo paradigma etico centrato sul mercato, sull’individuo, sul privato. L’etica dell’impegno cede il passo all’ideologia dell’appagamento immediato dei bisogni, la comunità all’individuo, il cittadino al cliente. Tale tendenza non risparmia la famiglia, la scuola e i modelli educativi. Forte dell’ingenuità regressiva infantile, il consumismo trova tra i giovani i suoi più convinti sostenitori. I genitori-clienti esigono dagli insegnanti e dai dirigenti scolastici voti positivi a favore dei figli. Lo spessore della società civile si assottiglia.
Questo schema, qui ridotto all’osso, è ormai common source. In versioni variate ottiene un generale consenso. Non sono molti a pensare che i mutamenti culturali e politici possano svilupparsi al di fuori di un’intensa interazione con l’economia.

Papik.f ha detto...

Ringrazio Marcello Dei per l'attenzione e i chiarimenti.
Innanzitutto vorrei chiarire che nel mio primo post sul tema non intendevo riferirmi al suo libro, bensì a un frase dell'intervista a "La tecnica della scuola": capisco che in un'intervista la necessità di sintesi possa condurre a formulazioni che, se espresse nelle forma di argomentazioni articolate, risultano invece meno sgradevoli anche per chi non le condivida.
Inoltre io non intendevo negare che negli anni ottanta si siano verificati una serie di mutamenti politico-economici strettamente correlati con l'economia. Non mi permetterei certamente di entrare in discussione con un professore di Sociologia su un punto come questo, dato che il mio mestiere è tutt'altro; e comunque sembra anche a me che la realtà di tali cambiamenti sia comunque fuori discussione (o "common source", se si preferisce). Per inciso, sul complesso di tali mutamenti io, dal mio punto di vista di comune uomo della strada, ho un'opinione diversa e complessivamente assai meno negativa di quella di Marcello Dei; ma questo, che rientra nella normale diversità di giudizio, non è certamente il punto.
E', invece, l'atteggiamento nazionalmente diffuso verso la copiatura che secondo me non si inserisce affatto in questo quadro, viene da più lontano e ha radici ben più profonde, come mostra, tra l'altro, anche il fatto che in quegli stessi Paesi nei quali i sopra citati fenomeni sono nati non si è verificato nulla di simile.
Io non sono nelle condizioni di poter polemizzare con un sociologo sul fatto che si sia affermato un nuovo "paradigma etico centrato sul mercato, sull’individuo, sul privato" e comunque, lo ripeto, penso che ciò sia in buona misura vero. Tuttavia, dal mio punto di vista di uomo della strada, riscontro che certi fenomeni (vogliamo dire l'abusivismo edilizio o l'evasione fiscale, per cambiare?), legati certamente a forme di individualismo e mancato rispetto della comunità, da noi si verificavano abbondantemente assai prima che tale paradigma si affermasse; mentre viceversa, nei Paesi dai quali tale paradigma proviene, sembra che non si verifichino se non in misura assai minore e comunque che non siano significativamente aumentati di recente.
Un'ultima osservazione sulla trasformazione di alunni e genitori in clienti. Questa sì che è una novità degli ultimi anni e su questo mi sembra condivisibile la spiegazione offerta. Mi resta tuttavia un dubbio: come mai questa trasformazione, a tutti i diversi livelli dai Ministri ai dirigenti ai docenti, è stata ed è propugnata a spada tratta da molti tra quelli che si oppongono fermamente al paradigma etico da cui essa discende? Per dirla più chiaramente: perché l'idea dell'"alunno-utente" trova i suoi più appassionati sostenitori proprio tra molti (anche se non tutti e forse neppure la maggioranza) dei professori dell'area "progressista" e tra tutti (e, qui, proprio tutti o quasi) i politici e dirigenti della stessa area?
E' pur vero che si tratta in larga misura delle stesse persone che propugnavano a scatola chiusa teorie pedagogiche e docimologiche statunitensi negli stessi anni nei quali disprezzavano gli "amerikani"...