giovedì 14 marzo 2013

L’IDEALE DI UNA VALUTAZIONE “UGUALE PER TUTTI” È IRREALIZZABILE E DANNOSO, GIUSTO INVECE IL CONFRONTO FRA DOCENTI

Torna a far parlare di sé il preside del Berchet: l’anno scorso invitava i docenti a non umiliare gli studenti scendendo sotto al 4, ora chiede che si scambino le verifiche per una doppia correzione. Come personalmente non trovo umiliante dare 1 o 2 a compiti in bianco o quasi, differenziandoli da quelli svolti con molti errori gravi, così oggi trovo impraticabile e poco sensata la soluzione della doppia correzione, se assunta come sistematica. Ho personalmente organizzato più di un seminario sulla correzione dei temi. Ciascuno correggeva gli stessi tre scritti di diverso livello, poi ci si confrontava: cosa correggere, come correggere, che peso dare ai diversi tipi di errore, in che modo esprimere la valutazione. Convenimmo tra l’altro su un insieme di elementi da valutare: organizzazione del testo, ricchezza dei contenuti, correttezza grammaticale, proprietà del linguaggio, punteggiatura, cura formale, oltre alla valutazione complessiva (che non può essere la media delle diverse voci). In questo modo si potevano meglio individuare i punti su cui lavorare. La discussione in teoria poteva anche consentire qualche avvicinamento tra colleghi. Ma nessuno si illudeva che si potesse raggiungere una vera uniformità, in particolare su questo tipo di prova. È già molto se ogni docente riesce a essere coerente con la propria impostazione. Sarà solo la molteplicità delle prove ad assicurare una valutazione relativamente affidabile.
Ovviamente ci sono materie e tipi di verifiche su cui è meno difficile tendere a una maggiore equità, per esempio nei questionari vero/falso. Ma il preside Pessina del Berchet pretende troppo: “La sufficienza deve voler dire la stessa cosa per tutti gli studenti e per tutti gli insegnanti. Ci deve essere una valutazione equa, uguale per tutti”.
Espresso in questo modo, si tratta di un obbiettivo non solo irraggiungibile, ma anche pericoloso, per tacere del raddoppio del carico di lavoro. Per due motivi. Prima di tutto incoraggia inevitabilmente il rivendicazionismo degli studenti e di certi genitori. In secondo luogo, rischia di sfociare in una soluzione artificiosa e lesiva dell’ineliminabile autonomia professionale del singolo docente, per esempio in illeggibili griglie irte di casi e di sottocasi.
Diamo atto al dirigente del Berchet che esistono casi estremi, come il docente draconiano e quello presunto progressista del 6 politico, per cui non esiste un rimedio sicuro. Forse dobbiamo solo prendere atto che non tutto l’esistente può essere tradotto in termini matematici. Ma su questo punto vorrei affidarmi all’esperienza e alla saggezza dei nostri venticinque lettori. (GR)

24 commenti:

V.P. ha detto...

«Positiva la svolta del Berchet» «No, è un esproprio del voto»

alessio ha detto...

ma i nostri colleghi potrebbero anche dire di no. Si rifiutano, spessissimo, di fare anche le cose che spettano loro da contratto e poi....... . sputtanano la nostra categoria con queste scemenze.

V.P. ha detto...

COMUNICAZIONE DEL PRESIDE DEL LICEO BERCHET - 15 marzo 2013

Le ultime notizie giornalistiche riguardanti questo liceo, mi costringono a fare chiarezza. Al liceo Berchet non è in atto alcuna "rivoluzione". Si tranquillizzino i desiderosi di notizie forti. Tutti gli insegnanti ed il preside hanno, semplicemente e da tempo, aperto una sana riflessione su come rendere la valutazione in questa scuola sempre più corretta, giusta ed equa.
Il preside

http://www.liceoberchet.it/

alessio ha detto...

equa e...... solidale

Anonimo ha detto...

Io, docimologo illustre ed esimio quale sono, penso innanzitutto che il voto lo può mettere soltanto chi ha concepito la prova. E concepisce la prova chi ha svolto le elezioni, non il collega di due classi più giù.
Ciò detto, non sarei contrario ad andare sotto una certa soglia, come il 4. Per me il 4 vuol dire: "prova fallita" e fine.
Il che però vuol dire che per arrivare al sei non basta fare due saltini, se quel quattro nasconde un "2". Ma siccome mi rendo conto che qualcuno possa preferire una "gradazione" più precisa del fallimento di una prova, non ne faccio certo una guerra di religione.

Nella doppia valutazione è facile immaginare che il voto "giusto" diventerebbe immediatamente quello più alto.

Su un piano più generale troverei giusto superare il balordissimo sistema 3 compiti + 2 orali...non tanto per i compiti quanto per le "interrogazioni", che sono un buco nero docimologico. Per fortuna gli insegnanti possono rigirarsi la frittata un po' come vogliono...però un sistema di valutazione che sia di aiuto invece che d'impaccio ci vorrebbe.

FR

V.P. ha detto...

utili e condivisibili le considerazioni di FR

Anonimo ha detto...

ovviamente "chi concepisce le lezioni" e non le elezioni (errore assai significativo, mi direi).

E anche "Il che però vuol dire che per arrivare al sei non basta fare due saltini" in realtà è "Il che però vuol dire che per arrivare al sei basta fare due saltini"

Grazie V.P.

FR

Anonimo ha detto...

uffa...la seconda correzione è sbagliata ed era giusto il testo originale.

Scusate.

FR

Enrico D ha detto...

Dal contesto sembrerebbe che FR avesse tralasciato un "non":

Ciò detto, non sarei contrario a NON andare sotto una certa soglia, come il 4.

O no?

Anonimo ha detto...

Sì. Credo che andrò a fare un corso di aggiornamento sulle negazioni nella lingua italiana.

In ogni caso, 4 = prova fallita, quindi non serve mettere 3.

FR

paniscus ha detto...

No, scusate, ma non sono affatto d'accordo con l'idea che "il 4 voglia già dire prova fallita, quindi non serve mettere il 3".

E allora perché, coerentemente, non caldeggiare una riforma completa della scala dei voti?

Essere favorevoli al mantenimento della scala in decimi, e però contemporaneamente essere contrari a utilizzarla davvero, lo trovo semplicemente ipocrita. Oltretutto, non mi capacito proprio del perché la staessa cosa non debba valere anche per gli estremi alti. Se il 3 non serve perché dovrebbe già bastare il 4 a dire che la prova è negativa, allora, con la stessa identica logica, non sio dovrebbero usare nemmeno il 9 e il 10, perché bastano già il 7 o l'8 a dire che la prova è buona.

Eppure la "vecchia" usanza di non ricorrere quasi mai ai voti alti e di fissare l'8 come massimo punteggio di fatto, attualmente è deprecatissima e considerata inaccettabile... e perché mai? Perché il 10 è bello, mentre il 2 è triste, impopolare e sgradevole? Ma siamo seri!

Allora oggettivamente c'è qualcosa che non va con la percezione della scala. Perché non si è coerenti fino in fondo e non si propone una scansione diversa?

Lisa

V.P. ha detto...

Francesca Pandolfi – facebook - 17 marzo 2013

“ ....cosa c'è di meglio di un preside arrogante che ti fa capire a brutto muso che la sua deve essere una scuola di eccellenza e che i voti devono seguire un certo trend! Basta saperlo ;) ....c'è chi si adegua e chi decide di ingaggiare una lotta all'ultimo voto! Io .....BHO'... :) Essere soli o semi-soli a lottare non serve assolutamente ad un ciufolo. Inetti, codardi, lecchini, collaborazionisti vari affollano le nostre scuole....quasi quasi attacco i buoi dove vuole il padrone pure io e vivo felice e contenta. “

https://www.facebook.com/iuas.insiemeunaltrascuola#!/francesca.pandolfi.9

Anonimo ha detto...

Lisa

Permetti? Potresti dire "sbagliato" invece di "ipocrita"? Mi terrei anche "stupido", ma in quello che ho scritto ci credo, quindi ipocrita mi sembra sbagliato.
In effetti poi io uso anche poco i 9 e i 10, pur non escludendoli del tutto.

Poi credo anche che tutto sommato si potrebbe anche abbandonare la scala decimale dei voti, perché non serve a niente, tutto sommato. I voti numerici servono soprattutto nelle graduatorie, che nelle scuole però non esistono.
Nella scuola italiana i voti numerici servono come mezzo di comunicazione per dire: la prova va molto male, va male, va bene, va molto bene, va eccellentemente.
Ma idealmente il docente PRIMA decide/descrimina se la prova è andata bene o male, e POI mette il voto, che quindi non è uno strumento diagnostico, ma di comunicazione.
Quindi sì può modificare o addirittura eliminare il voto in favore di un giudizio non standardizzato senza modificare in nulla la strutturazione delle prove o la loro severità(a meno che non si tratti di quiz dove il docente effettivamente capisce come è andata la prova dalla cifra che dal quiz emerge).

In ogni caso, mettiamola così: la mia logica è la stessa degli esami universitari: se ti boccio ti dico che non hai preso 18, non ti sto a dire se hai preso 14 o 12 (cose che si fanno soltanto nei casi in cui gli esami sono divisi in pezzi e quei voti possono far media con altri più alti, e dare cmq 18 come risultato). L'idea che esprimevo era quella e vedi che non ha niente a che vedere col buonismo oppure no: se i miei standard per la sufficienza di una prova sono alti, il fatto che metta 4 invece di 2 non cambia nulla.

FR

Giorgio Ragazzini ha detto...

Se molti, compreso me, usano i mezzi voti e i quarti di voto, lo fanno anche per avere "una gradazione più precisa" delle valutazioni senza ricorrere con facilità a voti troppo bassi. Che però devono rimanere come possibilità (anche "preventiva"), specie se ci si trova di fronte a casi estremi di impreparazione.
Il giudizio non standardizzato può accompagnare, ma non sostituire il voto, altrimenti le prestazioni diventano inconfrontabili e si rende opaca la valutazione (che invece, anche secondo le norme, deve essere "trasparente").

Anonimo ha detto...

" le prestazioni diventano inconfrontabili e si rende opaca la valutazione (che invece, anche secondo le norme, deve essere "trasparente").
Devo dire la verità, forse fino a qualche tempo fa sarei stato d'accordo, ora ci sto ripensando.

La mia domanda è: qual è il fine della valutazione?
In un concorso i numeri decidono chi viene assunto e chi no, quindi graduare anche il decimale ha senso. Il numero lì serve per fare un confronto e poi una scelta.

A scuola è diverso. A fine anno bisogna valutare se uno studente è in grado di affrontare l'anno successivo oppure no (nonostante la scuola italiana abbia poche propedeuticità, in realtà). Quindi alla fine l'esito è "binario": si/no. Il voto ti può dire se lo studente ci è arrivato di slancio o con difficoltà, ma è un contorno: che sia con il 6 o con il 10 si va a finire sempre nella stessa classe.

Soprattutto, a differenza del concorso, il risultato di uno studente non è messo in relazione con quello degli altri studenti: si può anche promuovere una persona sola in una classe o anche tutti quanti i suoi compagni, ma per quel singolo studente la cosa è indifferente: l'unica cosa che conta è che l'anno dopo frequenterà l'anno successivo e non ripeterà quello già fatto.

Quindi le valutazioni all'interno dell'anno a che servono? Servono per far sapere allo studente se si sta preparando abbastanza per arrivare al livello di preparazione minimo necessario per l'anno successivo oppure no. Ma c'è bisogno di una rigida votazione in decimi per questo? Un giudizio analitico non standardizzato -anche discorsivo o addirittura orale- non è in grado di far capire questo?

Che mi importa poi se un giudizio analitico non possiede una unità di misura tale da farmi quantificare la differenza con il mio compagno di banco? Che mi cambia? A che mi serve sapere che sono due punti, un punto e mezzo, mezzo punto sopra di lui? Cambia le mie capacità o le mie possibilità di promozione?

No.

Quindi tutto sommato non abbiamo nemmeno bisogno della valutazione in decimi. Piuttosto noi docenti avremmo bisogno di fare lezioni serenamente, distesamente, senza dover affannarci per fare i "due giri di interrogazione", ecc. ecc. Meglio sarebbe fare delle prove ben strutturate alla fine di ogni ciclo di lezioni (ogni trimestre? Ogni bimestre? ), tutte lo stesso giorno, tutte uguali (mica come nelle interrogazioni), con correzione personalizzata.
E poi un esame interno alla fine dell'anno.

FR

paniscus ha detto...

Ma comunque, se anche si abbandonasse la scala in decimi e la si sostituisse con qualsiasi altra scala... dopo un po' ci sarebbe sempre qualche buonista sentimentale che sosterrebbe che il gradino più basso della scala non deve essere usato perché "non serve", perché "è troppo umiliante", e perché "in fondo per dire che la prova è fallita basta un'indicazione sola".

Se si passasse dalla scala in decimi a quella in QUINTI, ad esempio (ossia, corrispondenti ai livelli standard di ottimo, buono, sufficiente, insufficiente lieve e insufficiente grave)...

...di sicuro ci sarebbe qualcuno che passerebbe immediatamente a sostenere che l'insufficienza grave non si deve usare, perché è "inultilmente umiliante" e perché "per dire che la prova è fallita, basta l'insufficienza generica".

Ma (esattamente come si sta facendo adesso), 'sta gente NON proporrebbe di abolire quel voto e di passare da una scala di cinque livelli a una di quattro, no...

...bensì sosterrebbe che si debba continuare a usare la scala di cinque, ma che il livello più basso debba stare lì solo per pro-forma ma non si debba usare realmente.

In questo senso la considero una modalità ipocrita, perchè lo penso davvero, e lo dico tranquillamente, senza minimamente farmi dei problemi per la paura di offendere qualcuno.

Chi sostiene che sia giusto continuare a far finta di usare formalmente la scala da 1 a 10, ma utilizzando di fatto solo quella da 4 a 10, lo considero ipocrita. La penso davvero così, e non posso farci niente.

Lisa

Anonimo ha detto...

"In questo senso la considero una modalità ipocrita, perchè lo penso davvero"

Wow.

Ciò acclarato: i voti all'università sono ipocriti? Eppure sotto il 18 non c'è niente.
Quella che tu chiami "ipocrisia" altri la chiamano volontà di non umiliare. Una questione di sensibilità che si può arrivare a percepire quando uno smette di partire alla carica.

In ogni caso, mi rendo conto di aver scritto un commento piuttosto lungo, ma nel mio commento precedente dico proprio che non serve proprio nessuna scala.
Servono giudizi analitici, nient'altro (" Controlli poco l'ipotassi" - "serve strutturare meglio la scaletta del saggio breve" - "Il tuo lessico è appropriato e ricco, ma scrivi frasi troppo lunghe e contorte").

FR

V.P. ha detto...

«Studenti in fuga, selezione eccessiva»

Il preside del Manzoni sostituisce due prof: «Sono troppo severe»

Barbarino: «Gli studenti di una seconda partiti nel ginnasio in 28, fra bocciature e trasferimenti, sono quasi la metà»

Sezione troppo dura al liceo classico Manzoni, il preside sostituisce due professoresse. «In alcune classi selezione eccessiva. Gli studenti di una seconda che erano partiti nel ginnasio in 28, fra bocciature e trasferimenti, sono quasi la metà», spiega Luigi Barbarino, alla guida del liceo di via Orazio. «Decisione necessaria. Si cambia». Mentre in un altro storico liceo classico, il Berchet, continua la battaglia contro i voti sotto il 4 e si introduce la correzione trasversale dei compiti «per più equità». Adesso a intervenire è anche il preside del Manzoni. La comunicazione è arrivata l'altro giorno ai diretti interessati, le due insegnanti, con cattedre di storia e filosofia e di matematica e fisica, e gli studenti delle classi del triennio. Silenzio delle docenti. «Spiazzate per questa decisione inaspettata e anomala», dice un collega. E fra i ragazzi c'è chi è pronto a protestare. «Insegnanti troppo severe? Forse, ma brave. Intanto esprimiamo loro la nostra solidarietà. Poi ci confronteremo in un'assemblea», annuncia la rappresentante di una delle classi che cambierà insegnanti. Il preside spiega le ragioni della sua scelta. «Le professoresse individualmente vanno bene ma il team di insegnanti della sezione andava cambiato, visti i risultati. Anzi, avrei dovuto farlo prima. L'ultimo trasferimento di uno studente è di pochi giorni fa e spero sia stato l'ultimo». Troppi ragazzi in fuga, in particolare in una seconda liceo, dice Barbarino. «Sono rimasti in sedici e altri potrebbero cambiare scuola. Le classi poi devono avere almeno ventidue studenti, rischiamo di doverla chiudere - dice Barbarino -. Avevo già parlato con i professori all'inzio dell'anno, ma evidentemente non è bastato. Quindi li divido, e così riporto equilibrio fra le classi». La squadra dei professori «troppo severi» dunque sarà sciolta. «Il cambio avverrà all'inizio del prossimo anno - spiega il preside -. Intanto ho dato la comunicazione alle classi perché era giusto dare un segnale. Ci sarà più equilibrio».
Federica Cavadini

Federica Cavadini - 17 marzo 2013

http://milano.corriere.it/milano/notizie/cronaca/13_marzo_17/professoresse-severe-sostituite-liceo-manzoni-212225030270.shtml

V.P. ha detto...

Il liceo Berchet, l’Invalsi e la scuola di cartapesta

VV ha detto...

Creare equilibrio nelle classi assegnandovi docenti che, se mal distribuiti, farebbero danni ai ragazzi, è cosa del tutto lodevole e di chiara competenza di quei dirigenti scolastici che vogliono e sanno prendersi delle responsabilità. Purtroppo, insieme a tantissimi docenti eccellenti ve ne sono altri, una minoranza tuttavia assai perniciosa ai fini didattici, che fanno danni enormi ai ragazzi. Tanto per fare alcuni rapidi esempi, in quasi tutte le scuole ve ne sono alcuni impreparati, altri che si ingegnano di lavorare il meno possibile, altri ancora che concretizzano il loro lavoro nel riproporre modelli didattici subiti e sopportati quando furono a loro volta studenti ( spesso i docenti più stupidamente severi sono anche i meno preparati)e ve ne sono altri,pochi per fortuna, pericolosi, per motivi di salute mentale, a sé stessi e agli altri. Un bravo dirigente non può penalizzare alcune classi rispetto ad altre concentrando i peggiori e i più problematici nelle stesse sezioni. Quello che rattrista è il fatto che vi sono dirigenti che non sempre si prendono le responsabilità di equilibrare le classi. Ma vi sono anche alcuni sindacati che vorrebbero concordare in sede di contrattazione i criteri di assegnazione dei docenti alle classi perché è risaputo, i diritti dei ragazzi, anche nella scuola, talvolta non sono contemplati.

paniscus ha detto...

Ah, aggiungo:

In ogni caso, mettiamola così: la mia logica è la stessa degli esami universitari: se ti boccio ti dico che non hai preso 18, non ti sto a dire se hai preso 14 o 12

Abbi pazienza, ma questo paragone non sta in piedi.

Innanzi tutto, anche se tendiamo a dimenticarcelo, anche all'università si potrebbero benissimo registrare anche gli esami falliti e distinguere quello bocciato con 16 da quello bocciato con 10. Se normalmente non lo si fa, non vuol dire che sia previsto così dalla legge, ma è solo un'usanza diffusa nella pratica.

E comunque, anche in tal caso, la differenza con la scuola sta proprio lì: non è che non si metta il voto ma si verbalizza una "insufficienza generica"... semplicemente, si fa finta che la prova non sia mai avvenuta e non si verbalizza niente. Poi se lo studente sceglie di ritornare dopo un mese, dopo sei mesi o dopo un anno, sono fatti suoi, non ci sono scadenze formali che obbligano il docente a dimostrare di averlo valutato.

A scuola non possiamo proprio.

L.

paniscus ha detto...

Sezione troppo dura al liceo classico Manzoni, il preside sostituisce due professoresse. «In alcune classi selezione eccessiva. Gli studenti di una seconda che erano partiti nel ginnasio in 28, fra bocciature e trasferimenti, sono quasi la metà», spiega Luigi Barbarino, alla guida del liceo di via Orazio.

Ma 'sta gente non lo sa che, ad esempio, nella quasi totalità dei professionali e nella maggior parte dei tecnici, quelle cifre sono assolutamente normali?

Possibile che diventi uno scandalo solo quando succede anche in un liceo classico?

L.

Anonimo ha detto...

Quella del Liceo Manzoni, in sé, è una non-notizia. I Presidi hanno il potere di assegnare i professori alle classi come meglio credono, lo fanno tutti gli anni, tutti in tutte le scuole d'Italia.
Solo questo preside prende decisioni del genere? No, per nulla.
Il problema è che questo preside ha deciso di pubblicizzare la cosa (che ha trovato seguito perché è un classico di Milano...fosse stato un professionale di Pomigliano d'Arco non fregava a nessuno), mettendo in oggettiva difficoltà le due docenti, le quali adesso si trovano, di fatto, a dover impropriamente difendere le proprie scelte, giuste o sbagliate che fossero.

E' anche evidente che i presidi italiani e i collegi docenti, però, non hanno adeguati strumento di governo della scuola.

Immaginiamo che quelle due prof. siano delle pazze, ma pazze non pericolose, semplicemente scriteriate ma attente a compilare giustamente i registri. Qualcuno ci può fare qualcosa? No.

FR

Massimo Rossi ha detto...

Io credo semplicemente che queste trovate del preside del Berchet non siano altro che un espediente per avere visibilità, perché i mass media parlino di lui e della sua scuola. Probabilmente quel liceo ha un calo di iscrizioni e così il preside tenta di rilanciarlo con queste buffonate come il divieto di assegnare voti inferiori al 4 oppure quella di far rivedere gli elaborati degli alunni a docenti diversi dai loro.

Si tratta di una stupidaggine vera e propria che non risolve il problema delle divergenze valutative fra colleghi delle stesse materie: il nostro, d'altra parte, è un mestiere soggettivo, dove ognuno ha criteri personali di approccio agli alunni ed alle loro prestazioni, e quindi anche diversi metri di valutazione. Si sa che esistono materie in cui è difficile riscontrare anche una sola insufficienza (vedi storia e filosofia, ad esempio), mentre in altre (come il latino e il greco ad esempio) le basse valutazioni abbondano, soprattutto nelle prove scritte. Non credo sia possibile risolvere il problema, perché la valutazione è comunque soggettiva, a meno che non si vogliano adottare i test con le crocette, come fanno in alcuni paesi esteri; ma la scuola italiana e soprattutto i licei, per fortuna, non è mai stata favorevole all'aridità dei test, che possono andare bene per la scuola guida ma non per le discipline d'insegnamento, specie quelle umanistiche.
Io personalmente penso che la valutazione con la scala in decimi sia la migliore possibile e che vada usata interamente; non servirebbe a nulla sostituirla con qualcos'altro, perché le lamentele contro la presunta "umiliazione" degli studenti (che è una idiozia totale) ci sarebbero ugualmente con qualunque criterio valutativo. Gli studenti debbono abituarsi ad essere valutati ed anche ad accettare gli insuccessi, perché sono proprio quelli che fanno crescere e abituano ad affrontare i ben più gravi problemi che questi giovani, in un futuro neanche troppo lontano, incontreranno nella loro vita.