Tra i vari motivi di interesse di
un recente servizio
di “Io Donna” sulla nuova Scuola Internazionale Italo Cinese d’Italia, con sede
a Padova, colpiscono alcuni passaggi. Due sulla scuola italiana:
- «Pensiamo che la scuola cinese sia troppo rigida, mentre in
quella italiana si pensa più al gioco che al lavoro».
- La maestra sembra molto soddisfatta, il programma va avanti
veloce: «Non come nella scuola italiana, che è lenta».
Altri due sul comportamento dei
bambini:
- “La visita parte dall’asilo, a piano terra. I più piccoli stanno
pranzando (si alternano le cucine dei due Paesi), seduti in ordine e silenziosi.
Mangiano composti, non c’è un chicco di riso per terra. Per Li Xuemei [la
preside] le buone maniere sono fondamentali, parte integrante della formazione:
«I bambini cinesi che vivono in Italia non sanno comportarsi, non conoscono la
gentilezza. E i genitori non sono in grado, o non hanno il tempo, di
occuparsene»”.
- “Arriviamo nel corridoio delle elementari, In prima, la maestra
Giulia Larcher sta spiegando Scienze. Gli alunni, rispettosi, parlano solo se interrogati,
in ottimo italiano.”
È difficile non concludere che i
programmi in questa scuola vanno avanti proprio perché in classe c’è educazione, cioè un clima
favorevole all’apprendimento; e che questo clima deriva dalla consapevolezza
che le buone maniere sono “fondamentali”, stanno cioè a fondamento di una buona
formazione. In questo modo gli insegnanti possono dedicare tutte le loro
energie alla didattica, mentre quelli delle scuole pubbliche italiane le
sprecano troppo spesso in una continua lotta per ottenere la necessaria
attenzione. E non sarà proprio questo a farci perdere punti nelle indagini internazionali, molto più della vera o presunta arretratezza della didattica?
Dal servizio si comprende poi benissimo quanto facilmente i bambini
possano perdere le buone abitudini e livellare verso il basso il loro
comportamento, nel momento in cui si trasferiscono da un contesto a un altro; e,
di conseguenza, quanto importante sarebbe che “il contesto” – cioè non solo un
intero istituto (che sarebbe già qualcosa), ma tutto il sistema istruzione, in
sintonia con le famiglie – fosse orientato con coerenza, fermezza e
perseveranza verso il comune obbiettivo di creare nei bambini la capacità di
stare insieme agli altri. (Giorgio Ragazzini)
lunedì 4 novembre 2013
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1 commento:
Ho appena parlato con un mio nipote, neo studente di prima liceo in una cittadina dell'area fiorentina, che mi informava sulle prime impressioni della sua nuova scuola. In piena conferma sulle medie empiriche più volte dichiarate su questo sito, di fronte ad un corpo docente nella sua stragrande maggioranza ben preparato e attento alle esigenze della didattica, si contrappone un insegnante completamente irrelato nella sua consolidata follia. Naturalmente da anni insegna nella solita scuola e continuerà a farlo senza alcun problema.
Mi ha detto inoltre che i suoi compagni cinesi vanno benissimo e rasentano già la media del 9-10.
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