venerdì 9 gennaio 2015

LA RESPONSABILITÀ VERSO IL MONDO: LE RADICI DELL’EDUCAZIONE SECONDO HANNAH ARENDT

“I genitori non si limitano a chiamare i figli alla vita facendoli nascere, ma allo stesso tempo li introducono in un mondo. Con l’educazione si assumono la responsabilità nei due ambiti, a livello dell’esistenza e della crescita del bambino e a livello della continuazione del mondo. […] La responsabilità della crescita del bambino è in certo senso contraria al mondo: il bambino deve essere protetto con cure speciali, perché non lo tocchi nessuna delle facoltà distruttive del mondo. Ma anche il mondo deve essere protetto per non essere devastato e distrutto dall’ondata di novità che esplode con ogni nuova generazione”[1]. Anche negli anni ’50 in cui furono scritte queste riflessioni ci voleva la mente libera di Hanna Arendt per ricordarci senza perifrasi e addolcimenti che l’educazione, oggi identificata quasi senza residui con le esigenze di ogni singolo nuovo individuo, serve anche a tutelare il mondo in cui viviamo. Questa capacità di rendere evidente la pura e semplice verità ricorda il bambino a cui Andersen fa esclamare che l’imperatore è nudo. Solo che lì gli spettatori vedevano bene che il sovrano non aveva niente addosso anche se temevano di parlare, mentre oggi sembra che la fascinazione esercitata da quel “bene scarso” che sono diventati i bambini, unita all’influenza delle teorie pedagogiche puerocentriche che hanno disorientato gli educatori, faccia sì che l’importanza di crescere degli individui responsabili verso quello che li circonda sia quasi sparita, se non nella teoria, almeno nella pratica. In altre parole si parla volentieri di legalità, di ambiente, di beni comuni, ma si dimentica che solo un costante allenamento al rispetto delle regole e degli altri può trasformare i piccoli umani naturalmente egocentrici in giovani adulti maturi. Ed è la scuola, aggiunge la Arendt, “l’istituzione che abbiamo inserito tra l’ambiente privato, domestico, e il mondo, con lo scopo di permettere il passaggio dalla famiglia alla società. La frequenza scolastica non è richiesta dalla famiglia, ma dallo Stato, ossia dal mondo pubblico; quindi, rispetto al bambino, la scuola rappresenta il mondo anche senza esserlo di fatto”[2]. Ma quanto l’istituzione scuola abbia difficoltà a sentirsi responsabile nei confronti del “mondo”, o almeno della collettività, lo dice la sparizione della parola “doveri” (e di quanto essa evoca) nella riflessione pedagogica, nelle norme e nelle circolari ministeriali, nelle allocuzioni agli studenti del ministro di turno, nei programmi scolastici, nei temi, nelle prove d’esame e, last but not least, nella stessa formazione iniziale e nei corsi di aggiornamento dei docenti, oltretutto privi, come categoria, di uno straccio di codice etico-deontologico. Per di più, tutti i momenti in cui, come docenti e dirigenti, ci dovremmo ricordare di assolvere a un mandato sociale (e penso soprattutto alla valutazione del profitto e a quella del comportamento) troppo spesso li viviamo come se riguardassero solo noi e l’allievo in questione, quindi con un riflesso di tipo genitoriale che esclude dal nostro campo visivo sia ogni preoccupazione di equità rispetto agli altri allievi, sia l’obbligo di certificare per conto della società gli effettivi livelli di apprendimento, pur tenendo conto dei margini di discrezionalità impliciti nel ruolo. La scuola, dunque, non può essere soltanto un servizio individuale all’utente, ma, almeno altrettanto, un’istituzione pubblica al servizio della società e del suo futuro. Infatti, “l’educazione è il momento che decide se noi amiamo abbastanza il mondo da assumercene la responsabilità e salvarlo così dalla rovina, che è inevitabile senza il rinnovamento, senza l’arrivo di esseri nuovi, di giovani. Nell’educazione si decide anche se noi amiamo tanto i nostri figli da non estrometterli dal nostro mondo lasciandoli in balìa di se stessi”[3]. (GR)


[1] Hannah Arendt, La crisi dell’istruzione in Tra passato e futuro, Vallecchi, 1970, p. 202.
[2] Ibidem, p. 204.
[3] Ibidem, p. 213.

22 commenti:

LG ha detto...

Bellissimo post, proprio in questo periodo che ci si sta preparando alla valutazione.

Massimo Rossi ha detto...

Gradirei che il prof. Ragazzini mi spiegasse cosa intende quando afferma che i docenti sono "privi, come categoria, di uno straccio di codice etico-deontologico", perchè a me questo non risulta.
Grazie

Ludovica ha detto...

Signor Rossi, non aggredisca il "povero" prof. Ragazzini. :-)

Gli insegnanti non hanno riconosciuto ufficialmente dallo Stato un codice etico-deontologico come invece succede per le categorie degli avvocati, dei giornalisti,dei medici ed altri.

Qui posto il link di un libro
http://www.erickson.it/Libri/Pagine/Scheda-Libro.aspx?ItemId=37240

GR ha detto...

Come docenti possiamo fare riferimento alle leggi e al codice di comportamento dei dipendenti pubblici, che ovviamente è poco specifico. Ne esiste uno della Gilda degli Insegnanti, a cui a suo tempo lavorai come coordinatore di un apposito gruppo di lavoro e che è stato adottato formalmente dopo che ero uscito da quella organizzazione, che peraltro non lo valorizza quasi per niente. Ne ha uno anche l'ADi (Associazione Docenti Italiani) che, pur avendo un'intensa attività convegnistica e formativa, credo abbia circa cinquecento iscritti.

Ludovica ha detto...

Infatti il libro che ho linkato si ispira alle proposte dell'ADi (vedi Contenuti).

Vedo il mondo che va all'incontrario ha detto...

E' sempre un dovere di tutti noi informare i disinformati.

Vedo il mondo che va al contrario ha detto...

Anche quelli duri con la testa dura...

pupipupi ha detto...

Trovo opportuno che il discorso ritorni puntuale sulla scuola e sui suoi contenuti. Le belle parole sono valide per chiunque e in qualunque tempo. In teoria tutti amano la scuola e sin dall'asilo ti indottrinano sulla cittadinanza attiva e i valori umanitari. Vediamo cos'è diventata: un contenitore di quaunque cosa in cui si è smarrito il senso della didattica elementare. Ragazzi che non sanno scrivere, insegnanti che non danno e nozioni di base ma parlano di grandi sistemi. Fine della grammatica, ma elementi di semiotica (!) in prima media; poco metodo dimostrativo ma classificazione degli invertebrati e mitosi del DNA propinati a undicenni che fanno errori di ortografia. Poca scrittura e composizione, ma ricerche scaricate da Internet, rimozione della storia e della lingua letteraria. Stiamo gettando le basi di una nuova ignoranza cui l'umanitarismo, la multiculturalità e quant'altro servono da gigantesco e inoppugnabile mascheramento.

Ludovica ha detto...

Dopo le abbuffate didattiche-pedagogiche degli ultimi decenni, oggi, penso che sia arrivato il momento di fare tesoro tanto delle sconfitte e degli errori del passato che delle scoperte metodologiche nuove azzeccate.

Rimane fermo il concetto di andare a trasmettere un'educazione che formi l'uomo e il cittadino (come un tempo si diceva nei Programmi della scuola) al fine di addomesticare la "bestia" (come penso io) uomo (o donna) o l'adam in senso ebraico.
Penso che Hannah Arendt dia una visione diversa dell'essere umano rispetto a quella di Rousseau.
Dice lei che si deve "tutelare" il mondo (ossia quello che abbiamo noi ed altri costruito in passato) dalle nuove generazioni che senza un'opportuna educazione andrebbero a "farlo esplodere" con le novità negative o positive che siano.
E quindi non vi è solo il problema di andare a tutelare dal mondo "il bambino".
Si pone, infatti, il problema di un essere vivente come l'uomo "naturalmente egocentrico" a cui andare ad insegnare i concetti di regole da osservare, ossia la legalità.

Da una visione della scuola in senso di solo dovere, ora si è passato a quello dei soli diritti e di contenitore di qualsiasi cosa da un punto di vista culturale.
Come al solito non vi è una via di mezzo e quindi non viene seguita, più saggiamente, "un'aurea mediocritas".
E lo stesso destino segue anche la categoria degli insegnanti a cui non viene neanche riconosciuto lo status di professione, e viene ristretta ancora nel recinto della "missione" e dell'obbligo morale all'oblazione più che della professione.

A questo si aggiunge che a scuola non essendoci più "dovere" non siano più necessario che gli insegnanti insegnino e gli alunni imparino, con l'ovvia conseguenza che non si parla più del "necessario" (leggere, scrivere e far di conto e sapersi comportare con gli altri), ma del superfluo (per esempio di chiacchiere vacue e progettoni di educazione alimentare mentre nelle scuole vi è la macchinetta distributrice di merendine; di cittadinanza attiva e di valori mentre nella scuola impera il bullismo per gli alunni e il mobbing per gli insegnanti).

Quando odio la frase di Moren "Meglio una testa ben fatta che ben piena"!
Ma si può imparare a nuotare senza acqua? Si può imparare a cucinare senza stare ai fornelli e studiare le ricette?
Si può imparare a guidare senza stare in macchina e sapere il codice della strada?
Si può imparare la matematica i il latino senza sapere le regole?
Perchè utilizzare queste antinomie???
Ecco cosa significa lasciare i ragazzi in balia di sè stessi.

Allora la cassiera sol perchè sa fare quattro conti è da preferire al matematico e al fisico i quali compiono (e possono insegnare) azioni più elaborate a livello mentale al punto di mandare l'uomo sulla luna?

Ma questa benedetta testa come si può "fare" bene se non viene correttamente riempita?
Che assurdità! Allora la condizione per essere "ben fatta" è quella di essere VUOTA?
Infatti in tanti, anche adulti, lo è diventata.

Rebert ha detto...

Plaudo al Gruppo di Firenze che ha riproposto il tema dei doveri in un altro post. Mi rammarico che nel post precedente la discussione abbia preso una strada stonata e sgradevole tra occupazioni improprie di luoghi comuni e reazioni esacerbate. Si è citata la libertà, ma la libertà ( come i diritti) non è assoluta. Anzi, la democrazia ha la funzione di porre dei limiti. Di tutto questo parla con efficacia Michele Ainis ( e non Violante) in un intervento sul Corriere della Sera.http://lettura.corriere.it/debates/attenti-alle-sbornie-troppe-garanzie-si-annullano-tra-loro/.
Dunque, per ritornare al tema : doveri e responsabilità da parte di docenti e studenti. E cittadini.
La funzione della scuola di cui scrive Giorgio Ragazzini sarebbe quella " giusta" perchè l' unica contenuta nella nostra Costituzione. Eppure nessuno la rivendica, e per primi gli stessi docenti...

Gruppo di Firenze ha detto...

Grazie a Rebert per la segnalazione dell'utile intervento di Ainis, che abbiamo pubblicato sulla pagina facebook. L'autore, però, che ricorda gli inconvenienti della sbornia di diritti, non cita come fa Violante il necessario contrappeso dei doveri.

pupipupi ha detto...

Morin: a fatto più danni lui alla scuola ...

Ludovica ha detto...

E' vero che la discussione è incentrata sui diritti e sui doveri, sulla responsabilità verso il mondo, ma non dobbiamo dimenticati di Hanna Arendt.
E' giusto parlare anche di lei: rimane sempre un punto di riferimento dal punto di vista di pensiero politico. E' stata una grande pensatrice.

Grazie al Gruppo di Firenze per averci regalato la possibilità di poterla ricordare e di riscoprire il suo pensiero e la sua vita proprio in concomitanza con quanto successo a Parigi e in previsione del giorno della memoria per l'Olocausto.

Arendt e la banalità del male di Adriana Caravero
https://www.youtube.com/watch?v=53GGqMZigvg

La banalità del male
https://www.youtube.com/watch?v=u3VT6A_9_A0

pupipupi ha detto...

Plaudo anch'io a questo blog e alla serietà che sostiene nell'istituzione scolastica. Mi chiedo se avete la possibilità di far conoscere queste istanze al Ministero. In particolare, sarebbe importante tornare a sostenere una scuola dei fondamenti, non distratta da mille inutili iniziative e stravolta da iniezioni di inglese ed informatica e orari assurdi, farciti come tacchini di Natale. Una scuola nostra, che non insegua scadenti modelli esteri ma valorizzi le proprie specificità, anche con orgoglio, e non utilizzi i condoni come canali di ingresso extraconcorsuale.

Anonimo ha detto...

ANONIMO ESIODEO
Pensate che in Italia un partito conservatore che NON volesse fare alcuna riforma, bensì si proponesso solo di migliorare ciò che esiste con le dovute risorse avrebbe successo?

Ludovica ha detto...

" Se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi".

Pertanto abbiamo bisogno di rivoluzionari per non cambiare assolutamente nulla. Meglio lasciare il magna-magna e i cinque euro per i cinesi e i marocchini che votano alle primarie della Liguria e expo mafia e mafia capitale lasciati intatti senza un daspo.
Ed ecco la responsabilità verso il mondo e le radici dell'educazione secondo Renzi!

A che ci serve un conservatore? A cosa serve un grillino che non vuole che si cambi la Costituzione, ma bensì che si vada a migliorare effettivamente l'esistente?

E poi mi si dice di non andare a parlare di politica in questo blog.

Eccome se se ne deve parlare!
A quanto pare non importa a nessuno discutere di diritti e di doveri, di radici dell'educazione e di Hannah Arendt.
Silenzio assoluto sull'argomento del thread.

Chissà se adesso, dei tanti che entrano in blog, si sveglieranno i soliti noti per polemizzare.

Anonimo ha detto...

No, mi creda. Nessuno dimentica. Qui all'università siamo tutti molto preoccupati dei progetti scolastici del governo. Abbiamo paura di loro, ci sentiamo impotenti. Vogliono annientare la cultura.

Giorgio Ragazzini ha detto...

E' effettivamente molto diffusa la convinzione che questo o quel governo operino con consapevoli intenzioni distruttive verso questo o quel settore (la scuola, il teatro musicale, appunto la cultura, eccetera), il che viene anche espresso con l'espressione "essere in malafede". Io sono invece convinto che il 90% dei danni lo facciano la cretineria, l'impreparazione, la supponenza, l'ideologia che si rifiuta di fare i conti con la realtà e, in misura massiccia, il più o meno completo smarrimento dei principi morali che sono necessari alla civile convivenza. I più immensi disastri della storia sono stati causati da gente che la malafede la usava in chiave tattica, per esempio per far fuori gli avversari (veri, presunti o futuribili), ma che aveva di fondo convinzioni granitiche su quello che era il meglio per la società (valgano per tutti i soliti esempi del comunismo e del nazismo).

pupipupi ha detto...

Infatti questa classe dirigente, non eletta da alcuno, mostra "la cretineria, l'impreparazione, la supponenza, l'ideologia che si rifiuta di fare i conti con la realtà e, in misura massiccia, il più o meno completo smarrimento dei principi morali che sono necessari alla civile convivenza".
Quousque tandem?

Ludovica ha detto...

Questa classe dirigente affetta da cretineria è vero che non è stata votata direttamente, ma è stata legittimata alle Europee da circa il 41% dato al Pd e da gente che si è astenuta e pertanto non ha votato contro.

Attualmente non vi è nessuno di quelli votati all'interno del Pd e della Destra (e quindi al Parlamento) che si premura a fare reale opposizione e di far cadere il Governo.
Stanno tutti attaccati alla poltrona nella paura di perderla a causa di nuove elezioni e poi, dopo finte e deboli scaramucce, si abbassano a baciare la sacra pantofola ed a votare la qualsiasi schifezza compresa quella della modifica della Costituzione e altre come quelle di andare a votare tutte le leggi che favoriscono delinquenza e lobby. Ossia sono disposti a contribuire (da collusi) ad abbattere il sistema democratico invece di andarsi a bere la cicuta come Socrate.

Certo che bisogna avere paura della cretineria degli attuali governanti, non solo per i progetti scolastici, ma anche per la tenuta della democrazia in Italia.
Ma io ancora non vedo nessun intellettuale del Pd o non (universitario o meno) che si opponga fieramente e con coraggio partigiano agli attuali progetti governativi.
Mi sembra di ritornare indietro nel tempo quando parecchi della intellighenzia ebrea invece che combattere fin dagli albori il Nazismo, al principio si sono accodati e poi, troppo tardi, si sono anche loro incolonnati come pecore da portare al macello.

Attualmente, fra intellettuali soprattutto, non servono i don Abbondio, ma i Padri Cristoforo e i Cardinali Borromeo.
La non collaborazione, la denuncia pubblica e la presa di distanza fiera e chiara e il voto contrario serve come non mai.

Ludovica ha detto...

Gli unici che si stanno battendo per la democrazia e per la scuola (e lo ripeterò fino a sgolarmi e a farmi attaccare da chiunque che ancora "non vuol capire") sono quelli del M5s.
Oltre loro vi sono solo un branco di pecore disposte a tutto tranne che a battersi per i valori e per la democrazia.

Non so più chi è più "mostro": se il politico colluso o l'elettore contento e assuefatto alla delinquenza dei politici.

Anonimo ha detto...

ANONIMO ESIODEO
Lo studente non è più persona da educare né individuo, è membro di una massa da addestrare, è un costo da alleggerire, è un consumatore da invogliare. Limitare il pensiero critico, aumentare l'uso di pulsanti, ridurre lo studio delle lingue classiche e del metodo dimostrativo, dare spazio a iniziative esterne allo studio, sostituire la storia della cultura con una somma di slogan su femminismo, solidarietà, buoni sentimenti, globalizzazione. Distruggere le specificità delle proprie tradizioni secolari, guardare sempre a modelli altrui per definizione sempre migliori.
Anestesia generalizzata e suadente, nemici invisibili e attraenti.