venerdì 27 febbraio 2015

LA L.I.P. SULLA SCUOLA E L’IMPUNITÀ AGLI STUDENTI SCORRETTI

Nei commenti al post precedente già si è discusso di una proposta di Legge di Iniziativa Popolare (L.I.P.) sulla scuola, che recupera in chiave antigovernativa un progetto del 2006 di ReteScuole, sostenuto allora da Rifondazione Comunista. Su temi fondamentali come l’obbligo scolastico, il primo biennio delle superiori, la formazione professionale, l’alternanza scuola-lavoro, gli organi collegiali (solo per citare i più importanti), si tratta di un compendio di quello che riteniamo – in base all’esperienza – più deleterio per la scuola. C’è però un comma dell’articolo 17 che ben sintetizza il nucleo della filosofia alla base del progetto:
“La non ammissione alla classe successiva non può essere determinata da motivi comportamentali”.
Non si vuole liquidare, quindi, solo il 5 in condotta introdotto dalla Gelmini, ma persino le precedenti modifiche di Fioroni allo Statuto degli studenti, che prevedevano l’esclusione dagli scrutini “nei casi di recidiva, di atti di violenza grave, o comunque connotati da una particolare gravità tale da ingenerare un elevato allarme sociale”. Siamo quindi nel cuore di quella pedagogia che da un lato pretende di risolvere con il convincimento e con il dialogo qualsiasi conflitto, dall’altro toglie ogni responsabilità agli allievi, in base all’assunto che, se qualcuno si comporta male, ciò è dovuto in toto all’inadeguatezza dei docenti. Cambiamo la didattica e i problemi spariranno come d’incanto. Tanto è vero che il comma già citato prosegue dicendo che l’eventuale non ammissione alla classe successiva (dovuta allo scarso profitto) “deve essere accompagnata da precise indicazioni progettuali, atte a garantire all’alunno o alunna il raggiungimento nell’anno successivo degli obiettivi prefissati”. Non “favorire”, quindi, ma proprio “garantire”. Ha ragione quindi Scotto di Luzio quando sostiene che dalla riflessione pedagogica ministeriale – come da quella di certi colleghi – è sparito da tempo il tema della volontà e delle sue manifestazioni esteriori, come l’applicazione, la costanza, la diligenza. “L’esito è concepito non come il risultato da conseguire, e dunque sempre incerto, dell’impegno di un individuo in carne e ossa, ma come lo sbocco prevedibile di un sistema ben congegnato[1].
Resta da chiedersi (retoricamente) se un ragazzo sistematicamente deresponsabilizzato nella fase della crescita potrà mai diventare un cittadino responsabile. Se avrà assorbito bene la lezione che gli è stata impartita, potrà diventare un perpetuo adolescente protestatario, sempre pronto a dare la colpa agli altri e alla società; e farà molta fatica  a trovare in se stesso la capacità di reagire alle difficoltà e a far tesoro dei propri errori per cambiare strada. (GR)

[1] Adolfo Scotto di Luzio, La scuola che vorrei, Bruno Mondadori, p. 108

5 commenti:

Massimo Rossi ha detto...

Quella proposta nasce dalla deleteria ideologia sessantottina, che ancora dura nonostante sia passato quasi mezzo secolo, secondo cui la promozione è un diritto e bocciare qualcuno è "fascista". Oggi non si esprimono più così ma la sostanza è sempre quella. Se qualcuno si comporta male, se commette reati, la colpa non è mai sua, ma della società, della politica, dei potentati economici ecc. ecc. E' la stessa filosofia della sinistra che, oltre ad aver distrutto ogni forma di disciplina e di serietà nella scuola, ha provocato altri enormi disastri nella società: da che derivano infatti, se non da questo stupido buonismo, le leggi svuotacarceri e i provvedimenti che rimettono in libertà dopo pochi mesi persone che si sono macchiate di gravissimi delitti? Se le prigioni sono troppo affollate, secondo me si debbono costruire altre prigioni, non rimettere in libertà i criminali.

Papik.f ha detto...

Massimo Rossi ha tutte le ragioni e io condivido pienamente quanto afferma.
Personalmente, però andrei un po' più in là nel ricercare le cause e risalirei almeno a Rousseau e al suo mito del buon selvaggio.
Postulando uno stato di natura buono e la derivazione dei mali da fattori esterni, Rousseau ha aperto la strada a tutta questa deresponsabilizzazione delle azioni dell'individuo e all'idea che sia possible costruire una società senza male, senza violenza, senza guerra, semplicemente rimuovendo queste presunte cause esterne e formando nuovi e migliori esseri umani attraverso l'istruzione.
La conseguenza, prima ancora dei deliri sessantotteschi, sono state le centinaia di milioni di morti provocati dalle ideologie del Novecento, che si ripromettevano appunto di costruire il paradiso in terra attraverso questa purificazione della società.
Un'altra conseguenza è quella che a me sembra una vera e propria ossessione per una continua necessità di attuare riforme della scuola che giungano finalmente a formare il cittadino perfetto, individuando un modello formativo al quale nessuno possa sottrarsi.
So che questo è un modo di vedere le cose da cattolico, del resto questa è la mia profonda convinzione. Ma anche tra i cattolici non sono mancate le correnti che sono andate (e tuttora vanno) al rimorchio di queste impostazioni ideologiche. Anzi, come ben sappiamo, ne sono state spesso protagoniste.

paniscus ha detto...

E io invece aggiungerei anche che il buonismo istituzionalizzato non è più esclusivamente "una cosa di sinistra", e tamtomeno una cosa "sessantottina"...

...ma il suo bel contributo robustissimo gliel'ha dato soprattutto la mentalità del consumismo gaudente e disimpegnato che ha trionfato tra gli anni ottanta e novanta, ossia quando il sessantotto era già passato da decenni, e che di sinistra non aveva proprio nulla.

La logica della rivendicazione assoluta del diritto alla gratificazione e alla soddisfazione di qualsiasi esigenza immediata

(e la visione della vita e della società come grandi supermercati e divertimentifici in cui ognuno ha il diritto di scegliere quello che gli piace e rifiutare quello che non gli piace, senza alcun obbligo di coerenza)

non mi sembrano certo valori "di sinistra".

A me sembrano soprattutto la conseguenza di 25 anni di martellamento consumistico e pubblicitario di stampo berlusconiano, o comunque liberista e commerciale, non certo "di sinistra".

L.

Papik.f ha detto...

Alcune osservazioni di Paniscus possono anche essere vere, ma la cosiddetta LIP non è certo stata ideata e portata avanti dai berlusconiani. I suoi promotori e sostenitori, quelli che promuovono raccolte di firme sui social network, sono quello che resta di Rifondazione, SEL, una parte dei Cobas e degli Unicobas e, ultimamente, della CGIL. Almeno per quanto mi risulta.

Papik.f ha detto...

Dimenticavo una parte (almeno) del M5S