mercoledì 8 aprile 2015

FORUM: PRESEPI, CROCIFISSI, BENEDIZIONI PASQUALI A CONFRONTO CON LA LAICITÀ DELLO STATO

Nei giorni scorsi si sono verificati episodi di tensione tra alcuni parroci che volevano benedire le scuole aula per aula e i dirigenti degli istituti che hanno negato il permesso non ritenendolo opportuno. È successo a Bologna, a Casalguidi nel Pistoiese, a Perignano in provincia di Pisa. Dato che su questi temi si polemizza ciclicamente ormai da molti anni, abbiamo pensato che possa essere utile aprire sul nostro blog una discussione civile e argomentata, prima tra di noi e poi con chi desidera farlo attraverso i commenti. Si raccomanda di non firmarsi “Anonimo”: è sufficiente cliccare sulla scelta Nome/url e firmarsi, anche con uno pseudonimo, nel campo “Nome”. Grazie. 

Valerio Vagnoli
TRADIZIONE SÌ, BENEDIZIONI NO 

Come molti sanno, varie norme di diverso rango, corroborate da alcune sentenze, impongono il crocifisso nelle aule scolastiche. In una delle mie due attuali "presidenze mi fa compagnia una croce in legno, nell’altra, in assenza del crocifisso,  un olio di mia proprietà, opera di un bravo pittore fiorentino del primo '900, che raffigura la crocifissione di Cristo. Ogni tanto mi capita di buttare un'occhiata su questi simboli che hanno fatto  e fanno parte della mia vita, più o meno intensamente a seconda degli stati d'animo, che si alimentano del mio passato e in particolare dei ricordi familiari. Perché nella croce è sintetizzata una cultura che mi appartiene e a cui debbo molte cose, a partire dalla profonda religiosità di mia madre, fatta di tante preghiere, ma anche di tanti aiuti silenziosi e disinteressati ai più  sfortunati di lei, che pure non aveva avuto una vita facile.
L’Educandato in cui sono reggente fa anche parrocchia e per questo vi abita un prete, con cui ho un rapporto di sincera amicizia, fatto anche di sconfinamenti in ambiti religiosi e teologici nei sempre più avari  ritagli di tempo. Nel periodo natalizio, senza che sia lui a invitare a farlo, alcune ragazze, con la collaborazione delle educatrici, abbelliscono un vecchio abete per farlo diventare albero di Natale. Altri costruiscono un essenziale presepe fatto di statuine storiche che da oltre un secolo, mi dicono, fanno parte della tradizione natalizia della nostra scuola. Onestamente non ci trovo niente di male e neanche mi sembra irriguardoso nei confronti di ragazze e ragazzi che provengono da altre culture e che professano anche  religioni diverse da quella cattolica. Sono infatti convinto che  scoprire certi aspetti della nostra cultura religiosa sia anche per loro un arricchimento, soprattutto quando la nostra tradizione religiosa non  è invasiva, imposta o comunque, in un modo o nell'altro, esibita o proposta come rito religioso. Capita anche, purtroppo, che per la morte di qualcuno legato alla scuola sia celebrata nella chiesetta interna alla villa una funzione religiosa. A nessuno tuttavia, a partire da Don Sergio, è mai passato per la mente di farlo in orario scolastico. Credenti e non credenti si ritrovano, in queste occasioni,  a  riflettere sul dolore e sul destino umano e non importa se qualcuno lo fa attraverso canti e  preghiere e altri attraverso un privato raccoglimento interiore. Ciò che tuttavia non potrei mai accettare, e che don Sergio sono certo non si sognerebbe mai di proporre, sarebbe la benedizione delle aule e degli studenti. Benedire le aule di una scuola pubblica non ha più niente a che fare con una tradizione religiosa e culturale, poiché quel gesto prefigura un rito, una simbologia che prepotentemente bagna, cioè segna, persone e luoghi che loro malgrado subiscono attraverso la benedizione una vera e propria funzione sacra, addirittura un surrogato del battesimo. Che dei parroci e dei genitori, come è pur avvenuto in questi giorni, rivendichino il diritto di benedire le scuole pubbliche mi sembra, appunto,  un atto di mera prepotenza, espressione di una volontà  di propaganda religiosa da cui le scuole dovrebbero rimanere immuni. 
Naturalmente gli  organi periferici del ministero sono stati  del tutto assenti di fronte a quanto è accaduto e hanno lasciato soli quei dirigenti scolastici che hanno avuto la dignità e la forza di tutelare la legalità.

Andrea Ragazzini
MA LE TRADIZIONI NON SI IMPONGONO 

Quando si discuteva di abolizione o meno del Concordato la questione era di principio: può lo Stato laico e repubblicano privilegiare da molti punti di vista la religione cattolica e addirittura imporre i suoi simboli negli edifici pubblici? Poi quando sempre più numerosi bambini musulmani hanno cominciato a popolare le scuole italiane e alcuni di loro, pare, si sono presi paura per quel tale inchiodato sulla croce, spingendo i loro genitori a reclamarne la rimozione, la questione si è spostata insensibilmente sul piano della difesa delle radici o della tradizione, secondo me creando, volutamente o meno, non poca confusione. Le tradizioni infatti, dagli illuministi in poi, non si impongono, o non si dovrebbero imporre, per legge, salvo ad esempio negli stati islamici dove cristiani ed ebrei hanno ben altro di che spaventarsi che un simbolo appeso alla parete.
Personalmente sono d'accordo che la tradizione del presepe non sia da ritenere un pericolo per la laicità della scuola pubblica, a patto che non ci sia un contorno di catechesi e preghierine, ma che sia presentato in modo diciamo così oggettivo, come il ricordo di un fatto ancora importante per molti cittadini italiani e che ha avuto un certo peso nella storia del mondo. Quanto all'albero di Natale, si tratta di una tradizione che non ha le sue radici nel Cristianesimo. D'accordissimo anche sul no alle benedizioni e sul fatto che si tratta di un'esplicita pratica religiosa che coinvolge volenti o nolenti tutti gli alunni e dunque è certamente non rispettosa dei diversi orientamenti delle famiglie.A me pare innegabile però che per chi  professa un'altra religione o non è credente anche il Crocifisso imposto per legge sulle  pareti di un'aula può con la sua forza simbolica risultare profondamente invasivo di una sfera, quella delle convinzioni personali, che la Costituzione esplicitamente tutela (Art.3), quali che esse siano. 

Giorgio Ragazzini
LA QUESTIONE MALPOSTA DEL CROCIFISSO DI STATO 

La questione del crocifisso-sì-o-no sembrerebbe molto semplice da risolvere. Lo Stato deve essere neutrale rispetto alle ideologie e alle religioni. Questa condizione si definisce come “laicità dello Stato” e costituisce una garanzia sia della sua indipendenza rispetto alle Chiese, sia della loro libertà e di quella dei singoli cittadini, compresi i numerosi non credenti. 
Ovviamente neutrale non è la stessa cosa di neutro: lo Stato ha anzi una sua carta di identità ideale e organizzativa, che è la Costituzione. Per il resto, ogni cittadino deve potersi sentire al cento per cento a casa propria quando entra in un tribunale, in un ospedale, in una scuola.
In teoria dovrebbe essere superfluo sottolineare che togliere il crocifisso dai luoghi pubblici non ha nulla a che fare con l’enorme importanza storico-culturale del cristianesimo. Eppure è proprio lo scivolamento su questo terreno improprio da quello delle questioni di principio a caratterizzare le prese di posizione di chi difende i crocifissi in nome della tradizione, a cominciare dalla citatissima Natalia Ginsburg, in questi giorni rievocata con vivo apprezzamento dal governatore Enrico Rossi. In poche parole, togliere il crocifisso da scuole e tribunali equivarrebbe a rinnegare o svilire la nostra storia e le sue radici cristiane.
La tesi ha del paradossale. Viviamo in una terra in cui sono state costruite decine di migliaia di chiese e di conventi. La gran parte del nostro immenso patrimonio artistico è di soggetto religioso. Nonostante la secolarizzazione, le leggi, i costumi, i modi di pensare sono profondamente intrisi di valori cristiani. La maggior parte degli italiani si dichiara ancora credente, si sposa in chiesa, battezza i figli, gli fa fare cresima e comunione. La storia, la filosofia, la letteratura che studiamo a scuola non sono in buona parte neppure pensabili senza la presenza della Chiesa, dei movimenti religiosi e della fede cristiana diffusa ovunque. Per di più abbiamo in casa il papa, ai cui discorsi e viaggi i mezzi di comunicazione danno quotidianamente o quasi il massimo rilievo. E con tutto questo temiamo che la continuità del nostro patrimonio culturale dipenda dalla presenza del crocifisso sui muri dei locali pubblici? Suvvia. 

Sergio Casprini
IL PASSO CHE  LA CHIESA NON HA ANCORA FATTO 

A Firenze il 20 settembre ogni anno le associazioni ed i partiti di ispirazione laica e radicale si ritrovano a commemorare in Piazza dell’Unità la Breccia di Porta Pia, con discorsi e la deposizione di una corona d’alloro sul basamento dell’obelisco eretto in memoria delle battaglie risorgimentali per l’Indipendenza e l’Unità dell’Italia.
E ogni volta risuonano accenti anticlericali come se fossimo ancora ai tempi del sillabo e di Pio IX, quando da tempo la Chiesa di Roma ufficialmente riconosce i principi  democratici e repubblicani dello Stato Italiano e della sua Carta Costituzionale, senza alcun rimpianto per il passato potere temporale. D’altronde lo stesso Stato repubblicano, recependo in Costituzione i patti Lateranensi, al di là del giudizio storico e politico che se ne può dare, ha voluto riconoscere i valore e le radici del cristianesimo prima e del cattolicesimo poi come fattori costitutivi della storia del nostro Paese. Quindi sarebbe auspicabile che le prossime celebrazioni del 20 settembre vedessero assieme laici e cattolici in una condivisione della memoria storica che ha visto la nascita della nazione italiana.
Se dunque appare decisamente anacronistico insistere oggi su polemiche di sapore ottocentesco, non si può però non essere preoccupati per la presenza ancora pervasiva della Chiesa cattolica nella società civile, come se per essa la distinzione tra sfera religiosa e profana valesse solo nell’ambito politico e non nella dimensione sociale, investita anch’essa ormai da molto tempo dai processi di secolarizzazione.
In questo senso, la discussione e le polemiche sulla presenza dei crocifissi nelle scuole italiane e sulle benedizioni pasquali nelle aule scolastiche non sono in questo caso una riedizione delle battaglie massoniche e laiciste di due secoli fa, sono invece la riaffermazione di principi di libertà e di tolleranza per tutti, credenti o no, e pertanto il programma cavouriano Libera Chiesa in Libero Stato mantiene intatta ancora oggi la sua validità.

27 commenti:

paniscus ha detto...

Io chiederei, senza nessuna polemica, come sia possibile che persone che dichiarano di riconoscersi in una visione laica...

...continuino ad essere tanto blande e tanto "tolleranti" sull'esposizione (in aule istituzionali pubbliche, dove si svolge un servizio pubblico di primaria importanza per tutti) di un oggetto che non è affatto un generico simbolo di "tradizione storica in cui possiamo riconoscerci tutti", ma che è il simbolo di una ben precisa istituzione religiosa organizzata, alla quale NON TUTTI appartengono, e in cui NON TUTTI si riconoscono.

Per me il crocifisso "istituzionale" appeso nelle aule e negli uffici pubblici non ha nulla di genericamente tradizionale, ma è solo e semplicemente uno dei simboli ufficiali della chiesa cattolica apostolica romana e della sua storica invasività nell'ambito delle leggi civili e della vita sociale italiana.

Pensare che chiunque, per il solo fatto di essere italiano, debba automaticamente riconoscersi in quel "richiamo" (o comunque NON POTER essere contrario, ma al massimo provare una benevola indifferenza), lo trovo francamente offensivo.

E allo stesso modo, trovo disonesta e fuorviante l'abitudine diffusa di associare questa discussione a quella (completamente diversa) sull'immigrazione, sulla multiculturalità e con il rapporto con altre religioni venute da lontano.

Quando sento argomentare che "oggi si tolgono i crocifissi per accontentare gli immigrati musulmani", oppure che "il crocifisso fa parte della tradizione dell'Italia e chi non è d'accordo deve tornarsene al paese suo" mi parte la brocca.

Ma nessuno si ricorda più delle battaglie laiche per far togliere i crocifissi, risalenti a 40 o 50 anni fa, esclusivamente da parte di cittadini italianissimi, quando di musulmano in Italia non se n'era mai visto nemmeno uno?

Io vengo (almeno da parte dei nonni paterni) da una famiglia laica da parecchie generazioni, che tuttavia era assolutamente italiana, e che anzi non si era mai mossa da un singolo paesino dell'appennino toscoemiliano da almeno 250 anni.

Il mio bisnonno, nato intorno al 1880 e morto negli anni 50 del novecento, e semplice contadino con la seconda o terza elementare, aveva chiaramente lasciato scritto, 70 anni fa, di non volere il funerale in chiesa e di non volere simboli religiosi associati alla sua memoria.

Bene, io la penso come lui (pur non avendolo mai conosciuto di persona), per un istinto assolutamente naturale e senza nessun intento estremista o provocatorio.

In che modo dovrei "tornamene al paese mio" perché "gli italiani si riconoscono nel crocifisso"? Io sono italiana, e anche il mio bisnonno lo era.

Nello specifico, non ho niente contro il crocifisso in sé, ma contro la sua forzata "istituzionalizzazione".

Penso che i simboli religiosi stiano benissimo esposti nei luoghi consoni, ossia nei luoghi di culto, nei monumenti o opere d'arte a sfondo sacro, nelle case private dei credenti, o nelle sale pubbliche appartenenti ad associazioni di ispirazione religiosa... ma NON nelle aule istituzionali dello stato.

Chi vuole contemplare il crocifisso ANCHE in uno spazio pubblico dello stato, è liberissimo di procurarsene uno personale e di portarselo da casa, appendendolo a una catenina al collo o tenendolo in borsa...

... ma non vedo perché debba pretendere che ci pensi lo stato stesso a fornirglielo in automatico, ostentandolo in faccia anche a chi non lo condivide.

scusate se è troppo lungo

Lisa

mario ha detto...

Con L'Isis alle porte mi sembra piuttosto fuori luogo farsi tanti problemi per l'acqua benedetta.

paniscus ha detto...

per mario: se TU ritieni che non sia importante farsi i problemi per l'acqua benedetta, nessuno ti obbliga a fartene, e sei liberissimo di dedicare le tue energie ad altro. Ma non vedo perchè tu debba denigrare e sminuire gli altri, se invece, di quell'argomento, a loro qualcosa importa.

L.

V.P. ha detto...

Condivido la posizione di Paniscus/Lisa dell'8 aprile 2015 21:56

V.P. ha detto...

Curiosissimo di sapere se e cosa propone Mario riguardo all'Isis alle porte e cosa sta facendo lui.

V.P. ha detto...

DUE DOMANDE

Leggiamo che “L’Ufficio Scolastico regionale per l’Umbria ha sospeso per un mese dall’insegnamento e dallo stipendio il prof. Franco Coppoli, colpevole di aver rimosso i crocefissi dalle aule dell’Istituto "Allievi - San Gallo" di Terni,”

1ª DOMANDA: la sospensione per un altro mese vi sembra congrua, mite o eccessiva?

2ª DOMANDA: ha senso che anche gli alunni del prof sospeso vengano puniti e danneggiati didatticamente?

Crocefisso e integralismo: docente sospeso dall'insegnamento

Un altro mese di sospensione al prof che toglie i crocefissi

Il Crocifisso nella scuola, simbolo educativo universale

Giorgio Ragazzini ha detto...

Sarebbe interessante sapere quali altri provvedimenti disciplinari di quell'entità aveva preso in passato l'USR umbro e per quali motivi. Ho presente il caso di un docente che in Toscana fu sospeso per una settimana, avendo coartato la volontà di alcuni suoi allievi perché firmassero per la lista elettorale di cui faceva parte e addirittura avendo falsificato la firma di un altro studente che si ritrovò candidato a sua insaputa. Almeno il collega ha agito "per nobili motivi", cioè per un principio ideale, senza quindi danneggiare nessuno.

Papik.f ha detto...
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
Papik.f ha detto...

Avrei una quantità di cose da dire in proposito, dal mio punto di vista di cattolico, ma ci sto riflettendo perché la materia è complessa e purtroppo, come osserva Sergio Casprini, risveglia antichi risentimenti che dovrebbero ormai essere superati.
Una cosa però posso dirla: in quasi trent'anni, se la memoria non mi tradisce, ho avuto almeno otto sedi di servizio diverse (tutte in provincia di Roma) e mai una volta mi è capitato di fare lezione in un'aula con il Crocifisso, o forse in un solo caso, però in un istituto la cui sede era un ex convento di suore.
Non mi sembra quindi che questo obbligo di legge sia particolarmente rispettato (come, del resto, numerosi altri concernenti gli arredi fissi e mobili delle nostre scuole e, purtroppo, spesso anche la sicurezza).
In ogni caso, in linea di principio non ho nulla da obiettare a chi sostiene che la scuola statale è di tutti i cittadini, dei non cattolici come dei cattolici.
Se si vuole modificare la legge e si ha la maggioranza per farlo la si modifichi, non mi sembra però che quella del Crocifisso possa essere una presenza offensiva per chicchessia e tale da giustificare iniziative di disobbedienza dimostrativa.
Come pure eccessivamente dimostrativo mi sembra il provvedimento dell'USR, sono d'accordo con Giorgio Ragazzini a proposito della sproporzione tra i due provvedimenti cui fa riferimento, pur trattandosi di USR diversi.
Forse il docente della Toscana andava radiato, anzi senza forse, perché falsificare la firma di un alunno mi sembra davvero oltre ogni immaginazione. Ma questo, ovviamente, è un altro discorso.

Sergio ha detto...

Il partito del docente, i verdi, non a caso scomparsi, attaccarono il dirigente "persecutore" e ne chiesero la testa nelle sedi politico-amministrative. Né da quello che mi risulta ( politici, stampa, provveditorato, sindacati etc etc) pensarono bene di prendere posizione a favore degli sfortunati studenti del "docente". Di questo ne potrebbe parlare il dirigente stesso che mi sembra assai vicino al vostro Gruppo.

V.P. ha detto...

Papik.f: "non mi sembra però che quella del Crocifisso possa essere una presenza offensiva per chicchessia e tale da giustificare iniziative di disobbedienza dimostrativa."

eppure è successo! quindi il "chicchessia" specifico è stato mal interpretato.

capita - spesso o a volte - di valutare i comportamenti altrui secondo i propri criteri e così condannarli.

"Forse il docente della Toscana andava radiato" addirittura !!

paniscus ha detto...

Ma ci risiamo di nuovo con la pretesa di giudicare unilateralmente che cos'è che può o non può dare fastidio agli altri?

Scusate, ma a me questa storia del "siccome una certa cosa a me piace e va bene, allora do per scontato che non possa esistere nessun altro che la trova offensiva o inopportuna"...

...sembra proprio una manifestazione di arroganza e prepotenza inquietante, eh.

L.

Papik.f ha detto...
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
Papik.f ha detto...
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
Papik.f ha detto...

Chiedo scusa, ma proprio non ci arrivo. In che modo la presenza del Crocifisso può essere offensiva? Se uno vuole credere, crede, altrimenti, si tratta della raffigurazione di una vittima della crudeltà e dell'ingiustizia umane. A chi può nuocere e come può farlo?
A meno che non ci si voglia porre sul piano di chi afferma che Gesù storicamente non sia mai esistito, ma allora non vale veramente la pena di discutere.
Comunque, chi la ritene offensiva, ha una strada, che è l'unica lecita e possibile: fare approvare una legge che non la preveda più. O le leggi vanno rispettate solo quando piacciono?
Quanto all'arroganza e alla prepotenza, mi sembra siano presenti anche nel comportamento di chi sintetizza e interpreta a proprio modo le affermazioni fatte dagli altri.
Per VP: come addirittura? uno ha affidata la responsabilità di un giovane e ne falsifica la firma a proprio vantaggio, mi sembra un comportamento moralmente spregevole e anche penalmente rilevante (non so se ci siano state conseguenze di questo tipo).

Giorgio Ragazzini ha detto...

Il docente in questione dovrebbe essere attualmente sotto processo, a meno che non io abbia "bucato" la sentenza. Secondo ogni possibile deontologia che sia tale e non una formalità, dovrebbe essere allontanato dalla scuola, anche perché - e questo VP non poteva saperlo - si è reso ripetutamente responsabile di comportamenti non meno gravi.
Tornando al crocifisso, non si tratta in realtà di una questione tra il simbolo e un privato cittadino (che può essere o meno offeso, disturbato o irritato, eccetera), ma del rapporto tra lo Stato e la Chiesa cattolica in quanto istituzione. Dopo il nuovo concordato dell'84, che ha messo fine definitivamente al ruolo di "religione di Stato" che i patti lateranensi assegnavano a quella cattolica, non sussiste più la benché minima ragione per cui debbano rimanere in vigore le varie norme, alcune di rango minore, che sono all'origine della presenza di questo simbolo negli edifici pubblici. Soggettivamente, quindi, quello che può "dare noia" e "offendere" non è il crocifisso in sé, ma la violazione da parte dello Stato di un suo principio fondante, teso a garantire pari dignità ai cittadini. Peraltro, quella Chiesa che a distanza di tempo ha riconosciuto come benefica la fine del potere temporale farebbe meglio a non abbarbicarsi a un privilegio, dando così l'impressione - come sempre in questi casi - di scarsissima fiducia nella forza del suo messaggio.

paniscus ha detto...

A parte che Giorgio ha già risposto in parte anche per quello che avrei voluto dire io, ma approfitto per sottolineare che l'argomentazione (da parte dei sostenitori del crocifisso) del "ma non riesco a capire che fastidio possa darti un simbolo così buono, così etico e così innocente", comincio a non sopportarla più.

Perché prima mi sembrava SOLO sentimentale e illogica, ma adesso comincio a pensare che sia usata consapevolmente per distorcere la discussione in mala fede.

Per l'ennesima volta, rispiego: a me, e a chi la pensa come me, NON E' IL SIMBOLO DEL CROCIFISSO IN SE' a dare fastidio.

Interpretare la nostra opposizione come una inspiegabile e bizzarra avversione personale, significa MISTIFICARE ciò che abbiamo detto, ridetto, stradetto, e argomentato in tutte le salse.

Personalmente, se me lo trovo davanti in un contesto diverso, (cioè in un una chiesa, o in un'opera d'arte sacra, o appeso alla parete della casa privata di una famiglia credente), non mi dà fastidio per nulla. Anzi, ritengo che sia giustissimo che ci stia, e lo difenderei se qualcuno lo contestasse.

Esattamente come il simbolo della falce e martello non mi dà nessun fastidio se me lo trovo davanti sulle bandiere di un corteo di sinistra, ma mi darebbe MOLTO fastidio se fosse esposto nelle aule scolastiche, e per di più denigrando e ridicolizzando le motivazioni di chi è contrario.

Oppure, come il logo dell'Expo non mi dà nessun fastidio se esposto in un negozio che aderisce alla manifestazione, ma me ne darebbe molto se venisse esposto in massa nelle aule stesse o negli uffici pubblici.

A dare fastidio (che anzi, non è affatto un fastidio personale emotivo, ma è proprio una considerazione razionale sui principi di laicità dello stato) è solo il suo indebito uso AUTORITARIO da parte di istituzioni dello stato stesso, nonostante questo sia in palese violazione di principi che tale stato sostiene.

A me il crocifisso in aula dà fastidio NON perché "a me personalmente non piace il crocifisso", ma perché penso sinceramente che violi il principio di laicità della scuola pubblica, tutto lì.

Constatare che questa mia riflessione, argomentata e razionale, debba essere sempre ridotta a una bizzarra e inspiegabile "allergia" personale contro un simbolo in sé, comincia a farmi veramente saltare i nervi.

Mi piacerebbe che i difensori a oltranza del crocifisso imparassero, quanto meno, a rispettare e a prendere sul serio l'intelligenza e le motivazioni razionali dei loro interlocutori... invece di liquidarle con la convinzione che la loro sia solo una questione di gusti estetici o di capriccio personale.

L.

V.P. ha detto...

x Paniscus/Lisa

condivido!

FR ha detto...

Per quanto riguarda il crocifisso, sono d'accordo con i commenti di paniscus e degli altri laici.

Il Crocifisso esprime un'appartenenza e un'adesione a certi valori e non altri. E' un simbolo identitario che raggruppa e identifica alcuni, non tutti.
Metterlo in un classe, anzi, imporne l'obbligatorietà, significa che chi sta in quella classe si identifica nei valori che esso rappresenta. Non è giusto.
Il Crocifisso non è offensivo. E' offensivo chiedermi di legarlo alla mia persona.
A nessuno verrebbe mai in mente di dire ad una persona: "Devi metterti il crocifisso al collo, o un rosario al polso, tanto non sono offensivi!". Tutti quanti lo troveremmo assurdo, ma nessuno incolperebbe il crocifisso, bensì chi lo impone.
Anche se in maniera molto meno violenta, chiedere ad alunni e professori di fare obbligatoriamente lezione alla presenza di un crocifisso è la stessa cosa: un'imposizione.
Non dovrei neanche motivare la ragione del perché non lo voglio in classe: se non mi ci ritrovo, se non mi piace, se per la più irrazionale delle ragioni mi mette a disagio, per quale ragione devo superare il mio disagio e accettarlo? In nome di cosa?
Se avessi fastidio a fare lezione sotto la foto del Presidente, mi si potrebbe dire che in quanto docente pubblico incarno lo Stato, di cui il Presidente è il massimo rappresentante.
Se non voglio il crocifisso in classe cosa rinnego? Rinnego una religione. Ma la scuola statale non ha una religione.
E anche il religioso che ne imponesse la presenza, cosa penserebbe di aver ottenuto? Devo immaginarlo a pensare qualcosa come: "So che non ce lo vogliono, gliel'ho imposto per legge, li ho messi a disagio. Ma è meglio così, e così il crocifisso ha guadagnato di significato". Davvero vogliamo che vada così? E' così che un religioso vuole vivere un crocifisso?

Si capirà a questo punto cosa penso anche dell'ora di insegnamento di religione nelle nostre scuole. O di funzioni religiose svolte in orario curricolare.

Invece non trovo in alcun modo fastidiosa la visita di un prete che viene a benedire l'aula, o la costruzione di un presepe, o l'allestimento di una menorah in corrispondenza di qualche festa ebraica, o una preghiera buddista o quel che volete.

Questi atti sono doni, sono un pensiero gentile di chi ci viene ad augurare ogni bene. Ovviamente questi auguri vengono espressi coerentemente con i convincimenti di chi li esprime, ma nulla toglie al fatto che di base siano un gesto di affetto.

Se passando per la strada un sacerdote mi dice "Ciao FR, che Dio ti benedica!", lo ringrazio, mica mi offendo.
Idem per questi rituali.

Giorgio Ragazzini ha detto...

Il finale del commento di FR mi ha sconcertato. Non vedo infatti quale differenza ci sia tra l'imposizione del crocifisso e quella della benedizione. Cito da un articolo del Corriere della Sera:
"In provincia di Pisa, a Perignano, la preside ha vietato la benedizione pasquale delle classi. E questa volta, i genitori hanno organizzato un sit-in di protesta, chiamando il parroco respinto ad incontrare lo stesso gli alunni.Protagonista della vicenda, oltre a don Zappolini, la dirigente scolastica, Angela Gadducci, duramente contestata dai genitori che hanno accolto i suoi tentativi di spiegazione con fischi e lo slogan «Vergogna, vergogna». Un po’ di tensione, poi la soluzione della dirigente: genitori e bambini di fede cattolica, riuniti in aula magna, hanno ricevuto la benedizione pasquale da don Armando; gli altri sono rimasti nelle classi" E don Armando ha dichiarato tra l'altro: "Ci sono tradizioni territoriali che non si possono cancellare con un colpo di spugna". Il "Dio ti benedica è un dono", il braccio di ferro per poter benedire la scuola di tutti non lo è.

V.P. ha detto...

UNA GIORNATA NAZIONALE CONTRO IL CROCIFISSO NELLE SCUOLE

di Marco Barone – 15 aprile 2015

Il 30 aprile del 1924 con il Regio decreto n. 965 (pubblicato il 25 giugno), nel fascismo, si introdurrà la prima norma, di rango superiore rispetto ad una semplice circolare, come simbolo del processo di conciliazione con la Chiesa, volta a definire la presenza del crocifisso nelle aule scolastiche per le scuole medie, ora scuole secondarie di primo grado.

Come è noto, ci sono già state diverse iniziative, lotte e battaglie su tale questione, che hanno comportato severi procedimenti disciplinari, sanzionati per aver rimosso un crocifisso da una scuola secondaria di secondo grado, pur non esistendo normativa specifica in materia per il detto ordine di scuole, e per aver rivendicato il giusto incontestabile diritto di operare in un luogo di lavoro privo di simboli religiosi, confessionali o facenti capo ad una presunta civiltà e cultura cristiana, che poi altro non sarebbe che una concezione biblica della vita, dal concetto di creazione, alla redenzione, ai dogmi di Cristo.

Dogmi, concetti e precetti che, oggi, nel terzo millennio, pensando per esempio al caso dell'omotransfobia, vedono nel Papa, il massimo rappresentate della Chiesa, ed il massimo difensore in qualità di rappresentate della religione cattolica, dunque della civiltà e cultura cristiana, affermare continue nefandezze nei confronti di chi è omosessuale, trans, lesbica. Nefandezze che non sto qui a riportare, perché note, ma posso assicurare che tanto male hanno fatto e continuano a fare alla dignità delle persone. Nefandezze che legittimano comportamenti, atti denigratori nei confronti di chi vive legittimamente la propria libera differenza, quella che nuoce alla civiltà presunta, alla cultura, presunta, cristiana.

Quale sarà il prossimo passo? Giurare su dio, per poter lavorare? Ed allora penso che sia il caso di attuare una forte e simbolica, ma importante, giornata di lotta e protesta, e pensavo al 30 aprile, per i motivi come espressi in premessa. Una giornata nazionale per la libera differenza, per la rimozione del crocifisso dalle aule scolastiche, per la difesa della propria dignità, della civiltà laica. Solo se collettiva, condivisa, la lotta sarà efficace e nello stesso tempo se generalizzata e diffusa contestualmente su tutto il territorio nazionale, sarà possibile difendere compiutamente i propri diritti.

Cosa dovrà fare il MIUR sanzionare centinaia di migliaia di docenti, per difendere una scuola assoggetta a simboli religiosi, confessionali e cristiani?

Marco Barone

http://xcolpevolex.blogspot.it/2015/04/una-giornata-nazionale-contro-il.html

Giorgio Ragazzini ha detto...

La proposta di Barone riportata da VP è fondata su una motivazione che non condivido minimamente, quella che il papa attuale starebbe dicendo "continue nefandezze" su omosessualità e dintorni. A parte il fatto che si conferma in questo modo una notevole intolleranza verso chi, in termini civili, non è d'accordo sul matrimonio gay e dintorni, l'ultima cosa da fare è farne una questione di anticlericalismo viscerale. Come ho già detto, si tratta di una fondamentale principio che tocca allo Stato rispettare. Chi sostiene che gli edifici pubblici devono rispecchiare la neutralità ideologica e religiosa dello Stato, non lo fa, o non lo dovrebbe fare, in relazione al giudizio che dà sulla Chiesa, sulla sua dottrina e sulle sue prese di posizione.

paniscus ha detto...

per FR:

nemmeno io mi offendo, ma proprio per nulla, se un prete (o comunque un cattolico praticante convinto), casualmente incontrato per strada, o magari salutandomi cordialmente in un'occasione privata, mi dice qualcosa come "Dio ti benedica".

E non mi offendo nemmeno se lo fa un musulmano, salutando amichevolmente me o i miei figli con l'espressione "mashallah", che vuol dire esattamente la stessa cosa.

Ma appunto, si tratta di rapporti sociali PRIVATI.

NOn vedo che cosa c'entri con l'eventualità che un ministro del culto venga esplicitamente invitato da un dirigente scolastico a organizzare una cerimonia a scuola.

Se il prete, o la suora, o il predicatore, o il catechista volontario della parrocchia, o l'imam o il rabbino ci tengono moltissimo a benedire i ragazzi, e se sanno per certo che una parte dei ragazzi ha sinceramente piacere di farsi benedire...

...non hanno da fare altro che appostarsi fuori di scuola, come una volta facevano i venditori di album di figurine, e svolgere il loro ministero fuori, dove chi è d'accordo si aggregherebbe al gruppo, e chi non è d'accordo se ne va a casa normalmente.

Dove starebbe il problema?

L.

V.P. ha detto...

poi credo ci sia anche un problema di sicurezza. se il rappresentante della religione X si dovesse fare male a scuola - per colpa della stessa scuola - chi pagherebbe i danni?

V.P. ha detto...

pare che ci abbia già pensato mario monti .....

http://it.blastingnews.com/lavoro/2015/04/crollo-scuola-ostuni-docente-ferita-nessun-indennizzo-o-pensione-e-rischio-licenziamento-00348647.html

FR ha detto...

Pensavo di aver risposto, ma il mio commento deve essersi andato perso.

Un sacerdote che imponga la propria benedizione, come quello citato nei commenti che si richiama alla tradizione territoriale o ad altre fesserie per imporre la propria prese, è un personaggio sinistro.
Così come sarebbe ingiusto sacrificare ore curriculari per dare questo spazio.
Ma se all'interno di un'assemblea di istituto (che viene comunque chiesta), se alla fine delle lezioni o dieci minuti prima delle lezioni, nell'androne, un religioso, chiamato o autorizzato liberamente dalla scuola, viene a porgere il suo saluto, io non mi oppongo. Così come non mi opporrei se venisse un rappresentate della Camera di Commercio, uno dell'ANPI, o un inviato degli Amici dell'Archeologia.
Tutto lì.

alessio ha detto...

giusto. Anch'io non ci trovo nulla di male e trovo ugualmente sinistro un prete che vuole a tutti i costi imporre la benedizione ad una scuola in orario scolastico.