martedì 22 novembre 2016

LA VALUTAZIONE DEI PRESIDI FARÀ AUMENTARE I PROMOSSI. MA NON PER MERITO

Da quest'anno i dirigenti delle scuole saranno sottoposti a una verifica annuale del loro operato. Ognuno di loro ha già presentato agli uffici scolastici provinciali un documento di autovalutazione in cui si elencano le iniziative destinate a migliorare la qualità dell'offerta formativa e di conseguenza l’aumento dei “successi scolastici”. In  base a questo, a ciascun dirigente è stato consegnato un piano, elaborato da una Commissione di ispettori e di docenti distaccati presso gli uffici periferici del Ministero, in cui si indicano quali aspetti debbano essere migliorati all'interno di ciascun Istituto. Un traguardo comune a tutte le scuole è proprio quello di ottenere una consistente  diminuzione del numero dei bocciati. Qualora ciò non avvenga, lo stipendio dei dirigenti verrà decurtato. Uno stipendio, com’è noto, già scandalosamente basso rispetto a responsabilità e  carichi di lavoro sconosciuti a tutti gli altri dirigenti statali, che tuttavia hanno stipendi assai più generosi. C'è quindi da aspettarsi  senz’altro un vistoso aumento dei promossi, che  probabilmente avverrà, visti gli interessi in gioco, indipendentemente dalle strategie messe in atto per raggiungerlo e da un effettivo progresso negli apprendimenti. Che la scuola italiana sia nel complesso propensa a una seria valutazione del merito pochi lo credono; e le bocciature, dalle percentuali effettivamente drammatiche soprattutto nelle scuole professionali, sono in gran parte dovute, piuttosto che a un’eccessiva severità dei docenti, a un sistema scolastico che da decenni non risponde alle reali esigenze formative degli studenti. Valga quale esempio il numero esagerato, e privo di qualsiasi logica pedagogica, delle materie nei tecnici e nei professionali. Entrambi questi indirizzi risultano infatti, da decenni, del tutto snaturati rispetto alle loro finalità e alle reali vocazioni di chi li sceglie.
Ma tornando al raggiungimento degli obiettivi che il ministero propone, vale la pena di ricordare come i successi o gli insuccessi scolastici siano innanzitutto determinati dalla qualità dei docenti e in primo luogo, ovviamente,  dalla loro presenza o meno a scuola. Invece, a oltre due mesi dall'inizio dell'anno scolastico, intere classi non hanno ancora conosciuto molti dei loro insegnanti (quelli che ora piano piano stanno arrivando perché finalmente chiamati direttamente dalle scuole, sono  peraltro precari e forse ancora destinati a essere rimossi); e di tutto ciò non sappiamo affatto di chi sia la responsabilità. Gli addetti ai lavori sanno quanto sia determinante, ai fini dei risultati finali degli allievi, improntare fin dai primi di giorni il lavoro scolastico alla serietà e alla buona organizzazione. Per i ragazzi, infatti,  gli insegnanti sono dei punti di riferimento fondamentali sia sul piano dei contenuti e della metodologia che su quello comportamentale. Ma molti professori, come abbiamo visto, ancora mancano. Ben venga la valutazione dei dirigenti, ma sarà possibile valutare e  magari anche conoscere i nomi di  coloro che hanno la responsabilità di questo disastroso inizio di anno scolastico? Un disastro che a memoria del sottoscritto non ha assolutamente dei precedenti. Di fronte a questa situazione molti ragazzi, soprattutto delle prime classi, si stanno già "perdendo" e alla fine  c'è da aspettarsi che solo la falsificazione della realtà consentirà di aumentare le promozioni e di non tagliare i già bassi stipendi dei presidi. 
Valerio Vagnoli 
("Corriere Fiorentino")

19 commenti:

"Il diabolico VP" ha detto...

" .... magari anche conoscere i nomi di coloro che hanno la responsabilità di questo disastroso inizio di anno scolastico? Un disastro che a memoria del sottoscritto non ha assolutamente dei precedenti. "

chissà, forse i responsabili del disatro plurimo e riconosciuto anche da Renzi (v. ciambelle senza buco, 3 mld e sono tutti arrabiati) vanno ricercati negli ideatori, realizzatori, attuatori della buona scuola a cominciare dallo stesso Renzi ....

e magari qualche responsabilità ce l'hanno anche quei presidi/DS che si sono illusi dei promessi maggiori poteri .... prodomi di retribuzioni più adeguate ....

e poi anche i sindacatoni ....

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Il rimpianto di Renzi sulla scuola
«3 miliardi ma sono tutti arrabbiati»


Il bilancio amaro del premier sui primi 1000 giorni: «Ho tanti rimpianti, uno è la scuola. Abbiamo messo 3 miliardi ma siamo riusciti a fare arrabbiare tutti. Bisogna essere bravi per riuscirci. Evidentemente qualcosa non ha funzionato»

"Il diabolico VP" ha detto...

per il resto d'accordo con le considerazini di Valerio Vagnoli.

Busiride ha detto...

In linea generale l'articolo è condivisibile, tuttavia non posso non dissentire su un punto. Là dove l'autore afferma che "i successi o gli insuccessi scolastici siano innanzitutto determinati dalla qualità dei docenti", io toglierei "innanzitutto" e aggiungerei "e, in misura ancor maggiore, dalle capacità e soprattutto dall'impegno degli alunni". Un insegnante può essere preparatissimo e bravissimo nel trasmettere i contenuti della sua materia, ma se ha di fronte alunni svogliati e disinteressati, o alunni che hanno ormai capito l'arcanum imperii, cioè che si è promossi anche senza impegnarsi, avrà sempre risultati non alla sua altezza.

Certo è che, se dovesse imporsi questa tendenza al non bocciare più nessuno, per coerenza bisognerebbe cambiare tutte le intitolazioni degli istituti scolastici e sostituirle con un'unica intitolazione per tutte: "Scuola statale 'Jacopo Passavanti'".

GR ha detto...

Molto spiritoso il calembour di Busiride. L'affermazione di Vagnoli sul ruolo decisivo dei docenti si riferiva a quello che può fare lo Stato. Ovviamente sulle responsabilità che incombono ai ragazzi siamo d'accordissimo; e ci abbiamo insistito a ogni piè sospinto.

Papik.f ha detto...

Quella esposta da V.P. (ciambella riuscita senza buco) è una delle possibili ipotesi. L'altra, che forse qualcuno potrebbe pensare di avanzare, è che la ciambella sia riuscita perfettamente, proprio con il buco che si voleva, e che tutto questo affannarsi a imporre, senza accettare discussioni, innovazioni sgradite a tutti (dirigenti, docenti, nonché larga maggioranza degli alunni e delle loro famiglie) sia finalizzato consapevolmente alla distruzione di quanto resta della Scuola pubblica. E che Renzi abbia soltanto cercato di buttarla in caciara, come si dice qui a Roma.
Naturalmente non sarò io a commettere il peccato di pensare così male (con quanto segue del celebre aforisma).
Per quanto riguarda la promozione obbligata da ora in vigore, ripenso alla prima dello scorso anno, comprendente sette alunni iscrittisi solo al fine di farsi i loro comodi (comprendenti il probabile spaccio di sostanze che il radioso sol dell'avvenire presto trasformerà in legali), e a quanto sarebbero stati danneggiati i loro compagni - le cui famiglie suppongo paghino le tasse come tutti i cittadini, e che quest'anno formano una splendida seconda - se fosse stato già in vigore il principio illustrato dal preside Vagnoli.
Ma tant'è: evidentemente chi impone certe impostazioni non si rende conto di cose tanto ovvie. Oppure se ne rende conto perfettamente. Non so, in realtà, tra i due pensar male quale sia il pensar peggio.

Giorgio Ragazzini ha detto...

Ho sempre ritenuto che a pensar male nel senso ipotizzato da Papik si faccia malissimo e non ci si indovini affatto. L'ho letta e sentita decine di volte l'accusa di voler distruggere la scuola pubblica, naturalmente senz'altra prova che non sia quella dei risultati in tal senso, purtroppo evidenti. Somiglia molto a tutte le tesi complottistiche, sempre basate su una fortissima volontà di credere quello che ci piace credere. La tesi si basa su un presupposto sbagliato, che cioè chi agisce male lo faccia in mala fede. Ma raramente è così, come dimostra prima di tutto la storia, costellata di spaventose tragedie provocate da fanatici convinti di creare l'uomo nuovo a costo di rompere infinite uova per fare la frittata della futura umanità. No, questi sono davvero convinti di fare il bene della scuola.
Pensare la faccenda in un modo o in un altro ha delle conseguenze non da poco: un'opposizione fondata sull'odio per il dèmone porta ad allontanarsi dal terreno del merito delle questioni e a basare il conflitto solo su denigrazione, insulti, caricature, insinuazioni invece che su controproposte e dialogo anche duro. Così in troppi casi gli insegnanti hanno dato l'impressione di non voler cambiare nulla. Di più: su temi come quelli che noi da anni facciamo oggetto delle nostre iniziative, che possiamo per intenderci racchiudere nell'idea di "scuola seria" (centralità dell'educazione alla realtà, valore della disciplina, demerito dei docenti, occupazioni, plagio negli esami, eccetera) molti docenti e dirigenti sembrano condividere proprio i concetti ispiratori che sono alla base delle politiche governative. Sono diffusissimi il buonismo, la mancanza di fermezza educativa, una malintesa "comprensione" verso i ragazzi che sbagliano, il fare le cose "all'italiana" negli esami e negli scrutini (ed è per questo che avrà probabilmente vita facile il criterio delle promozioni nella valutazione dei docenti). Del resto, come mai la nostra richiesta di dimissioni del sottosegretario Faraone quando elogiò le occupazioni raccolse solo 1200 firme e rimase isolata?

Busiride ha detto...

Pure io sono sempre rimasto molto scettico di fronte ad affermazioni quali "vogliono scientemente distruggere la scuola pubblica", magari con l'immancabile aggiunta "per favorire quella privata" (che ciò sia palesemente falso è evidente dall'enorme numero di scuole non statali che hanno chiuso nell'ultimo ventennio, soprattutto a fronte delle oltre 100.000 assunzioni nella scuola statale effettuate da questo governo). Tuttavia resto tiepido anche di fronte all'analisi fatta da Giorgio Ragazzini. A mio giudizio chi attualmente gestisce il potere non è "davvero convinto di fare il bene della scuola", o magari anche lo è, ma non è questa la molla principale del suo agire. L'imperativo che guida queste persone è: "non vogliamo problemi, non vogliamo grane". La bocciatura o la rimandatura di un alunno sono "un problema" sotto più aspetti: creano disagio personale, disagio economico per famiglie e stato (lezioni in nero e maggior permanenza dell'alunno a scuola quindi a carico dello stato), disagio amministrativo (rideterminazione degli organici, ricorsi al TAR ecc.). Quindi meglio semplificare. E' da oltre cinquant'anni che non si fa altro che semplificare: scuola media unica senza esame d'ammissione, soppressione dell'esame dopo la II elementare e dopo la V ginnasio, maturità ridotta a due o tre prove, accesso libero all'università, via il latino dalla scuola media, via gli esami di riparazione, via l'esame di V elementare... E lo stesso per i concorsi abilitanti: via la composizione latina, via la traduzione dal greco in latino, via le 10 opere latine e 10 opere greche...
Così abbiamo evitato tutti i "problemi" sopra ricordati, però la controparte è che abbiamo un sistema scolastico costosissimo ma scarsamente efficace.

Papik.f ha detto...

Nessuna intenzione da parte mia di aderire a tesi complottiste. E' solo che quando le azioni nocive si reiterano senza alcuna resipiscenza né alcuna disponibilità alla modifica, l'idea che possa avere ragione chi sostiene che dietro tali azioni nocive c'è una volontà di nuocere comincia pian piano a sembrare meno inverosimile.
Anche perché, se mi è lecito dirlo, la prospettiva di trovarsi fino a sessantasette anni ad affrontare quotidianamente bande di potenziali teppisti che non avranno più nulla da temere, essendo certi della promozione comunque, e di doversi assumere le responsabilità penali e civili delle azioni che costoro potranno eventualmente compiere a danno dei loro compagni, con una retribuzione in crollo verticale da decenni, non è di quelle che consentono di considerare le cose con distacco e serenità.
Tuttavia sono d'accordo con Busiride sulla mancanza di una risposta al "cui prodest?". Meno sul fato che il movente principale sia quello di evitare grane. Potrà esserlo per alcuni dirigenti e insegnanti, ma non per funzionari ed esperti che in una scuola non ci hanno mai messo piede e sono ben felici di non doverlo mai fare.
In definitiva, almeno per ora, continua a sembrarmi come la più probabile l'ipotesi di GR, cioè che alla radice ci sia un'obnubilazione di natura ideologica. A momenti sembra che tutto sia indirizzato all'unico fine di definire una realtà virtuale da valutare, rispetto alla quale ciò che realmente accade nelle aule (nei laboratori, in palestra, nei corridoi, nei bagni, nel cortile e così via) non ha alcuna importanza e non interessa nessuno.
Si potrebbe pensare ad esempio che, se ci sono Istituti che secondo i criteri ufficiali di valutazione sono nella piena eccellenza, e poi quegli stessi Istituti, nelle classifiche delle migliori scuole per città uscite recentemente su vari giornali, non è che sono piazzati male, non sono proprio piazzati; si potrebbe pensare, dunque, anche senza prendere queste classifiche giornalistiche per oro colato, che qualcuno potrebbe, quanto meno, provare a vedere se c'è qualcosa di vero, interrogandosi anche sulla validità di tali criteri di valutazione. Macché. Se la realtà dovesse contrastare con l'ideologia, tanto peggio per la realtà.

VV ha detto...

Innanzitutto faccio ammenda rispetto a quanto stigmatizza Busiride. Anch'io rileggendo quanto avevo scritto ho immediatamente pensato che avrei dovuto non tralasciare di mettere in risalto il fatto che una buona scuola la fanno soprattutto i ragazzi. Senza le loro motivazioni ( e quelle delle loro famiglie ) e senza il loro impegno, non c'è insegnante che possa sostituirsi loro e fare pertanto miracoli ai quali peraltro non credo. Credo invece che ci sia del vero in quello che sostiene Papik: la classe dirigente è poco preoccupata dalla fine della scuola pubblica ( ci stiamo progressivamente scivolando)perché è consapevole delle alternative che potrà trovare per i suoi figlioli. Innanzitutto si preoccupa di accontentare "il popolo" che al pari della classe dirigente non vuol conoscere problemi, tantomeno dalla scuola e dai docenti che valgono agli occhi di molti quello che guadagnano; cioè pochissimo. E' vero che molte scuole private stanno chiudendo ma è anche vero che aumentano sempre di più delle "nicchie" peraltro poco pubblicizzate, che sono sempre più riservate alle élites destinate sempre più a rimanere tali. Se nessun politico, ripeto, nessuno, sente la necessità di riportare l'attenzione sullo stato sempre più drammatico della scuola della Repubblica, non è perchè la classe politica è sempre più espressione del "popolo", ma perché ne è distante e poco gli importa che il popolo non aspiri ad altro se non ad essere accontentato nei suoi bisogni oggi primari: tirare a campare come si addice al "popolo" nel senso belliano del termine, naturalmente!

VV ha detto...

Naturalmente per fine della scuola pubblica intendo la perdita totale del suo valore e del suo autentico significato costituzionale. Se si limita ad offrire, come sta oramai diffusamente avvenendo, solo una funzione di parcheggio o al massimo di ammortizzatore sociale, finisce inesorabilmente la speranza che attraverso l'impegno, la competizione e la trasmissione della consapevolezza che i doveri sono almeno paralleli ai diritti, vi possa essere un futuro che possa dare un senso alla vita dei ragazzi. Se togliamo questa speranza e queste attese tra gli obiettivi dei giovani, se li lasciamo lentamente assopire nella certezza che il tempo passa senza lasciare o proporre attese, è finita, e presto finiranno, se non sono già finiti, anche i soldi dei nonni e dei genitori. Allora prepariamoci al peggio, che poi è quello che già c'è e che è ben rappresentato dai talk show televisivi che le tivù ci propinano in continuazione in quanto fedele rappresentazione della nostra vita presente e futura. Rappresentazione che è resa ancor più drammatica dallo sguaiato spettacolo di comici che sono tanto più "bravi" quanto più reali nello scimmiottare i personaggi della realtà.

Papik.f ha detto...

OT solo in parte, ma davvero molto interessante perché è uno studio metodologicamente serio in un campo nel quale abbondano i pareri in stile "signora mia" (compresi probabilmente alcuni dei miei).
Da leggere, comunque, anche per i luoghi comuni smentiti
http://www.roars.it/online/le-scuole-meridionali-i-100-e-lode-li-regalano/

Papik.f ha detto...

Segnalo anche, a conferma da quanto detto da VV nel post delle 21.01, come stiano circolando, su siti web italiani, sia l'idea dello home-schooling, sia quella di scuole private non paritarie, che presentino ogni anno gli studenti agli esami nella scuola pubblica. Entrambe come rimedio a quelli che sono percepiti come guasti crescenti di quest'ultima. Percezione che, probabilmente, in alcuni casi è legata a concezioni religiose intransigenti. Ma, altrettanto probabilmente, non in tutti i casi solo a queste ragioni.

Papik.f ha detto...

... e già che siamo su Roars, leggiamoci anche questo
http://www.roars.it/online/talis-byod-iea-pirls-ed-ecco-a-voi-siore-e-siori-la-neolingua-del-miur/
Per ridere. O per piangere.

GR ha detto...

Indubbiamente interessante l'analisi segnalata da Papik (21:58), anche se resa piuttosto difficile dal linguaggio specialistico (magari qualcuno potrebbe pieroangelizzarla). Sul definire senz'altro "severa" la scuola italiana basandosi sul numero dei 100 e lode non concordo, ma la strada delle analisi puntuali sarebbe utile per tutti. Di recente ho avuto modo di dire alla senatrice Puglisi che in realtà della scuola si parla in genere impressionisticamente, e che sarebbe invece uno dei compiti principali del ministero condurre frequentemente serie, approfondite e dettagliate inchieste. E lei si è detta d'accordo.

"Il diabolico VP" ha detto...

"Il disprezzo dell’avversario al contrario è il chiaro sintomo di una cultura tecnocratico-autoritaria, figlia deforme di una tendenza neo-pitagorica alla politica (e ad essere sinceri in questo Gavosto è in qualificatissima compagnia, a cominciare da Renzi).

Tendenza politica che ha mirato consapevolmente alla distruzione della scuola della Repubblica come precondizione della svolta autoritaria che si sta cercando di imprimere alla politica italiana.

Ed è questa tendenza che dobbiamo, vogliamo e possiamo sconfiggere."

"Il diabolico VP" ha detto...

Negli ultimi due decenni, la scuola italiana è cambiata profondamente. In peggio. è infatti diventata altro da sé, tradendo alle radici la funzione emancipante, laica, democratica, pluralista, inclusiva e pubblica che le aveva assegnato la Costituzione del 1948, in un progetto che sarebbe stato nei primi decenni successivi un laboratorio di cittadinanza consapevole e attiva. 1962, legge 1859: istituzione della scuola media unica, nel preciso rispetto del dettato del secondo comma dell’art. 34: “L'istruzione inferiore, impartita per almeno otto anni, è obbligatoria e gratuita”.

Busiride ha detto...

Non capisco che cosa voglia dire l'autrice dell'ultimo articolo qui sopra riportato quando scrive che la legge 1859 del 1962 era "nel preciso rispetto del dettato del secondo comma dell'art. 34". Che rispettasse la costituzione era doveroso ed è chiaro dal fatto che la corte costituzionale non la bocciò, ma in questo assomiglia alla stragrande maggioranza delle leggi approvate dal parlamento. Se invece, come a me pare, intende insinuare che l'articolo 34 della costituzione richiedesse implicitamente l'istituzione della scuola media unica, dovrebbe anche provarlo. L'ordinamento in vigore fino al 1962 rispettava perfettamente il dettato costituzionale: anche allora l'istruzione inferiore era obbligatoria e gratuita e impartita a tutti per almeno 8 anni. La legge del 1962 non risponde alla costituzione, risponde piuttosto all'egualitarismo inauguratosi con i primi governi di centro-sinistra. E' peraltro cosa nota che il PSI pretese proprio l'istituzione della scuola media unica quale condizione per l'ingresso nella maggioranza di governo.

Anonimo ha detto...

al contrario del pci che all'inizio la contrastò

Giorgio Ragazzini ha detto...

Il Manifesto sostiene che "Il disprezzo dell’avversario è il chiaro sintomo di una cultura tecnocratico-autoritaria, figlia deforme di una tendenza neo-pitagorica [??] alla politica". Come se il comunismo non avesse fatto dell'odio e del disprezzo (per i padroni, la borghesia, ecc.) una potente arma funzionale alla violenza di classe.

Si ripete poi la favoletta di comodo secondo la quale la scuola è stata distrutta da Berlusconi, favoletta che serve a coprire le pari responsabilità della sinistra e della prima repubblica in generale.

Infine, si continua a straparlare di svolte autoritarie, quando sotto tiro c'è stata e c'è ancora l'autorità in quanto tale in tutti gli ambiti, con le note conseguenze disastrose sullo Stato di diritto e sulla tutela dei diritti (anche attraverso l'oblio dei doveri e delle responsabilità).