lunedì 26 settembre 2022

TV, VIDEOGIOCHI, PC, CELLULARI: DIETRO MOLTI "NON DEMONIZZARE" C'È IL RIFIUTO IDEOLOGICO DEL DIVIETO

Nel corso degli ultimi decenni si sono ripetuti gli allarmi relativi ai rischi insiti nelle nuove tecnologie. A cominciare dalla televisione, diventata in molte famiglie un comodo sostituto della baby sitter. Non va demonizzata, dicono gli esperti, ma il suo uso eccessivo può causare disturbi del sonno, aumento della sedentarietà e quindi tendenza al sovrappeso. Poi è stata la volta dei videogiochi, che, oltre a tenere occupati i bambini, sembra che siano utili per imparare a decidere rapidamente e a gestire le emozioni. Purtroppo creano anche facilmente dipendenza e riduzione eccessiva dei contatti sociali. Si rischiano perfino dei danni neurologici. Tuttavia, neppure questi vanno assolutamente demonizzati. Numerose raccomandazioni di un “uso consapevole” in alternativa alla demonizzazione hanno riguardato anche il computer, quando è stata evidente la crescita esponenziale delle ore che i ragazzi e i bambini passavano davanti allo schermo, con svariati effetti psichici, fisici e relazionali. Con il cellulare, in cui sono riuniti telefono, giochi, messaggistica, computer, macchina fotografica e videocamera, si arriva infine a uno strumento tascabile, quindi utilizzabile en plen air. Che sia utile quando siamo fuori casa non c'è dubbio; e non solo per ricevere comunicazioni urgenti, cercare informazioni di ogni tipo o avvertire che si può buttare la pasta. Sui mezzi pubblici e nelle sale d'attesa hanno sostituito i libri e i giornali (più nel nord europeo che da noi). La possibilità di inviare foto o brevi filmati arricchisce (fin troppo) la documentazione di viaggi e vacanze e ha reso obsolete le riunioni di amici per guardare le diapositive. E però è un po' inquietante realizzare che quasi non c'è più un adolescente che cammini per strada a testa alta e guardandosi intorno; o, peggio, vedere gruppi di ragazzetti che alternano qualche breve scambio di parole a una compulsiva consultazione dello smartphone. Il quale - lo dimostrano molteplici indagini - costituisce una fonte di ansia: timore di non essere raggiungibili, di essere esclusi o snobbati dagli amici, di non ottenere da loro abbastanza "mi piace", di esaurire la carica. Lo stress conseguente può provocare tremito, tachicardia, attacchi di panico, disturbi del sonno e depressione. Già anni fa una ricerca inglese attestò che il 60% dei giovani tra i 18 e i 29 anni andava a letto con il cellulare. Insomma, parliamo di una vera e propria droga, che come le altre, disattiva le aree del cervello addette all'autocontrollo (in via di formazione negli adolescenti) e attiva quelle del piacere, specialmente nei patiti dei videogiochi. Per questo è necessario l'aiuto degli adulti per porre dei limiti. Ma anche qui interviene chi esorta a "non demonizzare", una frase in apparenza saggia che, però, come l'esperienza dimostra, finisce per far abbassare la guardia. Bisogna anche qui educare a un "uso consapevole" dello strumento. E spesso è chiaro che sotto il velo di questa raccomandazione agisce una diffusa e radicata allergia ai divieti. 

Nei giorni scorsi ha suscitato pareri per lo più favorevoli la decisione di un liceo bolognese di vietare l'uso dei cellulari in orario scolastico, con l'intento di restituire ai ragazzi una realtà di relazioni fatta di incontri, chiacchiere, sguardi e sorrisi dal vero. Larghissimo è stato il consenso degli studenti e dei genitori. Tra le critiche, si è levata inopinatamente quella del Prefetto di Bologna. Inaugurando in un altro istituto l'anno scolastico, ha sentito il bisogno dichiarare: "Sarebbe opportuno che gli studenti mantenessero il cellulare e sapessero usarlo, che avessero la coscienza e la maturità di sapere quando il cellulare può essere usato e quando invece può essere non usato. Credo che si debba lavorare su questo, sull'educazione”. L'episodio è sintomatico di quanto l'ideologia del "vietato vietare" si sia radicata nelle istituzioni, a cominciare dalla scuola, in cui sanzioni e divieti sono screditatissimi. Ma ormai persino le forze dell'ordine, deputate a far rispettare le leggi, vengono scoraggiate dall'intervenire con decisione, come è successo quasi ovunque nei confronti degli "assembramenti" estivi, fonte sicura di contagio e sulla carta vietatissimi. È quindi indispensabile recuperare l'importanza educativa dei limiti e dei "no" per non lasciare i minori in balia di un uso smodato dei cellulari e dei social. Fa piacere che proprio dalla scuola vengano esempi di questa consapevolezza.

1 commento:

Io Non Sto con Oriana ha detto...

Ci sono appelli e considerazioni che costituiscono inesauribile spunto per autentici accessi di risate.
Tra questi, gli appelli alla "legalità" e le denunce di "rifiuti ideologici dei divieti" che i media peninsulari raccolgono ogni giorno nel "paese" dei ravvedimenti operosi, delle paci fiscali, dei colpi di spugna e dei condoni, a fronte di una realtà in cui chicchessia può essere sanzionato da almeno sei corpi armati differenti, in cui una scritta sul muro è sufficiente a tirarsi addosso sine die la gendarmeria politica (certe cose vanno bene a Tehran o a Caracas) e in cui ogni livello della politica di rappresentanza è ormai ridotto in condizioni tali da non sapere più cosa vietare.

La popolazione studentesca è ridotta da decenni ad un ammasso amorfo in cui domina senza seri contrasti quell'individualismo consumista che dagli anni Ottanta in poi è diventato l'unica weltanschauung scevra da demonizzazioni. In questo le "reti sociali" (per lo più usate come strepitose autoschedature per buoni a nulla) sono strumenti insostituibili perché consentono capillari interventi repressivi, come i prefetti del vostro "paese" non ignorano certamente.