venerdì 19 giugno 2009

E SE LA BOCCIATURA FOSSE UN'OPPORTUNITÀ?

di Valerio Vagnoli

Finalmente, viene da dire, il re è nudo, perché dietro all’aumento delle bocciature si può intravedere una scuola nuova che inizia finalmente a dare segni di vita, a fare fino in fondo il proprio dovere, cominciando a trovare il coraggio di prendersi responsabilità che da anni, in generale, non era in grado di prendersi.
Questi dati confermano, anziché il fallimento della scuola, come molti pensano e dichiarano, il vero scandalo durato fin troppo a lungo: quello di aver promosso generazioni di studenti in nome del buonismo o del quieto vivere o per i più svariati timori, non ultimo quello dei ricorsi. Insomma, contrariamente ai molti allarmismi che imperversano un po’ da tutte le parti per i risultati di quest’anno scolastico, mi provo ad andare controcorrente e giudico di buon auspicio quanto è avvenuto. Penso, insomma, che dovremmo rassicurare le famiglie, anche dei bocciati, facendo loro capire che stanno inequivocabilmente per finire i tempi squallidi del diploma “pezzo di carta” da spendere grazie alle raccomandazioni di varia natura, non ultime quelle di stampo clientelare e politico. Non mi dilungo sulle dinamiche economico-sociali che cancelleranno certo costume tipico più di un paese da operetta che non di una nazione che dovrà, oggi più che mai, misurarsi sul piano della competitività e di un’economia sempre più legata alla conoscenza. Mi preme, invece, ricordare e ripetere che solo una scuola in grado di valorizzare il merito può rappresentare un vero ascensore sociale per chi non può contare su clientele o radici familiari fin troppo ramificate nel mondo dei privilegi. Per troppo tempo si è identificato il successo scolastico come patrimonio da distribuire equamente a tutti, impedendo così che si diffondesse, soprattutto tra le famiglie più svantaggiate e povere, la consapevolezza di quanto, invece, proprio la scuola sia importante per ribaltare la loro condizione, spesso storicamente consolidata grazie a chi dalla scuola aveva e continuava ad avere i mezzi e gli strumenti per diventare classe dirigente. Solitamente per molti gruppi politici e per molte delle sigle del sindacato scolastico, la qualità della scuola la si è voluta vedere piuttosto sulla quantità (numero esoso delle materie con corrispondente elevatissimo numero dei docenti, orari scolastici lunghi e tempi della didattica ancora organizzati secondo modelli, non è un’esagerazione, seicenteschi) che non sulla sua qualità: guai a parlare di verifica dei risultati, di valutazione dei docenti e dei dirigenti e via di seguito. Ogni minimo accenno ai principi del pragmatismo da applicare anche al sistema scolastico era ed è ancora oggi esecrato più di quanto don Milani esecrasse i giovani operai del Mugello che alla domenica si mettevano la cravatta. L’irrisione nei confronti delle tre “i” ha contribuito a tener fuori dalla modernità chissà quanti figli di chi con il computer, l’inglese e tanto più con l’impresa, non aveva e non ha niente da spartire. Eppure sono molti i politici e i sindacalisti contrari alle tre “i” che hanno accortamente fatto studiare i loro figli negli Stati Uniti o nelle migliori università italiane ed europee.
Ma torniamo alla bocciatura. Ovvio che non sia una bella cosa ed altrettanto ovvio che si debba fare di tutto per rimuovere qualsiasi ostacolo che impedisce ai più svantaggiati di godere dei frutti straordinari che una buona scuola può dare. Ma se non bocciare rappresentava, come per certi insegnanti ancora rappresenta, una lotta contro le ingiustizie “di classe” o più banalmente ignavia o superficiale senso di bontà o ancora paura di affrontare le reazioni dei genitori, ben venga questo aumento di bocciature. Può rappresentare finalmente una svolta, un salutare scossone per chi alla scuola ha finito con l’assuefarsi senza dare o attendersi nulla, siano essi docenti, famiglie o studenti.
Do per scontato che la scuola debba formare, prima ancora della classe dirigente, dei buoni cittadini, liberi e appagati innanzitutto dalla loro cultura e dal loro senso critico. Anche per questo trovo che sia esecrabile vedere nella bocciatura solo un’esclusione, una sconfitta per la scuola e non un’occasione per aiutare il maggior numero possibile di giovani a diventare, a tutti gli effetti, dei cittadini degni di questo nome.

4 commenti:

Anonimo ha detto...

BINGO parole sagge.

Anonimo ha detto...

Strumenti didattici seicenteschi. Non so com'erano, ma posso immaginare una lezione frontale, indispensabile, ma l' unica che le scuole ci permettono di fare:
niente fotocopie, niente computer nelle classi,niente lavagne interattive, nessuna possibilità per gli insegnanti di entrare nelle classi dove c'è lezione per un confronto ma solo registri da mettere in ordine in sala insegnanti nelle ore di disposizione.
Tutto questo non c'è,cosi come non ci saranno più i tempi lunghi di cui lei parla, nè i troppi docenti precari, ci saranno saperi accorpati, tempi ridotti, progetti inutili, e pochi e preparati docenti di ruolo che fieri di un merito che traspare dalla tintura dei loro capelli, si metteranno in cattedra ad esaminare noi giovani insegnanti: ci insegneranno a mettere le assenze sul registro in cambio di una email che ancora non sanno inviare alla perfezione.
Poi alla fine dell'anno ci saranno i bocciati, l'ansia per un nuovo incarico o la pensione.

Anonimo ha detto...

nella scuola ci sono insegnanti che in sede di scrutini alzano i voti su proposta dei dirigenti come se, dopo un anno, un insegnante non fosse in grado di stabilire da solo se un cinque è un cinque o è un sei chiamato cinque.

Anonimo ha detto...

La vera opportunità per i bocciati sarebbe colmare durante l'estate con corsi di recupero le lacune che non hanno permesso loro di superare l'anno; permettere loro di stare alla pari con gli altri nell'anno che si troveranno a ripetere. Questa dovrebbe essere una precondizione per ripartire. Ho il sospetto che più rigore significhi più abbandono, meno classi, meno docenti, più tagli. la scuola deve farsi carico delle bocciature, del loro recupero e del recupero di quelli che hanno avuto il giudizio sospeso. Non tutte le scuole attivano corsi di recupero, almeno quelli obbligatori, per mancanza di soldi. Si aggirano i corsi di recupero con gli sportelli didattici per risparmiare sui docenti. Il rigore dovrebbe essere nell'applicazione della legge. Cattedre vacanti e docenti precari che si alternano di anno in anno, nominati a settembre e licenziati a giugno, dov'è la continuità didattica?
Il diritto all'apprendimento comprende la possibilità di vedere valorizzate le inclinazioni personali, di formulare richieste e di sviluppare temi liberamente scelti; di godere di una sufficiente continuità didattica.
Obiettivi tutti realizzati con i tagli chiamati rigore.