lunedì 7 settembre 2009

PRECARI: LE GRAVI RESPONSABILITÀ DI POLITICA E SINDACATI

di Sergio Casprini

Siamo all’inizio dell’anno scolastico, di un anno in cui dovrebbe definirsi il quadro della tanto attesa riforma delle superiori e nello stesso tempo dovrebbero andare in vigore le nuove norme di formazione e reclutamento dei docenti, contestualmente all’approvazione di una legge sulla carriera degli insegnanti con una diversa articolazione di figure professionali; e tutto questo passa in secondo piano a fronte dell’annosa questione dei precari della scuola, che hanno occupato le pagine dei giornali con le loro mobilitazioni in tutta Italia.
Nessuno può negare la gravità del problema di docenti ormai attempati che di anno in anno inseguono il miraggio del posto fisso nella scuola. Per decenni le politiche scolastiche sono state influenzate più dal mito della piena occupazione della “forza lavoro intellettuale” nella scuola e da convenienze clientelari che dall’intento di perseguire la qualità della formazione dei giovani. Un mito non a caso nato negli anni settanta nella sinistra politica e sindacale, ostile al merito e alla necessaria selettività nella formazione e nel reclutamento dei nuovi docenti e incline a confondere il piano della didattica e delle sue necessarie riforme con il piano del diritto al lavoro. Come accadde ad esempio con la riforma dei moduli nella scuola primaria, con cui venne spacciata per grande innovazione didattica (il modulo dei tre maestri in una classe) l’assunzione di molte migliaia di nuovi docenti.
Quanto ad alcune forme di protesta che i precari hanno messo in atto, così come alcune di quelle dello scorso anno contro la riforma Gelmini, continuo ad essere del parere che il fine non giustifica i mezzi, se si vuole rivendicare non solo il lavoro, ma anche la dignità e la responsabilità della professione docente.

5 commenti:

Papik.f ha detto...

Si, è tutto vero, ma le cause -almeno nella scuola secondaria - stanno anche nell'assurda e stolta rigidità della struttura scolastica, basata sul dogma intangibile dell'orario settimanale. Le stesse materie alle stesse ore degli stessi giorni per tutto l'anno, dall'inizio alla fine, senza alcuna articolazione, senza alcuna possibilità di variazione temporanea o di un'utilizzazione più elastica del personale, hanno portato di necessità agli incarichi di supplenza per coprire gli assenti. E questo ha comportato l'introduzione pro tempore nella scuola di persone "in cerca di meglio", magari anche non specificamente preparate, magari anche non particolarmente interessate, che, però, con il tempo, hanno finito col non essere in grado di fare altro, trovandosi contemporaneamente ad avere una famiglia da mantenere. Sta migliorando la situazione da questo punto di vista? personalmente ne dubito, almeno per ora.

cotugnoprof ha detto...

Ho fatto il liceo negli anni settanta, qui al Sud, ed ho avuto per alcuni anni insegnanti di matematica non laureati (ancora studenti) in quanto non vi erano, neanche al sud, abbastanza laureati in matematica...
Chi, come me, negli anni settanta aveva la forza ed il coraggio di laurearsi in Matematica nell'università di Napoli, vi assicuro, aveva fatto già un buon tirocinio per essere un buon insegnante.....Perciò basta retorica sulla cattiva qualità degli insegnanti degli anni settanta.
P.S.: ho cominciato a lavorare nella scuola a 23 anni,sono stato precario per sette anni (non vi fu dal 76 all'83 nessun concorso) e, nonostante tutto, mi ritengo uno di quelli che nella scuola tira "la carretta"...

Anonimo ha detto...

Precari: proteste e proposte

Il precariato nasce dalla volontà di risparmio dei Governi. La Gilda, dopo aver indetto ben due volte scioperi contro i tagli della Gelmini, ha denunciato l’insufficienza e la provvisorietà dei provvedimenti, assunti con i cosiddetti ammortizzatori sociali, un modesto rimedio solo per alcuni. Ora presenta una proposta ragionevole e fattibile, se ve ne fosse la volontà politica.

di Rino Di Meglio, da Professione Docente, ottobre 2009


Era inevitabile. Le proteste dei precari rimasti senza lavoro, a causa dei pesantissimi tagli decisi dal governo, hanno contrassegnato l’inizio dell’anno scolastico. Sono anni che si risparmia e si taglia sulla scuola, ma mai su di essa era calata una scure così pesante.

Noi, da anni, denunciamo che la formazione di un precariato così numeroso deve essere ascritta come grave colpa della classe politica, che ha mostrato innanzi tutto l’incapacità di far partire un sistema serio e stabile di reclutamento degli insegnanti. Non si tratta di una semplice trascuratezza, ma di una volontà di risparmio: il precario costa infatti meno rispetto al docente di ruolo.

Fa poi semplicemente sorridere con tristezza il Ministro dell’Istruzione, quando facendo sfoggio di propaganda, dice che bisogna bloccare i trasferimenti degli insegnanti per garantire una maggior continuità didattica agli alunni. Si tratta di una propaganda subdola che vuole far incolpare i docenti - che notoriamente amano trasferirsi (sic!)- della girandola di docenti sulle classi.


Ma signor Ministro ! Abbia il coraggio di guardare i dati! Gli insegnanti cambiano perché da anni uno su cinque è precario. Sono spostati, d’ufficio da una classe all’altra, perché gli organici non hanno alcuna stabilità.

La nostra Associazione si è sempre battuta per una scuola di qualità, ritenendo che il futuro di questo Paese sia fortemente condizionato dalla capacità di formare validamente le nuove generazioni, e che quindi sia urgente agire per restituire stabilità alla professione docente.

Alle migliaia di colleghi rimasti senza lavoro abbiamo quindi espresso tutta la nostra solidarietà, ed abbiamo ricordato ben due scioperi da noi indetti contro i tagli della Gelmini, abbiamo denunciato l’insufficienza e la provvisorietà dei provvedimenti, assunti con i cosiddetti ammortizzatori sociali, un modesto rimedio solo per alcuni.

Non ci siamo limitati alla sola protesta, abbiamo indicato anche una soluzione che potrebbe risolvere il problema del precariato, se ve ne fosse la volontà: un abbuono contributivo di due o tre anni, per i docenti che si trovano nell’ultima fascia stipendiale, favorendo un pre-pensionamento volontario e lasciando liberi i posti per immettere in ruolo gli abilitati.

Si tratta provvedimenti già assunti dal Governo per grandi società private(Alitalia, Banche, Chimici ecc.), ma anche pubbliche (Ferrovie, Poste, e Municipalizzate dei Trasporti) che, a fronte di tagli strutturali, creerebbero solo un lieve anticipo di spesa per i pre-pensionamenti.

Una spesa veramente lieve perché farebbe risparmiare sull’indennità disoccupazione (6 mesi al 60 % più 2 mesi al 50 % dell’ultimo stipendio), per non parlare degli interventi di numerose regioni che, comunque, spendono fondi pubblici.

Un ulteriore risparmio verrebbe realizzato sugli stipendi, calcolando che al lordo delle ritenute fiscali, un neo assunto costa tra gli 800 ed i 1000 Euro in meno, rispetto ad un docente giunto all’ultima fascia stipendiale.

Una simile iniziativa ammortizzerebbe gli effetti della riforma sui precari, e potrebbe liberare attorno ai 20.000 posti per ogni anno di abbuono contributivo, risolvendo quasi definitivamente il problema del precariato docente.

Ultimo, ma non meno importante, il corpo docente italiano è oggi tra i più anziani del mondo.

Se questi provvedimenti fossero accompagnati da iniziative serie sul reclutamento e sulla formazione iniziale degli insegnanti, potremmo almeno registrare, in tanto sfascio, una positività.

Anonimo ha detto...

I de-cretini targati Gelmini - 1/2

di Gianfranco Pignatelli

Il governo ne ha annunciato un altro. L’ha chiamato “Pacchetto salva-precari” ma per gli interessati è solo un “pacco”, l’ennesimo raggiro. Di buono ha che non è stato approvato né pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale, non l’ha controfirmato il Presidente della Repubblica, non è stato discusso in Parlamento e neanche calendarizzato. Per certo, il provvedimento scontenta tutti e non risolve nulla. Ecco perché.A pochi beneficiari, verrebbe corrisposta una miserevole indennità di disoccupazione invece dell’attesa immissione in ruolo. Si “favorisce”, infatti, solo il 4% circa dei precari e lo si fa mediante un’elemosina una tantum (limitata a soli 8 mesi), subordinata a inaccettabili condizioni vessatorie. Nel contempo si nega a tutti gli altri docenti precari il diritto, e finanche la residua prospettiva, al posto di lavoro nella scuola. Diritto loro spettante a seguito del possesso di una o più lauree, degli innumerevoli pubblici concorsi a cattedra superati, dei titoli culturali, professionali ed accademici posseduti, di ogni tipo di percorso abilitante espletato, degli stage frequentati, dei tirocini svolti, degli aggiornamenti d’ogni specie seguiti, dei concorsi magistrali vinti, dei master effettuati, delle specializzazioni acquisite e degli svariati decenni di esperienza didattica accumula insegnando nella scuola pubblica sempre in regime di precarietà.Questo provvedimento è uno specchietto per le allodole, un bluff mediatico ad uso e consumo di chi non ne capisce o non deve capire. È un palliativo a favore di soli 13.000 precari che, per lo stesso fatto di essere stati in servizio per l’intero anno scolastico scorso, avrebbero per certo lavorato anche quest’anno. Gli altri 120.000, invece, che hanno lavorato meno non insegneranno più e non godranno di alcun sussidio. In pratica è come fornire l’ombrello solo a chi sta riparato sotto una pensilina d’ingresso ed è in procinto di entrare nell’edificio. Quindi, invece di essere un ammortizzatore sociale, questa “furbata”, è destinata ad essere un detonatore per ulteriori conflittualità derivanti da nuove penalizzazioni e iniquità. Dal “beneficio” ad esempio verrebbero esclusi, non solo coloro che, pur avendo lavorato per l’intero anno scolastico, non sono stati reclutati dagli ex provveditorati con contratti fino al 30 giugno o 31 agosto ma sono stati incaricati dai presidi fino al termine delle lezione (fine giugno o metà luglio se commissari agli esami di stato). Inoltre, sarebbero esclusi anche tutti quelli che hanno maturato l’anno di servizio cumulando più periodi in diverse scuole o per vari insegnamenti.

(segue)

Anonimo ha detto...

I de-cretini targati Gelmini - 2/2

di Gianfranco Pignatelli

(seguito)

Per di più, il decreto salva-precari non risolve l’emergenza istruzione del Paese. Non interviene sulla questione nodale dei tagli indiscriminati nella scuola pubblica. Tagli non solo occupazionali di docenti e personale tecnico ed amministrativo ma anche di tempo scuola, di interi istituti, di classi con l’aumento abnorme del numero degli alunni in quelle restanti, del supporto agli studenti diversamente abili, delle risorse per la didattica ordinaria, della sicurezza degli edifici, della dotazione strumentale, dei generi di prima necessità e di tutto quanto contribuisce a procurare efficacia e qualità alla funzione educativa e formativa. Per questo sarebbe auspicabile il suo ritiro ad horas, oltre alla revoca di tutti quei provvedimenti finalizzati alla penalizzazione della scuola statale e al blocco delle immissioni in ruolo degli insegnanti precari su tutti i posti vacanti e disponibili.Altro che norma salva-precari. Questa è una mistificazione che millanta soluzioni inesistenti con un decreto-truffa del tutto insensato, oneroso e inutile. Un provvedimento a costo zero per il governo dagli enormi benefici mediatici e dagli inesistenti effetti pratici. Una misura di sostegno al reddito a carico dell’INPS - già in parte disponibile e più nota come “disoccupazione ordinaria” - di norma erogata, nei mesi estivi, ai docenti disoccupati, per un ammontare di circa 860 euro lordi mensili. In sostanza, si propone un sussidio temporaneo e, a compensazione o come merce di scambio finale, il punteggio necessario per non retrocedere in graduatoria. Il tutto mutuando il malcostume imperante nei diplomifici, dove si compensano sottoccupazione e sottoretribuzione con l’elargizione di punti per le graduatorie. In pratica, un caporalato di stato, malcelato dietro misure tardive, insensate e inadeguate. Un palese raggiro che solo l’informazione subalterna al potere governativo e poco abituata a rispettare e testimoniare i fatti, a capire prima di riferire, a valutare e nel caso denunciare, può permettersi di definire come “risolutiva” della vertenza aperta dagli insegnanti precari di tutt’Italia.

g.pignatelli@tiscalinet.it