mercoledì 27 gennaio 2010

APPRENDISTATO A 15 ANNI: UN "SÌ, MA..." DAL PD LOMBARDO

Critico con le reazioni dell'opposizione all'emendamento Cassola (per altro già a sua volta emendato), Marco Campione, responsabile per l'istruzione e la formazione del Partito Democratico lombardo, evidenzia però anche i limiti dell'impostazione governativa. Convincente nella parte "autocritica", meno nel mettere sullo stesso piano quanto a ideologismo i due schieramenti opposti, Campione conclude il suo intervento su "ilsussidiario.net" con una serie di proposte che meritano almeno qualche puntualizzazione. Queste:
1) Rivedere i cicli scolastici, accorciando di un anno il percorso.
2) Abolire la bocciatura e passare ad un sistema di certificazione delle competenze e classi di livello.
3) Dare in capo alle regioni anche l’istruzione professionale.
4) Diffondere capillarmente l’apprendimento “Hands On – Minds On”.
5) Generalizzare percorsi di alternanza scuola-lavoro: generalizzare, ovvero anche per gli studenti che frequentano il liceo.
Prima che il punto 2 trovi facili adepti tra i donmilaniani entusiasti, va precisato che anche un sistema scolastico basato sulle "classi di livello", se serio, implica la possibilità di dover "ripetere": non l'anno, ma il corso. "Si boccia", cioè, non in tutte le materie, ma solo in quelle in cui non si sono avuti risultati sufficienti. In pratica le scuole superiori dovrebbe essere organizzate un po' come le facoltà universitarie.
Giustissimo il punto 3, anche perché è la stessa costituzione che lo prevede. Ma più o meno tutti i ministri - e in particolare Fioroni - hanno accettato le resistenze delle regioni. Naturalmente, per avere senso, bisognerebbe che gradatamente gli istituti professionali, abbandonando la loro attuale configurazione di pseudo-istituti tecnici, diventassero sede di una vera e propria formazione professionale, come in sostanza ha deciso di fare il Trentino; e in quanto tali, luoghi elettivi dell'apprendimento "hands on-minds on" (punto 4), che in soldoni significa "usando le mani si usa il cervello". Quanto alla diffusione "capillare" della manualità o meglio della laboratorialità, mi pare che si tenda spesso a farne, anziché una linea di tendenza adatta ad alcune materie, una pericolosa ricetta magica, una di quelle che la iattanza di alcuni pedagogisti vorrebbe propinare acriticamente alle scuole di ogni ordine e grado, in opposizione a veri o supposti "nozionismi".
Infine, l'alternanza scuola-lavoro al liceo mi è sempre parsa, in assenza di robuste esemplificazioni concrete, un'istanza alquanto ideologica. Ad essa andrebbe forse contrapposta la promozione dell'associazionismo studentesco come strumento di crescita e di responsabilizzazione degli adolescenti nell'ideare e gestire autonome iniziative culturali (pomeridiane). GR

martedì 26 gennaio 2010

APPRENDISTATO: RISERVE DELL'ISFOL E UN QUADRO EUROPEO

Su "ItaliOggi", Sergio Trevisanato, presidente dell'Isfol (L’Istituto per lo sviluppo della formazione professionale dei lavoratori) avverte che nella situazione attuale è ancora molto limitata la effettiva possibilità di affiancare al lavoro una formazione esterna, come prevederebbe la legge Biagi. Sullo stesso quotidiano, si può leggere un utile quadro sintetico della situazione europea, anche se il titolo (Prima si assolve l'obbligo. Così funziona nella moderna Finlandia) è costruito un po' maliziosamente: nel testo si viene infatti a sapere che in quel paese l'obbligo si ferma per l'appunto a quindici anni.

lunedì 25 gennaio 2010

TRE INTERVENTI SULL'APPRENDISTATO A 15 ANNI

Continua il dibattito sulla possibilità di assolvere l'ultimo anno di obbligo facendo un apprendistato formativo (uno dei tre tipi previsti dalla legge Biagi). Su un piano prevalentemente informativo "Tuttoscuola", che però non nasconde le sue perplessità; in senso decisamente favorevole lo psicoanalista Claudio Risé sul "Mattino" e su "ilsussidiario.net" il pedagogista Giuseppe Bertagna, già coordinatore del gruppo di lavoro che approntò una proposta di riforma delle superiori per Letizia Moratti (poi largamente modificata).
Non si può non rilevare, in ogni caso, l'evidente contraddizione in cui incorre il governo, quando da un lato prende una decisione di questo genere e dall'altro non coglie l'occasione della riforma delle superiori per cambiare in profondità gli istituti professionali, trasformandoli in luoghi di qualificata formazione professionale (quindi con un elevato numero di ore laboratoriali e di stage presso le aziende), invece di confermarne la natura di istituti tecnici di serie B.

sabato 23 gennaio 2010

TERZO ANNO PROFESSIONALIZZANTE: E SE FOSSE TROPPO TARDI?

Proviamo a dare uno sguardo alla realtà, quello sguardo che i responsabili della politica scolastica della Regione Toscana si guardano bene talvolta dal dare. La realtà di questi giorni, infatti, è che stanno per iniziare (finalmente) i percorsi del terzo anno professionalizzante. Percorsi, come abbiamo scritto in altre occasioni, finalizzati a recuperare i ragazzi tra i 16 e i 18 anni usciti dal canale dell'istruzione o desiderosi di farlo. Si tratta sempre di ragazzi che alle spalle hanno già, in genere, più di una ripetenza e una sorta di "certificazione", almeno psicologico-sociale, d'incapaci e falliti, perché refrattari alla scuola, tradizionalmente (molto tradizionalmente) intesa quale unica strada per formarsi culturalmente e civilmente. Si sa, come afferma Norberto Bottani, che in Italia sembra non esserci possibilità di salvezza al di fuori della scuola!
Ma torniamo all'attualità, alla constatazione che finalmente stanno per partire i corsi del terzo anno professionalizzante, ove le attività pratiche e di laboratorio trovano uno spazio almeno paritario rispetto a quello, tanto per intenderci, culturale. Peccato che i corsi non siano in numero sufficiente per soddisfare le richieste dei ragazzi e delle loro famiglie; e peccato che partano con ben cinque mesi di ritardo. Un ritardo che tra l’altro ha questa conseguenza: dato che i corsi durano fino a dicembre, se qualcuno di questi ragazzi, rimotivato dall' esperienza fatta, volesse rientrare nel canale dell’istruzione, non lo potrà assolutamente fare.
Con le sue 900 ore da dividere tra attività scolastica e pratica, si tratta comunque di un corso che non potrà in nessun modo garantire una preparazione appropriata, rimandandola di fatto alla futura esperienza lavorativa. E gli altri? quelli che sono addirittura rimasti fuori da questa formazione professionale in formato freccia rossa? Non si potranno certo consolare pensando ai due-tre anni di scuola superiore che si lasciano alle spalle, che li ha portati a maturare la convinzione di essere degli “sfigati” buoni a nulla: davvero una valida educazione alla cittadinanza!

V.V.

Post scriptum: Due parole sulla proposta Cazzola relativa all'apprendistato fin dai 15 anni. Personalmente ritengo che a quell'età sia ancora troppo presto per maturare un'esperienza alle dipendenze di chiunque, fosse anche il più illuminato dei datori di lavoro. Penso che almeno fino ai sedici anni si debba avere la possibilità di acquisire, con i tempi propri dell'apprendimento, le competenze di base culturali e per il lavoro che vorremmo svolgere non appena usciti dall'obbligo scolastico; obbligo che ovviamente dovrebbe poter essere espletato anche all'interno della formazione professionale. È quello che il Gruppo di Firenze propone alla Regione: organizzare su base triennale i percorsi di formazione professionale, dando la possibilità di iscriversi a chi ha superato l’esame di terza media.
Comunque, per coloro che volessero approfondire il tema relativo all’apprendistato si consiglia la lettura, nel sito dell’ADI, dell’ottimo lavoro di Livio Pescia, introdotto da Norberto Bottani con la consueta competenza.
Alcuni articoli sul tema dai giornali di ieri: Maurizio Ferrera e altri pareri sul "Corriere della Sera"; un'informazione sintetica dal "Sole24Ore"; Tinagli sulla "Stampa" e lo stesso Cazzola sul "Riformista".

mercoledì 20 gennaio 2010

GRAMMATICA, PUNTEGGIATURA, ORTOGRAFIA: I TEMI DELLA MATURITÀ AL SETACCIO DELLA CRUSCA

Il lamento sul modestissimo italiano degli studenti in uscita dalla scuola italiana si rinnova oggi in un articolo sul Corriere della Sera e in un commento di Giorgio De Rienzo sullo stesso quotidiano. Analizzando gli scritti di italiano dell'Esame di Stato 2007 , l'Invalsi e l'Accademia della Crusca hanno giudicato insufficienti dal punto di vista ortografico, grammaticale, dell'organizzazione logica, della punteggiatura, una percentuale di elaborati superiore al 50%. Non è nuova nemmeno, soprattutto per questo blog, la considerazione che questo disastro non può che essere il prodotto anche di promozioni "a prescindere".

domenica 17 gennaio 2010

ITALIA FUTURA: CI VOGLIONO PROGRAMMI NAZIONALI E UN'AUTONOMIA NON ANARCHICA

Si è aperto ieri a Napoli un convegno promosso dalla fondazione Italia Futura, presieduta da Luca di Montezemolo, che ha presentato il suo dossier "Maestri d'Italia". Tra l'altro vi sono indicati, come riferisce "La Stampa", i due fattori principali della "frantumazione" della scuola: la fine dei programmi nazionali e l'esasperazione dell'autonomia. Su questo convegno da leggere anche l'articolo di Gian Antonio Stella, centrato sulla valorizzazione dei maestri. Leggi il Dossier "Maestri d'Italia.

Da approfondire infine una notizia del "Sole 24 Ore" sulla possibilità che l'obbligo scolastico possa essere assolto in futuro anche con un triennio di apprendistato.

domenica 10 gennaio 2010

IL TETTO DEL 30%: “SCELTA PRUDENZIALE E RISPETTOSA” O “PROVVEDIMENTO DISCRIMINATORIO E IRRAGIONEVOLE”?

Quasi tre anni fa, nella primavera del 2007, l’allora Ministro dell’Istruzione Giuseppe Fioroni fu invitato ad una puntata dell’Infedele di Gad Lerner, dedicata a Don Milani, attualizzato come santo protettore dei bambini immigrati. Il tema era appunto l’inserimento dei bambini extra-comunitari nelle scuole italiane. Durante la discussione, rapidamente degenerata in uno scontro manicheo tra buoni e malvagi, Fioroni affermò, secondo buon senso, che se in una classe c’è il 70% di ragazzi extra-comunitari, questo costituisce un problema. La gran parte della platea insorse: un problema? Al contrario, è una ricchezza! I ragazzi italiani faranno scuola ai loro compagni extra-comunitari!
Ho ricordato questo episodio perché, a fronte della esaltata visione missionaria dei tardi epigoni del Priore, Fioroni dette prova di equilibrio e consapevolezza dei problemi, così come aveva fatto con alcuni provvedimenti in direzione di una scuola “più seria”, certamente in controtendenza rispetto ai suoi predecessori. Purtroppo quella esperienza di governo indubbiamente innovativa non ha generato un modo di fare opposizione capace di guardare al merito dei problemi della scuola senza pregiudiziali ideologiche. Nel caso della Circolare del Ministro Gelmini sul “tetto” per gli alunni stranieri si tratta innanzitutto di riconoscere che il problema esiste e va governato seriamente, dopodiché è legittimo, anzi doveroso, analizzare tutte le implicazioni e le conseguenze di questa scelta. Come cerca di fare Penati sul Corriere ( ma non è chiaro se ha letto la circolare) e come ha già fatto il Sindaco PD di Vicenza, che già da un anno ha adottato un provvedimento molto simile. Come non fa invece l’Assessore all’Istruzione del Comune di Firenze, Rosa Maria Di Giorgi, che la circolare certamente non l’ha letta, altrimenti non si chiederebbe dove mettere i bambini stranieri che parlano fiorentino. Del resto da sempre le scuole si preoccupano, in nome di una buona didattica, di non concentrare nelle stesse classi, quando è possibile, gli studenti stranieri che hanno difficoltà linguistiche della stessa gravità.
Sui giornali di oggi, domenica, trovano spazio degli apprezzabili approfondimenti, in particolare la pagina che al tema dedica il Sole 24 Ore. Su quelli di ieri, a ridosso della notizia, sono riportati giudizi sostanzialmente favorevoli, come quello della CEI (“scelta prudenziale e rispettosa”) o nettamente contrari, come quello di Fernanda Contri (“provvedimento discriminatorio e irragionevole”). Fra i commenti di opinionisti a favore quello di Isabella Bossi Fedrigotti sul Corriere della Sera, se si prescinde dal finale dietrologico; mentre sui giornali a cui il PD delega in larga misura la polemica politica su questi temi, vale a dire “La Repubblica” e “L’Unità”, si poteva leggere, come prevedibile, un variegato repertorio di giudizi liquidatori, a volte francamente irrazionali. Il più estremista di tutti è stato ancora una volta Francesco Merlo, fino a qualche anno fa commentatore libero e spiazzante, e che oggi appare in balia della sua furibonda e pregiudiziale polemica politica.

A.R.

venerdì 8 gennaio 2010

LA COSIDDETTA “STRETTA SULLE ASSENZE”

Ieri alcuni giornali hanno ripreso una notizia già apparsa sul “Messaggero”: con la riforma delle superiori verrà estesa alle medesime una norma già vigente per le medie dal 2004 (e chissà perché non nel successivo grado di istruzione), per la quale chi si assenta per più di un quarto dell’anno scolastico non può essere ammesso a quello successivo o all’esame di maturità. La disposizione, contenuta nel regolamento sulla valutazione pubblicato lo scorso agosto sulla gazzetta ufficiale (articolo 17, comma 7), è in realtà estremamente mite, visto che un quarto dell’anno scolastico equivale a più di cinquanta giorni di assenza, e può colpire solo perché mette fine a una totale mancanza di limiti. Se ci si riflette, anzi, al di là delle intenzioni somiglia di più a una legalizzazione dell’assenteismo che non a una vera inversione di tendenza. Come se non bastasse questa larghezza di manica, “le istituzioni scolastiche possono stabilire, per casi eccezionali, analogamente a quanto previsto per il primo ciclo, motivate e straordinarie deroghe al suddetto limite”. Ebbene, sembra impossibile, ma anche su questo modesto passo avanti c’è chi ha avuto da ridire (il sindaco di Venezia Cacciari e il segretario della Cgil-scuola, Mimmo Pantaleo).

martedì 5 gennaio 2010

LE COMPETENZE E IL RASOIO DI OCCAM


“Ilsussidiario.net” pubblica oggi, sulla diatriba conoscenze-competenze, un intervento di Max Bruschi, consigliere di Mariastella Gelmini, che invita ad applicare alla questione, per cavarne le gambe, il celebre “rasoio” di Occam. Il “dottore invincibile”, infatti, invitava a eliminare i concetti superflui e astratti, attenendosi alla massima semplicità possibile. E questo dovrebbe valere per i concetti, ma anche per il linguaggio con cui si parla e scrive di scuola, una koinè che deve tornare facilmente comprensibile a tutti: insegnanti, genitori, studenti. Se da un lato Bruschi si dice “convinto che la certificazione delle competenze alla fine dell’obbligo formativo sia un atto dovuto e necessario, che non sostituisce ma integra la tradizionale ‘pagella’ “, il suo intervento è allo stesso tempo schierato contro le fumisterie “del pedagogismo a la page”, dalla parte, insomma, di Israel e di Paola Mastrocola. La porta stretta da cui passare consisterebbe nel “fissare obiettivi fondamentali, raggiungibili, verificabili” in termini di conoscenze, abilità e competenze. Nel testo, però, non si fa riferimento allo schema di decreto di cui ci siamo occupati nella nota del 30 dicembre; segno, forse, della difficoltà dell’impresa di “ritornare all’ordine e al buon senso” e ritrovare la perduta koinè. Leggi l'articolo.

GR