sabato 22 gennaio 2011

È GIUSTO PREMIARE GLI STUDENTI PIÚ BRAVI ?

Il Corriere della Sera di giovedì ha dato ampio spazio alla decisione di un istituto tecnico milanese di premiare con 150 euro gli studenti che hanno ottenuto la media dell’otto nel primo quadrimestre, affiancando alla notizia un commento “a favore” di Maurizio Ferrera e uno “contro” di Silvia Vegetti Finzi. Tanto nell’articolo che nei commenti risulta chiaro che in una discussione sul tema si pongono due distinte questioni: se è opportuno o meno premiare il merito e in che modo farlo. Maurizio Ferrera coglie con grande chiarezza il tema di fondo, sottolineando che “nella scuola italiana la cultura meritocratica ha radici molto fragili”, anche se dovrebbe essere chiaro a tutti che è “l’unico antidoto che abbiamo contro il clientelismo e il parentismo”. Ben vengano dunque iniziative che si propongano di riconoscere il merito, anche con premi in denaro. Più ambivalente Silvia Vegetti Finzi che, dopo aver detto di condividere “in linea di massima” delle forme di incentivazione, conferma poi in diversi passaggi quanto scrive Ferrera sulle difficoltà che incontra la cultura del merito: “i premi individuali possono suscitare da parte dei perdenti (sic) indebiti confronti e incresciose contestazioni”; “esistono situazioni di disagio sociale e culturale (immigrazione, povertà, pendolarismo) di cui la mera graduatoria dei voti non può dar conto”; fino all’illuminante considerazione in cui la psicoterapeuta svela tutta la sua avversione per i primi della classe con il più classico dei luoghi comuni: “Sappiamo infine che la scuola premia spesso il conformismo, l’esecuzione passiva, l’apprendimento mnemonico a scapito delle più inquiete (!) capacità quali l’atteggiamento critico, la ricerca di nuovi percorsi nella soluzione dei problemi, l’immaginazione creativa”.
Stabilito che i “capaci e i meritevoli” vanno in qualche modo valorizzati e premiati, si tratta di capire in quale modo, premesso che i premi ai migliori devono essere dati nel contesto di valutazioni complessivamente eque e rigorose, dato che la promozione dei non meritevoli è il modo più sicuro per disincentivare gli studenti motivati e responsabili. Il premio in moneta non è da criminalizzare, come invece fa Marcello D’Orta (“A quando trenta denari per sussurrare nell’orecchio dell’insegnante il nome del compagno che ha copiato il compito di matematica?”); ma si tratta intanto di trovare una misura, cosa che l’ITI Feltrinelli non mi sembra abbia saputo fare. Nell’articolo del Corriere si legge infatti che l’Istituto già prevede un premio di 250 euro per chi consegue la media dell’otto nelle pagelle finali e basta fare un po’ di conti per capire che si è esagerato, anche considerati gli attuali bilanci delle scuole. Ma soprattutto si deve essere consapevoli che il riconoscimento del merito è importante in sé e che il premio può essere anche solo simbolico (una targa, una medaglia, un “oscar”), purché gli si conferisca valore e prestigio (1).

AR

(1) Un tempo, in un prestigioso collegio fiorentino dei padri Barnabiti, il miglior studente della Maturità veniva insignito del titolo di “Principe degli studi” e un suo ritratto veniva collocato in una apposita galleria. Persino troppo meritocratico.

1 commento:

rossana ha detto...

La scuola generalmente tende a valorizzare le eccellenze, cioè a dare riconoscimento di merito a chi parte già bene, agli studenti che sono seguiti da genitori bene acculturati...