martedì 11 settembre 2012

FECE SCRIVERE CENTO VOLTE AL BULLO “SONO UN DEFICIENTE”. LA CASSAZIONE CONFERMA LA CONDANNA

“Si doveva fare qualcosa. Non si poteva stare a guardare o fare finta di niente. Tra il giusto e ciò che è necessario per i ragazzi, tra ciò che è legale o “leguleio”, e ciò che è importante per gli alunni, ho scelto la seconda via… Mi sono presa una responsabilità, ho fatto una scelta”. Continua a leggere.

8 commenti:

pippo ha detto...

Nessun commento, la magistratura si rispetta sempre, anche quando motiva le sue decisioni con scIemenze, come ebbe a scrivere un giudice a corollario di una sua sentenza. Ma che dignità quella della nostra collega che ricoferma la validità della sua iniziativa didattica ed educativa pur accettando quanto decretato dalla suprema corte.
Speriamo che la magistratura non si debba occupare, in futuro e per ben altri problemi, del ragazzino bullo come invece spesso accade ai bulli che diventano adulti senza mai essere stati sanzionati per le loro malefatte.

Anonimo ha detto...

Lidia ha scritto...
Quello che non capisco di questa vicenda è il perchè l'insegnante non ha sporto querela contro il genitore del bullo che le urlò contro: "mio figlio sarà deficiente ma lei è una gran c...!" e anche come mai i genitori della vittima del bullo non hanno denunciato a loro volta.
Il fatto è che spesso gli insegnanti rinunciano a sporgere le giuste denunce mentre a loro volta preferiscono subire preferendo un pudico silenzio. Infatti, proprio non capisco il perchè la collega non si è fatta intervistare a più riprese (anche a pagamento così otteneva il denaro necessario anche per pagare i suoi avvocati) da giornali e tv. Se avesse scatenato un bel po' di manicomio non penso proprio che sarebbe andata a finire come è finita. Meno male che adesso è in pensione. Ma quella persona innominabile del padre del bullo spero che almeno subisca il giudizio di Dio di già in questa vita in acconto di quella prossima, visto che degli uomini non ci si può fidare!
Altra cosa, la collega è ancora a tempo per scrivere un libro sulla vicenda: saremo in tanti a comprarlo.

Anonimo ha detto...

E al giudizio di Dio anche il pubblico ministero, il giudice e gli avvocati del padre del bullo.
Il peggiore scandalo contro i ragazzi lo hanno commesso anche loro.

Antonello ha detto...

pippo ha detto...
“Nessun commento, la magistratura si rispetta sempre, anche quando motiva le sue decisioni con scemenze, come ebbe a scrivere un giudice a corollario di una sua sentenza.”

“Ma questo non è ragionare, Fabrizio “ ribatteva Màlvica “un singolo sovrano non può essere all’altezza, ma l’idea monarchica rimane lo stesso quella che è; essa è svincolata dalle persone.”
“Vero anche questo; ma i Re che incarnano un’idea non possono, non devono scendere per generazioni al di sotto di un certo livello; se no, caro cognato, anche l’idea patisce.”

Giuseppe Tomasi di Lampedusa, Il Gattopardo, Ed. Feltrinelli, pag. 9-10.

Edoardo ha detto...

Quindi i tedeschi dovevano rispettare il Tribunale del popolo, presieduto da Roland Freisler (ex bolscevico!), che durante la guerra mandò alla ghigliottina migliaia di tedeschi, compresi i ragazzi della Rosa bianca? Applicavano le leggi, vero?
Questo è il riflesso condizionato di una sinistra che fa dei tribunali la verità incarnata. La collega non ha accettato un corno, ha fatto solo la fine di Socrate, impallinata da chi ha privilegiato il diritto astratto di un bullo al diritto violato del ragazzino insultato.

roberto ha detto...

Di fatto gli italiani hanno la scuola e la magistratura che meritano

Anonimo ha detto...

Lidia ha scritto...
Io no! :-))

Pietro ha detto...

Provvedimenti giuridici di questo genere “finiscono per rafforzare il convincimento che i rapporti relazionali (scolastici o sociali) sono decisi dai rapporti di forza o di potere”. Non si tratta, infatti, del potere della legge?
E se così è, perché avrebbe sbagliato la docente a rafforzare quel convincimento che la Corte stessa rafforza?
Il potere non esiste e non deve esistere? Strano che lo si presupponga nel momento stesso in cui si ribadisce il potere della legge che umilia, ancora una volta, i docenti.