lunedì 21 settembre 2015

IL BAMBINO E L'ACQUA SPORCA NELLA SCUOLA ANNI '70

Dedicato a quel gruppo di colleghe e colleghi di Via dei Bassi che negli anni Settanta,  pur coltivando nei bambini lo straordinario strumento della fantasia, non vennero tuttavia  mai meno al rigore e alla necessità di contrastare alcune idee, non di rado  distruttive, della didattica imperante.

Finalmente si riscopre il dettato. Naturalmente accade all'estero, precisamente in Francia,  ma non è detto che prima o poi ritorni ad essere, soprattutto alle elementari, l'esercizio chiave, un tempo quotidiano, della nostra scuola di base, quello che ha permesso d'insegnare l’italiano agli italiani. L'averlo ridotto ai minimi termini ha contribuito, come ha scritto recentemente Tullio De Mauro, a formare un impressionante numero di disgrafici, dietro al quale forse non mancano operazioni di carattere speculativo. Al dettato aggiungerei anche il riassunto, esercizio anch'esso di primaria importanza per abituare i bambini a strutturare i loro pensieri e le loro competenze, non solo linguistiche. La consequenzialità dei fatti, l'ordine della struttura grammaticale, soprattutto dei tempi verbali, la necessità di scegliere le parole giuste e progressivamente diverse rispetto a quelle presenti nel testo da riassumere, trasferiscono nella mente dei bambini un bagaglio di strumenti indispensabili per  affrontare tutte le materie con una maggior sicurezza; una sicurezza che da decenni non riusciamo quasi più a trovare in molti dei nostri studenti delle superiori e delle stesse università. Da molti anni, inoltre, prendiamo purtroppo atto della sempre più scarsa attenzione per la calligrafia e ciò, oltre a non dare ordine e struttura ai nostri pensieri e alle nostre parole, contribuisce senz'altro a creare ulteriori disgrafici. Se un docente delle superiori si “picca” di pretendere la scrittura in corsivo, è facile che nel giro di pochi giorni spunti fuori una certificazione di dsa che oggi mi sembra non si neghi a chiunque ne faccia richiesta. Devo tuttavia far presente, almeno per la mia esperienza di docente di lettere nelle superiori in tempi in cui i dsa erano meno di moda, che non sempre i miei colleghi erano disposti a stabilire un tempo entro il quale l'allievo doveva imparare il corsivo, pena una pessima valutazione dei compiti. Mi è capitato frequentemente d'incontrare all'esame di Stato ragazzi che ancora non erano in grado di scrivere in corsivo e che dovevano quindi concentrare i loro sforzi, piuttosto che sui contenuti,  nello scrivere in modo leggibile, talvolta senza neanche riuscirvi.
Ma anche la tradizione letteraria era sotto tiro in quegli anni. Come dimenticare una collega  di un  istituto superiore livornese  che al posto dei Promessi sposi faceva leggere l'autobiografia di un calciatore considerato, allora, impegnato!  Quando incontro invece  qualche mio ex allievo, a volte sono stato benevolmente rimproverato perché non gli avevo fatto studiare a memoria altri canti della Commedia o di Leopardi, avendo nel frattempo verificato quanto sia importante, nella vita e nel lavoro, avere una memoria ben sviluppata e allenata. Purtroppo l'ondata “progressista” dei docenti entrati con me nella scuola negli anni settanta voleva rivoluzionare tutto quello che sapeva di stantio, di passato, di borghese, senza nemmeno chiedersi se, insieme a una didattica senz'altro da buttare, vi fosse una tradizione da mantenere. Una tradizione che aveva saputo trovare e conservare strumenti di base fondamentali per insegnare a leggere, a scrivere e a far di conto anche a bambini i cui retroterra culturali e sociali non avevano nulla da invidiare (si fa per dire) a certi contesti del nostro attuale terzo mondo.  Non riuscì a far riflettere i nostri pedagogisti e il nostro mondo scolastico (smettiamola di pensare che i docenti non abbiano delle responsabilità sulla decadenza della scuola e che siano sempre vittime degli psicopedagogisti o dei governi di turno!) quello che è considerato il testamento spirituale di Italo Calvino, un modernissimo che, poco prima di morire, aveva voluto lasciare agli uomini del nuovo secolo questi consigli: “Se tutto è fantasia non si realizza niente. Imparare poesie a memoria, fare calcoli a mano e combattere l'astrattezza del linguaggio. Sapere che tutto quello che abbiamo ci può essere tolto da un momento all'altro”. (Valerio Vagnoli)

9 commenti:

Anonimo ha detto...

Mi complimento per questa battaglia. Spero che sia contagiosa, contro ogni tendenza a rimuovere carta e penna dalle scuole italiane.
RR

Anonimo ha detto...

MaryC

Mi sembra una posizione forte e condivisibile. Se pensiamo che il ministro francese dell'educazione, Vincent Peillon, ha dichiarato che la scuola pubblica deve eradicare l'individuo da ogni appartenenza storico-culturale!

Francesca ha detto...

Tutto è peggiorato da quando per diventare maestre si deve passare dall'università di scienze dell'educazione.

"Il diabolico VP" ha detto...

domanda per francesca

non conosco la situazione, ma forse a scienze dell'educazione "insegna" chi non ha mai fatto il maestro o la maestra?

Francesca ha detto...

Sono molto poche e con incarichi secondari.

Anonimo ha detto...

Scienze della formazione è diventato un contenitore di varia umanità. La formazione chiara dei nostri maestri (magistrali + event. Magistero), si è frammentata come tante altre cose nell'istruzione odierna. Il latino è stato distrutto (in compenso puoi seguire "Didattica della zoologia").
I libri per bambini non hanno più senso didattico: mio figlio avrebbe dovuto fare in pochi mesi: testo argomentativo, testo giornalistico, racconto giallo etc...
Si tratta di percorsi che vanno bene per ventenni! Questi libri di testo sembrano sogni frustrati di pedagoghi bulimici. I libri di cinquant'anni fa erano spessi un terzo, ma i bambini scrivevano meglio, facevano meno errori di ortografia, conoscevano belle poesie e le preparavano per gli esami.
Il modello Piero Angela nell'istruzione elementare produce una superficialità disastrosa, anche se forse andare a scuola è più divertente.
RR

pupipupi ha detto...

Io fui colpito dal programma di scienze: darwinismo, DNA, apparato escretore. Tanta fatica a memorizzare concetti subito dimenticati: era ovvio. Un bambino non può studiare cose così complicate. Non capisco come si sia potuta confondere la scuola elementare con un liceo express.

paniscus ha detto...

Il darwinismo è una cosa troppo complicata?

Mio figlio di otto anni i principi base dell'evoluzione biologica li capisce benissimo, anche molto prima di averli studiati a scuola.

Con tutta la mole immensa di libri e documentari sui dinosauri che si sciroppano a quell'età, come si fa a pensare che non li capiscano? :)

L.

Lucia Lami ha detto...

darwinismo unito a DNA e ad apparato escretore adatti a bimbi di otto anni?