sabato 20 gennaio 2018

TANTE OFFERTE, POCHE DOMANDE

Corriere Fiorentino, 18 gennaio 2017”

In Italia c’è un esercito di giovani disoccupati che sfiora il 33 per cento. E però molti settori dell’economia offrono posti di lavoro che nessuno vuole. L’argomento è stato anche al centro di un’attenta analisi di Dario Di Vico sulle pagine del Corriere della Sera di domenica. Assurdità e contraddizioni. Tuttavia né a livello nazionale né locale risultano in cantiere misure per affrontarle né tantomeno per risolverle. E a rendere quasi tragicomica la situazione, le decine di migliaia di posti di lavoro che rimangono scoperti non sono in settori dell’economia residuale, occasionale o stagionale, ma proprio in quelli trainanti, a partire dal turismo. E paradossalmente perfino in Sardegna, dove esistono oltre venti scuole alberghiere, capita — ha scritto Di Vico — che «non si trovino in loco abbastanza diplomati degli istituti alberghieri». E capita anche che siano migliaia i posti disponibili per gli operatori delle cure estetiche, anche se le scuole per formarli non mancano; ma manca ai ragazzi l’esperienza pratica per essere in grado di svolgere la loro professione con una preparazione adeguata. A limitare le loro competenze concorrono vari fattori; e una delle carenze più drammatiche nei tecnici e nei professionali è data anche dalla cronica inadeguatezza dei laboratori, un problema che la recente rivisitazione degli istituti professionali non mi sembra in grado di risolvere. Ma occorre anche soffermarsi sul tema dell’alternanza scuola-lavoro che non può né deve interrompersi, a mio parere, alla fine della scuola superiore. Sarebbe infatti opportuno che anche le Università, almeno nella grande maggioranza degli indirizzi, introducessero nei loro piani di studio qualificati percorsi di esperienza pratica per rimediare a una preparazione spesso troppo teorica. Certo, una università qualificata richiedi investimenti importanti e ci sembra a dire il vero improbabile una detassazione generale se si vuole davvero coniugare qualità, utilità e merito. Né possono essere solo i pochi e costosissimi Its (Istituti Tecnici Superiori) a garantire quanto serve all’economia nazionale. Rimangono, inoltre, le enormi responsabilità della gran parte delle Regioni che, pur obbligate dalla legislazione a occuparsi direttamente della formazione professionale, l’hanno usata in certi casi per finanziamenti, spesso illeciti, a organizzazioni e strutture scolastico-formative inadeguate, approssimative ed essenzialmente interessate al proprio tornaconto economico.
A tutto ciò si aggiunga l’incapacità, talvolta altrettanto scandalosa, di non saper programmare percorsi rispondenti alle vocazioni economiche locali. Perciò quei pochi giovani che hanno una adeguata preparazione, anche universitaria, per far fronte alle richieste delle imprese sono costretti a spostarsi da una regione all’altra per stipendi che nella maggior parte dei casi diventano così sufficienti alla mera sopravvivenza. Alla fine rimane e si amplia il paradosso da cui siamo partiti, quello della distanza tra ciò che il mondo del lavoro offre e la capacità di far fronte a queste offerte. Su come questa distanza possa essere colmata speriamo di ascoltare qualcosa di utile nel corso della campagna elettorale. Purché dopo ci si ricordi di un vecchio e poco seguìto proverbio che ammonisce: «Ogni promessa è debito».
Valerio Vagnoli

2 commenti:

Silvia ha detto...


Ho letto che in una cittadina inglese la maggior parte degli infermieri è italiana e da noi gli ospedali sono in carico ad infermieri precari. Si fugge per non morire di rabbia.

Vishnu ha detto...

Sono infermieri interinali che grazie a regole ue possono essere pagati meno di quelli strutturati! V.