martedì 12 novembre 2019

GLI STUDENTI E LE IMPRESE, UNA PROPOSTA CONTRO LA DISPERSIONE


“L’Economia del Corriere Fiorentino”
11 novembre 2019
La disgregazione oramai quasi senza ritorno del nostro sistema scolastico ha i suoi livelli di maggior problematicità nell’istruzione e formazione professionale, a parte le poche illuminate Regioni che le hanno unificate, come la Costituzione permette. Anche la nostra regione negli ultimi anni finalmente si è mossa e permette che in certe particolari situazioni si possano adottare percorsi del genere: ma essi sono pochi e si portano dietro troppe materie che appesantiscono in maniera eccessiva gli studenti. Occorrerebbe insomma maggior coraggio; e si potrebbe prendere a esempio il Trentino, dove esiste solo il percorso di formazione professionale che permette un reale ingresso nel mondo del lavoro, oltre ad avere pressoché eliminato la dispersione scolastica. La quale in molte regioni, compresa purtroppo la Toscana, ha percentuali che contribuiscono a posizionare l'Italia al penultimo posto, poco prima della Grecia, nella classifica dei paesi Ocse.
La gran parte degli insuccessi scolastici si verifica a 16 anni, quando gli studenti, nella maggior parte dei professionali, abbandonano definitivamente gli studi a causa, appunto, delle troppe materie e degli spazi del tutto marginali per i laboratori e le attività pratiche; il che contrasta fortemente con le loro aspettative, orientate a un sapere innanzitutto pratico. E a sedici anni la maggior parte di questi ragazzi, viste deluse le loro attese, finisce per chiudersi nelle loro camere a collegarsi a un mondo fittizio e irreale come è quello che si presenta attraverso i social e gli altri nuovi strumenti di comunicazione, che, se usati in maniera sconsiderata, finiscono per dare loro solo ignoranza e fragilità. Per questo, e soprattutto per non rischiare di perderli definitivamente, sarebbe opportuno far leva sulle numerose risorse che per fortuna il nostro territorio continua a offrirci.
Soprattutto nelle nostre periferie sopravvivono infatti con coraggio e determinazione tanti piccoli artigiani e perfino piccolissime industrie, che non hanno l'opportunità di trovare giovani disponibili a imparare un lavoro che se imparato bene, come si imparano bene le cose da ragazzi, rimane un capitale da spendere per tutto l'intero arco della vita. A tale proposito sarebbe davvero opportuno che a partire dagli enti locali (i centri per l'impiego purtroppo denunciano da tempo la loro completa inadeguatezza) si riuscisse a far incontrare le esigenze occupazionali del territorio con la disponibilità dei ragazzi, che vi abitano e che hanno abbandonato la scuola, a misurarsi con queste esigenze. Che ci sono, come sanno bene tutti coloro che ancora frequentano il mondo del lavoro. Sapere che ci possono essere ragazze e ragazzi disposti a imparare un mestiere a partire dai sedici anni servirebbe quindi anche a dare speranze agli imprenditori disponibili a investire su un capitale umano su cui contare a lungo. Se questo incontro venisse facilitato, potrebbe anche dare continuità al lavoro di vecchi artigiani che da soli mai potrebbero assumere dei giovanissimi a cui insegnare il mestiere. Sarebbe quindi opportuno che la Regione potesse garantire un aiuto economico alle imprese che si facessero carico di offrire una occupazione destinata a durare almeno un triennio, in modo da garantire l'acquisizione di competenze molto più raggiungibili da un ragazzo che ha fatto le sue scelte con motivazione e interesse. Naturalmente al lavoro si dovrà accompagnare un certo numero di ore, per esempio una settimana al mese per la durata del contratto di apprendistato (almeno un triennio), un percorso di formazione legata alla acquisizione di competenze più teoriche, che completino le conoscenze delle tre materie di base ( italiano, matematica e storia ) affiancate dal diritto del lavoro, dall' informatica e dalla lingua inglese. A far fronte a queste necessità potrebbero essere chiamati i docenti delle locali scuole medie, o, ancora meglio, i docenti impegnati nei Centri Territoriali per l'istruzione e la formazione in età adulta. I piccoli comuni potrebbero, a questo proposito, consorziarsi tra di loro, consapevoli che una organizzazione del genere potrebbe ridare vitalità a tante nostre realtà locali che si vanno spopolando e vedono scomparire mestieri che hanno contribuito a fare grandi i nostri territori. Si perderebbe così un valore culturale immenso e prezioso. Infine, cosa altrettanto importante, si realizzerebbe di nuovo quell'incontro tra generazioni che rappresenta il fulcro centrale della nostra civiltà e che, salvaguardando il valore dell'esperienza e del passato, permette di dare un futuro a giovani a cui la nostra scuola non sembra in grado di garantirlo.
Valerio Vagnoli

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