venerdì 17 ottobre 2008

UN PRESIDE SCRIVE A UN' EX ALLIEVA IMPEGNATA CONTRO LA GELMINI

Una mia ex allieva, ora all'ultimo anno della scuola media superiore, mi scrive per informarmi del suo impegno contro la Gelmini e di come sia preoccupata per il futuro visto che le università, per esempio, aumenteranno le proprie tasse di dieci volte le attuali. Chiede cosa io ne pensi, aspettandosi evidentemente una mia adesione all'azione di protesta contro la politica scolastica dell'attuale governo. La mia risposta è alquanto pessimista, soprattutto vi evidenzio le responsabilità dei partiti e dei sindacati che stanno guidando ora l'opposizione alla Gelmini e alla fine non mi esprimo nel giudicare migliore una delle due parti politiche rispetto all'altra. Sabrina mi risponde sentendosi delusa e forse tradita dal mio pessimismo; in realtà era già rimasta molto male del fatto che avessi abbandonato l'insegnamento per fare il preside: scelta che avevo giustificato affermando che da preside avrei avuto modo di incidere maggiormente sulla qualità della scuola. Al suo rammarico fa seguito questa mia riflessione che articola e conferma la mia precedente risposta alla ragazza. (Valerio Vagnoli)

Cara Sabrina,
mi dispiace averti delusa per il mio pessimismo, almeno per quanto concerne l’attuale, estesa, mobilitazione per e della scuola, ma come sai, non mi sono mai preoccupato di compiacere i miei allievi ai quali non ho mai negato, quando me lo hanno chiesto, di esprimere quello che pensavo e penso.
Io non entro nel merito dei tuoi entusiasmi e del tuo desiderio di cambiare il mondo: malgrado l’impressione che ti hanno fatto le mie parole, anch’io continuo ad illudermi che questo mondo si possa cambiare, altrimenti lascerei baracca e burattini e farei qualcos’altro. Tu sai che ne sarei capace. Ed altrimenti smetterei d’occuparmi, come faccio invece costantemente, di scuola, anche attraverso il Gruppo di Firenze, e quotidianamente, bene o male, con il mio lavoro.
Il mio pessimismo, e in questo cogli benissimo il senso di quello che ti ho scritto, nasce dall’aver ancora una volta dovuto constatare che la protesta di voi studenti non nasce da un lento e faticoso percorso di impegno culturale e politico nei confronti delle problematiche legate alla scuola, ma scoppia dopo una martellante campagna politica, non di voi studenti, bensì delle forze politiche e sindacali dell’attuale opposizione, che su buona parte della riforma Gelmini racconta vere e proprie panzane. Una fra tutte? I tagli erano già iniziati con Fioroni e quest’ultimo, d’accordo con Padoa Schioppa aveva già preannunciato che in futuro sarebbero stati ben più ampi. Le stesse misure, per me benemerite e da anni auspicate, relative alla condotta e alla revisione dello Statuto delle studentesse e degli studenti, erano già state avviate dallo stesso Fioroni, mentre i tagli alla ricerca mi indignano, ma non me la sento di marciare accanto a quelli che sono tra i principali responsabili del degrado delle nostre università e che per decenni non hanno fatto niente per premiare il merito, unica possibilità per chi non è ricco, di migliorare la propria condizione. Anzi, spesso l’hanno consapevolmente soffocato, o per scelta del tutto ideologica o semplicemente perché i bravi non intralciassero le beghe degli addetti ai lavori e alle poltrone.
Quando mi capita di leggere, sui giornali di questi giorni, gli accorati appelli di rettori e docenti universitari contro i tagli, provo quasi sempre un profondo senso di disgusto: disgusto che nasce dalla consapevolezza che la gran parte delle carriere universitarie è nata grazie al più italiano dei mezzi per far carriera: il nepotismo. Lo stesso proliferare di facoltà inutili e dispendiose ha quasi sempre avuto lo scopo di elargire cadreghe tra le stesse famiglie e tra gli stessi circoli massonici e politici. In questi anni, dio solo sa quanto l’ho atteso, non ho mai avuto occasione di assistere ad una convinta campagna da parte delle forze politiche e sindacali, che pur si dichiarano progressiste, contro questa corruzione che svilisce chi aveva, e malgrado tutto continua ad avere, come me, un preciso punto di riferimento nei principi generali della nostra Costituzione. E in questi anni ho sperato intensamente che almeno dagli studenti universitari nascesse la rabbia civile o almeno l’indignazione per questo degrado della nostra università o per la sorte a cui erano, e sono, destinati i migliori dei nostri giovani ricercatori: e cioè scappare, se in grado di permetterselo, all’estero.
No, stavolta non me la sento proprio di condividere la protesta con chi è corresponsabile di aver ridotto, nel nostro Paese, la scuola e la formazione in generale, ai livelli in cui essa si trova.
Cara Sabrina, sicuramente ti diplomerai con il massimo dei voti, io almeno lo spero e conosco il tuo valore, ma forse lo farai senza che nessuno ti abbia mai nominato Antonio Gramsci. Da ragazzo lo lessi e lo amai molto, per molti aspetti lo amo ancora e, soprattutto, non mi vergogno, come fanno molti, di averlo amato. Allora, da ragazzo voglio dire, leggendolo erano più le cose che non capivo rispetto a quelle che mi entravano in testa. Una delle riflessioni che però più mi colpirono, e che Gramsci, come avrei scoperto più tardi, aveva mutuato da Goya, ricordava come al pessimismo della ragione si debba accompagnare l’ottimismo della volontà. Ebbene, in questo momento mi sostiene, sulla scuola s’intende, solo l’ottimismo della volontà; la consapevolezza, cioè, che la mia personale, silenziosa e quotidiana fatica per costruire un mondo quanto più dignitoso per me e per gli altri, è l’atto più rivoluzionario che si possa compiere e questo atto lo ritrovo anche nel non nascondere agli altri, come ho fatto con te, quello che si pensa. È il pessimismo della ragione, invece, che mi tiene lontano dalla piazza, da questa piazza che ha avuto tutto il tempo di questo mondo perché la scuola italiana non precipitasse, per esempio, agli ultimi posti fra i paesi dell’OCSE e che ha preferito compiacere gli “utenti” – pensa un po’ come vi hanno chiamati – magari costruendo inutili università in ogni cittadina di provincia e garantendovi successi formativi che non valevano nulla, come di solito appunto non vale nulla tutto ciò che viene concesso al solo fine di compiacere la gente, come accade in certe dittature.
Tu, invece, continua ad entusiasmarti e ad avere, come è giusto, la curiosità e il desiderio di capire dove sta il torto e la ragione: guai se alla tua età non fosse così! So che in questi giorni di occupazione non bighellonerai e che alla fine penserai con la tua testa. Cerca però di comprendere chi, come me, pensa con Montale che la realtà non sia sempre quella che si vede.
Un saluto affettuoso a te e alla classe.

5 commenti:

argo50 ha detto...

Egregio Prof. Vignola,
insegno nella scuola elementare di Todi, leggendo la sua lettera, ho finalmente percepito la sensazione che mi aleggiava intorno senza sapere cosa fosse, ora l'ho individuata: l' onestà intellettuale. Lotto continuamente per cercare il dialogo fra le mie colleghe, ma trovo un muro gomma che mi fa rimbalzare contro tutto ciò in cui credo. Le faccio i complimenti per le bellissime parole che ha rivolto alla sua allieva, preda di presunzioni e consequenziale ignoranza. Sono convinto che sarà molto difficile che la riforma venga recepita e analizzata, ma io ci credo, perchè la mattina, entrando in aula, e guardando quelle faccette vispe, mi dico: vai avanti. Ossequi, Antonio Germino

Morpy ha detto...

Grazie Vagnoli condivido tutte le Sue parole; tuttavia sciopererò e scenderò in piazza perché riprendendo Gobetti e Monti del 1922 "nel campo della scuola, come in quello della politica (che sono poi tutt'uno) lo stato dì cose di avanti la guerra non può più durare. È vero che a un certo punto, visto che il gioco era troppo scandaloso, si è inventata la formula 'scuola e vita': la scuola è la strada, la scuola è l'officina, la scuola è il cinematografo. Ma questo può essere una constatazione, magari una constatazione, ma non un programma; perché, a ragionar così, dove si finisce? Si finisca che la strada resta la strada, il cinema resta il cinema, e la scuola non è più scuola; e con la scusa che, tanto e tanto, c'è la vita e che la scuola non è nulla, si pensa a vivere (tira a campà) e la scuola si lascia che vada a rotoli. Adesso, davvero, è ora di finirla. Adesso davvero" Non se ne puo più!

argo50 ha detto...

Ha ragione caro morpy, NON SE NE PUO' PIU'. Mi spieghi perchè scendi in piazza?

Morpy ha detto...

Scendo in piazza perché: 1) l'obbligo di adottare gli e-book dal 2010 dalle elementari alle università è un atto di inciviltà; 2) il decreto Brunetta punisce i malati e non gli assenteisti e soprattutto NON i DIRIGENTI che coprono gli assenteisti; 3) la maestra unica e le 22 ore settimanali + 2 di religione stroncano la scuola elementare; 4) l'aumento del numero di allievi per classe mi impedisce di fare didattica decentemente; 5) gli insegnanti di sostegno sono sempre meno, MA NON vengono licenziati quelli che si girano i pollici; 6) non ho più soldi per alfabetizzare gli stranieri e ne ho 11 per classe (ho solo un pacchetto di ore avanzate dall'anno passato); 7) non ho studenti MA clienti; 8) il contratto è scaduto. Si è vero molte di queste colpe sono di Berlinguer e Fioroni, MA rifletti bene sull'oscenità di imporre ai bambini il libro elettronico nemmeno Huxley lo aveva immaginato. Ciao piero morpurgo

Anonimo ha detto...

necessita di verificare:)