Sergio Casprini e Giorgio Ragazzini si sono soffermati soprattutto sull'organismo che dovrà sostituire il Consiglio d'Istituto (attualmente chiamato Consiglio di amministrazione nel disegno di legge in discussione) e sulla necessità di una compiuta "professionalizzazione" della categoria, sulla falsariga della memoria consegnata ai membri della commissione. Ne pubblichiamo qui di seguito il testo.
PREMESSA: I RISCHI DELLE “GRANDI RIFORME”
L’esperienza insegna la cautela rispetto ai tentativi di riforme “organiche”. C’è il rischio che alcune parti rimangano sulla carta per difetto di mezzi, di chiarezza e di condivisione, anche se non pochi temi affrontati da questo progetto di legge sono sul tavolo da tempo e possono considerarsi maturi. Meglio alcuni passi per volta, di cui si possano riscontrare gli effetti positivi, che una riforma epocale largamente inattuata.
A) AUTOGOVERNO DELLE ISTITUZIONI SCOLASTICHE
Valorizzare il terreno dell’organizzazione e far crescere le competenze gestionali. In realtà l’autogoverno delle scuole ha due versanti: quello gestionale e quello didattico. Qui ci si riferisce, per seguire lo schema proposto, al primo aspetto. Sul secondo diremo qualcosa nella parte dedicata allo stato giuridico.
La maggiore difficoltà nel governo delle scuole autonome è la carenza di persone realmente preparate sul piano organizzativo e gestionale, dirigenti inclusi. C’è in molte situazioni un’evidente sproporzione tra i compiti che ormai gravano sui singoli istituti e la capacità di assolverli in modo efficiente (e questo provvedimento tali compiti li rende ancora più gravosi).
A conferma di questa tesi, Giuseppe De Rita scriveva, il 15 gennaio sul “Corriere della Sera”:
“Le opzioni politiche e le leggi non bastano quando si deve governare il sistema scolastico, occorrono responsabilità organizzative ben disegnate e personale ben motivato”. La mancanza di incisività si riscontra “nella programmazione e nella manutenzione dell'edilizia scolastica; nella gestione didattica dei singoli istituti [...]; nelle politiche del personale a tutti i livelli; nella regolazione delle sfere di autonomia e di partecipazione; nella difesa dei controlli ispettivi.[...] Quanta gente frustrata, a tal proposito, abbiamo incontrato negli ultimi anni: dirigenti centrali demotivati e con sempre minore potere; presidi e direttori didattici lasciati alla propria buona volontà; ispettori scolastici senza più ruolo...” Una questione, insomma, che si pone “in termini di basilare organizzazione della macchina”.
Naturalmente esiste spesso (anche se non sempre) una notevole carenza di mezzi finanziari, che però non spiega tutto.
Da questo punto di vista, oltre ai provvedimenti indicati da De Rita nel seguito dell’articolo (che alleghiamo), è necessaria un’azione effettiva di “accompagnamento” dell’autonomia che tenga conto della scuola reale, eterodiretta per moltissimi anni dall’amministrazione centrale. Pertanto, in un processo graduale di attuazione della legge di riforma, occorre trovare un punto di equilibrio tra iper-regolazione dello stato e eccessiva autoreferenzialità delle scuole autonome, un rischio presente in alcuni articoli della legge.
D’altra parte, finora non si è visto un granché quanto a controlli di regolarità e di correttezza; e pochissime risultano le forme di incisiva valutazione.
Governo e partecipazione. Da molti anni l’elezione del Consiglio di Istituto è contrassegnata in molte scuole dall’affannosa ricerca di candidati delle diverse componenti. Alla fine approdano spesso nel Consiglio persone poco motivate, che si sono prestate per spirito di servizio e, in genere, non possiedono che limitate conoscenze e attitudini per dare un contributo significativo. Ci risulta anche che la partecipazione di molti eletti è saltuaria e non sempre si raggiunge effettivamente il numero legale.
Il problema, a nostro avviso, si risolve solo in parte riducendo il numero dei membri e prevedendo la partecipazione di esperti esterni. E quella del rappresentante dell’ente locale proprietario dei locali (che in teoria potrebbe favorire uno snellimento delle procedure di intervento sulle strutture scolastiche) potrà forse essere assicurata dai piccoli comuni; ma in quelli grandi e nelle province la cosa ci pare poco praticabile.
Per quanto riguarda i docenti, si dovrebbe lavorare nella direzione di valorizzarne, professionalmente parlando, l’elezione nell’organismo di cui all’art. 5 (comunque si chiami), considerandola come utile per un successivo sviluppo di carriera e prevedendo anche la possibilità di un incentivo economico.
L’esigenza di sostituire il volontariato con la competenza nella vita della scuola può suggerirci qualcosa anche a proposito (per dirla con De Rita) di “regolazione delle sfere di autonomia e di partecipazione”, con particolare riferimento a quella di genitori e studenti. La loro presenza nell’organo di autogoverno amministrativo è essenziale come elemento di controllo, di trasparenza e di rappresentazione delle proprie esigenze (funzioni che è possibile amplificare ulteriormente con vari strumenti di consultazione degli utenti); tuttavia ci pare che la responsabilità prevalente delle decisioni debba ricadere in ultima analisi sull’amministrazione e sulle componenti tecnico-professionali, che non possono quindi essere sottorappresentate; e in tal senso si dovrebbe disporre in questa legge, non essendo opportuno che su questo punto si lasci la decisione ai singoli istituti.
Ma la partecipazione delle famiglie e degli allievi dovrebbe a nostro avviso essere incrementata anche con la creazione di organismi autonomi sostenuti anche economicamente dall’Istituto, che, soprattutto per gli studenti più grandi, rappresenterebbero una forma di impegno sicuramente più soddisfacente e formativo di quello attuale. Ne prevedono la possibilità tanto il presente PdL (art. 9), quanto lo Statuto degli Studenti (art. 2), ma è necessaria una politica di promozione e di sostegno in questo senso. Pensiamo per esempio a associazioni culturali ben strutturati e gestite dagli studenti, con loro Statuti e attività regolari pomeridiane che potranno riguardare l’orientamento, l’approfondimento di temi culturali, attività sportive, pubblicazioni, siti web, eccetera.
E pensiamo anche alla necessità di favorire una maggior partecipazione di tutti i genitori alla vita scolastica anche attraverso l'organizzazione di incontri sui cambiamenti in atto nella scuola, su nuove normative e via dicendo.
B) STATO GIURIDICO DEI DOCENTI
Tra i diversi provvedimenti previsti in questa sezione del progetto di legge, ci preme evidenziare:
- la creazione di un’area contrattuale autonoma, sottolineando che appaiono ormai anacronistiche le resistenze che vorrebbero continuare a escludere da questo istituto solo i docenti tra tutti i professionisti dipendenti dello Stato;
- la creazione di nuove articolazioni della funzione docente, che contribuiscano al governo della scuola sotto il profilo dell’aggiornamento, della ricerca, della formazione e tirocinio dei nuovi docenti, della progettazione di curricoli, dei servizi alla didattica;
- la creazione di organismi tecnico-professionali di carattere nazionale con articolazioni regionali (ad esempio il “Consiglio Superiore della Docenza” proposto da alcune associazioni professionali);
- l’elaborazione e la diffusione di un codice di princìpi etici della professione docente, che individui – ma solo dopo un’ampia e non frettolosa discussione nella scuola – gli impegni fondamentali che ciascun insegnante deve assumersi nei confronti degli studenti, dei genitori, dei colleghi e della propria professione. In un paese di cui tanto e a ragione si lamentano le carenze di civismo e senso di responsabilità, la riflessione e la presa di coscienza che questa innovazione comporterebbe può costituire una leva essenziale per innalzare il livello di serietà nella nostra scuola, far ritrovare agli insegnanti il giusto senso di appartenenza insieme alla coscienza dei diritti e dei doveri e infine la consapevolezza che è alla collettività, prima ancora che ai singoli utenti, che un insegnante e la scuola devono in definitiva rispondere del loro operato;
- l’istituzione di una valutazione periodica di tutto il personale docente (in tutti i suoi livelli di carriera) e dei dirigenti scolastici, con la raccomandazione, però, che nel caso di seria inadeguatezza o di gravi mancanze sul piano deontologico-professionale non si prevedano solo sanzioni blande come all’art. 17 comma 5, ma anche provvedimenti molto più incisivi – e pensiamo quanto meno alla destinazione ad altri incarichi, se non proprio al licenziamento – in quanto solo se si interviene sul demerito professionale si può introdurre una efficace e credibile logica meritocratica nella scuola dell’autonomia.
Martedì 17 febbraio 2009
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