giovedì 26 agosto 2010

DON MILANI: PER FORTUNA NON FU L'UNICO MAESTRO

di Valerio Vagnoli


Parlando di don Milani bisogna dare per scontato che egli, dal momento della conversione e dal successivo ingresso in seminario, si sentì esclusivamente un uomo di chiesa e che come tale intervenne sui temi che più ebbe a cuore: la scuola e la dignità dei poveri. Di una Chiesa, peraltro, a cui fu sempre obbediente, contrariamente a quanto si possa pensare, perché, come ebbe a dire, “Noi la chiesa non la lasceremo... non possiamo vivere senza i suoi Sacramenti e senza il suo Insegnamento. Accetteremo da lei ogni umiliazione...”.
Dal punto di vista dottrinale, Don Milani rimase ancorato piuttosto alla Chiesa post- tridentina che non a quella conciliare dei suoi ultimi anni di vita; e chi lo conobbe bene, anche nel privato, credo concordi con me nel ritenere che difficilmente, se non fosse morto prematuramente, avrebbe rinunciato alla tonaca per il più “borghese” clergyman. (Segue su GdF Documenti).

14 commenti:

Anonimo ha detto...

Serenella ha detto ...
Apprezzo questo articolo. Con rigore si contribuisce nello smontare l'enorme bufala pedagogica che sta dietro e, insieme ad altre sono causa del disastro della scuola attuale. Si dovrebbe consigliare ad ogni docente,alunnoe genitore la lettura critica del libro "Lettera ad una professoressa" per individuare come la scuola "non deve essere": cioè come la scuola non deve minimamente assomigliare a quella di Barbiana e il docente a don Milani. Quel libro ha rovinato la scuola italiana, ha impedito la possibilità di un vero ascensore sociale per i disagiati,ha offeso e tuttora fa offendere la dignità dei docentie e fa disconoscere il loro grande contributo dall'Unità d'Italia ad oggi. A peggiorare la situazione sono intervenuti altri speculatori: alcuni sedicenti pedagogisti "alla moda" malati di protagonismo e di ideologia di una certa sinistra e assetati dei soldi che provenivano dai corsi di aggiornamento .

Giuseppe ha detto...

Pur avendo letto e sentito abbastanza su Don Milani, non posso dirmi esperto e approfondito conoscitore della sua esperienza. Mi sono fatto l'idea che ciò che ha attratto maggiormente di lui, è stato lo "spirito ribelle" - cioè il ribellismo in quanto tale -quale espressione della sua essenza emotiva e caratteriale, solo in parte mitigata dalle dichiarazione di obbedienza alla Chiesa in una misura, però non adeguata, soprattutto per coloro che ammirano naturalmente il ribellismo tout-court.
Ma ben sappiamo quali sono i frutti del ribellismo, Adamo ce lo insegna.
Quindi, mi sembra che Don Milani si sia mosso su una china abbastanza pericolosa e, spesso, mi domando se certi preti, soprattutto delle Diocesi della Toscana, non siano così a sinistra, "anti clericali" e, mi verrebbe da dire .. "protestanti", per questa sua impostazione.
Questi moti tipici di don Milani sono quelli che, probabilmente
hanno raccolto i favori incondizionati e aprioristici da parte di molti che apprezzano assai chi spara a zero sull'autorità, sulle istituzioni civili e religiose, perchè non vogliono, in via di principio, nessuna mosca sul naso e pensar di aver sempre tanta e tanta ragione; da qui anche una certa mitizzazione della sua figura a scapito di un attento studio della sua vita e delle sue opere.
In conclusione mi vien da dire che bisognerebbe stare ben attenti a quello che si fa e si dice di propria esclusiva iniziativa, perchè le probabilità di far male ci sono e sono molte.
Lo dico pensando a Don Milani e soprattutto a me stesso per quanto ho scritto qui.
Giuseppe Ragazzoni

PS scusate ma io per natura sono una anti-ribellista ... a criticar son buoni tutti..

Anonimo ha detto...

Serenella ha detto ...
Anche Don Bosco (o,per i credenti, san Giovanni Bosco) è stato un pedagogista ribelle,ma quanta differenza vi è stata, e vi è, nelle conseguenze positive del suo operare e della suo intendere l'educazione dei ragazzi e quindi la scuola. Don Bosco fu, per esempio (e questo potrebbe servire al gruppo di Firenze per avere esempi positivi di una scuola non solo liceale ma che offre anche prospettive del professionale o dei "mestieri"), il primo che credette nella scuola laboratorio e nel preparare i ragazzi al lavoro grazie a sale attrezzate per i lavori manuali. Il suo obiettivo era di rendere i ragazzi dei buoni cittadini credenti e lavoratori.
Chissà perchè non vi erano bulli e nullafacenti nei suoi istituti.Non ha mai buttato fuori nessuno, ma sosteneva che se qualcuno diventava pericoloso per gli altri, andava allontanato con decisione. L'allegria, l'operosità e il gioco, egli sosteneva, tengono i ragazzi lontani dallo sbagliare. Ecco quale era lo scopo degli oratori salesiani. Il sorriso, gli ammonimenti e i consigli sussurrati alle orecchie. Che peccato aver dimenticato la figura del RIBELLE don Bosco!

Anonimo ha detto...

Sì certo, parliamo di don Milani ma c'è chi sta facendo lo sciopero della fame.....


Anonimo ha detto...

Serenella ha ragione, bufala pedagogica smontata, finalmente.

Antonio ha detto...

Non sempre condivido le posizioni del Gruppo di Firenze, ma incolparlo, come sembra fare il penultimo Anonimo, di occuparsi di don Milani anziché nutrire interesse per il docente in sciopero della fame che protesta contro i tagli agli organici, mi sembra oltremodo bizzarro, se non fazioso. Perché l'anonimo, invece di moraleggiare non si mette a digiunare per solidarietà?
Antonio

Anonimo ha detto...

E’ il più grande licenziamento di massa nella storia della Repubblica italiana.

V.P. ha detto...

Molto alla buona si potrebbe dividere la storia della scuola italiana, a partire dall' Unità, in due parti: nella prima, lunga più di cent' anni, i maestri picchiavano gli allievi, li castigavano nei modi più svariati, tenendoli in ginocchio per ore, o si sfogavano con verghe su teste e mani. Certi metodi non sarebbero mancati nemmeno nelle scuole dei gesuiti o in altri istituti religiosi, come le cronache hanno testimoniato in questi giorni. La seconda parte, ormai lunga mezzo secolo, è quella in cui le botte, vere o metaforiche, le hanno prese gli insegnanti: diciamo a partire dal Sessantotto o comunque dalla messa in stato di accusa della scuola tradizionale ad opera non solo del movimento studentesco, ma anche di personaggi come don Milani, che con la sua Lettera ad una professoressa (1967) diventava di fatto un capostipite rivoluzionario.

leggi tutto l'articolo

Anonimo ha detto...

Don Milani contento????

Solidarietà ai precari della scuola in sciopero della fame.
"Un licenziamento di massa"

Sergio Palazzi ha detto...

Pochi giorni fa, uscendo dall'autostrada intasata, sono passato per la prima volta di fianco a una freccia che diceva "Barbiana". Mia moglie, a cui quel nome non diceva nulla, ha ritenuto che fosse già tardi e così abbiamo tirato via.

Ma per me quel nome significava molto. Quando arrivò il 68 ero intorno alla terza elementare, in un edificio di recente costruzione di un paese non troppo lontano da Milano, ma nemmeno troppo vicino per essere inglobato nella periferia informe; più industrializzato che contadino, affollato di immigrati soprattutto dal nord padano (e noi tra quelli). Nei due anni successivi avrei avuto uno splendido maestro, Edoardo Minetti, dritto e con i capelli bianchi, solenne e simpatico, di quel genere autorevole senza dover essere autoritario che scendeva difilato da de Amicis, o comunque da quella scuola che voleva e sapeva essere strumento di crescita per tutti; di ascensore sociale, si sarebbe detto poi. L'anno successivo, nella vicina scuola media, dopo il migliore insegnante della mia carriera avrei incontrato il peggiore. Non ne ho mai parlato e non voglio parlarne troppo nemmeno qui, dal livore che ho dentro da allora, per quello che ho subito io e per le conseguenze che ha avuto su altri. Basti dire in questa sede che era un dichiarato epigono di don Milani, di cui però aveva solo l'autoritarismo, l'arroganza e il classismo settario (con qualche modulazione in chiave maoista da rivoluzione culturale), non certo la cultura, l'austerità e, credo, nemmeno la fede.
L'anno dopo una preside deamicisiana mi concesse di cambiare sezione, e non l'ho mai ringraziata abbastanza.

Entrambi quegli insegnanti hanno avuto un peso nel fatto che, ad un certo punto della mia vita lavorativa, ho deciso di cambiare strada e prendere quella che, stamattina, mi ha portato all'abituale collegio dei docenti del primo dell'anno. Cerco di vivere, in chiave attuale, qualcosa del primo; mi guardo allo specchio con paura, quando ho la sensazione di avere qualche comportamento in comune con il secondo.

Barbiana e Milani sono stati, per lunghissimi anni, nomi che ho detestato, pensando a tutto il male che aveva saputo spargere intorno a sé quell'esecrabile personaggio dei miei 11 anni. Ma in seguito ho sentito il bisogno di prendere in mano quei testi -ne rileggevo uno anche il mese scorso- e di studiare qualcosa sul priore di Barbiana.

Casualmente, o forse no, essendo cattolico sono sempre stato liberale, ed al partito che già non era più di Malagodi sono rimasto iscritto fino alla sua dissoluzione - fa piacere che ogni tanto qualcuno si ricordi del vecchio signore di Cento e del suo anticonformismo da gran borghese.

Ho letto e riletto questa nota di Vagnoli, così come ne avevo lette di precedenti sull'esperienza di Barbiana, e pur nella mancanza di conoscenza diretta mi sento di condividerla.
Anche da un altro punto di vista, lapalissiano: se al primo di settembre del 2010 siamo ancora qui a discutere di don Milani, vuol dire che comunque (a prescindere dagli scarsi esiti della sua azione diretta e da quelli spesso ignobili dei suoi epigoni) con quella figura un insegnante si deve ancora confrontare.

Quando avrò occasione di passare dal Mugello, spero di avere tempo per girare a quel bivio e fermarmi a riflettere. Foscolianamente, s'intende.

Anonimo ha detto...

Aveva ragione don Milani - seconda parte

di Sisa

(seguito)

L’accordo tra imprenditori e lavoratori lo si ottiene comportandosi come Adriano Olivetti mezzo secolo fa e rispettando i lavoratori, non proponendosi come un padrone delle ferriere di metà Ottocento. Compito di un sindacato come il Sisa è quello di offrire occasioni e momenti di lotta, a partire dallo sciopero e da tutte quelle manifestazioni più creative che ciascun lavoratore della scuola, ciascun studente, da Trento a Trapani potrà inventare da solo e collettivamente e che sosterremo. Ci vogliono ignoranti, ci avranno ribelli.
Abbiamo indetto il primo giorno di sciopero del nuovo anno scolastico per lunedì 27 settembre 2010, con manifestazione a Roma alle ore 10.00 sotto le finestre del Miur in viale Trastevere. Docenti, studenti, Ata, cittadini responsabili, così come tutti gli altri sindacati, saranno i benvenuti.
Il 27 settembre sarà il primo giorno di sciopero, ne seguiranno altri, indetti da noi e da altre organizzazioni, non dubitate che il Sisa sarà sempre in piazza.
Per le ragioni che abbiamo espresso e per molte altre, perché la nostra è una battaglia di civiltà, propositiva, perché crediamo nella cultura, nella scuola e nell’università. Buon anno di scuola e di università quindi, di lotta per la scuola e l’università a tutte e tutti coloro che nella scuola e nell’università ci vivono e ci credono, veramente, e a tutte quelle cittadine e quei cittadini che responsabilmente sentono l’importanza e il valore delle istituzioni scolastiche e culturali della Repubblica Italiana e sono a fianco di chi con entusiasmo ne varcherà in questi giorni i portoni. 1° settembre 2010.

Davide Rossi
Segretario generale
31/08/2010

Anonimo ha detto...

Aveva ragione don Milani - prima parte

di Sisa

Inizia un nuovo anno scolastico, carico di preoccupazioni. La situazione è grave.
La scuola e l’università sono colpite con violenza dal ministro taglia-tutto Gelmini Patelli, a cui rinnoviamo la richiesta di immediate dimissioni.
Distrutta la didattica, tagliati gli organici, gettate esperienze, storie, vite. I precari sono già in lotta, siamo solidali con loro e ci impegniamo come sempre a difendere i più deboli tra loro, i precari non abilitati, che meritano almeno il diritto a potersi abilitare.
Come Sisa ci auguriamo che a difendere i non abilitati si aggiungano altre forze sindacali, da tre anni, da quando siamo nati, siamo i soli a farlo. Sono allarmati e preoccupati - a ragione - gli studenti, delle superiori e dell’università, che rappresentano la parte più considerevole degli iscritti al nostro sindacato, vedono, dentro il declino dell’Occidente, il totale disinteresse da parte del ministro e del governo italiano per i saperi e per la ricerca, quando tutte le istituzioni internazionali concordano nel ritenere fondamentale per il futuro investire nella conoscenza. In questi giorni pensiamo a don Milani il quale a ragione ha scritto in “Lettera a una professoressa” che “la scuola sarà sempre meglio della merda” e il SISA è assolutamente d’accordo. La scuola, i saperi, che vogliamo costruire insieme ai ragazzi, saranno sempre meglio della merda, di quella della stalla dello studente milaniano, ma anche di quella più raffinata, meno puzzolente, ma ugualmente deleteria, che ci viene rifilata attraverso una comunicazione aggressiva che vuole imporre modelli e pensieri unici. A cui la scuola e l’università gelminiana sono state velocemente piegate, con l’obiettivo di formare studenti ignoranti e conformisti e non liberi, critici e consapevoli.
L’astrazione teorica del “merito” ha come finalità quella di mummificare i saperi e non di sentirvi il riverbero potente verso il presente. Leggere Montale o Cicerone dovrebbe, secondo il ministro, impedire di promuovere tra i giovani l’impegno civile contro le attività criminose e mafiose, che attraverso il riciclaggio, l’occultamento dei patrimoni e l’evasione fiscale, accentuano con più forza il declino, già economicamente strutturale, dell’Italia. Quella che per il ministro è “politica” che deve restar fuori dalle aule, per don Milani era il necessario contributo che ogni docente deve dare perché i ragazzi diventino cittadini.
L’educazione ambientale sarà ancora una volta abbandonata alla buona volontà di chi avrà il coraggio di affrontare in classe il tema, mentre le organizzazioni scientifiche invitano ad aumentare la conoscenza e la consapevolezza dei limiti dell’ecosistema terrestre. In questo 2010 poi la popolazione mondiale ha raggiunto i sette miliardi e per la prima volta sono più numerosi i cittadini urbani, oltre 3,5 miliardi, di quelli rurali, meno di 3,5 miliardi, ma dei cittadini urbani un miliardo vive in favelas e baraccopoli, non solo nel Sud del pianeta, ma sempre di più anche in Europa, anche in Italia. Sul tema dell’integrazione, dell’accoglienza, del rispetto dei migranti e degli stranieri, il governo e il Miur sono assenti.
Il Sisa chiede che a Rosarno come a Milano, a Roma come a Napoli si agisca per l’integrazione degli stranieri, il rispetto delle culture, il rifiuto della xenofobia e del razzismo, a partire da una campagna di solidarietà con i popoli rom, diventati purtroppo capro espiatorio della rabbia sociale di fronte alla crisi, dalla quale certo non si esce con il paternalismo alla Marchionne, che vorrebbe imporre un nuovo modello produttivo schiavistico, di otto ore di lavoro senza pausa ed essere pure applaudito.

(segue)

Davide Rossi
Segretario generale
31/08/2010

Anonimo ha detto...

Primo giorno di scuola assemblea dei sindacati nella Toscana di don Milani.

romano ha detto...

Rispondo con piacere e racconto la mia disavventura durante le prove scritte e orali.
Alla prima prova poco o nulla da segnalare: Italiano non si copia a meno che non si riceva un aiuto dall’esterno, cosa che è anche accaduta in giro e lo sappiamo.
Alla seconda e alla terza prova apriti cielo: le colleghe esterne hanno trascorso 6+3.30 ore a dire (me lo sono appuntato) “e basta…!”, “smettila…!”, “smettetela…!”, “ma ti pare questo il modo”, “non è ora di finirla..!”, “allora ma dove pensate di essere..! “ ecc. ecc. . Da parte mia non potevo che sorridere tristemente e quando la collega mi ha chiesto perché non intervenivo le ho detto “perché mi sento come un vigile urbano che ogni mattina – per me ogni anno – sta lungo una strada con limite di 50 e per motivi che a lui , poverino, sono sconosciuti non può fare multe. Gli automobilisti passano a velocità ben sopra al consentito e il vigile guardandoli fa loro il gesto con la mano destra che significa “birbaccione che fai”, i guidatori sorridono con pietoso rispetto e proseguono infischiandosene. A questo punto il vigile si adegua, sorride anche lui. Ma spera di poter fare una multa un giorno, cosicché la smetteranno di prendersi gioco di lui”.
E poi ho aggiunto: “ un giorno, anni fa, chiesi ad un ex alunno come erano andati gli esami per la patente. Sconsolato mi rispose “professò mi hanno bocciato per la seconda volta” ingenuamente ho risposto “ma una sbirciatina qua e là non si può?” e lui “oh professò ma la patente non è mica l’esame di stato!!” Mi ha ucciso.
All’orale, invece, i soliti studenti sfaticati hanno sparato alcune grosse corbellerie. Sapete cosa ha fatto una collega? Si è alzata e, ad uno di questi simpatici ignoranti, gli ha dato un bacetto dicendo “poverino è emozionato”. A quel punto dopo aver lanciato uno sguardo di disapprovazione sono intervenuto con “ ehi, giovane tra qualche mese se dici una stupidaggine ti cacciano, non ti danno un bacetto!!”
Ecco come li abituiamo alla vita. Troppe mamme e alcuni papà poche professoresse e professori. Ma è anche vero che così è tutto più facile. Tutti promossi e tutti bei voti. CHI ME LO FA FARE (chimmelofafaismo) tanto lo stipendio non cambia.