“Corriere
Fiorentino”, 10 Maggio 2019
In questa scialba campagna elettorale
per il rinnovo del Parlamento europeo, in realtà quasi esclusivamente
incentrata sui problemi di politica interna, c’è una totale indifferenza ai
problemi della scuola. Il che non stupisce, visto come da tempo viene «governato»
in Italia il sistema scolastico. Ma se la scuola rappresenta l’ istituzione
fondamentale per la salvaguardia della lingua nazionale, della cultura e
perfino dell’economia di ciascun Paese, l’Unione Europea non potrà fare passi
avanti se priva di obiettivi comuni sul piano dell’istruzione. Proprio per
questo nel lontano 2000 fu varata a Lisbona una vera e propria strategia per
raggiungere entro il 2020 una serie di obiettivi anche in ambito scolastico.
Tra questi primeggiava, vista la rapidità delle trasformazioni in tutti i
settori, la necessità di un apprendimento per tutto l’arco dell’esistenza, in
funzione della piena occupazione, ma anche delle competenze personali, civili e
sociali fondamentali per l’acquisizione di una vera e propria «cittadinanza
attiva».
Un modo intelligente di essere europei
sarebbe quello di far tesoro di ciò che caratterizza in positivo ciascuna
nazione. Dovremmo mostrare più attenzione verso altri Paesi in merito alla
formazione e al reclutamento dei docenti. In Finlandia, tanto per fare un
esempio, solo un aspirante su dieci diventa un insegnante (preparatissimo e
rispettatissimo). A proposito della formazione professionale, ci si può
ispirare, oltre al sistema tedesco in cui una parte della formazione tecnica e
professionale si svolge in azienda, anche a quello di altri Paesi
caratterizzati come il nostro da un’economia legata alle medie e piccole
imprese. Per combattere l’insuccesso scolastico e rendere più equa e insieme
più rigorosa la nostra scuola superiore, il Gruppo di Firenze, ispirandosi
appunto all’esperienza di alcuni Paesi europei, ha proposto di basarla non più
sul passaggio da una classe a quella seguente, ma sul superamento di corsi
successivi nelle diverse materie. Dovremmo confrontarci con l’Europa anche sull’educazione
degli adulti e l’orientamento scolastico, quest’ultimo da noi pressoché
inesistente, con la conseguenza di molte scelte sbagliate, causa a loro volta
di parecchie bocciature. A tale proposito mi preme ricordare come, pochi anni
fa, in Toscana venne finalmente firmato un accordo tra l’Ufficio scolastico
regionale, la Regione stessa, le Università e le Associazioni di categoria per
mettere a regime iniziative di orientamento in tutti gli ordini di scuola.
Dopo la firma dell’accordo e dopo una iniziale
formazione a tappeto dei dirigenti scolastici dell’intera regione, fu
sufficiente il cambiamento di un direttore scolastico regionale perché tutto
passasse nel dimenticatoio. Anche sull’inserimento nella scuola dei ragazzi
stranieri c’è molto da apprendere. Praticamente tutti i paesi europei prevedono
una varietà di sistemi per far imparare la lingua ai ragazzi stranieri,
compresi periodi più o meno lunghi dedicati esclusivamente a questo. Noi non ce
li abbiamo, perché prevale la retorica dell’inclusione in classe subito, così
spesso l’inclusione diventa solo di facciata. Alcuni aspetti del Programma di
Lisbona per fortuna stanno offrendo dei risultati postivi, a partire dai
progetti Erasmus che incentivano la mobilità transnazionale dei giovani. Inoltre
è stato adottato un sistema di condivisione e certificazione delle competenze
in fatto di istruzione e formazione (compresi i diplomi universitari)
spendibile in tutti i paesi della comunità. Viene inoltre effettuato un
periodico monitoraggio sulle performance di ciascun paese, che vede purtroppo
l’Italia in tutti questi settori all’ultimo posto in Europa. Che sia per questo
che è meglio non parlarne in campagna elettorale?
Valerio Vagnoli
Nessun commento:
Posta un commento