Non c’è che dire, nella gran parte delle
scuole fiorentine i primi risultati degli esami di Stato sono davvero molto
buoni. Il numero dei 100 e perfino dei 100 e lode forse non ha eguali rispetto
agli scorsi anni e ancora di più se si fa il confronto con gli anni precedenti.
Tutto ciò non può che far piacere, innanzitutto alle ragazze e ai ragazzi che
si sono meritati questi voti e ai docenti che li hanno preparati.
A dire il vero un po’ c’era da
aspettarselo. Nella nuova formula, l’ennesima negli ultimi dieci anni, il
punteggio di ammissione, quello che valuta l’andamento del candidato negli
ultimi tre anni, è stato portato non a caso da 25 a ben 40 punti. Possono aver
influito positivamente anche le nuove modalità di svolgimento della prova
orale, ideate a quanto pare dal Ministro in persona: lo studente sceglie una
fra tre buste chiuse, da cui può venire fuori la fotografia di un piatto
futurista, un proverbio, un verso di Montale. Da lì sono partiti i candidati,
che, se abbastanza loquaci, hanno potuto andare avanti senza essere interrotti,
come hanno raccomandato diversi presidenti di commissione, benché le istruzioni
ministeriali non facessero parola di questa facilitazione. Sembra infatti che
in generale sia spesso mancata proprio per questo ai commissari la possibilità
di approfondire i contenuti via via proposti dagli studenti o di affrontare
anche altri argomenti, oltre quelli legati alla traccia «pescata» nella busta.
Malgrado ancora non siano disponibili i
risultati nazionali, c’è da scommettere che saranno anch’essi i migliori di
sempre; e forse anche quest’anno certe scuole potranno vantare percentuali a
due cifre di cento e lode e a gioire saranno, oltre ai ragazzi e alle loro
famiglie, anche i responsabili di questa nuova impostazione. Come ogni anno, in
mancanza di strumenti che consentano di comparare i risultati, non si può che
ripetere il manzoniano “fu vera gloria?” Solo che neppure i posteri avranno gli
elementi per rispondere. Certo è che i mali della scuola superiore rimangono
tutti, soprattutto quello di essere in molti casi poco esigente sul piano della
preparazione e su quello del comportamento, due aspetti tutt’altro che
reciprocamente ininfluenti.
Non si tratta di tifare
per la scuola che boccia e tantomeno per quella, come l'attuale, che perde per
strada ogni anno migliaia e migliaia di ragazzi. Vorremmo una scuola più efficace
e credibile, il che significa anche meno timorosa di esami frequenti e
impegnativi (ne sono rimasti solo due), appuntamenti per mettersi alla prova e dare
il meglio di se stessi. Del resto non molto tempo fa proprio su questo giornale
si è discusso di una scuola basata, invece che sul tradizionale succedersi
delle classi, su corsi disciplinari al termine dei quali si dovrebbe sostenere
un esame per passare al corso successivo.
Ma si apprezzerebbe anche
qualche piccola accortezza in più da parte del Ministero, per esempio quella di
formare adeguatamente e per tempo i docenti quando si cambiano le formule degli
esami. In mancanza di ciò, c’è da aspettarsi anche dei risultati molto disomogenei
tra le varie commissioni all'interno della medesima scuola. E vorremmo inoltre che
chi formula dal ministero le griglie di correzione delle prove scritte sapesse
usare la lingua italiana, in modo da fornire istruzioni di senso compiuto. L'improvvisazione
in questo settore non ci piace affatto. Ci piacciono invece i bei risultati,
purché veritieri, frutto cioè della volontà e della capacità di valutare i
ragazzi per quello che sanno e sanno fare.
Valerio Vagnoli (“Corriere Fiorentino” 10 luglio 2019)
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