mercoledì 16 luglio 2008

SUL SETTE IN CONDOTTA C’È CHI RISPOLVERA L’ARMAMENTARIO BUONISTA INVECE DI DISCUTERNE SERIAMENTE

Sul tema della condotta scolastica si manifestano ciclicamente i vizi e i tic culturali di una parte della sinistra. È bastato che il ministro Gelmini dicesse che è necessario tenerne conto nella valutazione di fine anno, che si è rivisto il solito repertorio di frasi fatte e di accuse grossolane. Il Coordinamento dei genitori democratici afferma: “Non è con gli schemi sanzionatori che si risolvono i problemi” (è la vecchia idea chic che sanzione è uguale a autoritarismo). L’Unione degli studenti democratici: “Un ragazzo può essere irrequieto, non impeccabile [maleducato? insopportabile?], eppure dotato di competenze e capacità” (un giorno si proclama fondamentale l’educazione alla cittadinanza, il giorno successivo ci si rifugia dietro una netta separazione di comportamento e “competenze”). “L’Unità” è felicissima di tornare allo scontro ideologico e apre un pezzo dall’originalissimo titolo Gelmini zero in condotta con una citazione di Edoardo Bennato (da I buoni e i cattivi dei gloriosi anni '70), in cui i bambini sono in fila per tre, devono dire sempre di sì, eccetera. Berlinguer su Radio 1 duetta con Bertagna. Per l’ex ministro, nutritosi di letture pedagogiche “moderne” e di articoli di Umberto Galimberti (ma dimentico di Gramsci), questa scuola che ha separato il cuore e la ragione dovrà essere sostituita da un luogo in cui un gruppetto di allievi gioca a scacchi, altri due dipingono, altri conversano in inglese su problemi di attualità (ma dove sono finiti gli insegnanti, in qualche gulag?). Bertagna interloquisce: “Il professore ha ragione, la scuola italiana è ancora concepita come una caserma!”.
Eppure è stato proprio un ministro democratico, Giuseppe Fioroni, a sottolineare per primo, e con lodevoli provvedimenti concreti, la necessità di dare il giusto peso al comportamento e di non continuare a farne una variabile ininfluente della vita scolastica. Fino a quando c’è stato lui a Viale Trastevere gli antiautoritari professionali hanno taciuto obtorto collo o bofonchiato; ora che c’è un’esponente del centrodestra si sentono come liberati da un incubo. Il ministro ombra Maria Pia Garavaglia traccheggia: un po’ critica: “si parla della scuola solo sul piano del colore” (forse perché se ne vedono di tutti i colori); un po’ cautamente consente: “La proposta può essere un utile terreno di confronto, sempre che si trasformi in fatto concreto”. Viene spontanea una domanda: perché l’ex-ministro tace? Non s’era detto, in campagna elettorale, che la scuola, patrimonio fondamentale della società, deve essere terreno di dibattito senza preconcetti e mediocri tornaconti politici?
Per fortuna, comunque, in tanti hanno ormai capito, nella scuola e fuori, che la fermezza nel far rispettare le regole della convivenza deve tornare un caposaldo dell’educazione tanto in classe che in famiglia, anche sulla scorta di ormai innumerevoli raccomandazioni di psicologi e psichiatri, oltre che dell’irrefutabile verdetto dell’esperienza. Si può in proposito rileggere utilmente nel nostro archivio Il tabù della condotta di Valerio Vagnoli.

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