domenica 30 maggio 2010

INDICAZIONI PER I LICEI, LA RIVENDICAZIONE DI UNA SVOLTA

Con la pubblicazione del testo definitivo delle Indicazioni Nazionali il cammino della riforma dei licei è sostanzialmente concluso, al di là degli ulteriori passaggi tecnici. Delle Indicazioni ci siamo già occupati, apprezzando la semplicità della struttura e la chiarezza del linguaggio in luogo dei mortiferi cataloghi di abilità e competenze e del gergo pseudospecialistico fin qui utilizzata da analoghi documenti ministeriali. Nel post del 16 aprile abbiamo documentato e commentato i molti interventi pro e contro e abbiamo scritto che nei critici più severi, quelli che, auspicando una didattica delle competenze, parlano di queste Indicazioni come di un “ritorno ai tempi in cui Berta filava”, è più o meno esplicita l’idea che le Indicazioni avrebbero dovuto contenere delle chiare prescrizioni metodologiche da imporre ai docenti italiani, per loro natura riottosi di fronte a qualsiasi innovazione didattica. In linea con questa impostazione è anche un intervento di Mauro Ceruti sul Sole 24 Ore del 24 maggio, nel quale, premesso che le Indicazioni “sono il segnale del prevalere di un’attitudine contenutistica e prescrittiva”, si lamenta che “ le indicazioni metodologiche, ineliminabili per la costruzione di solide organizzazioni dei saperi, sono praticamente assenti dal testo”.
Questa “assenza”, che dal punto di vista di Ceruti è un grave limite, è invece fortemente rivendicata dagli estensori delle Indicazioni come una consapevole e convinta scelta di fondo in un capitolo della Nota introduttiva intitolato “Obiettivi, competenze e autonomia didattica” (pagg. 9-11). La libertà di insegnamento, cioè la piena autonomia dei docenti di operare “senza imposizioni di metodi o di ricette didattiche”, è più volte richiamata come uno dei fondamenti di queste Indicazioni, insieme all’importanza del patrimonio professionale che gli insegnanti devono poter condividere con i colleghi. Si legge infatti in conclusione del capitolo:
Le Indicazioni non dettano alcun modello didattico-pedagogico. Ciò significa favorire la sperimentazione e lo scambio di esperienze metodologiche, valorizzare il ruolo dei docenti e delle autonomie scolastiche nella loro libera progettazione e negare diritto di cittadinanza, in questo delicatissimo ambito, a qualunque tentativo di prescrittivismo. La libertà del docente dunque si esplica non solo nell’arricchimento di quanto previsto nelle Indicazioni, in ragione dei percorsi che riterrà più proficuo mettere in particolare rilievo e della specificità dei singoli indirizzi liceali, ma nella scelta delle strategie e delle metodologie più appropriate, la cui validità è testimoniata non dall’applicazione di qualsivoglia procedura, ma dal successo educativo.”
Se a questo si aggiunge la rivendicazione del carattere unitario della conoscenza, “senza alcuna separazione tra ‘nozione’ e sua traduzione in abilità” e la critica alla tesi che “l’individuazione [...] di astratte competenze trasversali possa rendere irrilevanti i contenuti di apprendimento”, ne abbiamo quanto basta, dal nostro punto di vista, per parlare di una svolta molto profonda e per considerare le Indicazioni per i Licei la parte più innovativa della riforma.