venerdì 18 marzo 2011

DUE PRIORITÀ PER LA VALUTAZIONE DEGLI INSEGNANTI

Lo scorso 16 marzo si è svolto a Roma un convegno dal titolo “Qualità, merito e innovazione nella Scuola, un traguardo per la Nazione”, promosso dalla Fondazione Liberamente, a cui è stato invitato il Gruppo di Firenze. Di seguito pubblichiamo l’intervento che Giorgio Ragazzini ha svolto a nome del gruppo. Era presente il Ministro dell’Istruzione Maria Stella Gelmini.


Comincerei con una domanda: qual è il principale obbiettivo della valutazione degli insegnanti? La risposta sembra ovvia: innalzare la qualità media dell’insegnamento e quindi della scuola. Da questo punto di vista, è davvero prioritario, oggi come oggi, premiare i più bravi fra i docenti? Siamo certi che questo avrà delle ricadute positive sulla scuola e che non ci siano importanti controindicazioni?
Prescindiamo qui, per brevità, dall’attendibilità dei metodi usati per individuarli. Il buon senso suggerisce che si tratta di colleghi che hanno sempre lavorato bene e che continueranno certamente a farlo anche in assenza di un riconoscimento economico, essendo sorretti da forti motivazioni e dalla soddisfazione per i risultati che ottengono. A quanto so, anche le indagini internazionali in merito non incoraggiano a andare in questa direzione. D’altra parte è probabile che molti dei buoni insegnanti esclusi dagli aumenti o dai premi si sentano svalutati e che il loro lavoro ne risenta negativamente.
La raccomandazione che ci permettiamo di fare al Ministro è di cominciare dal basso invece che dall’alto. La scuola italiana continua a non voler affrontare il problema dell’esistenza di un certo numero di docenti, (nonché di dirigenti), che sono semplicemente inadeguati al loro compito e che oggi difficilmente possono essere messi in condizioni di non nuocere. Probabilmente non sono moltissimi, ma la loro presenza è senza dubbio dannosa per l’immagine della scuola pubblica e per quei ragazzi che costringiamo a subirli, oltre che per i cattivi esempi che, in quanto tollerati, possono indurre disimpegno e demotivazione. Lo stesso Abràvanel indica nell’impossibilità di “allontanare i disastri” uno dei punti deboli del nostro sistema. Ma è anche un’ingiusta penalizzazione per gli studenti più svantaggiati, che non possono recuperare in altro modo ciò che certi docenti inadeguati gli negano. Se non si possono assicurare a tutti insegnanti eccelsi, dobbiamo garantire alle famiglie che siano quanto meno “sufficientemente buoni”.
Se poi guardiamo le cose anche dal punto di vista dell’equità e del riconoscimento del merito, certamente la grande maggioranza dei colleghi considera profondamente ingiusto che chi è gravemente inadeguato o scorretto sul piano professionale sia messo sullo stesso piano di chi - ottimo, buono o sufficiente che sia - ha sempre fatto il suo dovere.
Sopra alla fascia dei decisamente insufficienti - quella che potremmo chiamare del “demerito” - ce n’è un’altra su cui dovremmo investire: i colleghi in difficoltà. Logorati da classi difficili, carenti per questo o quell’aspetto della loro preparazione, spesso non sorretti dai dirigenti e da un clima di fermezza nel rispetto delle regole, questi insegnanti avrebbero invece bisogno di essere sostenuti e aiutati anche tramite opportune consulenze (psicologi, logopedisti, assistenti sociali, ecc), del resto sempre più necessarie al buon funzionamento della scuola in genere. L’insegnante “lasciato solo” alle prese con un mestiere sempre più difficile costituisce uno dei luoghi comuni meglio fondati nella realtà della scuola italiana.
Ma c’è una seconda, importante priorità che coinvolge la valutazione ed è quella, altrettanto urgente, della cosiddetta “carriera”: la creazione, cioè, di nuovi ruoli qualificati da affidare a docenti che possiedano ulteriori talenti oltre a quello di saper insegnare e che affianchino il dirigente nel governo della scuola autonoma: insegnanti che si occupino dell’aggiornamento e della ricerca, della formazione dei nuovi docenti (anche tramite distacchi presso l’università), dei servizi alla didattica e via dicendo.
Riassumendo questo breve contributo al problema della valutazione dei docenti, sono due gli obbiettivi assolutamente prioritari: innalzare la qualità media del corpo docente partendo, per così dire, dal basso invece che dall’alto; creare una vera e propria “classe dirigente” all’interno degli istituti scolastici.
Vi ringrazio dell’attenzione.

27 commenti:

stretta osservanza ha detto...

Pdl, nasce a Brescia la Fondazione Liberamente

Venerdí 18.06.2010 15:26

Nasce a Moniga, sulle sponde del lago di Garda, la nuova Fondazione che riunirà tutti gli esponenti del Popolo della Libertà di stretta osservanza berlusconiana. Si chiama Liberamente ed è promossa dai ministri Mariastella Gelmini, Franco Frattini, Sandro Bondi e dal responsabile dei Club della Libertà Mario Valducci. Gli obiettivi della nuova iniziativa azzurra sono anzitutto culturali. Liberamente nasce infatti per contrastare l’egemonia che negli anni la sinistra ha costruito nella scuola, nell’università e nel mondo della cultura. Ma Liberamente aspira a giocare un ruolo di primo piano anche nel dibattito politico interno al Pdl.

Gruppo di Firenze ha detto...

Ringraziamo Stretta Osservanza per le informazioni, che naturalmente suonano un po’ maliziose e tradotte significano più o meno: “Vedete, questi sono schierati con il centrodestra”.
Se così fosse, non avremmo difficoltà a dichiararlo. Ma le cose non stanno per niente in questo modo. Per lo spirito che guida il nostro impegno, rimandiamo prima di tutto a una nota di quasi un anno fa, intitolata Il nostro metodo (http://gruppodifirenze.blogspot.com/2010/04/il-nostro-metodo.html).
Abbiamo degli obbiettivi su cui cerchiamo di sensibilizzare tutti gli interlocutori possibili e immaginabili. Abbiamo organizzato iniziative aperte a tutti senza screening ideologici. Siamo stati invitati a scrivere su varie testate e a partecipare, come mercoledì scorso, a iniziative promosse da altri. L’estate scorsa, per esempio, abbiamo preso parte a un forum nazionale sulle politiche scolastiche organizzato dal Partito Democratico.
In questa pagina del suo sito si può leggere un nostro contributo (Valerio Vagnoli) in preparazione del forum: http://www.partitodemocratico.it/dettaglio/109846/contributi_scritti_pervenuti_al_gruppo_b

Antonio ha detto...

E' risaputo, vi sono milioni e milioni di poveri italiani a cui è stato inculcato un modello di pensiero eversivo e antidemocratico e solo a frequentarli si diventa antidemocratici. Se poi addirittura, come fate voi, vi lasciate andare a qualche frequenza, rischiate di diventare complici della reazione e irrecuperabili, tanto per rimanere in clima scolastico. Noto tuttavia che quando frequentate i "veri democratici" -convegni pd- gli altri, i nemici, non si lasciano andare, nei vostri confronti, ad alcun tipo di riflessioni morali e moralistiche. Ma forse si comportano così perché sono solo dei qualunquisti!

Vincenzo Pascuzzi ha detto...

Gelmini e l’ossessione per il merito

La ministra Gelmini ha una fissazione per il merito. Anzi, la sua deve essere proprio un’ossessione, quasi la sua unica o principale ragione di vita ministeriale e politica! Gelmini sta tenacemente perseguendo ed intende arrivare ad una situazione in cui studenti, professori e scuole siano finalmente tutti classificati, abbiano cioè una posizione definita e precisa in una scala graduata, ciascuno un suo numeretto. Ciò ad ogni costo e purchessia. La necessità e l’utilità delle classifiche, la validità e la condivisione dei criteri per la loro compilazione sono aspetti secondari e, in fondo, inessenziali. Le classifiche, una volta compilate, si auto-giustificheranno e si auto-valideranno.

Quali possono essere i motivi di questa determinazione ministeriale? Formuliamo alcune ipotesi:

- mantenere un impegno programmatico e suggestivo preso all’atto della sua nomina e esternato anche in precedenza;

- dare concretezza alle sue prerogative gerarchiche e decisionali, rafforzando la sua auto-stima;

- affaccendarsi per un obiettivo sfuggente, controverso e difficile (quantificare, oggettivare la qualità) e così trovare giustificazione ed evitare un bilancio delle attività e dei risultati a tre anni ormai dall’assunzione dell’incarico ministeriale;

- realizzare un sempre utile “divide et impera” nei confronti dei soggetti classificati;

- individuare nelle parti basse delle tre classiche i responsabili (trasformandoli magari da vittime a capri espiatori) dei guai, delle criticità e delle inefficienze che permangono nel sistema scolastico.

In questa azione e prospettiva ministeriale si inserisce il recente convegno “Qualità, merito e innovazione nella Scuola. Un traguardo per la Nazione” organizzato dalla Fondazione Liberamente ideata dalla stessa Gelmini. Un convegno con relatori amici, interventi programmati, partecipanti selezionati , concluso dalla stessa ministra. Insomma una piccola riunione in casa, pochi intimi, senza rischi di contestazioni, qualche foto di circostanza, applausi scontati.

Modesto lo spessore del convegno. Modesto il ritorno sulla stampa e in rete. La notizia è apparsa – pensate! – solo su “Ciociaria Oggi” quotidiano di Cassino e Frosinone.

Giorgio Ragazzini ha detto...

Se ha potuto giudicare lo spessore del convegno, Pascuzzi doveva senz'altro essere tra i partecipanti selezionati...

(ANSA) - ROMA, 16 MAR ha detto...

Intanto il ministero cerca insegnanti piu' giovani e freschi, nuove valutazioni per certificare
l'apprendimento degli alunni in tutte le materie, nuovi sistemi di valutazione degli insegnanti e, in
generale, una scuola che punti all'eccellenza e allo sviluppo delle competenze dei ragazzi. Sono
questi gli ingredienti per una scuola ''migliore'' secondo gli ''addetti ai lavori'' che fanno riferimento
al Ministero dell'Istruzione, illustrati a una platea di insegnanti all'incontro promosso dalla
Fondazione Liberamente: ''Questo incontro - ha detto Gelmini - e' un'occasione per ribadire
l'impegno del governo e della maggioranza per la scuola e per superare la polemica inutile e
strumentale che si e' aperta sulla scuola dopo le dichiarazioni del premier Silvio Berlusconi''.
Il ministro ha aggiunto che con i docenti si apre il confronto ''su reclutamento, valutazione,
formazione degli insegnanti, perche' dall'impegno dei prof e dalla loro motivazione dipende la
qualita' della scuola''.

Anonimo ha detto...

Nel mese di dicembre in cui vi furono i Collegi dei docenti per deliberare se accettare o meno le sperimentazioni proposte dal Ministro scrissi sulla Stampa di Torino questa mia piccola riflessione riprendendo quanto deliberato nei Colleggi dei
Docenti del Convitto Nazionale di Napoli
“La proposta, inoltre, sarebbe dannosa per la categoria e non risolverebbe alcun problema della scuola. Il nostro è un lavoro che richiede libertà e serenità e che non può e non deve confrontarsi con nessun indice di gradimento da parte di superiori, colleghi, genitori o studenti.”

Docenti del Liceo Classico Pansini di Napoli
“ Tale sperimentazione creerebbe di fatto forme di conflittualità all’interno del corpo docente, laddove, invece, la scuola rappresenta un’unica comunità educante, volta a trasmettere valori di unità e solidarietà”.

Da ex Preside di Liceo Scientifico che ha operato nella scuola per 45 anni mi permetto di proporre ai due collegi dei docenti le seguenti brevi riflessioni.
Premetto che condivido molte delle loro considerazioni sullo stato disastroso in cui sta versando la nostra scuola , la nostra Università , la nostra cultura, tuttavia vorrei porgere loro le seguenti domande.

Quando nelle scuole si presentano casi del tipo:
a) Docente di Latino e Greco, in prima liceo , rivolta agli alunni afferma: “ Il classico Greco, tenuto conto che lo studio del greco è un po’ troppo complicato, lo faremo solo in italiano, tanto agli esami, tenuto conto della alternanza con il latino, non vi sarà il greco scritto”.
b) Quando , parecchi docenti , sono stati immessi in ruolo, o , hanno ottenuto passaggi di cattedra, dopo aver frequentato i “ famigerati “ corsi abilitanti del 1992/93 , senza aver acquisito alcuna preparazione sulle discipline che insegnano;
c) Quando, una/un docente è accertato che la sua attività principale è quella di offendere gli alunni, per cui in molti in quella classe chiedono di essere spostati in altra classe;
d) Quando un docente non fa altro che creare difficoltà allo svolgimento delle attività della scuola polemizzando su ogni proposta;
e) Quando ci sono docenti che si assentano spesso creando difficoltà agli altri colleghi
Ecc ecc potrei continuare su fatti del genere
Ebbene , quando , questi fenomeni accertati, sono stati oggetto di discussione e analisi dei collegi dei docenti al fine di cercare di migliorare sia l’attività didattica che quella relazionale nell'interesse degli alunni?
Mi permetto ancora di osservare che , gli alunni , nella stragrande maggioranza, sono capaci di esprimere una loro sincera valutazione positiva e di apprezzamento sul lavoro dei docenti capaci , anche se sono considerati dai genitori troppo rigorosi.
Ed allora, penso che una sperimentazione, anche se certamente, può essere perfettibile in alcune sue parti, sia opportuna . D’altra parte in quasi tutti gli stati europei la valutazione e dei docenti e degli istituti viene effettuata.
Penso che le mie riflessioni si avvicinano a quanto detto da Ragazzini nel suo intervento.
1 parte dell'intervento
Giuseppe Moncada

Giuseppe Moncada ha detto...

2 Partre intervento
Tuttavia non è corretto nascondere quanto sta accadendo nella varie realtà locali con la forte creazione di soprannumerari di ruolo che sta costringendo , dopo lunghi anni di insegnamento i docenti di Italiano e Storia a dover insegnare Storia e Filosofia oppure Italiano e Latino grazie a quella " farsa" di abilitazione acquisita con i corsi abilitanti del 2000. Oppure docenti di Ingegneria elettrotecnica ad insegnare Matematica e Fisica.
Ebbene sapere se il Gruppo Di Firenze è questa la qualificazione dell'insegnamento che desidera ci sia nella scuola. I tagli indiscriminati della Gelmini, esecutrice passiva delle decisioni di Tremonti, stanno DEQUALIFICANDO ANCORA di più la scuola.E' stucchevole sentire ripetere alla Ministra che ci sono troppi docenti, bidelli , personale Ata per cui non è possibile aumentare gli emolumenti. Padoa Schioppa , con il suo libro Bianco sulla scuola, aveva tracciato un percorso che avrebbe razionalizzato la spesa senza creare i disastri verso cui si sta andando. L'articolo di Grecory sul Corriere è sisgnificativo. Non è vero che il personale che opera nella scuola viene interpellato. Si fanno convegni , come quello denunciato da Pascucci , che sono più di facciata che di confronto reale.
Giuseppe Moncada.
giuseppe.moncada@tin.it

rossana ha detto...

Mi riferisco a quanto scritto dall'ex preside di non so quale scuola, il quale ha sollevato un problema cruciale sul tema della valutazione degli insegnanti. Come la mettiamo per molti docenti immessi in ruolo o meglio ammessi ad insegnare discipline per le quali non avevano alcuna conoscenza e competenza? Parlo ovviamente dei famigerati passaggi di cattedra o peggio dei passaggi ai licei per insegnare materie come il latino, la matematica, la fisica. Conosco personalmente storie allucinanti di qualche docente che a pochi anni dalla pensione si è catapultato dalla scuola elementare al liceo classico o scientifico per insegnare la filosofia, con effetti disastrosi. Ma di cosa parliamo!?...

Attacc o' ciuccio addò vò o' padrone! ha detto...

"Come la mettiamo per molti docenti immessi in ruolo o meglio ammessi ad insegnare discipline per le quali non avevano alcuna conoscenza e competenza?"

Già, come la mettiamo?
E poi a chi è rivolta la domanda?
A noi? O al ministro Gelmini? E' lei che ha combinato i guai o sono stati altri?
E questi recuperati in ruolo in cattedre diverse come faranno a farsi riconoscere il merito?

Vincenzo Pascuzzi ha detto...

"La scuola democratica non è ostile alla valutazione in sé; è ostile a questa valutazione, ai termini pedestri e punitivi che la convogliano."

Marina Boscaino
Il Fatto Quotidiano - 20 marzo 2011

Papik.f ha detto...

A proposito dei passaggi di cattedra, mi permetto alcune modeste considerazioni.
1. Il possesso dei contenuti disciplinari è garantito dalla laurea; se è carente, la laurea non è stata conseguita con merito e quindi occorrerebbe semmai prendersela con chi ha laureato quella persona. Se una determinata laurea non è idonea per insegnare una certa materia e ciò nonostante consente di accedere all'abilitazione, si tratta di un errore di impostazione che non si modifica a seconda che si sia insegnata o meno un'altra materia in precedenza.
2. Il possesso delle competenze professionali, tanto più per un docente con vari anni di insegnamento, o c'è o non c'è; se non c'è, il docente andrebbe licenziato qualunque materia insegni; se c'è, non scompare perché la materia cambia; altrettanto vale per la serietà, la puntualità, l'impegno, ecc.
3. sarebbe ora, a mio parere, di iniziare a valutare un docente per quello che è in grado di fare e che realmente fa più che per un titolo conseguito una volta per tutte; tra l'altro, non solo i metodi, ma gli stessi contenuti disciplinari possono essersi modificati anche radicalmente in quindici o venti anni (è chiaro che non parlo tanto di Italiano, Latino o Matematica, quanto ad esempio di materie tecniche o progettuali).
4. è in programma una revisione delle classi di concorso che avrà esiti ben più ampi di una sessione riservata di corsi abilitanti.
5. del resto, l’organizzazione delle classi di concorso e delle materie è spesso caotica per non dire errata: capita che per insegnare una certa materia, con gli stessi libri di testo, nel Liceo artistico o negli Istituti d’arte e professionali siano richiesti non soltanto abilitazioni, ma titoli di studio diversi (anche ora che gli Istituti d’arte sono diventati Licei artistici a tutti gli effetti).
6. in linea generale, la scuola tende un po’ a mitizzare la continuità come un valore assoluto, come se aver sempre fatto la stessa cosa magari per trent’anni fosse una garanzia di qualità; mentre, magari, possono esserci casi nei quali cambiare può servire a ritrovare una maggiore carica.

Giorgio Ragazzini ha detto...

Penso che Giuseppe Moncada sia perfettamente in grado di immaginare quello che pensiamo del fatto - se confermato - che dei docenti di Italiano e Storia siano costretti di punto in bianco o attraverso abilitazioni burletta (se è così) a insegnare Storia e Filosofia oppure Italiano e Latino oppure che dei docenti di Ingegneria elettrotecnica passino a Matematica e Fisica. Può darsi che ci siano casi in cui la forzatura è minore che in altri, ma l’impressione complessiva è chiaramente penosa.
Se ho compresso correttamente le sue considerazioni, Papik.f. replica distinguendo, nei docenti, il possesso dei contenuti disciplinari (assicurati dalla laurea) da quello delle competenze professionali (cioè, immagino, quelle metodologiche, relazionali e deontologiche), che valgono per qualsiasi materia. Non mi è chiaro, però, entro quali limiti sia per lui accettabile questa metamorfosi delle abilitazioni.
La citazione di Pascuzzi dal “Fatto” mi è incomprensibile, forse perché scritta male: quali sarebbero, infatti, “i termini pedestri e punitivi che la convogliano” [sic]? Non sarebbe meglio dire in positivo quale tipo di valutazione sarebbe accettabile?

Papik.f ha detto...

Mi scuso per non essermi espresso in modo chiaro. Io intendevo riferirmi esclusivamente a quelle classi di concorso per le quali il possesso dei contenuti è compreso in una determinata laurea. Premetto che delle lauree in materie umanistiche ne so poco, ma insomma volevo dire che se un insegnante si è abilitato a suo tempo in Italiano e Storia, ma ha anche sostenuto gli esami di Latino necessari per insegnare Italiano e Latino, non trovo nulla di scandaloso nel fatto che si abiliti con un corso e vada a insegnare Italiano e Latino (certo, potrebbe averlo dimenticato o non averlo mai saputo, ma questo vale anche per l’Italiano e la Storia, data l’assenza di controlli sulla qualità dell’insegnamento; io personalmente ho avuto – ai miei remoti tempi – una docente di Greco che faceva le versioni col “traduttore” e posso garantire che ha continuato a insegnare per una ventina d’anni e più dopo il mio diploma, nonostante le ripetute segnalazioni da parte degli studenti e delle famiglie). Nelle classi di concorso del settore architettonico e artistico (quelle che conosco meglio) ci sono separazioni davvero assurde (perché mai per insegnare grafica pubblicitaria al Liceo artistico ci vuole una determinata abilitazione e per insegnarla nell’Istituto d’Arte ce ne vuole un’altra? tanto più ora che i due indirizzi sono stati unificati?)
Mi sembra molto diverso il caso di uno che va a insegnare Storia e Filosofia con una laurea in Lettere e senza aver sostenuto esami di Storia della Filosofia (se dico fesserie, mi scuso, ma come ho detto non sono molto addentro ai corsi di laurea del settore) o dell’ingegnere elettrotecnico che va a insegnare Matematica. Ma questo è sbagliato comunque, sia che ci vada come prima materia che insegna in vita sua, sia che ci vada per passaggio di cattedra; non vedo la differenza. Se poi ci sarà il caso particolare di persone che, per la ristrutturazione degli indirizzi, vengono riciclati su materie di cui non sanno niente, questo è indecoroso e spero che non avvenga; ma purtroppo mi sembra che sia già avvenuto in passato (e non poche volte).

Valerio Vagnoli ha detto...

Veniamo da anni in cui si è dibattuto essenzialmente sul metodo anziché sui contenuti. Su questi ultimi si è abbassata la guardia e in generale temo che Berlinguer nel riproporre nel 2000 l'aberrazione dei corsi abilitanti, una quarantina d'ore, più o meno quelle che impegnavano, quando si era ragazzi, le nostre nonne e madri nelle preghiere prepasquali, abbia voluto trasportare la " filosofia" delle elementari alle superiori. D'altra parte fu sempre lui a permettere la mobilità verticale dei direttori didattici verso le superiori perché, lo disse apertamente ad una festa dell'Unità, era quello delle elementari il modello da esportare negli altri ordini di scuola.Ovviamente non mancano le eccezioni che confermano la regola( ottimi dirigenti delle elementari confermatisi ottimi dirigenti delle medie e delle superiori) ma in linea di massima, in una società sempre più specialistica, la mania della banalizzazione dei problemi è un patrimonio di cui si farebbe volentieri a meno.

Giuseppe Moncada ha detto...

Vorrei essere ancora più esplicito e chiaro su quanto detto nel mio precedente intervento. Per chiarezza, informo la prof Rossana che ho insegnato dal 1962/63 al liceo Scientifico di Lentini,Matematica e Fisica, dal 1982/83 sono stato preside incaricato in varie scuole, dal 1989 al 2009 Preside del Liceo Scientifico Majorana di Scordia. Sono quel preside menzionato da Francesco Merlo su Repubblica. Sono stato Presidente di tre abilitazioni indette da Berlinquèr . So quello che dico circa l'acquisizione delle varie abilitazioni, mi riferisco a quelle successive alla prima, giusta e doverosa, per cui molti docenti e dalle elementari e dalle medie sono transitati al superiore.Ma anche alle abilitazioni degli stessi docenti del superiore che oggi hanno consentito ciò di cui ho riferito.
Lo scorso anno nella provincia di Catania vi sono stati 15 pensionamenti di Storia e Filosofia e quasi tutte le cattedre sono state assegnate a docenti di Italiano e Storia transitati con l'abilitazione acquisita con 40 ore di corso.
Così come parecchi ingegneri di elettrotecnica sono transitati per insegnare matem e Fisica.
Certamente vi saranno docenti che si prepareranno, ma come dice Vagnoli, e io confermo, nella stragrande maggioranza non hanno alcun trasporto ad insegnare per una disciplina che avevano scartato all'inizio del loro insegnamento.
LA RESPONSABILITA' di tutto ciò è da attribbuire ai tagli spropositati della GELMINI .
Fino a quando non si faranno concorsi, e per molto tempo non se ne farannno il degrado sarà sempre maggiore
Giuseppe Moncada

Papik.f ha detto...

Rispondo alle osservazioni di Valerio Vagnoli. Non intendevo in alcun modo mettere in dubbio l'importanza del possesso dei contenuti e sono pienamente d'accordo con lui nel considerare il fatto di aver messo al centro esclusivamente i metodi una delle maggiori cause dell’attuale crisi dell'insegnamento.
Non mi sembra, però, che il possesso dei contenuti sia meglio garantito da un tema su un argomento a caso e da un colloquio di dieci minuti che da un corso abilitante per quanto breve. A questo punto è forse necessario un riferimento personale: personalmente di concorsi a cattedra ne ho affrontati due, vincendoli entrambi, nel senso che in entrambi ho conseguito la cattedra senza passare attraverso il precariato; e ho potuto scegliere, salvo rendermi conto nel corso degli anni che avevo scelto male in entrambi i casi e che avrei fatto meglio a fare un altro concorso; a quel punto, non mi restava che il corso abilitante riservato, cui per fortuna ho potuto partecipare.
Naturalmente il possesso dei contenuti disciplinari, senza i quali peraltro in teoria non avrei potuto conseguire la laurea, non è stato adeguatamente verificato dal corso (alla fine del quale, comunque, ci sono stati dei non ammessi alla prova orale); ma a mio parere non era stato adeguatamente verificato neanche dai due concorsi a cattedra.
Qualcuno potrebbe dire che i concorsi a cattedra hanno comunque dimostrato il possesso di capacità organizzative del pensiero scritto e orale e (nel mio caso) grafiche. Ma in che modo io o chiunque altro abbia seguito lo stesso percorso avremmo perso queste capacità, ammesso che le abbiamo, conseguendo il passaggio di cattedra? e altrettanto può dirsi per le attitudini didattiche e le conoscenze metodologiche, quale che sia l’importanza da attribuirsi a questi aspetti: se ero un cattivo insegnante e facevo danno ai miei alunni dov’ero prima, continuerò a esserlo adesso; se mi tenevo aggiornato su contenuti e metodi lo farò ancora, se non lo facevo continuerò a non farlo; poco (o molto) che io valga ora, altrettanto valevo prima. Dice un proverbio inglese che il leopardo non può cambiare le sue macchie.
E in nessun caso, in qualsiasi scuola mi trovi, le mie capacità e il mio impegno saranno oggetto di verifica adeguata, ora né (temo) in futuro (che il Cielo ci scampi dal metodo Abravanel, mentre sarei molto più favorevole ad alcune proposte vostre e del prof. Israel).
Diverso è il caso di cui parla il preside Moncada, di insegnanti forzati a riciclarsi in una materia per la quale non hanno vocazione né interesse, tanto più se il loro titolo di studio ha un labile legame con i fondamenti teorici disciplinari (come nel caso dell’ingegnere che insegna matematica); non intendevo in alcun modo riferirmi a questo deprecabile fatto, che peraltro mi sembra si sia già verificato in passato (non che ciò sia un’attenuante, anzi semmai vale il contrario). Come diverso è anche il caso del passaggio di ruolo da un livello all’altro dell’istruzione, sul quale sono d’accordo che occorrerebbe una verifica maggiore.

Papik.f ha detto...

P:S: mi accorgo che nel precedente post ho scritto "personale: personalmente". E' solo perché ieri sera ho visto Montalbano e volevo inconsciamente imitare Catarella.

Vincenzo Pascuzzi ha detto...

"Giorgio Ragazzini ha detto...
La citazione di Pascuzzi dal “Fatto” mi è incomprensibile, forse perché scritta male: quali sarebbero, infatti, “i termini pedestri e punitivi che la convogliano” [sic]?
21 marzo 2011 19:58"

già ieri ho cercato di inserite tutto l'articolo di Boscaino (contenente la frase estrapolata) ma è stato cancellato.
chi fosse interessato, lo trova nel sito de "Il Fatto Qutidiano" sezione scuola. il titolo è: "I test usati per punire?" - 20 marzo 2011.

Gruppo di Firenze ha detto...

Questo il collegamento con l'articolo del "Fatto quotidiano" segnalato da Pascuzzi (I test usati per punire?:

http://www.ilfattoquotidiano.it/2011/03/20/i-test-usatiper-punire/98700/

Vincenzo Pascuzzi ha detto...

Migliorare gli insegnamenti o gli apprendimenti? parte 1 di 2

«Comincerei con una domanda: qual è il principale obbiettivo della valutazione degli insegnanti? La risposta sembra ovvia: innalzare la qualità media dell’insegnamento e quindi della scuola». Così esordisce l’intervento che il prof. Giorgio Ragazzini, a nome del “Gruppo di Firenze”, ha svolto il 16 marzo scorso al convegno “Qualità, merito e innovazione nella Scuola, un traguardo per la Nazione”, promosso dalla Fondazione Liberamente (cioè dalla stessa ministra Gelmini che perciò ha giocato in casa).

Quindi – dice Ragazzini - valutare gli insegnanti serve per migliorare gli insegnamenti. Ciò è di sicuro consequenziale e, a prima vista, sembra anche logico, utile e risolutivo. Ma solo a prima vista. Intanto non è né esaustivo né prioritario. Vediamo perché.

Quando c’è un qualsiasi problema, prima questo deve essere identificato, analizzato e studiato e poi se ne cerca la soluzione. Ugualmente quando c’è una malattia, viene prima la diagnosi, poi la terapia.

Ora è convinzione comune che la scuola italiana non funzioni in modo adeguato e soddisfacente. E la riprova sta principalmente: 1°) negli scarsi apprendimenti degli alunni (testimoniati anche da indagini internazionali) e 2°) nell’alta percentuale di abbandono o dispersione scolastica (è intorno al 20%). Ci sono anche altri aspetti ma meno importanti dei due indicati.

Allora il problema prioritario è – non c’è dubbio – come migliorare gli apprendimenti e ridurre gli abbandoni. Gli studenti devono cioè essere aiutati, indotti (magari e al limite anche costretti, secondo chi crede nella efficacia della severità e delle bocciature) a studiare di più, a ottenere voti più alti, a migliorare le loro performance, e a non abbandonare la scuola anzi tempo. La “valutazione degli insegnanti” viene dopo e più che terapia è parte della diagnostica, assomiglia a un termometro che, di per sé, non fa calare la febbre, non cura e non guarisce. “Innalzare la qualità media dell’insegnamento” può essere una terapia, meglio una delle terapie o una parte dell’approccio terapeutico complessivo.

Vediamo allora in che modo e con quali azioni potrebbero migliorare gli apprendimenti degli alunni. Si potrebbe agire su quattro aspetti: alunni, docenti, didattica e ambiente scolastico.

1) gli alunni potrebbero essere assistiti, controllati, motivati maggiormente:

- con idonei corsi o altre attività di recupero sia durante la normale attività didattica che nei mesi estivi;
- con dopo-scuola assistiti; scuola aperta tutto il giorno, tutti i giorni, tutto l’anno, sabato e domenica compresi;
- con iniziative innovative di assistenza e verifica didattica individuale a distanza, via internet e via telefono;
- con lezioni multimediali registrate;
- limitando gli alunni per classe a 18 o 24, invece dei 30 o anche 35 attuali (consideriamo che il 31°alunno ha cinque file di compagni davanti!);

2) i docenti potrebbero certamente migliorare la qualità delle loro lezioni:

- con periodici corsi di aggiornamento – a cura del Miur - sulle discipline e sulla didattica;
- se le classi fossero – come già detto – meno affollate;
- se venisse assicurata continuità didattica e stabilità dei docenti stessi: già solo assorbendo tutti gli insegnanti precari migliorerebbero sicuramente sia gli insegnamenti che gli apprendimenti;
- se le retribuzioni venissero allineate alle medie Ue, in quanto la professione docente diventerebbe più interessante e appetibile anche per i migliori laureati;

(segue)

Vincenzo Pascuzzi ha detto...

Migliorare gli insegnamenti o gli apprendimenti? parte 2 di 2

(seguito)

3) la didattica dovrebbe venire innovata e attualizzata:

- con lezioni supportate da attrezzature multimediali;
- con adeguati laboratori;
- con possibilità di scelta delle materie non fondamentali;
- con opportune flessibilità;

4) gli ambienti scolastici adeguati e gradevoli:

- prima di tutto a norma;
- spaziosi, puliti, illuminati, porte e finestre non disastrate;
servizi igienici efficienti, puliti,accuditi e sorvegliati;
- biblioteche, palestre, …

Gli aspetti indicati nei quattro punti detti richiedono scelte, programmazione, finanziamenti. Al contrario, la scuola italiana sta andando nella direzione opposta in quanto è destinataria di ingenti e assurdi tagli imposti dal governo, la ministra Gelmini non dispone assolutamente di risorse economiche e deve risparmiare, anzi tagliare, tagliare, tagliare. È quello che sta facendo e la meritocrazia sbandierata non è altro che un inganno, un diversivo, un paravento, una cortina fumogena.

(fine)

Sofron ha detto...

Il lungo intervento di Pascuzzi distorce palesemente il senso dell’intervento di Giorgio Ragazzini. Dopo aver citato la frase iniziale, dove si dice tra l’altro che la risposta sull’obbiettivo della valutazione “sembra” ovvia ( non che lo è ), sorvola sul fatto che immediatamente dopo Ragazzini si fa alcune domande che mettono in dubbio tale affermazione e soprattutto sostiene che il problema fondamentale della scuola italiana è l’incapacità (o la non volontà) di mettere nelle condizioni di non nuocere docenti e dirigenti inadeguati o lavativi. Quanto alla cura proposta dal Pascuzzi, accanto ad alcune cose magari ovvie, ma condivisibili, noto la presenza di alcuni placebo tecnologici (la didattica via internet, le lezioni multimediali registrate), accanto a terapie già sperimentate in altri tempi, come l’immissione indiscriminata dei precari, con esiti quasi letali per la qualità della scuola italiana.

Valerio Vagnoli ha detto...

Intanto il caso Parini stimola ad altre riflessioni. La prima, senza assolutamente sapere alcunché di quello che di reale è accaduto a MIlano, è relativa alle sommosse, in generale, dei genitori e degli studenti nei confronti dei docenti. Spesso sono del tutto legittime: ciascuno di noi ha vissuto esperienze di colleghi matti e disperatissimi( per fortuna non moltissimi ma comunque presenti nell'esperienza di ciascuno ) o comunque del tutto inadeguati a stare in un contesto educativo ma, tuttavia per i noti motivi, inamovibili, costringendo così generazioni intere di studenti a subire lezioni che sarebbero state più adatte ad ambulatori psichiatrici che non ad aule scolastiche. Ma è anche vero che altre volte le contestazioni hanno coinvolto e coinvolgono piuttosto i docenti severi e preparati che non quelli, per esempio, simpaticoni, neghittosi ma generosi nei voti che pur trasmettendo ai loro studenti gli stessi vuoti culturali dei loro colleghi fuori di testa, generalmente non sono tuttavia toccati da alcuna contestazione.Lo sappiamo: a moltissime famiglie e ad altrettanti studenti, basta non aver problemi di alcuna sorta sul piano delle valutazioni e tutto va bene madama la marchesa. Alla fine è sconfortante rendersi conto che i contestati possono essere, oltre alla prima categoria degli squilibrati, anche i docenti professionalmente più coinvolti nel loro lavoro e più deontologicamente legati ad un rapporto didattico poco incline alle pacche sulle spalle e improntato, invece, a richiamare costantemente i propri studenti all'impegno e allo studio costanti.
Infine un'ultima riflessione a proposito della necessità di trovare modalità agili ( ma nello stesso tempo in grado di essere garanti della dignità e dell'indipendenza di chi lavora) per colpire il demerito e la vera inadeguatezza dei docenti che non sanno, che non vogliono, che non possono insegnare. Coloro che più sono penalizzati da docenti(?) del genere continuano ad essere i ragazzi più svantaggiati, i figli di coloro che non possono, anche culturalmente, far recuperare ciò che la scuola non è stata in grado di offrir loro. Ed una scuola del genere continua inevitabilmente a configurarsi ancora come scuola di classe. Su temi del genere dovrebbero costantemente riflettere quei partiti e quelle organizzazioni sindacali che da una parte, giustamente, rivendicano una scuola in grado di offrire a tutti le stesse opportunità. Dall'altra, invece, si rifiutano perfino di aprire una seria discussione( chi è in grado di citare un convegno, negli ultimi decenni, che si sia occupato di ciò?) su temi del genere che continuano così a rimanere tabù per molte delle sigle sindacali italiane che pur occupandosi costantemente, e forse in modo inappropriato, di didattica, hanno da anni preso la strada di un sempre più paradossale corporativismo improntato a difendere in ogni modo anche chi è onestamente indifendibile.

V.P. ha detto...

"Sofron ha detto...

....come l’immissione indiscriminata dei precari, con esiti quasi letali per la qualità della scuola italiana.
24 marzo 2011 15:12"

1) queste sono responsabilità - di scelta o omissive - dei governi e non vanno rinfacciate alle vittime;

2) l'immissione presume l'abilitazione quindi non è indiscriminata;

3) altre e diverse modalità di immissione (concorsi?) avrebbero "pescato" nello stesso vivaio di laureati aspiranti docenti: al 90-95% avremmo avuto gli stessi prof.

4) gli "esiti quasi letali" attribuiamoli ai governi e ai ministri (specie l'attuale); se la scuola regge (?) ancora e non è andata completamente in malora è merito misconosciuto di prof che fanno ben più del loro dovere!

Vincenzo Pascuzzi ha detto...

Il merito della Gelmini e i docenti di Napoli- parte 2 di 2

(seguito)

4) Sintomatica è la questione posta alla lettera b): “Quando, parecchi docenti, sono stati immessi in ruolo, o hanno ottenuto passaggi di cattedra, dopo aver frequentato i “famigerati“ corsi abilitanti del 1992/93, senza aver acquisito alcuna preparazione sulle discipline che insegnano”. Che c’entrano i docenti, sia quelli immessi in ruolo allora che gli altri? Vogliamo togliere il ruolo a chi ha frequentato i corsi abilitanti? Chi e come dovrebbe provvedere? I Collegi Docenti? Questa questione va posta al ministro e ai politici ma ormai per ipotetiche situazioni future!

5) Gli alunni sono capaci di valutare il lavoro dei loro docenti. Certo, alcuni ma non tutti. Però come fanno gli alunni a valutare quello che il docente sceglie, decide, è costretto a non includere nei programmi? E poi, alunni di classi diverse potrebbero avere lo stesso metro? Questo nella situazione attuale, per così dire, “platonica”. Dubito della correttezza delle valutazioni se il giudizio di alunni e genitori dovesse avere riflessi nelle valutazioni degli alunni stessi: credo che verrebbero valutati come “bravi” i docenti “buoni”. È un po’ la ricerca dell’albero di Bertoldo.

6) La sperimentazione è perfettibile. Abbiamo detto che la sperimentazione è stata respinta con percentuali bulgare. È ragionevole concludere che debba essere cambiata semplicemente perché non idonea, oltre a essere frettolosa e simbolica in quanto proposta a circa il 2% dei valutabili. Vogliamo forse insistere e imporre questa sperimentazione con l’Esercito o i Carabinieri? Quest’ultima domanda va posta al ministro e al Miur.

(fine)

V.P. ha detto...

la parte 1 è stata inserita per due volte ma poi è sparita.
a chi interessa la nota intera la può rintracciare in rete cercando il titolo "Il merito della Gelmini e i docenti di Napoli"