lunedì 28 marzo 2011
I “NATIVI DIGITALI”: REALTÀ O STEREOTIPO?
Ancora un articolo che parla di "nativi digitali" per dichiarare superata, o superanda, la scuola attuale: La nuova "alleanza" tra nativi digitali e prof può cambiare la scuola , di Annamaria Poggi su "ilsussidiario.net". Con un mio commento, seguito da quello di Giorgio Israel. (GR)
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2 commenti:
Innanzitutto segnalo un'interessante serie di riflessioni proposta da Roberto Casati sul supplemento culturale del Sole 24 Ore: http://www.ilsole24ore.com/art/cultura/2011-03-27/computer-aula-cautela-082324.shtml?uuid=AaLiFwJD&fromSearch
Poi mi permetterei di aggiungere, come insegnante e padre di due adolescenti, che su questa storia dei nativi digitali mi sembra abbia molte ragioni il prof. Israel.
Faccio settimanalmente lezione ai miei alunni con l'impiego concreto di software strutturati per lo svolgimento di compiti complessi, nei settori della progettazione e dell'elaborazione di immagini (per inciso, assumendomi una bella responsabilità, data l'assoluta inidoneità, sotto tutti i profili, del cosiddetto "laboratorio" dove ci sono otto postazioni per ventotto ragazzi e per un'attività che da quest'anno è obbligatoria e prescritta dai programmi; ma di quale alleanza tra scuola e informatica si va farneticando in simili condizioni?)
Sono stato per vari anni in un istituto professionale dove l'impiego dei software grafici era pane quotidiano (e dove il laboratorio c’era e anche ben attrezzato, finché l’indirizzo non è stato smantellato dalla riforma).
Mai ho avuto la sensazione di ragazzi che ne sapessero più di me, anche se questa potrebbe essere un’ottima scusa per non fare il mio lavoro e anche se io ho appreso l’uso del computer oltre i trent'anni. Anzi, mi sembrano inizialmente alquanto digiuni dei principi operativi e delle finalità da raggiungere.
Certamente sono più veloci ad apprendere, come constato anche in famiglia, ma solo se si concentrano sul compito e questo viene loro illustrato in modo “frontale” (mi scuso per aver usato l’orrenda parola,come direbbe Campanile). Lo so, sono superato, codino (anche se il codino lo hanno solo i miei alunni) e fors'anche fascista, ma a me la scuola continua a sembrare un luogo dove si verifica un passaggio di conoscenze da uno più anziano che ne ha di più ad altri più giovani che ne hanno di meno. Poi le modalità e i mezzi impiegati per questo passaggio e per verificare che sia avvenuto possono variare all'infinito; poi coloro che acquisiscono queste conoscenze potranno arrivare a elaborarle e impiegarle in modi che chi gliele ha trasmesse neanche immaginava, anzi è sperabile che ciò avvenga spesso; ma la base è quella. Altrimenti che senso avrebbe la scuola?
A me sembra anche che chi afferma che riunendo un gruppo di ragazzi in un laboratorio con i computer connessi alla rete (a parte il non trascurabile particolare che il laboratorio e i computer vanno pagati, e questo forse potrebbe costituire un problema in una scuola dove non ci sono più neppure i soldi per le fotocopie necessarie alle simulazioni delle prove d’esame e spesso gli insegnanti debbono pagarsele da soli) inizierà una fertile attività di interscambio e di apprendimento che richiede soltanto di essere “facilitata”; bé, a me sembra che chi immagina (o dice di immaginare) questo, forse non è mai stato in un’aula scolastica; o forse ne è scappato appena ha potuto; o forse fa ideologia e a tal fine ha rimosso anche i ricordi delle propria infanzia e adolescenza; o, più semplicemente, mente sapendo di mentire.
Sottoscrivo in pieno le considerazioni di Papik, voglio solo aggiungere a mò di esempio la testimoniaza di un mio amico, docente di filosofianei licei che qualche anno con i suo allievi fece, nell'ambito di un gemellaggio tra scuole, un viaggio a Seattle, sede della Microsoft e quindi patria dei nativi digitali.
In quella scuola superiore di Seattle assistette ad alcune lezioni, in cui non era previsto affatto l'uso del computer (!) ed in cui l'insegnante guidava la discussione in una tavola rotonda con i suoi studenti .
Il docente aveva comunque sempre il ruolo del maestro che
comunica il suo sapere disciplinare ed accerta successivamente le capacità degli allievi.
Lunga vita alla lezione cattedratica!!
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