mercoledì 28 settembre 2011

I REDUCI

Generalmente la lettera agli studenti elaborata da 18 presidi toscani con la collaborazione del nostro Gruppo ha stimolato riflessioni molto puntuali e, anche quando critiche nei nostri confronti, tuttavia quasi sempre attente alle questioni da noi poste, rispettose di un documento che nasce innanzitutto come volontà di corroborare quel dialogo educativo con gli studenti che troppo spesso rimane, invece, una mera citazione da manuale di pedagogia.
Alcuni, però, come Cacciari, Capanna e Lodoli, hanno assunto un atteggiamento da “reduci” del ‘68: tranchant, oppositivo e così poco attento a quanto contenuto nel nostro appello, da pensare che neanche l’abbiano letto per intero, accontentandosi, magari, della sintesi fatta loro dagli intervistatori.
I reduci del sessantotto vivono il loro passato come una sorta di romanzo di formazione da recuperare ogni qualvolta se ne presenti l’occasione e da riproporre a chi non ha avuto la ventura di viverlo a suo tempo. Pur avendo seguito percorsi diversi, che comunque li hanno portati a sposare ideali lontani da quelli di un tempo, tuttavia finiscono per compattarsi quando si tratta di rinverdire la loro giovinezza. Evidentemente il richiamo adrenalinico ai giorni di lotta e di furore finisce per prevalere sulla necessità di porre fine alle esperienze passate; e da cattivi maestri (come lo sono tutti coloro che in barba alle loro carriere usano il proprio carisma per mandare i meno esperti allo sbaraglio) non si esimono dal consigliare ai ragazzi forme di lotta che appaiono, almeno a noi, desuete e irrazionali, visto che gli studenti hanno oggi tutte le libertà possibili per organizzare le loro proteste. Certa gente, che nel sistema ha sguazzato e continua a sguazzare con molto successo e altrettanto potere, non ha la minima esitazione di fronte ai problemi degli studenti e della scuola italiana dei nostri giorni e inneggia ancora alle occupazioni come forma per loro più idonea per protestare e per fare politica. E ci vuole davvero un bel coraggio per dare dei “pantofolai” che risolvono i problemi “a tavolino”, come dice l’ex-sindaco di Venezia, a chi, come i 18 prèsidi, si è sempre ritrovato da solo a fronteggiare le occupazioni, con i pericoli e i danni che comportano, vista la complessiva latitanza - e spesso la compiacenza - di politici, autorità di polizia e talvolta della stessa magistratura. L’unica via di uscita sarebbe quella di condividere le lotte degli studenti, invece di chiudere loro “le porte in faccia”. Affermazione che dimostra come Cacciari non abbia assolutamente letto l’appello.
Per Capanna, che a differenza di Cacciari sembra conoscere il documento, i presidi e i docenti dovrebbero smetterla di “crocifiggere i ragazzi” e d’essere complici della politica (sic), ma unendosi ai ragazzi stessi dovrebbero dar vita ad “una sollevazione democratica per arrivare ad un ammodernamento della scuola e a una riqualificazione seria dei contenuti dello studio”. Da quel che gli risulta “le lotte degli ultimi tempi” gli sembrano improntate “alla serietà”; e se pur riconosce alla lettera dei presidi qualche merito, per esempio legato al loro invito a forme di lotta serie, afferma che gli studenti possono scegliere le forme “di lotta più efficaci e che ritengono migliori”.
E su questo concetto che riconosce all’esperienza, qualunque essa sia, il modo migliore per crescere, insiste anche il docente-scrittore Marco Lodoli che il sessantotto non l’ha vissuto, ma della cui cultura evidentemente è debitore. Una cultura che ha fatto, appunto, dell’esperienza, uno dei propri punti di riferimento, senza distinguere però tra ciò che è lecito o non lecito e che ha esaltato, allo stesso tempo, lo spontaneismo come occasione irripetibile e indispensabile per crescere e formarsi anche culturalmente. Una visione dell’educazione, questa,che è stata la causa, nel recente passato, di una serie di danni sociali e umani inauditi. Ma certi reduci sembrano non essersene accorti finendo alla fine per assomigliare a certi vecchi di tanti anni fa, del mio paese, che rimpiangevano i tempi di una volta, quelli della loro gioventù da cui non sapevano assolutamente distaccarsi; dimentichi, tanto erano presi dal rimpianto della loro giovinezza, che di quei loro tempi c’era ben poco da rimpiangere.

Valerio Vagnoli

6 commenti:

Collettivo Studenti Pontedera ha detto...

«Cari Presidi, colpa vostra se l'Italia è un paese per escort»

Sofron ha detto...

Forse nel Collettivo di Pontedera si confondono le escort con le bidelle.

Lorenzo Salvia ha detto...

Il ministero mantiene segreti i dati su promossi e bocciati

Valerio Vagnoli ha detto...

C'è il sospetto che il tutto non sia casuale. Allo stesso modo le regioni che non differenziano tra percorsi di istruzione professionale e formazione, ci dicono ben poco sui tassi di bocciatura nelle prime e nelle quarte classi( proseguimento dopo la qualifica triennale, perché difficilmente le cifre darebbero ragione alle scelte da loro fatte.
Dare i numeri a volte sarebbe proprio utile.

Pippo ha detto...

Sarà un'altra generazione, non questa dei reduci, a dover cambiare le cose. Speriamo che allora non sia troppo tardi.

Anonimo ha detto...

Anche le scuole mantengono segreti i conti di coloro che si occupano di formazione.E a proposito di reduci forse è meglio fidarsi dei voltagabbana?