giovedì 26 aprile 2012

DA LEGGERE SU “PROFESSIONE DOCENTE”

Il numero di maggio di “Professione Docente”, il mensile della Gilda degli Insegnanti, ospita diversi contributi interessanti. Ne segnaliamo in particolare tre:
Autonomia senza controllo e mito del territorio, di Renza Bertuzzi, un’analisi del tutto condivisibile della proposta di legge Aprea sugli organi collegiali recentemente licenziata dalla Commissione Cultura;
Lo sciopero dei compiti nel chiacchiericcio generale, di Piero Morpurgo, che cita i risultati di ricerche internazionali sull’utilità dei compiti a casa;
Copiare a scuola? Legittimo e naturale, intervista di Renza Bertuzzi a Marcello Dei, l’autore di Ragazzi, si copia. Nella pagina seguente vengono citate le parti più attinenti a questo argomento dei Principi Etici approvati dalla Gilda nel 2008 e viene ripubblicata la Dichiarazione di insegnanti e dirigenti per la regolarità degli esami di Stato che un anno fa raccolse 557 adesioni. 

4 commenti:

Papik.f ha detto...

Pur apprezzando in generale il libro di Dei (l’ho comprato), trovo tuttavia insostenibili alcune sue affermazioni, tipo la seguente, contenuta nell’intervista: “Sullo scenario dell’istruzione è pur sempre ben presente l’ideologia privatistica, vestita dei panni dell’efficienza, della competizione, del consumo, dell’edonismo. E’ il versante culturale dell’economia della globalizzazione cui qualche titolare della Minerva ammiccava. Ed è per questo aspetto che gli studenti – insieme ai loro genitori - si sentono clienti e aspettano dall’istituzione pubblica una prestazione accettabile”.
A me sembra che qui sia proprio Dei a lasciarsi guidare dal pregiudizio ideologico. Prima di tutto mi chiedo in quale sistema, pubblico o privato che sia, studenti e genitori dovrebbero aspettarsi dalla scuola (o da qualsiasi altro erogatore di beni o servizi) una “prestazione inaccettabile”. Ma lasciamo perdere, probabilmente si tratta di un refuso redazionale.
Più grave mi sembra l’attribuire la decadenza morale dell’istruzione a una mentalità privatistica. Forse, tanto per fare un esempio, nelle scuole statunitensi, statali o private che siano, è comunemente accettata la copiatura o si ritiene che l’istruzione non debba formare il cittadino? O forse Dei considera gli USA come estranei alla “ideologia privatistica, vestita dei panni dell’efficienza, della competizione, del consumo, dell’edonismo”?
In realtà, chiunque lavori nella scuola da cinque lustri come – ahilui – il sottoscritto, sa benissimo che la mentalità dello “studente-cliente” è strettamente affine a quella dello “studente-utente”, e sa altrettanto bene come quest’ultima sia stata imposta a forza ai dirigenti e ai docenti da una task-force di “esperti” che ha strettamente e lungamente collaborato con una serie di ministri, di governi appartenenti a entrambi gli orientamenti, apparentemente contrapposti, del nostro pseudo-bipolarismo, senza deflettere per un istante dai suoi scopi perseguiti con assoluta determinazione, degna certamente di miglior causa.

Papik.f ha detto...

Per quanto riguarda l'articolo di Morpurgo, trovo davvero splendida la citazione finale di Gramsci, che meriterebbe l'inserimento tra le frasi a destra nella homepage del gruppo.
Dico questo pur considerandomi tutt'altro che gramsciano; mentre qualche ex-ministro, tuttora molto influente, che si è sempre proclamato tale, forse si gioverebbe dal meditarla ...

VV ha detto...

Gramsci riteneva che le classi subalterne, per gestire il potere e comunque per emanciparsi , si dovessero appropriare della cultura e degli stili di apprendimento delle classi dominanti.
Da molto tempo gli eredi di Gramsci ritengono che la scuola debba soprattutto "recuperare" e "motivare", piuttosto che formare una classe dirigente nuova, quanto più possibilmente vasta e preparata. Così, di Gramsci, restano, grazie a Pasolini, appena Le ceneri e la classe dirigente è inamovibile. Mica scema!peccato che la democrazia sprofondi perché a forza di insegnare le scorciatoie, la strada maestra rischia di perdersi e allora, solo allora, si ripartirà senza demagogie e populismi che, sia chiaro, non sono invenzione del furbone di Grillo ma hanno ben altre e profonde radici. Peraltro, pensate un po' come siamo ridotti! non siamo neanche degni di un Coluche!

Giorgio Ragazzini ha detto...

A proposito della cosiddetta ideologia privatistica che, comunque travestita, sarebbe responsabile di tutti i mali, concordo con le considerazioni di Papik.f. Tra l'altro efficienza, competizione, consumo e edonismo sono cose molto eterogenee fra di loro. Un effettivo incremento della prima del quartetto sarebbe stato auspicabilissimo, ma ne ho vista ben poca in questi anni e certi dirigenti scolastici nel settore privato sarebbero stati silurati da quel dì.
L'aggettivo "privatistica" si potrebbe riciclare per indicare la tendenza diffusissima (e non da ora)a considerare ogni allievo "un caso a sé". Si capisce che in una certa misura lo è, ma non tanto da poter ignorare sia la necessità di standard valutativi il più possibile omogenei (principio dell'equità), sia il dovere di garantire comunque livelli accettabili di preparazione (principio della responsabilità sociale).