domenica 29 aprile 2012

ELOGIO DELL'INSEGNAMENTO

È il titolo di un piccolo, prezioso libro in cui Maura Canalis e Enzo Novara, che attualmente insegnano in un liceo classico, condensano un’articolata riflessione sui rapporti tra giovani e adulti e sull’essenza dell’insegnamento. Scritto in un chiaro ed efficace italiano e non nell’illeggibile neolingua che spesso intristisce la saggistica e la divulgazione in tema di scuola, fondato su una solida cultura filosofica e psicologica, il saggio affronta temi decisivi come la crisi dei valori, la negazione dell’autorità, la funzione delle regole, il significato dell’essere adulti; e poi “il vero, il bene, il bello: i tre principi su cui si regge tutta la pedagogia degli ultimi 2500 anni”; la strada del rigore come garanzia di una scuola non classista; la forza e i rischi insiti nel potere della parola. L’ultima parte, infine, è dedicata a un profilo del bravo insegnante.
La lettura di questo libro ci fa approfondire la consapevolezza di quanto possa essere difficile, bello e importante insegnare e farlo con la stessa tensione morale che costantemente emerge nelle riflessioni e nelle esperienze dei due autori.

15 commenti:

Carlo Marcaccini ha detto...

PRIMA PARTE
Carissimi colleghi,
mi arrivano gli aggiornamenti per posta elettronica e leggo con attenzione i vostri interventi. Abbiamo già avuto qualche scambio di opinione sull'uso dei cellulare durante i compiti. Dicevo allora che è inutile combattere. Vorrei sgombrare il campo da un'equivoco, dall'equivoco, che affligge molti insegnanti e che rilevo anche nel vostro sito. Gli insegnanti non sono educatori. Si possono citare molte belle frasi in proposito. Voi ne citate una della Harendt. Senza la pretesa di esserne un fedele interprete, credo che la Harendt si riferisse non agli insegnanti come categoria professionale (e certamente non pensava agli insegnanti italiani) ma genericamente a chi insegna nell'atto di insegnare. Può essere chiunque a farlo e non c'è bisogno della scuola perché ciò accada. Non so se la scuola come istituzione ha mai avuto senso. Forse ce l'aveva un tempo, agli albori dello stato nazionale, quando bisognava creare il cittadino fedele alla patria, smussare le differenze culturali, imporre una lingua unica. Quando la scuola esprimeva una propaganda di stato. L'apice della scuola, in tal senso, è stato il fascismo. La sua più nobile e pura espressione, la scuola di Gentile. Quel tempo non c'è più ma gli insegnanti continuano a ritenersi educatori. La società non riconosce questo ruolo agli insegnanti, infatti non riconosce loro alcuna autorità. Il luogo comune tuttavia persiste e fa comodo a tutti. Agli insegnanti, in primo luogo, perché ormai non riescono a insegnare più niente e dalle scuole escono diplomati ignoranti di tutto, specialmente della lingua italiana; agli insegnanti, che per primi hanno poco da insegnare perché molti sono a loro volta ignoranti, specialmente della lingua italiana; agli insegnanti, perché perderebbero il posto nel momento in cui si riconoscesse una volta per tutte che non sono educatori, se cioè alla consapevolezza seguissero i fatti. In secondo luogo il topos insegnante-educatore fa comodo alla società, che così tiene gli insegnanti per le palle. Le aberrazioni dell'autonomia (l'autonomia è di per sé un'aberrazione in Italia), le polemiche sui compiti a casa, il quattro politico ecc. sono il risultato di questo luogo comune. Io credo che la scuola debba sciogliersi da questo abbraccio mortale dalla società e debba insegnare solo a chi vuole imparare. E basta. La mia proposta di riforma è questa. Aboliamo gli scrutini - e l'esame di stato, ovviamente. Aboliamo il valore legale del titolo di studio. Aboliamo l'obbligo scolastico oltre le medie inferiori. Perché dobbiamo inoculare Dante e Leopardi a chi non ne vuole neanche sentire parlare? Perché siamo educatori? Capite che questo tempo è finito. Quindi: esaurito l'obbligo degli otto anni, la scuola secondaria deve proporre solo alcuni insegnamenti. L'insegnante insegna la sua materia, dà i suoi voti, fa le sue medie. Alla fine il suo voto finale viene messo insieme a quello degli altri colleghi: non c'è bisogno di scrutinio, nessuna promozione o bocciatura, nessun esame a settembre. Lo studente ha fatto il primo anno della media superiore. I voti che ha preso sono nella sua pagella, e passa al secondo anno. E così via. Se in matematica non ha fatto niente si porta appresso il suo bel tre. Cavoli suoi. Tanto è comunque promosso. Alla fine dei cinque anni avrà magari un diploma di liceo scientifico, con tre a matematica tutti gli anni. A che gli servirà? a niente, in relazione alla matematica. Ma magari va benissimo a disegno e ha tutti nove, tutti gli anni. Userà questo voto come referenza, non l'altro voto.

Carlo Marcaccini ha detto...

SECONDA PARTE
Non è il diploma che serve, ma ciò che si è liberamente appreso, non serve a nulla una sufficienza fittizia in una materia che non si ama, che non si vuole studiare (in tal senso Dante e Leopardi non servono a nulla, appunto). Sappiamo bene che molti insegnanti danno addirittura il sette politico, all'esame di stato si copia, ci sono i palmari, e i diplomi sono finti. Quindi: garantiamo a tutti la promozione e lasciamoli liberi di usare i voti, questi sì certificati, come vogliono. Fine del rapporto scuola-famiglia, fine dei ricorsi, fine della stupida scuola collegiale (che serve solo per ostracizzare gli insegnanti severi), fine dell'insegnante-educatore. Direte: ma la tua idea fa acqua da tutte le parti, non torna qui, qui e qui. Prima però cercate di capire come siamo ridotti. Non siete stufi di essere chiamati (e di chiamarvi) educatori (a che diritto poi?), non vi sentite presi in giro? Io sì. Allora ho smesso di prendermi in giro da solo.

Giorgio Ragazzini ha detto...

I temi che tocca Marcaccini sono molti e il mio disaccordo sull'analisi e sulle conclusioni che ne trae è molto ampio. Mi limito però a dire che nessun insegnante è in grado di sottrarsi al suo ruolo di educatore; può solo farlo bene o male dal punto di vista dei valori democratici. La puntualità, per esempio, che è rispetto per gli altri, la insegnerà entrando in classe sempre all'ora prevista, scusandosi per eventuali ritardi e pretendendo che gli allievi arrivino prima che inizi la lezione; la serietà la trasmetterà agli allievi con l'impegno che mette nel suo lavoro; l'onestà, la lealtà, l'equità le promuoverà attraverso le regole che farà rispettare, con il modo in cui valuta gli studenti, con la rigorosa vigilanza durante le verifiche e le prove d'esame. Ancora: il dialogo didattico esige che si parli uno per volta, che si ascoltino i compagni, che non si distorcano né liquidino le loro opinioni; la mancata correttezza dei comportamenti richiede la responsabilità di sanzionarla adeguatamente... E' inutile accumulare le decine e decine di esempi possibili. Ogni docente educa, con insegnamenti sia espliciti che impliciti, con la parola e con l'esempio. Basta aggiungere che se tralasciasse tutto questo non solo sarebbe pessimo proprio come educatore, ma non riuscirebbe a fare lezione neppure a quei pochissimi che, nella prospettiva dell'intervento di Marcaccini, "vorrebbero imparare", perché il rapporto con loro si guasterebbe rapidamente, anche perché si tratterebbe molto probabilmente dei ragazzi più esigenti anche sul piano della correttezza professionale. Del resto, come notano Canalis e Novaro, "non preparare in modo adeguato i giovani significa ingannare loro, ma anche le famiglie e la società che su di loro investono. E' innanzitutto una questione di responsabilità e di moralità". In qualunque modo assolva il proprio compito, l'insegnante non può non educare (o diseducare), oltre che istruire.

Carlo Marcaccini ha detto...

Quello che lei dice è giusto, ma non è reale. Gli insegnanti, come tutti gli esseri umani, se ne fregano del prossimo. Peraltro la responsabilità non è legata alla moralità ma al compenso. Che è basso.
Grazie della sua attenzione.

Papik.f ha detto...

Caro collega Marcaccini, ma se te ne freghi del prossimo come tutti gli insegnanti e tutti gli esseri umani perché scrivi su questo Gruppo? anzi perché lo segui? anzi perché usi Internet?
Secondo me tu non te ne freghi affatto e quindi non hai il diritto di presumere che gli altri lo facciano.
Comunque, quello che afferma GR è incontestabile. Ciascuno di noi comunica continuamente con gli altri, in forme verbale ed extraverbali, tranne uno stilita nel deserto o un eremita nella sua celletta (ma forse in qualche modo comunicano anche loro). Chi si trova in una posizione di "risalto", come un insegnante rispetto agli alunni, educa inevitabilmente, se non altro attraverso l'esempio, che lo voglia o meno, che lo paghino poco o molto.
Può educare bene o educare male, ma non può non educare. Ed è responsabile delle proprie azioni, certamente davanti alla società, per i credenti (dei quali, personalmente, faccio parte) anche davanti a un giudizio Altro.

Papik.f ha detto...

Comunque nel primo post del collega c'è un'errata interpretazione che non si può tralasciare in un Gruppo ove si intende discutere di scuola con consapevolezza. Riporto alcune affermazioni di Renzo De Felice:
"Nel 1931 Mussolini ... parlò esplicitamente di riformare nuovamente la scuola, definendo la riforma Gentile 'un errore dovuti ai tempi e alla forma mentis dell'allora ministro' [testo virgolettato e dunque citazione diretta dello stesso duce] ... la vera riforma fascista della scuola [qui è di nuovo De Felice che parla] fu quella di Bottai, non quella di Gentile".

Carlo Marcaccini ha detto...

Cari colleghi,
perché non capite che la morale è un modo per tirarcelo in tasca? perché vi rifiutate di vedere la realtà? perché continuate a fare le anime belle? Capite che se continuate a pensarla così non potranno trattarci che come dei preti mentecatti che lavorano per un tozzo di pane? Io non sono un prete e il motivo per il quale intervengo qui o altrove è perché voglio testare il livello di consapevolezza. Più è basso, più il mio lavoro si farà insopportabile nel corso degli anni. Ahimé, a quanto vedo la strada è in salita.
Al collega Papik (ma chi sei prego?): leggiti Gentile. Gentile era un fascista convinto e aveva un legame speciale con Mussolini. Gentile è morto fascista, assassinato nella nostra Firenze. Il fatto che la sua scuola funzionasse ci dovrebbe far riflettere. Infatti aveva eliminato il precariato. La sua scuola non aveva alibi, si badava solo alla conoscenza da impartire a una elite. E alla disciplina. Se non hai voglia di leggerti Gentile magari leggiti Augusto Del Noce.
Carlo Marcaccini

Giorgio Ragazzini ha detto...

Sulla riforma Gentile ha ragione Papik. Non è in questione se fosse lui fascista (comunque sui generis). La sua riforma aveva preso corpo nel ventennio precedente ed era sostanzialmente liberale, molto elitaria e orientata a formare una classe dirigente colta e preparata. All'inizio Mussolini la difese, ma gradatamente la scuola dovette adattarsi di più alle esigenze di indottrinamento di massa del regime. Le gare di cultura fascista, l'educazione fisica, l'abitudine alla disciplina e l'addestramento paramilitare diventarono più importanti del greco e della filosofia per larghi settori del partito. Nel 1934 una direttrice didattica poteva scrivere che "la scuola non ha più il compito di istruire il fanciullo [...], la scuola mira essenzialmente a formare i cittadini quali li vuole il Duce, che amino il fascismo e trovino unicamente in esso la sola gioia, il solo bene".

Papik.f ha detto...

1. Chi sono? un insegnante che non ama l'idea che ogni opinione espressa su qualsiasi argomento sia accessibile per l'eternità a chicchessia attraverso Google. I responsabili del Gruppo conoscono la mia identità e sono tra i firmatari dell'appello dell'anno scorso per la regolarità degli esami. Se vuoi sapere il mio nome e cognome, non ho nulla in contrario a inviarteli se mi fai conoscere il tuo indirizzo.
2. Non ho mai affermato che Gentile non aderisse al fascismo, perché non sono così ignorante da non sapere chi era Gentile, e neppure che la sua scuola non fosse mirata a un'elite, come peraltro era sempre stato il Liceo sino ad allora, da assai prima che il fascismo nascesse. Quello che ho inteso dire è che la sua riforma non aveva un'impostazione fascista, almeno per come intendeva il fascismo lo stesso Mussolini (è abbastanza noto che Gentile predispose la voce "Fascismo" per la Treccani e che Mussolini la bocciò per riscriverla personalmente). L'opinione di Renzo De Felice, espressa specificamente sulla riforma Gentile e non sul complessivo orientamento politico o filosofico del suo autore quest'ultimo, è per me sufficientemente autorevole. Lo sarebbe anche se non ci fosse quella, ad esempio, di Giorgio Israel che non può certo essere sospettato di filofascismo. Lo sarebbe anche se non sapessi che Gentile lasciò agli insegnanti la libertà di definire i programmi di insegnamento, fissando soltanto programmi d'esame, e che tale impostazione, coerente con il neoidealismo e non con il fascismo, fu considerata intollerabile dallo stesso Mussolini che la fece modificare nel 1936 dal ministro De Vecchi (quadrumviro della marcia su Roma). Se poi si considera necessario dannare a priori qualunque cosa sia avvenuta tra il 1922 e il 1944, lo si faccia pure, ma non sarò certo io a condividere questo atteggiamento.
3. Per quanto riguarda la questione delle anime belle, mi considero - purtroppo - tutt'altro che tale. Ho semplicemente affermato che qualsiasi atteggiamento assumiamo davanti agli alunni è un atteggiamento che ha riflessi sulla loro educazione. Anche l'atteggiamento di chi dicesse: "mi rifiuto di contribuire a educarvi perché non mi pagano abbastanza" avrebbe degli esiti in tal senso. Allora, personalmente, preferisco poter vincere la battaglia che s'ingaggia ogni mattina davanti allo specchio, anche se perdo tutte le altre, come diceva Montanelli.Adesso non ricordarmi che anche lui è stato fascista: lo so bene, e non era l'unico suo difetto. Ma era un gentiluomo. E non certo un'anima bella.

Papik.f ha detto...

Qualche postilla.
Punto 2. Nel caso che tu non fossi pregiudizialmente contrario al fascismo, bensì all'opposto, sarei in totale disaccordo lo stesso. Le cose del passato vanno lasciate all'analisi storica. Possiamo a volte trarne insegnamenti ed esempi, positivi e negativi; ma, come diceva Marx, che qualche volta aveva ragione anche lui, se le tragedie del passato si ripresentano lo fanno come farsa. E di elementi farseschi, in questo caso, la tragedia originale già ne conteneva più che a sufficienza.
Punto 3. Credo che se non vogliamo lavorare per un tozzo di pane nessuno ci obbliga. Quindi consapevolezza di che? che ci pagano poco? Allora le cose sono due: o ci si dimette e si cerca un altro lavoro, se si è capaci, o si cerca di fare comunque il proprio dovere, pur restando liberi di aderire a qualsiasi azione che possa migliorare il proprio trattamento (auguri, nella situazione economica attuale).
Non si tratta di mescolare il volontariato con la prestazione lavorativa, cosa che dà molto fastidio anche a me. Si tratta di rispettare l'obbligo contrattuale che nessuno ci ha costretti ad assumerci.
Inciso OT: se veramente pensi che chi fa volontariato sia un "mentecatto" e non si tratta solo di una atteggiamento provocatorio da parte tua; bé, in tal caso, mi dispiace veramente molto per te.

rossana ha detto...

Il problema è:"Chi educherà gli educatori?" Secondo me, visto che nella scuola ci sono anche anime non belle, si andrà verso una selezione naturale della "specie" per cui quelli che hanno in sé il senso della loro missione spiazzeranno i falsi educatori, perché, ammettiamolo, l'insegnamento non richiede solo competenza ma anche un'arte e l'arte, si sa, è amore, è piacere e là dove non c'è amore non vi sono che problemi di carriera, di retribuzione, di noia per l'insegnamento. Sarò anche utopica, ma ho fede nella cultura, nonostante tutto.

Carlo Marcaccini ha detto...

Scusate il ritardo.
Allora:
la riforma Gentile passò sotto una dittatura (benché non ancora pienamente consolidata), non sotto un regime liberale. Non vi fa riflettere? Del Noce parla di incontro necessario fra Gentile e Mussolini. Le modifiche successive furono frutto di compromessi al ribasso. L'enfasi sull'educazione, che era anche in Gentile, è tipica dei regimi totalitari: insistere oggi sulla morale e sull'educazione ha perciò echi sinistri e deriva da un passato dal quale non riusciamo a liberarci. L'autonomia è stata varata per fare propaganda. Guardarci allo specchio non serve a nulla. Dobbiamo guardare fuori di noi. Quali proposte per una scuola di massa? Come si fa funzionare un sistema del genere? Famiglie e studenti vogliono il diploma, gli insegnanti un lavoro sicuro, anche se pagato poco. Chi cerca di meglio spesso non lo trova. Ma credere che l'impegno, in questo sistema, possa servire a qualcosa è da illusi. La scuola non è la chiesa e gli insegnanti non sono dei preti.
Carlo Marcaccini
(caro Papik perché non firmi i tuoi messaggi? di farti avere la mia mail, o di avere la tua, non m'importa niente)

Papik.f ha detto...

@Carlo Marcaccini
Perché non firmo l'ho già spiegato; tu, come chiunque altro, sei libero di non considerarla una giustificazione valida, ma questo rientra nell'ambito delle opinioni personali. Finché il Gruppo consentirà questo tipo di commenti, continuerò a postarli; se verrà richiesto di firmare con nome e cognome, non lo farò più, per le ragioni che ho già illustrato e come ho già fatto con altri forum.
La questione dell'indirizzo era solo per chiarire che non ho nessuna intenzione di nascondere la mia identità a chi voglia conoscerla (del resto l'anonimato sul web è ben fragile), bensì soltanto alle ricerche superficiali con i motori di ricerca.
La legge urbanistica del 1942 (senza la quale il paesaggio dell'Italia sarebbe oggi ridotto a una lastra di cemento persino più di quanto già lo è) fu approvata sotto una dittatura, non solo consolidata ma nella sua fase peggiore (era già in guerra al fianco di Hitler) e decisamente discendente.
Anche le normative sui beni culturali e paesistici del 1939, che hanno tutelato il nostro patrimonio per decenni e delle quali anche il vigente Codice dei Beni culturali risente l'impostazione, furono approvate sotto un regime ben consolidato e già compromesso con il nazismo. Lo stesso può dirsi dell'Istituto Centrale per il Restauro, una delle nostre istituzioni più apprezzate anche nell'ambito internazionale.
Tutto ciò dovrebbe far riflettere? certamente, ad esempio sul fatto che molti degli intellettuali che promossero queste iniziative (Piccinato, Brandi, Argan, ...) diventarono dopo la guerra punte di diamante della cultura di sinistra.
Ciò non influisce però sul giudizio relativo ai loro aspetti positivi e negativi.
Certamente la scuola non è la chiesa e gli insegnanti non sono dei preti, però sono dei professionisti che hanno firmato un contratto e devono rispettarlo o andarsene. Non so, sinceramente, se si potrà far funzionare un sistema del genere, come tu dici con alcune osservazioni che condivido; resta il fatto che finché ci si è dentro si deve fare del proprio meglio. Infine, la questione non è a mio parere di porre un'enfasi retorica sull'educazione, ma di riconoscere che un insegnante a scuola (o all'università) educa necessariamente, anche se non se ne rende conto, come del resto accade a un allenatore sportivo o a chiunque altro sia in rapporto con delle persone più giovani rispetto alle quali esercita un ruolo di riferimento.

Carlo Marcaccini ha detto...

Allora non ci siamo capiti, Papik. Se parliamo di scuola come sistema non dobbiamo parlare di morale, che riguarda l'individuo. È ovvio, tutti, individualmente, educano in qualunque momento della loro vita. Ma deve la scuola, come istituzione, proporre un'educazione?
Inoltre le leggi che tu citi sono, ahimè, esempi dell'opprimente controllo statale, di stampo prettamente burocratico, che in Italia nasce col fascismo e prosegue nel dopoguerra e che si espleta, nella maniera più esemplare direi, proprio nella gestione dei beni culturali e del territorio. L'hai detto tu stesso, molti degli intellettuali che promossero quelle iniziative dopo la guerra diventarono di sinistra... Più chiaro di così.
Carlo Marcaccini

Anonimo ha detto...

David Hume, ottimo giocatore di biliardo, sosteneva che politici e magistrati dovevano guadagnare più di tutti. Per non essere corrotti; forse é l'unico punto su cui si sbagliava...
Professore, la ricordo con affetto. Micaela