lunedì 22 settembre 2014

UNA BUONA SCUOLA? Capitolo 2: Libertà metodologica e aggiornamento dei docenti

“Dobbiamo dire con chiarezza cosa ci aspettiamo dal corpo docente in termini di conoscenze, competenze, approcci didattici e pedagogici, per assicurare uniformità degli standard su tutto il territorio nazionale e garantire uno sviluppo uniforme della professione docente”(cap. 2.1, Quali competenze per i nostri docenti).
Un’affermazione, quella sugli “approcci didattici e pedagogici”, che suona inquietante per chi ritiene essenziale la libertà metodologica, tanto più che la pretesa di decidere come tutti dovrebbero insegnare non è purtroppo nuova nei discorsi di pedagogisti e dirigenti ministeriali; anzi, si è via via reincarnata in molteplici  “buone novelle” destinate a “modernizzare” la scuola: la programmazione maniacale degli obbiettivi didattici, il morattiano “portfolio delle competenze” (presto abbandonato al suo destino), l’orientamento come chiave di volta di tutta la didattica, l’idolatria per l’informatica, l’abbandono dell’insegnamento a favore della facilitazione dell’apprendimento, per citarne solo alcune. Ma è proprio la libertà nella didattica la sola garanzia che ogni insegnante dia il meglio di sé, in quanto può scegliere l’approccio migliore a seconda dell’argomento e della classe che ha davanti, che sia però anche in armonia con le sue attitudini e il suo temperamento. In altre parole, se può insegnare nel modo che più gli si confà. Senza dubbio è essenziale conoscere diversi metodi, per averli studiati e soprattutto sperimentati durante la propria formazione iniziale e, in seguito, attraverso il confronto con i propri colleghi; altra cosa sarebbe l’imposizione di una didattica ministeriale. Quindi, “uniformità degli standard su tutto il territorio nazionale ” non può voler dire che si punta a un corpo insegnante fatto con lo stampino, ma garantire a tutti gli studenti degli insegnanti adeguati, anche se differenti per lo stile didattico. Cosa che oggi non è, essendo universalmente noto che ci dobbiamo tenere anche quelli pessimi (e spesso, aggiungiamo, irrecuperabili). E su questo “La Buona Scuola”, che molto parla di merito, non dice nulla.
Possiamo però concedere il beneficio del dubbio a Renzi&Giannini, dato che questa affermazione dirigista, tendente all’omologazione dei docenti, convive nelle stesse pagine con una linea di pensiero che riguarda l’aggiornamento e che sembra contraddirla. C’è una critica molto netta delle occasioni formative che vengono in genere proposte ai docenti, “troppo spesso frontali, poco efficaci e in genere non partecipate”, in cui raramente si incoraggia “un confronto interattivo”.  La formazione continua, inoltre, “non potrà essere calata dall’alto, ma dovrà essere definita a livello di Istituto. Inoltre dovrà fondarsi sul superamento di approcci formativi a base teorica” ma essere incentrata “sulla forma esperienziale tra colleghi”. Asserzioni non molto lontane da quanto abbiamo sostenuto in più occasioni: la base dell’aggiornamento (senza escludere altre forme e apporti) deve essere il confronto di idee e di esperienze tra colleghi con il metodo seminariale, cioè tra pari, e nascere dalle loro  reali esigenze. I metodi si devono affermare perché si rivelano efficaci, non perché vengono imposti. A queste condizioni, l’impegno etico-deontologico di aggiornarsi potrà essere percepito più come occasione per crescere (e far crescere) professionalmente e ricavare anche maggiore soddisfazione dal proprio lavoro, che come un obbligo a cui sottoporsi obtorto collo. In altre parole, se aggiornarsi è un dovere (per tutte le professioni), il problema non è il “se”, ma il “come”.
L’ambiguità delle linee-guida su questo delicatissimo punto dovrà essere sciolta. È interesse dei docenti far sentire la propria voce perché la ricchezza costituita dalla compresenza di diversi metodi e stili di insegnamento venga tutelata e non compressa in qualche forma di ortodossia.

1 commento:

Anonimo ha detto...

Chissà, magari quando si esprimeranno in un italiano meno orrendo crederemo a quello che dicono ...