lunedì 20 maggio 2019

LIBERTÀ E DEONTOLOGIA NEL CASO DEL VIDEO DI PALERMO


È stato detto e scritto molto sul video di alcuni studenti di Palermo e sulla loro docente di storia sanzionata dall’Ufficio scolastico regionale. In prevalenza si sostiene che sono in gioco la libertà di insegnamento, la libertà di opinione e il pensiero critico.
In realtà l’episodio è segnato da un atteggiamento superficiale da parte dell'insegnante, che non ha guidato e corretto il lavoro dei suoi studenti, né se ne è dissociata ex post, nel caso che non lo conoscesse in tutti i particolari. Ne è venuto fuori un video fondato sull’omologazione tra le leggi razziali fasciste e il decreto sicurezza del ministro Salvini; e c’è persino l’equivalenza tra il rastrellamento e la deportazione degli ebrei romani nel ’43 e il ricollocamento dei migranti dopo lo sgombero di un Centro di accoglienza per i richiedenti asilo; affermazioni a dir poco imbarazzanti. Un lavoro, appunto, da ragazzi, superficiale e approssimativo come è spesso il loro lavoro se non è guidato e corretto.
Onestamente la collega ci sembra vittima soprattutto della perdurante assenza nella nostra scuola di una seria riflessione sulla deontologia professionale, che guidi gli insegnanti nelle numerose e delicate responsabilità a cui devono far fronte (e spesso si evita persino di ricordare loro quei doveri che già le leggi stabiliscono). Una responsabilità importante di un docente è quella di aiutare gli allievi a costruirsi un pensiero critico, che è l'esatto contrario della superficialità. E se non vengono aiutati in questa conquista diventeranno degli adulti presuntuosi e in realtà pronti a essere culturalmente e politicamente imboccati dal sentito dire o dalle panzane che leggono su facebook.
Molti di coloro che hanno preso le difese della docente hanno denunciato il mancato rispetto della libertà d'insegnamento. Ma le leggi della scuola fanno certamente salva la libertà dell'insegnante, purché attraverso quella si raggiungano i fini che l'intera normativa scolastica, a partire dalla Costituzione, ci impone. Pensare che ciascun docente possa fare quello che vuole (o non fare quello che deve) è una aberrazione che tuttavia resiste grazie al trionfo negli anni settanta e ottanta di una scuola fortemente politicizzata. La libertà di insegnamento come ogni libertà implica una corrispondente responsabilità e non può esonerare dal correggere le sciocchezze dei propri allievi. Né si può accettare che queste ultime siano difese in nome di un inattaccabile diritto alla libertà di opinione. La scuola non è un luogo come tanti in cui si esprimono pareri personali, ma quello in cui si impara a riflettere, discernere, contestualizzare, in modo da abituarsi a formarsi opinioni fondate e ben argomentate, che occorre correggere quando sono chiaramente insostenibili o tendenziose. Non farlo quando i propri allievi equiparano una pur contestatissima legge dei nostri tempi alle famigerate leggi razziali che portarono alla persecuzione degli ebrei e allo sterminio di migliaia di loro è gravemente sbagliato. Per di più con questo paragone si rischia di banalizzare proprio quel crimine e quella tragedia. Che qualcuno dica a questi ragazzi che le leggi razziali non avrebbero mai portato, come invece accade per il Decreto sicurezza, la firma del Presidente Mattarella.
Detto questo, non ci piace per nulla la severità della sanzione inflitta alla docente: quindici giorni di sospensione dal servizio. Una severità paradossale soprattutto se pensiamo a quanto sia solitamente latitante l'amministrazione scolastica (Usr, ma anche i Dirigenti scolastici) nei confronti di docenti che si macchiano di colpe molto, ma molto più gravi; e lo potrei dimostrare con un gran numero di esempi. L’episodio si sarebbe anche potuto risolvere con un serio e approfondito colloquio col preside e con un successivo ripensamento insieme ai ragazzi. Viene da sospettare che qualcuno abbia approfittato di quanto accaduto per portare acqua al mulino del potente di turno pensando che avrebbe gradito un intervento pesante. In ogni caso la scelta in questo senso ha finito con l'indignare, e non poco, gran parte dell'opinione pubblica. Lo hanno capito tanto il Ministro dell'istruzione quanto lo stesso Salvini, che sembrano addirittura dissociarsi dall'iniziativa presa dall'Ufficio scolastico regionale palermitano. Che si meriterebbe almeno un’ ispezione per indagare sulle attitudini e le competenze necessarie a svolgere il proprio ruolo.
Valerio Vagnoli

22 commenti:

chiara ha detto...

Complimenti! La vostra onestà di pensiero è ammirevole, così come il vostro coraggio. Continuate così. Buon lavoro

Gruppo di Firenze ha detto...

Grazie davvero a Chiara per il bel complimento.

Morpy ha detto...

UNA PROFESSORESSA SOSPESA E L’INUTILITÀ DI ALCUNI DISTINGUO
Premessa 1) Innanzitutto non è vero che non si possa discutere di politica a scuola e ne è prova la meritoria iniziativa del Quotidiano in classe. 2) Nella scuola italiana e nei manuali di storia circolano errori storici da far rabbrividire: a) il fascismo divenne dittatura solo nel 1925! Purtroppo Mussolini già nel 1921 nel discorso alla Fiera di Roma propose la proporzionale etnica per gli Ebrei; purtroppo Mussolini prese il potere con la Marcia su Roma. C’è di peggio: spesso si legge che il fascismo fu un “totalitarismo imperfetto”; non è vero Mussolini istituì campi di concentramento, di smistamento e di sterminio e il peggiore fu quello di Arbe (Rab), ma anche Gonars, Monigo, Renicci. Non esiste un fascismo “buono”. In ogni caso si leggano i lavori di Carlo Spartaco Capogreco e gli atti della Commissione Anselmi.

Punto di forza del lavoro degli studenti di Palermo è la diapositiva del “respingimento” della St. Louis: porti chiusi agli Ebrei che fuggivano dall’Europa. Sarebbe stato bene svilupparlo.
Non è censurabile l’accostamento tra la deportazione dal ghetto di Roma e lo sgombero del CARA di Castelnuovo di Porto: in ambedue i casi a chi veniva portato via non fu detto per quale destino; si leggano le istruzioni per i cittadini di Roma: le famiglie, sorprese in pieno sonno e ancora disorientate, venivano informate con un avviso bilingue che avrebbero dovuto abbandonare le proprie case: «Insieme con la vostra famiglia e con gli altri ebrei appartenenti alla vostra casa sarete trasferiti. Bisogna portare con sé: viveri per almeno 8 giorni, tessere annonarie, carte d’identità e bicchieri. Si può portare via una valigetta con effetti e biancheria personali, coperte ecc., danari, gioielli. Chiudere a chiave l’appartamento e prendere la chiave con sé. Ammalati, anche casi gravissimi, non possono per nessun motivo rimanere indietro. Infermeria si trova nel campo. Venti minuti dopo la presentazione di questo biglietto, la famiglia deve essere pronta per la partenza». Chiudere a chiave casa e conservare la chiave! Un inganno che faceva intendere la possibilità del ritorno. (S. Haia Antonucci et al., Roma 16 ottobre 1943. Anatomia di una deportazione, Roma 2006, p. 41 disponibile in academia.edu )
Alcune criticità vi sono nella diapositiva che accosta il titolo del Corriere della Sera che annuncia le leggi razziali del 1938 con il cosiddetto Decreto Sicurezza. Sia ben chiaro: l’immagine non dice che il Ministro dell’Interno è eguale a Mussolini e tantomeno offende il nostro Presidente della Repubblica. Il fatto è che il Testo coordinato del Decreto Legge 113 del 2018 http://www.dirittoegiustizia.it/allegati/GazzettaUfficiale_281_2018_TestoCoordinatoDecretoSicurezza.pdf agli artt. 13 e 14 suscita perplessità e analogie perché la limitazione dell’iscrizione anagrafica può comportare (non sempre) la limitazione dell’accesso ad alcuni servizi (scuola e sanità ad esempio) e qui hanno ragione gli studenti e la professoressa che nel commento hanno detto “si rischia”, “potrebbe accadere”. Forse non avrei messo l’immagine dell’on. Salvini bensì il testo commentato del decreto.
Detto questo vorrei ricordare che nella scuola italiana i casi di professori “negazionisti” ci sono, e talvolta hanno anche vessato gli studenti, e non hanno mai avuto una sospensione di 15 giorni! E come se non bastasse una maestra viene accusata di leggere Anna Frank:
https://www.ilmessaggero.it/scuola/picchia_alunno_classe_legge_anna_frank_maestra_sospesa-4503955.html
Piero Morpurgo
www.pieromorpurgo.com

Biancifiore ha detto...


Commento appropriato, esauriente e illuminante.
Un grazie al professor Morpurgo.

Anna Valeria Grassi

Bruno Telleschi ha detto...

Il fascismo nelle scuole c'è già da lungo tempo e non è stato introdotto da Salvini. Che forse non ha interesse a rimuoverlo, ma anche la sinistra ha contribuito a rafforzare il potere autoritario dei presidi e dei provveditori che con altri nomi continuano a limitare la libertà degli insegnanti.

Unknown ha detto...

Concordo è apprezzo l'analisi ben argomentata del prof. Morpurgo del resto ogni periodo storico ha un inizio e forse, anche se con alcune forzature,almeno non si puo dire che i ragazzi non abbiano compreso il senso del "Non dimenticare", rispetto a tanta quotidiana indifferenza.
Paola Tonna

VV ha detto...

Un vero peccato che una categoria di educatori per vocazione, di laureati in università non proprio di regime e sindacalizzata in maniera pressoché totale non sia in grado di far rispettare le regole e la Costituzione e permetta che la scuola sia nelle mani del fascismo e di presidi fascisti. Povera scuola! è proprio messa male
VV

Unknown ha detto...

Letto il vostro intervento sul caso di Palermo, vi prego di cancellarmi dall'indirizzario.
prof. Giorgio Inglese
Università di Roma "La Sapienza".

GF ha detto...

Abbiamo sempre accolto, com'è ovvio, qualsiasi opinione sui tanti temi affrontati. A quanto pare alcuni lettori, invece, non sopportano di essere per una volta in disaccordo con noi e ci salutano sdegnati. Se sono colleghi, c'è da augurarsi che non trasmettano ai loro allievi la loro scarsa attitudine al dialogo.
GF

Unknown ha detto...

"..la scuola nelle mani del fascismo e di presidi fascisti" il delirio di un ANONIMO e parliamo di dialogo?
Paola Tonna

valerio vagnoli ha detto...

Delirio di un anonimo? magari fosse così! perchè non legge altri commenti su facebook?

Rebert ha detto...

Può essere che nel vocio generale che- per fortuna- si è levato sia stata considerata lesa la libertà d’ insegnamento. Non è così, ciò che è stato colpita è la funzione istituzionale della scuola pubblica statale, nella quale, secondo il D.L. 16 aprile 1994, n. 297, parte III, titolo I, capo I, "La funzione docente è intesa come esplicazione essenziale dell’attività di trasmissione della cultura, di contributo alla elaborazione di essa e di impulso alla partecipazione dei giovani a tale processo e alla formazione umana e critica della loro personalità”. Infatti alla docente non è stato rimproverato ( sic! ) di avere sostenuto alcune tesi, bensì di non aver censurato ( sic!) considerazioni dei propri allievi.
Per entrare appena un po’ nel merito, che Piero Morpurgo ha analizzato con precisione da storico, non si può certo sostenere che l’ analogia sia così errata o ingenua. Molta stampa, diversi storici l’ avevano già fatta propria. Perché la docente avrebbe dovuto “ correggere il tiro”? Che elementi provati ci sono per deridere quella inferenza? Trovo un po’ capziosa la considerazione secondo cui se fosse stato così nefasto, il presidente Mattarella non avrebbe firmato il Decreto sicurezza. E’ un argomento autorevole, di tipo induttivo, mentre- ferme restando stima e grande rispetto per il nostro Presidente- nella ricerca, sia scientifica che umanistica, vale il principio della dimostrazione.
Aggiungo poi che , se la scuola politicizzata post sessantottina era deplorevole, come si può definire questa scuola in cui la DIGOS ( cioè un nucleo speciale della polizia che svolge attività investigative e informativa finalizzata a contrastare eventuali attività eversive dell’ ordine democratico ed attività terroristiche…) va a verificare il pensiero critico degli studenti ?!
In sintesi, non condivido l’ articolo di Vagnoli, ma intendo continuare a seguire il Gruppo di Firenze, e sono convinta che l’ episodio di Palermo sia gravissimo perché interviene nella stessa ragione di essere della scuola in uno stato democratico.

Bruno Telleschi ha detto...

Ognuno farà i conti con la sua storia e le sue idee, ma è un fatto che la dirigenza ai presidi costituisce un'involuzione nel cammino della democrazia. Come è un fatto l'ossessione della vigilanza ai tempi del populismo che considera incapaci i minorenni e privi di qualsiasi responsabilità. Anche in questo caso siamo di fronte al declino della democrazia: l'obbligo della vigilanza assolve sempre gli alunni e comunque condanna gli insegnanti. Come è successo a Palermo dove la questione giuridica verte sulla vigilanza e utilizza una fattispecie ideologica del tutto anacronistica.

Giorgio Ragazzini ha detto...

E' proprio "la funzione docente intesa come attività ... di impulso... alla formazione umana e critica della loro personalità" citata da Rebert che è venuta a mancare. Di quale formazione critica parliamo se un'insegnate condivide similitudini palesemente tendenziose o tace in caso contrario? Cosa diremmo del relatore di una tesi di laurea che di fronte ad affermazioni infondate del laureando non le correggesse prima della discussione finale?
Questa valutazione non è però condivisa (e mi sorprende) da Rebert, secondo cui l'analogia non è poi così errata o ingenua. E cita il commento di Piero Morpurgo, per il quale l'accostamento tra il rastrellamento del ghetto ebraico di Roma non è censurabile in quanto "in ambedue i casi a chi veniva portato via non fu detto per quale destino". Peccato che per tutto il resto la differenza sia tragicamente abissale: da un lato 1259 persone (689 donne, 363 uomini e 207 tra bambini e bambine) che la Gestapo strappò dalle proprie case per avviarle allo sterminio, dall'altro lo spostamento - con modalità certo criticabili - di 548 immigrati da una struttura sovraffollata, di cui alcune decine, secondo quanto si scrisse allora, rischiavano di restare per strada (non saprei dire se poi è successo). Dell'insostenibilità di questo appaiamento e di tutta l'impostazione del video di questi ragazzi non abbastanza guidati si deve essere resa conto anche l'interessata, che ieri ha incontrato Salvini e gli ha detto che "l'ultimo dei suoi pensieri e dei pensieri dei ragazzi era di accostare il ministro al duce e al ventennio".Ma come ci era potuto venire in mente?

Post scriptum: Anche noi continueremo a seguire Rebert, che è persona acuta e preparata, anche se in questo caso non siamo d'accordo.

Unknown ha detto...

Non sono nè uno storico nè un linguista ma , un ex Preside , docente di Matematica e Fisica che nella mia funzione sia di docente che di Preside ( 1983/84 al 2009) ho agito consentendo sia agli alunni che ai docenti la massima libertà di espressione. Mi permetto di ricordare ai componenti del Gruppo che, il Decreto Bersani del 2006 in cui si abrogava la possibilità di rimanere in servizio fino al compimento del 70 anno di età, era manifestamente incostituzionale in quanto ledeva la parità di trattamento per i dipendenti della P.A . Il sottoscritto , non sò quanti altri ve ne furono, fece ricorso al giudice del Lavoro. Ottenni una sentenza definitiva favorevole e rimase in servizio fino al 70 anno di età. Ebbene , il Presidente Napolitano , firmò la legge. E tante altre leggi sono state firmate dai vari presidenti della repubblica e successivamente considerate incostituzionali. Quindi il fatto che Mattarella abbia firmato non significa affatto che gli accostamenti che gli alunni hanno proposto sono da non condividere.
Giuseppe Moncada

Renzo Stefanel ha detto...

La dittatura inizia sì nel 1925, anche se Mussolini diventa capo del governo già nel 1922. E questo perché le "leggi fascistisssime", che trasformano il regime autoritario in dittatura (c'è una bella differenza, anche se nessuno dei due è bello: se la studi), sono appunto del 1925, anno in cui vengono vietati tutti i partiti. Il resto delle sue presunte somiglianze sono talmente marginali e superficiali che farebbero ridere, se non ci fosse da piangere a pensare che Lei insegna.

Marianna ha detto...

Napolitano firmò un decreto anticostituzionale? Per fortuna qualcuno fece resistenza e l'onore della Repubblica fu salvo.

Rebert ha detto...

Caro Giorgio, mi ripeterò. Il ragionamento verte sempre sull' idea che l' accostamento sia improprio, cosa che- mi perdonerai- non sembra così assodato nel discorso pubblico e storico. Se i ragazzi avessero prodotto un video in cui sostenevano che il Decreto sicurezza era giusto e valido e sbagliata era ogni analogia con altri provvedimenti storici, si sarebbe affermato, immagino, che la professoressa aveva guidato giustamente lo spirito critico degli studenti. In sostanza, mi pare che la correttezza operativa sia considerata tale solo quando si condividano i contenuti.
Resta sempre, in primo piano, l' azione dela Digos nella scuola, per un " reato" di opinione. ( Davvero si pensava che, con questo clima, qualcuno potesse criticare il Decreto, di fronte ad un ministro alquanto anomale dal punto di vista istituzionale?
Alla prossima, di accordo o di disaccordo, sempre ragionati...

Giorgio Ragazzini ha detto...

Giorgio Ragazzini ha detto...
Sull'accostamento - stavolta - tra leggi razziali e decreto Bersani preciso soltanto come stanno le cose sull'incostituzionalità di una legge. Lo dico con le parole che una volta usò Ciampi: «Secondo la Costituzione, la decisione, la valutazione, il giudizio sulla rispondenza alla Costituzione da parte delle leggi compete alla Corte costituzionale. E il presidente della Repubblica solo in caso di manifesta non costituzionalità delle leggi rinvia quelle leggi al Parlamento, che può però riapprovarle, e in quel caso il capo dello Stato è tenuto a promulgarle...». Dunque può benissimo succedere che una legge giudicata poi incostituzionale dalla Consulta passi indenne attraverso l'esame presidenziale. Comunque per Mattarella l'incostituzionalità non era manifesta. Che invece le leggi sulla razza fossero ignobili e in totale contraddizione con quasi tutti i principi della nostra Carta nessuno lo può negare. Quindi le due leggi sono imparagonabili. Il che non significa, ripeto, che in futuro, se impugnate, le norme salviniane la passino tutte liscia.

Rebert poi ripete che l'idea che l'accostamento sia improprio non sembra così assodata nel discorso pubblico e storico. Beh, che nel discorso pubblico sia in corso una crescente deriva irrazionalista e la tendenza a prescindere dai fatti e dai dati non ci sono dubbi. Di storici che approvino l'accostamento degli studenti palermitani per ora non ho notizia, anzi mi sembra che tacciano un po' tutti.

Nota a margine: curiosa, anzi curiosissimamente curiosa - direbbe Jonesco - la circostanza che né Il Corriere né la Repubblica (che l'aveva riferito ieri on line) parlino oggi dell'incontro di ieri fra Salvini e la professoressa sanzionata e soprattutto della sconfessione di fatto da parte del ministro del dirigente scolastico provinciale che l'aveva (stoltamente) comminata.

Anonimo ha detto...

Gli insegnanti di Lettere fanno sempre più pena. Si danno alla supercazzola antifascista e ai buoni sentimenti, non insegnano a scrivere, non insegnano i classici.
Ho parlato con un signore di 72 anni, di sinistra, con diploma tecnico. Alle medie inferiori lessero la Divina Commedia parola per parola in una normalissima scuola pubblica di quartiere operaio.
E' stata quella la generazione che ha reso grande il nostro paese.
Se dovessimo dipendere dalla scuola attuale saremmo più o meno al livello di qualche ghetto di Los Angeles.
RR

Anonimo ha detto...

Mi ripeto: o la formazione degli insegnanti di Lettere torna quella pre Anni Novanta o gli studenti Italiani, mentre discettano di schiavismi e fascismi, non sapranno più scrivere, mettere le virgole, leggere un testo ante 1950.
Il problema sorge alle elementari e prosegue fino all'università e ci sono dentro tutti, destri, sinistri, cattolici, aziendalisti.
Tutto il resto è pappa per gonzi.
RR

georges Matorell ha detto...

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