“Primo non punire” è sempre più il principale
comandamento della scuola italiana, in
cui il condono educativo permanente, come lo ha definito lo psicologo Paolo
Crepet, fa da perfetto pendant a
quelli che da decenni premiano gli evasori fiscali. Un emendamento dell’ultima
ora alla legge che reintroduce l’educazione civica àbroga infatti tutte le
sanzioni previste agli articoli 412 e 414 del Regio Decreto del 26 aprile 1928:
ammonizione, nota sul registro, sospensione da scuola, espulsione con perdita
dell’anno scolastico. Il testo definitivo non è ancora reperibile, ma, in base alla
scheda illustrativa che si trova sul sito della Camera, sembra che si possa
escludere, come qualcuno ha detto, l’estensione alla primaria dello Statuto
degli studenti che contempla pur sempre delle sanzioni. Il chiarimento del
Ministero non chiarisce affatto la nuova situazione, sostenendo che il
provvedimento “non fa altro che estendere anche
alla scuola primaria il Patto educativo di corresponsabilità che già oggi
disciplina, in maniera dettagliata e condivisa, i diritti e doveri degli
studenti delle scuole secondarie nei confronti delle istituzioni scolastiche,
comprese le relative sanzioni". Meraviglia che al Ministero si ignori che
le sanzioni non sono affatto contenute nel Patto educativo, ma nel regolamento
di disciplina che ogni scuola secondaria elabora sulla base dello Statuto degli
Studenti. Il Patto da solo lascia la scuola primaria priva di qualsiasi strumento
disciplinare, in quanto consiste – stringi stringi – in una presa d’atto da
parte dei genitori delle regole di comportamento che la scuola si è data e
delle conseguenze del loro mancato rispetto. Del resto nella stragrande
maggioranza (o totalità) dei casi l’innovazione del 2007, com’era prevedibile,
si è ridotta a un adempimento formale all’atto dell’iscrizione, dunque di
nessuna utilità educativa.
La verità è
che si tratta di un’altra iniziativa-manifesto di una pedagogia che ignora
l’abc dello sviluppo psicologico e morale e che ha così assestato colpi
rovinosi alla capacità educativa della scuola. La sanzione invece (di
moltissimi tipi e gradi adatti all’età e alle circostanze) è lo strumento che
un educatore può utilizzare quando è evidentemente il solo modo di far presente
con chiarezza il limite oltre il quale non si può andare. E tutto questo
nell’interesse educativo dei bambini che si comportano male e di quelli che
vedono impuniti i comportamenti arroganti e irrispettosi. Sarebbe il caso di
dare voce, magari con una seria inchiesta, alle tante maestre che già da anni
si sentono dire “tanto non mi puoi fare niente” perfino da alunni di prima che
le hanno insultate o, bulletti in erba, hanno fatto i prepotenti con una
compagna o un compagno di classe. E c’è davvero da chiedersi quale conoscenza
dell’attuale scuola primaria e dei suoi allievi abbiano questi “riformatori”.
Quanto
all’Educazione civica (per fortuna si è tornati al vecchio nome), il suo
ritorno è opportuno, ma è illusorio pensare che la sola conoscenza delle leggi
e della Costituzione, pur necessaria, possa sostituire un’educazione familiare
e scolastica che alleni fin da piccoli i bambini al rispetto degli altri, al
senso di responsabilità e del dovere, all’idea che la libertà non è assenza di
limiti. Sarebbe come pretendere che si possa imparare a giocare a calcio studiando
un manuale. E se un allenatore si rende conto che un suo giovane allievo arriva
tardi, non si impegna o è insolente, fa benissimo a tenerlo in panchina a
chiarirsi le idee su come ci si deve comportare. Ripetiamolo: nel suo
interesse.
Giorgio Ragazzini
Sul patto
educativo di corresponsabilità si può leggere anche quest’altro articolo: ttps://gruppodifirenze.blogspot.com/2018/04/violenza-in-classe-i-mea-culpa-che.html
5 commenti:
Tutte le leggi e le regole prevedono dei provvedimenti se non vengono rispettate. Questo non significa che la scuola debba applicare provvedimenti punitivi senza aver tentato altre strade educative. Gli insegnanti cercano sempre prima di tutto di ottenere risposte positive dagli studenti. Le mancate risposte reiterate non possono essere ignorate, sia per gli studenti che rispettano sia per quelli che non rispettano le regole. Lo stesso vale per i voti, per promozioni e non promozioni
Anna
Sono completamente d'accordo con Giorgio Ragazzini. L'esempio della partita di calcio va benissimo. I ragazzi imparano subito le regole che comprendono delle punizioni come l'ammonizione, il calcio d'angolo, di rigore e la sospensione. L'applicano giocando fra loro anche senza arbitro e sanno che senza queste il calcio sarebbe caotico e violento. Nella nostra scuola il calo progressivo, per decenni, di punizioni e regole si è accompagnato a un livello diffuso di bullismo per cui il nostro Paese è stato spesso in testa alle classifiche mondiali. I Paesi del nord europa hanno ridotto drasticamente il bullismo con metodi che comprendono anche le punizioni e con il primo obiettivo di difendere la democrazia a scuola(Olweus). Ed è quello che si deve fare anche da noi. Michele Zappella neuropsichiatra
In diritto si dice che la sanzione è un rafforzativo delle norma. Credo non ci volgi molto a trasferire nel campo dell'educazione, fatte le debite considerazioni e gli adattamenti alla persona del discente in tutte le sue componenti (età, condizione ambientale e sociale, vissuto famigliare, recidività, ecc.). Naturalmente solo la saggezza e l'esperienza professionale del docente e del dirigente (ove sia coinvolta la sua competenza) sono il valore aggiunto insieme al patto educativo con la famiglia, sostanziale e rigoroso, scritto e firmato anche per i maggiori di 14 anni (cioè l'età in cui sono già perseguibili penalmente) e non 18 anni, non "buonavolontaristico" e ingenuamente buonista, possono garantire che qualsiasi norma sia effettivamente compresa e rispettata.
Naturalmente con tutte le riserve del caso. Si possono conoscere a memoria le norme prendere dieci in E.C., ma non c'è nessuna garanzia che non si sia di fronte ad un piccolo apprendista nazista o razzista consapevole e coscientemente convinto di voler fare del male. L'innocentismo del tipo "sono ragazzi o sono ragazzate!... è pericolossissimo! e ne vediamo le conseguenze con buona pace dei tanti psicologi o sociologi che negano la capacità di giudizio dei giovani sin dalla tenere età, come spesso vediamo quando esprimono giudizi giusti e severi sugli adulti, sapendo bene disptinguere fra bene e male. Non a caso santa romana Chiesa ha fissato ai sette anni l'età media della capacità di ragione e di poter accedere alla cresima.
Marco Pesola, preside ed educatore ACR
Segnalo l'eccellente articolo di Alessandro D'Avenia pubblicato oggi sul Corriere della Sera: Il bambino tiranno. Si può leggere a questo indirizzo: http://bit.ly/2Hf4FuF
L'autore è narratore e insegnante.
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