venerdì 3 luglio 2009

LA BOCCIATURA: "UN SADISMO INUTILE"?

È l'opinione di Sandro Lagomarsini, parroco alla Don Milani di Cassego nel Comune di Varese Ligure, sulle montagne di La Spezia, collaboratore di "Avvenire" e autore del libro Ultimo banco. Per una scuola che non produca scarti (Libreria editrice fiorentina). Convinto che ripetere l'anno non serve mai a nulla (basta sentire "un insegnante di buona esperienza"), con le nuove norme di valutazione della Gelmini prevede il trionfo dei "bocciatori irrudicibili", degli "insegnanti sadici, tipo quelli che in questi giorni pretendevano di metter 'uno' e 'due' nelle schede dei ragazzi respinti". Leggi l'articolo.

11 commenti:

Andrea Ragazzini ha detto...

L'articolo di Lagomarsini su Avvenire conferma, se mai ce ne fosse bisogno, quanto siano pesanti le responsabilità di un certo cattolicesimo nella crisi della scuola italiana. A differenza del bisnonno che, con la sua fulminante battuta, mostrava di avere chiarissima la funzione della scuola, il bisnipote sembra concepirla come un interminabile asilo di infanzia, dove l’unica preoccupazione degli insegnanti deve essere quella evitare ai ragazzi qualsiasi frustrazione, e quindi il confronto con i propri limiti, unica possibile strada per crescere. Ma, come dice lo psicologo Osvaldo Poli, è del tutto illusorio far crescere l’autostima di un adoloscente regalandogli successi fittizi, l’unica cosa che funziona è metterlo nelle condizioni di raggiungere dei successi veri.

Andrea Ragazzini (GdF)

Morpy ha detto...

Fui bocciato nel 1972, allora pensavo se bocciano me bocciano tutti. No, ne bocciarono 5 e non ci spiegarono perché! Male, non si fa e ancor oggi non si spiega il perché dell'insuccesso. Sicché l'anno successivo ripetei, ma fui rimandato: latino, greco e matematica. Solo allora imparai a studiare. Le bocciature fanno bene se sono accompagnate da spiegazioni che a me nessuno ha mai dato. Per questo mi sforzo di spiegare ad allievi, genitori e colleghi perché uno studente deve essere bocciato, MA spesso si combatte contro la demagogia che dice che una bocciatura danneggia l'allievo. Sono stato bocciato, mi ha fatto molto male, ma non penso che sia stato un danno. Non ci credete? Guardate www.pieromorpurgo.com

zeronove ha detto...

Il giusto senso di una bocciatura


Ci risiamo con le bocciature e con la ipocrita severità a senso unico in direzione dell'anello debole del processo di insegnamento-apprendimento quale rimane l'alunno.

Fin quando gli insegnanti non accetteranno una oggettiva verifica-valutazione del loro operato, non si potrà parlare di bocciature senza avere titoli professionali validati con scientificità e serietà.

La Scuola, e in particolare quella dell'obbligo, deve poter promuovere, il che non significa un semplice superamento dell'anno scolastico "comunque", ma significa predisporre tutte le condizioni perché ogni alunno abbia assicurato un percorso formativo personalizzato. Se la Scuola non è capace di assicurare ciò, non può scaricare tale proprio limite sull'alunno.

E' disdicevole felicitarsi per l'aumento delle bocciature. Tale fenomeno risulta sempre una sconfitta della Scuola.

Cordialmente.

Vito Domenico De Crudis

http://www.tuttoscuola.com/cgi-local/disp.fcgi?ID=20513

zeronove ha detto...

http://www.ilsussidiario.net/articolo.aspx?articolo=29825

martedì 7 luglio 2009

I bocciati aumentano, ritorno alla severità o propaganda politica?

di Giovanni Cominelli


Il dibattito sin qui svolto sul tema degli esami (Ballerini) e delle bocciature (Tettamanti) con una serie considerevole di commenti e botta e risposta, costringe a tentare una prima sintesi provvisoria, partendo dai punti sui quali si può tutti convenire.

1. Il giudizio della scuola e del sistema educativo è un atto educativo necessario. Ciascun ragazzo ha bisogno di riconoscimento di ciò che è. Ha bisogno di verità su di sé. Se l’aspetta dall’autorità e l’autorità gliela deve. Prima di essere un’esigenza dei genitori o della società, il giudizio esterno è una necessità oggettiva e un bisogno soggettivo del ragazzo. È la modalità con cui l’autorità, fedele alla missione prevista dalla filologia del proprio nome, fa crescere il ragazzo. Il giudizio deve essere veritativo, per quanto possibile ad uno sguardo che, comunque, non può mai attraversare radicalmente l’altro. L’altro non è mai totalmente trasparente. Né facilista né severista: deve essere uno sguardo rigoroso, non obliquo, non diplomatico, non a occhi bassi. Solo un tale giudizio è in grado di interpellare la libertà e la responsabilità di ciascuno, senza lasciare via di fuga, senza offrire alibi. È uno sguardo che può s/muovere l’altro.

2. Chi giudica – il singolo insegnante, il Consiglio di classe, la Commissione d’esame – deve disporre di standard nazionalmente validi e conosciuti da tutti e di indicatori per la “misurazione”. A quale altezza deve essere posta “l’asticella” da saltare per un ragazzo di 7 anni, di 11, di 15, di 19? Questo lo decide l’autorità pubblica, nazionale e/o europea.

3. Lo scrutinio e/o l’esame finale deve essere rigoroso, severo, “senza pietà”: esso deve certificare ufficialmente e pubblicamente ai ragazzi, alle famiglie, a tutta la comunità, allo Stato quanto in alto il ragazzo è stato ed è in grado di saltare. Abbia o no valore legale, deve avere valore reale, veritativo.

Questi tre punti sono validi sempre e sotto qualsiasi cielo, da Hammurabi ai nostri giorni. Sono il nucleo originario e invariante del giudizio scolastico. Ma in base a quale criterio decidiamo di promuovere alla classe successiva o far ripetere l’anno? Qui entrano in campo criteri ulteriori, che appartengono alla corteccia variabile, perché dipendono dall’ordinamento, cioè dalle leggi. In Europa esistono tre modelli ordinamentali-legislativi: la promozione automatica (vai avanti sempre, ma ti certifico severamente e pubblicamente il livello cognitivo raggiunto); la bocciatura a fine di ciclo (ti boccio solo alla fine del ciclo biennale o triennale); la bocciatura annuale (non hai raggiunto gli standard previsti quest’anno, ti fermo). Si è affermato anche un quarto modello, di fatto: la bocciatura annuale è prevista per legge, ma non viene più praticata (è il caso della Finlandia). L’Italia segue il terzo modello, che è fondato sulla corrispondenza biunivoca tra classe di età e classe scolastica: a 15 anni uno deve stare nella seconda classe del biennio o in quinta ginnasio, non in prima classe, non in terza. È il criterio napoleonico, che la riforma Moratti tentò di diluire mediante la biennalizzazione dei percorsi (il secondo modello europeo) e perciò delle eventuali bocciature. In più, l’Italia ha continuato a mantenere il criterio fissato dal Regio Decreto del 1924, che prevede la sufficienza in tutte le materie, senza distinzione tra fondamentali e opzionali, per essere promosso. Combinati questi due criteri, ne consegue che se un ragazzo non raggiunge gli standard quest’anno in tutte le materie, deve essere fermato.

(segue)

zeronove ha detto...

http://www.ilsussidiario.net/articolo.aspx?articolo=29825

martedì 7 luglio 2009

I bocciati aumentano, ritorno alla severità o propaganda politica?

di Giovanni Cominelli

(seguito)

Fino agli anni ’60 accadeva in modo intensivo. Nel 1969 i bocciati all’esame di maturità erano il 30%. Nel 2008 sono stati il 2,8%. Il cosiddetto “buonismo” incominciò già negli anni ’60, appoggiato ad argomenti solidi e meno solidi. Argomento solido era che la scuola gentiliana era una scuola socialmente e intenzionalmente selettiva: chi arrivava a scuola già acculturato andava avanti; chi arrivava socialmente povero e perciò culturalmente deprivato veniva tolto di torno. Tornava al lavoro nei campi. È ciò che denuncia don Milani nella sua Lettera ad una professoressa del 1967. Gli meno solidi erano: se uno non studia, la colpa è dell’ambiente, della società, di un’infanzia difficile. Oppure l’egualitarismo ideologico: tutti hanno diritto di avere un pezzo di carta. Singolare residuo di questa posizione è quella recentissima di Luigi Berlinguer, intervistato da Rossano Salini su questo giornale, allorché difende il mantenimento del valore legale appunto con l’argomento che tutti ne hanno diritto, anche se è un’illusione. Diritto di illusione.

Fin qui i fatti. Viceversa, la tendenza che affiora negli interventi/commenti di alcuni in questo dibattito è quella di un investimento ideologico sul bocciare. Questo approccio ha due difetti: lega consequenzialmente more geometrico il nucleo invariante e la corteccia variabile (quella ordinamentale). Il modello italiano non è il solo possibile modello efficace di severità educativa – anzi i dati dicono che lo è meno di ogni altro - ed è, comunque, storicamente determinato e perciò modificabile. Non può essere considerato una struttura a priori dello spirito. È il sottoprodotto del sistema educativo hegelo-napoleonico. Nella Schola Palatina di Alcuino o nei Collegi dei Gesuiti regolati dalla Ratio studiorum la corrispondenza tra classe di età e classe scolastica non era affatto biunivoca, le materie erano poche e non tutte dello stesso peso. Il secondo difetto è più serio e nasce dall’ideologismo sostituito alla lettura della realtà. La realtà dice molto brutalmente che solo il 3% dei bocciati trae giovamento cognitivo e psicologico dalla bocciatura. Solo il 3% cresce attraverso la bocciatura. Le ricerche condotte e ripetutamente vagliate attraverso meta-ricerche in Francia, Belgio, Olanda, Inghilterra e Stati uniti fin dagli anni ’70 ai giorni nostri dicono unanimemente che la bocciatura fa male al 97% dei bocciati. Per questo 97% di ragazzi la bocciatura produce “il senso di incompetenza”, non li sfida, li abbatte. I dati dicono l’esatto contrario del noto luogo comune che “bocciare fa bene”. Non è il primo caso in cui il “buon senso” non è né buono né sensato. E il buonismo famigerato? Lo si combatte con la certificazione rigorosa, con esami severi. Le cronache che arrivano di questi tempi dalle aule d’esame parlano di esami burla. Il nostro sistema oggi non è in grado di realizzare le condizioni previste dal secondo e dal terzo punto ricordati all’inizio. Così alla fine noi avremo un po’ di bocciati in più, ma soprattutto un sacco di promossi fasulli, ai quali l’aumento della bocciatura di pochi conferisce un’aura di legittimazione infondata. Questo sistema non dice la verità su di loro ai promossi, scarta brutalmente i bocciati. Non vale per quel 97% quel “postulato di educabilità” che giustamente applichiamo ad ogni ragazzo? Ritorno alla serietà? No, molto più modestamente alla propaganda politica contingente e passeggera.

Papik.f ha detto...

Quello che non mi è chiaro, del discorso di Cominelli, è come si potrebbe avere una "certificazione rigorosa" ed "esami severi" senza che vi siano bocciati. Pensa a un esame severo ma certamente superato da tutti?
Inoltre, ammettiamo pure che la bocciatura non serva al bocciato nella gran parte dei casi. Ma perché dare per scontato che il principale (anzi, unico) titolare di diritti sia lo studente a rischio di bocciatura? non ci sono anche i diritti di chi studia e riesce per suo merito? a costui la bocciatura degli altri può servire: a partecipare a un corso di studi migliore e non continuamente interrotto da recuperi, ad esempio.
Il fatto che dire cose simili è politicamente scorretto poiché si dà per certo che la scuola non debba mai e in nessun caso attuare un'azione selettiva (parlo soprattutto di superiori e non, come Lagomarsini, di media inferiore).
Per fare un paragone estremo, è un po' come l'altro dogma del politicamente corretto per cui le pene detentive debbono servire solo e unicamente al recupero del reo e quindi non sono accettabili se questo recupero non avviene; ma si dimentica, così, che c'è anche una società civile che ha il diritto e il dovere di difendere i suoi componenti onesti.
Certo, don Milani ha affermato che bocciare lascia a piedi i figli dei poveri e questo è diventato un dogma indiscutibile (per opera non tanto sua, quanto di alcuni suoi emuli). Ma ammettiamo pure che la selezione scolastica, quando c'era, lasciasse a piedi in larga maggioranza i figli dei poveri; ebbene, la selezione che ad essa si è sostituita grazie a chi la pensa come gli ammiratori di don Milani, quella basata sulle relazioni familiari e politiche, i figli dei poveri li lascia a piedi nel cento per cento dei casi (escluse, forse, talune ragazzotte particolarmente pimpanti). Oppure dobbiamo pensare che nel corso della propria vita non si debba mai affrontare alcuna selezione? Al mondo possono diventare tutti imprenditori, dirigenti, liberi professionisti, docenti universitari, direttori di giornali?

zeronove ha detto...

La scuola ignorante

La Stampa - 16/7/2009

di Lietta Tornabuoni

Adesso tocca all’Università: qualità, merito, bravura, test per dare prova di abilità caratterizzerebbero le nuove disposizioni. Le altre scuola sono già state sistemate. Migliaia di bocciati: siamo contenti? Un sacco di rinviati: va bene così? A giudicare dall’esultanza ostentata dal governo (e purtroppo anche da giornali e telegiornali), parrebbe di sì: che gioia, è finito il Sessantotto (sfido, son passati oltre quarant’anni), è sparito il voto politico (mai comparso), è cancellata la mefitica indulgenza. Ma il sospetto è che questi siano soltanto pensieri antiquati, conservatori, formulati da gente incolta che odia le società contemporanee; luoghi comuni estranei al nostro mondo, che procurano agli studenti e alle loro famiglie i peggiori danni possibili.

Le scuole all’origine servivano soltanto ad educare e preparare le classi dirigenti. Nel tempo la loro azione si è estesa alle altre fasce sociali: man mano che le società evolvevano, si comprendeva la necessità che tutti i cittadini avessero diritto all’istruzione e la acquisissero. Con lo stabilirsi e il crescere delle società di massa, il fenomeno è diventato ancora più esteso: le scuole di massa non servono a identificare e scegliere i bravi o bravissimi, gli studenti degni di emergere domani nel Paese, ma a dare a tutti un grado accettabile di istruzione, una più o meno sufficiente cultura personale. Le scuole non sono il luogo d’una selezione di futuri dominanti, l’occasione di una gara a chi ha più meriti. Poi, si capisce che i più bravi emergono, studiano meglio. Si fanno avanti, mentre ai meno bravi restano certi insegnamenti: ma è impossibile, da ignoranti e da reazionari, reggere la scuola come una istituzione di élite. Nello stesso modo, è impossibile conservare le strutture impraticabili e ristrette della scuola d’un tempo, e dar la colpa agli studenti se succede qualcosa.

E’ ragionevole correggere gli estremismi e gli eccessi dell’indulgenza, se ce ne sono: ma con misura, con realismo, senza ideologie, senza ricorrere a illogiche rigidità. Se no la devastazione culturale del nostro Paese diventa sempre peggiore: e magari qualcuno ne è contento.

Papik.f ha detto...

Tutto bene, ma vorrei capire chi e come, secondo la Tornabuoni, deve identificare e scegliere i bravi e bravissimi. Perché le possibilità, se non deve farlo la scuola, restano due: 1. ciò deve avvenire in altri luoghi e secondo altre modalità, e se si pensa questo occorre però specificare di quali sedi e di quali modalità si tratti se non si vuole fare solo della vacua retorica; 2. ciò non deve avvenire perché tutti debbono essere uguali, e con chi la pensa così non vale la pena di discutere: abbiamo già dato.

zeronove ha detto...

Non è contando il numero dei bocciati-non-ammessi-puniti che si misura il grado di serietà della scuola.



A PROPOSITO DI BOCCIATURE

Sono di questi ultimi giorni le affermazioni trionfalistiche del ministro Gelmini riguardo alla ritrovata serietà della scuola di Stato: la si riscontrerebbe (la serietà) nell’aumento dei bocciati, dei non ammessi agli esami, dei respinti per cattiva condotta.

Brutta idea della scuola, signora ministro! Le nostre idee sono un po’ diverse.
La scuola deve innanzitutto dare ai suoi alunni: conoscenze, curiosità, strumenti di analisi e comprensione del proprio e dell’altrui vissuto; cultura insomma e formazione, umana, civile, e poi anche professionale o di avvio agli studi universitari.

La scuola deve promuovere: promuovere nel fanciullo e nell’adolescente il senso del dovere e dell’onestà (“quale utopia!” direbbe qualcuno), il senso civico e il… rispetto delle regole, la capacità di assumersi le proprie responsabilità e di far fronte ai propri impegni con puntualità e precisione.

La scuola non può respingere. Deve invece accogliere tutti e nell’accoglienza elargire il senso di un divenire, la speranza di futuro. E chi più dei giovani esprime speranza e gioia di vita?

Soltanto inserendo in questo complesso percorso di carattere umano, psicologico, sociale e culturale delle soste di riflessione e ridefinizione della propria crescita la bocciatura può acquistare un significato; ma è pur sempre una sosta dolorosa che va chiarita e proposta al giovane con attenzione e premura, badando a non commettere danni, maggiori di quelli che si vorrebbero evitare.

Non è contando il numero dei bocciati-non-ammessi-puniti che si misura il grado di serietà della scuola.

La serietà della scuola e di quella di Stato in particolare, signor ministro, sta nell’adempiere seriamente al suo compito che è ampio, gravoso e, qualche volta fallimentare. Perché fallimentari sono talvolta i percorsi umani; falliscono gli uomini, soggetti come sono ai tempi e ai condizionamenti più vari individuali e interpersonali; falliscono le istituzioni; e falliscono i governi; come il suo che sta distruggendo la scuola di Stato.

Propaganda questa dei bocciati: buona per gli allocchi e per coloro che non conoscono la realtà del nostro universo.

Ma noi che con questo mondo conviviamo ogni giorno sappiamo quando bocciare e perché. Certamente non stiamo a contare allegramente i nostri alunni in difficoltà; se mai ci rammarichiamo per loro. Ma li bocciamo anche; con serena e severa consapevolezza del nostro dovere di insegnanti.

15-07-2009
Flora Villani
Associazione Professione Insegnante

http://www.professioneinsegnante.it/read.php?id=2009/07/1507bocciati.htm

zeronove ha detto...

"una scuola che boccia è una scuola bocciata"


Altre critiche dell'opposizione per l'aumento dei bocciati


Secondo Mariapia Garavaglia, senatrice del Pd e già ministro ombra per l'istruzione con Veltroni, l'aumento dei bocciati alla maturità non è frutto di un miglioramento quantitativo, ma piuttosto della disorganizzazione se non del vero e proprio caos che ha caratterizzato l'anno scolastico appena trascorso.

"Credo, per esempio, che i bocciati per la condotta siano vittime più della poca chiarezza delle disposizioni ministeriali che di un'accresciuta volontà degli insegnanti di recuperare prestigio e rigore all'istituzione scuola."

La Garavaglia ritiene fuori luogo l'esultanza di alcuni esponenti della maggioranza, inclusa il ministro Gelmini, che parlano di cambio di rotta, e dichiara che "una scuola che boccia è una scuola bocciata" e teme, conseguentemente, per il prossimo anno un incremento del livello d'abbandono scolastico.

Di elucubrazione del Ministro Gelmini che rapporta la qualità dell'insegnamento al numero di bocciati, parla Domenico Scilipoti dell'Italia dei valori, affermando che parlare dei bocciati è "un misero tentativo di distogliere l'opinione pubblica dai problemi che attanagliano la scuola, oggi amplificati dalla politica dei tagli".


tuttoscuola.com - mercoledì 15 luglio 2009

http://www.tuttoscuola.com/cgi-local/disp.fcgi?ID=20574

zeronove ha detto...

"una scuola che boccia è una scuola bocciata"


Altre critiche dell'opposizione per l'aumento dei bocciati


Secondo Mariapia Garavaglia, senatrice del Pd e già ministro ombra per l'istruzione con Veltroni, l'aumento dei bocciati alla maturità non è frutto di un miglioramento quantitativo, ma piuttosto della disorganizzazione se non del vero e proprio caos che ha caratterizzato l'anno scolastico appena trascorso.

"Credo, per esempio, che i bocciati per la condotta siano vittime più della poca chiarezza delle disposizioni ministeriali che di un'accresciuta volontà degli insegnanti di recuperare prestigio e rigore all'istituzione scuola."

La Garavaglia ritiene fuori luogo l'esultanza di alcuni esponenti della maggioranza, inclusa il ministro Gelmini, che parlano di cambio di rotta, e dichiara che "una scuola che boccia è una scuola bocciata" e teme, conseguentemente, per il prossimo anno un incremento del livello d'abbandono scolastico.

Di elucubrazione del Ministro Gelmini che rapporta la qualità dell'insegnamento al numero di bocciati, parla Domenico Scilipoti dell'Italia dei valori, affermando che parlare dei bocciati è "un misero tentativo di distogliere l'opinione pubblica dai problemi che attanagliano la scuola, oggi amplificati dalla politica dei tagli".


tuttoscuola.com - mercoledì 15 luglio 2009

http://www.tuttoscuola.com/cgi-local/disp.fcgi?ID=20574