lunedì 2 aprile 2012

IL LAVORO NELLA PROPRIA "CAMERETTA" È FONDAMENTALE PER GLI STUDI E LA FORMAZIONE DELLA PERSONA. E I BOCCONIANI LO SANNO BENE

Il ministro Profumo non arretra e ribadisce la propria ricetta per sostituire in buona parte i compiti a casa: "Un po' più di complessità, un po' più di connettività, lavoro da fare in parte insieme, in parte ognuno a casa sua, anche con orari più flessibili".
Qualunque cosa significhi, rischia di tradursi più che altro in un'altra ondata di improprio sindacalismo studentesco. La speranza è che fra qualche giorno non se ne parli più. Del resto, non dovrebbe certo toccare al governo centrale stabilire norme su questa materia, da affidarsi invece alle scuole e soprattutto ai singoli docenti.
Sul "Messaggero" Giorgio Israel contesta appunto la filosofia stessa dell'esternazione ministeriale, in contraddizione con quella che ispira l'azione del governo: accettare più impegno, più responsabilità, non pochi sacrifici.
Valerio Vagnoli si rivolge al Ministro ricordando tra l'altro che nella formazione degli attuali tecnici al governo c'è stato sicuramente molto studio nella propria "cameretta"; e che le altre agenzie formative contribuiscono certamente alla costruzione della cultura individuale, ma solo con la sistematizzazione e la rielaborazione che avvengono nelle aule scolastiche, specie se sotto la guida di un docente in grado di appassionare.
Antonella Landi, nella sua rubrica settimanale sul "Corriere Fiorentino", denuncia la "curiosa abitudine nei confronti della categoria degli insegnanti: chiunque pensa di poterci dire come dobbiamo lavorare".
L''articolo di Giorgio Israel.
L'intervento di Valerio Vagnoli.
Il commento di Antonella Landi.
Va oggi segnalato anche un altro contributo, che può fare un po' da sfondo ai precedenti : quello di Mario Pirani: A scuola un confine tra lecito e illecito, dedicato come lunedì scorso a Ragazzi, si copia di Marcello Dei e alla necessità di un serio programma di educazione civica indicato dall'autore. Da incrociare, aggiunge Pirani "con una ricostruzione della formazione etica degli italiani, una nuova pedagogia dei partiti e delle istituzioni".

18 commenti:

Anonimo ha detto...

Gli sprovveduti siete voi che pensate che a qualcuno interessi ancora avere a che fare con delle teste pensanti.

VV ha detto...

Ad Antonella Landi vorrei ricordare che tutto iniziò con i decreti delegati e con il conseguente ingresso dei genitori nel più importante organismo istituzionale scolastico, il Consiglio d'Istituto.
Quando mai, per esempio, si accetterebbe di dare la direzione di una qualsiasi struttura ospedaliera ad un paziente o la direzione dei tribunali ad un esponente degli enti locali?
Con la complicità degli stessi insegnanti di allora, si pensò che con l'ingresso nella "stanza dei bottoni" dei genitori, finalmente la scuola si sarebbe rinnovata e sarebbe diventata democratica.
L'operazione fu ovviamente il frutto del più bieco populismo post-sessantottesco e in realtà servì a far entrare nellle scuole i sindacati e i partiti politici " democratici". Ancora oggi, pur essendo diventata la realtà una caricatura vera e propria degli anni Settanta ( in molte classi, salvo alle elementari, i rappresentanti dei genitori sono eletti da loro stessi)si continua a credere che il maggior organo istituzionale delle scuole debba essere presieduto da un genitore, malgrado le responsabilità ricadano sempre sul dirigente scolastico. Ma tant'è: pur di limitare il potere dei dirigenti scolastici, tutti, ma proprio tutti, sono convinti che è meglio, in nome della democrazia, svendere la scuola ai genitori che non richiamare alle sue responsabilità chi della scuola è o dovrebbe essere il vero responsabile. Siamo ancora a quello che il Machiavelli riteneva uno dei cancri della gestione del potere: frammentarlo per tirare a campare e permettere a chiunque di pensare al proprio personale particulare.

V.P. ha detto...

«Sul "Messaggero" Giorgio Israel contesta appunto la filosofia stessa dell'esternazione ministeriale, in contraddizione con quella che ispira l'azione del governo: accettare più impegno, più responsabilità, non pochi sacrifici.»

è da rigettare anche la forma e le modalità mediatiche usate per lanciare un messaggio che può contrapporre docenti da una parte e dall'altra genitori, studenti e magari anche presidi.

un ministro che improvvisa ex cathedra?!

e poi il governo dei c.d. "tecnici"? ma che cercano visibilità e prendono cantonate proprio come i "politici"!

Pippo ha detto...

I docenti non si accorgono che i sindacati li hanno svenduti ai genitori. Insegnare significa essere al servizio non della società e dell'interesse pubblico, ma delle famiglie e dei loro capricci, delle loro frustrazioni, della loro alterigia e della loro idea di cultura spesso scambiata per successo scolastico anziché formativo ed educativo.
Addio sogni di gloria, cari colleghi, una merce svenduta per 40 anni non ridiventerà mai più appetibile e degna di ammirazione. Portiamo pazienza e mettiamocela tutta, almeno per garantirci sul piano penale e civile. Forse l'unica alternativa è organizzarsi in corporazioni, ma vere, che almeno ci tutelino legalmente. Oggi, invece, i sindacati tutelano solo ed esclusivamente gli inetti e i vagabondi e non quelli di noi minati nella propria autonomia e nella propria dignità dai genitori e dai dirigenti.

V.P. ha detto...

Pippo ha detto...
«I docenti non si accorgono che i sindacati li hanno svenduti ai genitori.»

i sindacati soli?! partiti, ministero, governo, no?! se puoi spiegarti, vorrei capire. così mi sembra un'affermazione del tutto gratuita e fuorviante.
e poi quali sindacati?

Pippo ha detto...

Tutti, nessuno escluso. E vi aggiungo i partiti, i ministri e i ministeri, i governi e, salvo Pirani, i firmatari del vostro appello e pochi altri, gli intellettuali italiani che misuravano la loro pochezza nel sentirsi superiori ai docenti della scuola, loro spauracchio da esorcizzare per esserne riusciti a venir fuori; mica per merito, ma quasi sempre per ruffiana accettazione delle regole universitarie italiane, refrattarie a cooptare i cervelli dotati di autonomia critica e di vero sapere: troppo pericolosi per i nostri baronetti capaci di saltare da un fosso all'altro come se niente fosse, assai propensi ad ispirarsi alla immorale lezione della quasi totalità dei loro predecessori che giurarono, dall'alto della loro cultura, fedeltà al fascismo. Alla faccia della cultura che dovrebbe aprire le menti e illuminarle!
Da dove ripartire non lo so. Forse dall'esempio di quei 12 che non giurarono alcuna fedeltà e se ne andarono all'estero come oggi fanno molti valorosi giovani a cui la carriera è preclusa perché le università sono strapiene di parenti, amanti, ex compagni, ex democristiani, fratelli( massoni e cristiani da opus dei e margherite).

Papik.f ha detto...

Per VV: assolutamente d'accordo sul fatto che i decreti delegati (una volta si chiamavano decreti Malfatti, dal nome del ministro che li promulgò) siano il residuato di un passato lontano dalla realtà attuale.
Però non lo si può dire altrimenti si viola una delle principali ipocrisie sulle quali si regge la convivenza nella scuola, cioè quella di una gestione partecipata alla quale nessuno ha voglia di partecipare.
Se, ad esempio, qualcuno è in grado di spiegare a cosa mai possano servire le assemblee autogestite degli studenti nel modo in cui si svolgono nel 99% dei casi, batta un colpo. A parte, ovviamente, a concedere un giorno di astensione dal lavoro agli insegnanti (del tutto legale, anzi imposto dal modo in cui le assemblee sono conformate dai decreti stessi, per quanto ciò possa non piacere a molti).
Lo stesso vale per i consigli di classe per i quali, almeno nella scuola superiore, il giorno delle elezioni dei rappresentanti dei genitori si mette annualmente in scena una grottesca sceneggiata.
Sono d'accordo anche sul fatto che il dirigente dovrebbe avere più potere, ad esempio quello di contrattare direttamente con i docenti entro certi margini di elasticità e naturalmente di assumere e licenziare i docenti medesimi. Ciò però a una sola e irrinuncibile condizione; che a sua volta lui stesso risponda in prima persona del suo operato davanti a un Consiglio di amministrazione del quale non fa parte e che a sua volta sia in grado di assumerlo, licenziarlo e contrattare con lui.
Tutto ciò, però, non so fino a quanto c'entri con le affermazioni estemporanee del ministro Profumo. Il problema più serio, infatti, non è a mio parere quello dei compiti a casa o meno, quanto il fatto che chi assume simili posizioni di responsabilità, a maggior ragione se "tecnico" e non "politico", dovrebbe stare più atttento a quello che dice, tanto più quando le sue affermazioni richiano di apparire demagogiche.
Antonella Landi, poi, ha perfettamente ragione; ma il motivo di fondo di quanto dice, a mio parere, sta soprattutto in un dato psicologico che spesso emerge dalle discussioni sull'argomento: molto spesso chi parla di scuola, dai giornalisti a ceti esperti autonominati sino, a quanto pare, alle cariche politiche, lo fa (inconsciamente)sulla base del proprio vissuto personale e non pensa agli insegnanti in generale o in astratto, bensì a qualche specifico insegnante, suo o dei suoi figli, con il quale ha qualche conto in sospeso.

Giorgio Ragazzini ha detto...

Un’altra trovata di Profumo è l’esame di Stato a puntate. Invece di concludere le medie con cinque scritti e un orale, il ministro preferirebbe “'un esame distribuito nel corso dei tre anni di scuola, con una prova finale che concluda il ciclo in maniera più naturale”[?!]. Io gli esami li farei non solo tutti gli anni, ma tutti i trimestri. Anche qui però, dubbia costituzionalità a parte (come rileva anche “Tuttoscuola”), non si vede altro scopo che quello di evitare ai preadolescenti una delle poche sfide rimaste sulla loro strada.
Inoltre, pur non escludendo che la sintesi giornalistica falsi il pensiero del ministro, il resto della sua presa di posizione sulla scuola media non fa che aggravare il giudizio sulla sua competenza in materia:
“Il primo anno sarà connesso con la chiusura delle scuole elementari [sic], il terzo alle scuole superiori e il secondo puntato su una progettazione ad hoc per essere il più possibile costruttivi [??]. La mia sensazione [!] è che i docenti siano troppo dietro la cattedra e gli studenti 'troppo davanti', mentre i ragazzi hanno bisogno di una interazione più forte perché hanno una forte voglia di partecipare''. :-(

Pippo ha detto...

Nessun ministero, e a maggior ragione quello della Pubblica istruzione vocato a programmare il futuro dei ragazzi e per estensione il futuro dell'Italia, ha necessità di responsabili che interpretano il loro ruolo in maniera creativa ed estemporanea. Quello che riporta Ragazzini mi appare sconcertante per le banalità che il ministro avrebbe detto. Spero sia una pessima traduzione del giornalista che ha raccolto le dichiarazioni di Profumo falsandone però il contenuto. Nel caso contrario ci sarebbe davvero da preoccuparsi nel vedere la scuola analizzata alla maniera di come si potrebbero programmmare le attività di una ricreativa parrocchiale.

V.P. ha detto...

Troppa scuola fa male. E non parliamo dei compiti…

Papik.f ha detto...

Le affermazioni del ministro riportate da Giorgio Ragazzini sono affini in modo allarmante alla ben nota attività predicatoria da anni condotta da Roger Abravanel sulla necessità di trasformare gli insegnanti in facilitatori, quindi temo non si tratti di un'improvvisazione estemporanea.

V.P. ha detto...

pochi giorni fa:

Roma, 28 mar. (Adnkronos) - La scuola italiana, cosi' come il Paese, non ha bisogno di altre norme, ma di tranquillita'. Lo ha assicurato il ministro dell'Istruzione, Francesco Profumo, rispondendo agli studenti che, al termine della visita compiuta con il Presidente della Provincia di Roma, Nicola Zingaretti, al Liceo Scientifico Evangelista Torricelli di Roma, hanno chiesto come intendesse intervenire per ''porre rimedio'' alla ferita provocata dalla riforma Gelmini.

''Nella mia vita - ha detto Profumo ripercorrendo i sui diversi incarichi - ho sempre fatto il 'gestore' della cosa pubblica, mai il politico. Ho imparato, che quando si ha un nuovo lavoro, prima di mettere mano a riforme strutturali occorre capire cosa e' stato fatto, cosa vi e' di buono e cosa non funziona e poi intervenire. Credo - ha aggiunto - che la riforma Gelmini ha delle cose che funzionano e altre no. Ma dobbiamo analizzare il progetto per intervenire su cio che non va. Ma di sicuro la scuola non ha bisogno di altre norme, ha bisogno di tranquillita' e stabilita' per lavorare''.

''Stiamo cercando di disegnare un ministero meno autorizzativo e piu' cooperativo - ha concluso Profumo - in cui si impara ad ascoltare per trovare insieme le soluzioni''.
28/03/2012

V.P. ha detto...

STOP alle riforme "epocali" sulla scuola,

Giorgio Ragazzini ha detto...

Le dichiarazioni di questi giorni mi hanno ricordato un’intervista rilasciata dal ministro al “Mattino” il 3 gennaio scorso, nella quale annunciava un progetto pilota per il sud tendente a contrastare l’abbandono scolastico e a favorire l’inserimento dei giovani nel mondo del lavoro. Così il giornale sintetizzava la proposta: “Prolungamento dell’obbligo scolastico fino a 17 anni attraverso un più stretto rapporto con gli istituti professionali regionali; formazione degli studenti più innovativa; concorsi per giovani docenti e scuole come centri di aggregazione: è anche da qui - spiega Profumo - che passa una scuola più «visionaria», perché capace di intuire il futuro”. Più oltre il Ministro precisava: “L’obiettivo è evitare che i ragazzi lascino la scuola in età precoce, un traguardo che si può raggiungere prolungando il percorso dell’obbligo scolastico con le qualifiche professionali.” Ottimo proposito quello di incentivare le qualifiche professionali. Tuttavia per questo non c’è alcun bisogno di prolungare l’obbligo scolastico, essendo già in vigore dal 2000 l’obbligo formativo fino a 18 anni, da assolversi o nella scuola superiore o nella formazione professionale o nell’apprendistato e nell’alternanza scuola-lavoro. Possibile che nessuno lo abbia informato? Ma se mi sbaglio, mi corriggerete...
L'intervista

V.P. ha detto...

L'obbligo formativo in Italia

V.P. ha detto...

L’Alternanza Scuola-Lavoro

V.P. ha detto...

Ministro Profumo, la tecnologia a scuola non può sostituire i compiti!

Ho letto con sgomento le dichiarazioni del Ministro Profumo a proposito dei compiti a casa. Sembra evidente che anche il governo dei tecnici sia incapace di sottrarsi al fascino demagogico di una ideologia pericolosa per i nostri figli. La pedagogia “moderna” dello studio come attività ludica e non stressante sta prendendo sempre più piede in tutto il mondo occidentale (anche nella scuola internazionale che le mie figlie frequentano). Questa ideologia tende a eliminare la fatica dello studio suggerendo che si possa raggiungere la conoscenza in modo facile e giocoso. Non è così e i compiti a casa sono importanti proprio per addestrare i ragazzi alla capacità di applicarsi, allo sforzo di comprensione tenace, alla disciplina mentale. Sono l’unico modo con cui si può imparare ad organizzare il proprio sapere. Non si può eliminare questo cruciale momento di confronto con se stessi in cui si capisce che il lavoro paga, che con l’applicazione i risultati arrivano. Quando suggerisce agli studenti che una versione di latino può essere copiata da internet, il Ministro sembra poi condividere un’altra ideologia che chiamerei l’illusione tecnologica; la falsa idea secondo cui la rivoluzione digitale ha reso obsoleto lo studio. E’ un’idea grottescamente ingenua buona solo per i gonzi. L’informazione è nulla senza lo spirito critico, senza il filtro della conoscenza, in ultima analisi senza la cultura. Internet è un meraviglioso strumento per chi ha la cultura per trovare una via nel mare di informazioni e dati che altrimenti sommergerebbero il malcapitato utilizzatore. L’unico modo che conosco per crearsi un minimo di cultura è lo studio, il lavoro, il sacrificio. Non esiste una scorciatoia, le nostre menti non sono un vaso in cui basta versare dati tramite un PC. Prima i nostri figli lo capiscono e meglio sarà per loro. Ecco perché lancio un appello per un movimento a favore dello studio e a difesa del compito a casa. Un movimento a difesa del futuro dei nostri figli.

Luca Fava, fava.luca@libero.it

http://italians.corriere.it/2012/04/08/ministro-profumo-la-tecnologia-a-scuola-non-puo-sostituire-i-compiti/

Rossana Cetta ha detto...

ALTRO CHE MENO COMPITI A CASA, È IL SISTEMA D'ISTRUZIONE IN TOTO CHE DEVE ESSERE MESSO IN DISCUSSIONE.
E' di questi giorni la polemica sulla questione dei compiti a casa. Mi permetto di dire la mia: le affermazioni del ministro sono, secondo me, capziose in quanto, in primis, omette di considerare la diversissima situazione della scuola italiana rispetto a quella francese, poi trascura il fatto che la nostra scuola, pur mantenendo, per così dire, la tradizione dei compiti a casa, si è da tempo svuotata di reale e concreta sostanza.
Voglio parlare della mia personale esperienza di docente di un liceo scientifico. Ebbene, nel lontano 1996, quando m'insediai stabilmente sulla cattedra di Italiano e latino, di cui tuttora sono titolare, mi fu detto a mo' di accoglienza che in quella scuola i ragazzi erano per lo più interessati alle materie scientifiche e alla matematica, perciò stessi ben attenta a non assegnare "troppi" compiti a casa, specialmente versioni di latino, per non sottrarre ai ragazzi tempo utile agli esercizi di matematica o di inglese (anche questa materia preferita perché spendibile sul mercato). Di buon grado ho sempre accettato questa logica delle preferenze, anche perché amo la didattica laboratoriale e l'ho sempre praticata con entusiasmo. Voglio solo dire che ho introdotto nella mia scuola un laboratorio di scrittura permanente, sempre richiestissimo dai ragazzi, che è servito anche come attività di recupero per l'italiano, penalizzato dal limitato numero di ore necessarie per la pratica della scrittura. A lungo andare però le cose sono andate diversamente da come mi prefiguravo. Innanzitutto, a furia di ridurre i contenuti, di abbassare gli obiettivi, di uniformare gli intelletti, il latino è divenuto impraticabile, infatti non ci puoi sempre giocare in classe con le traduzioni collettive e facilitate, è necessario anche che ci si applichi personalmente, in maniera autonoma (la traduzione è anche esercizio di stile). E qui viene il bello: il tempo in classe è risultato via via sempre più insufficiente, a casa, gli studenti, per lo più pendolari, dispongono al massimo di due o tre ore in cui fanno matematica e inglese, il latino è messo da parte definitivamente. Ma non finisce qui: la stessa sorte è toccata all'italiano. Se parli del biennio, non puoi pretendere che a casa facciano esercizi di grammatica, riassunti o temi tutti i giorni, devi bilanciare il peso dei compiti con le altre discipline, mentre in classe, nelle poche ore di cui disponi e con un numero esorbitante di alunni, devi barcamenarti fra appello, giustificazioni, spiegazioni, interrogazioni,indicazioni e quant'altro. Se invece parli del triennio, scordati pure la Divina Commedia, tanto non la leggono e, se pure l'ascoltano talvolta (per "divina" ispirazione dell'insegnante), rimane nella loro mente come una storiella d'altri tempi. Se poi parliamo di letteratura e vuoi azzardare l'ipotesi di un'analisi testuale da far fare a casa, sei una pazza. Già è troppo se imparano la vita, l'opera e il pensiero di un autore a quadrimestre, tanto per essere interrogati. Se infine pretendi che facciano dei collegamenti, che sappiano elaborare un concetto in totale autonomia o che sappiano individuare un preciso contesto storico di riferimento, allora sei non solo pazza ma una "rompi" bestiale. Signori miei, qui non è d'uopo dissertare su compiti sì o compiti no, qui è il sistema d'istruzione in toto che deve essere messo in discussione, per non parlare della valutazione, spina pungente nel fianco dell'istituzione scolastica.