domenica 7 settembre 2014

IMBROGLIARE A SCUOLA. UNO STUDIO SUL “CHEATING” IN ITALIA

Dal sito Quattrogatti.info segnaliamo un interessante lavoro di Lorenzo Newman sul “cheating”, che significa “imbrogliare” e si riferisce soprattutto ai ragazzi che copiano e ai docenti che copiano dai compagni o dai docenti durante test ed esami. Leggi. 

18 commenti:

V.P. ha detto...

trovo condivisibile il commento che segue.

Giulio Mario Palenzona • 2 giorni fa

l'Invalsi non misura nulla di significativo. Il vero imbroglio della sQuola è assolutamente legale : si chiama VOTO CONSOCIATIVO DI CONSIGLIO. Ed è quel perverso meccanismo, ancorché legalissimo, per cui i voti della materia "X" oppure "Y" vengono sostanzialmente decisi per alzata di mano dagli insegnanti di materie estranee ("A", "B" oppure "C"). Tutto ciò in spregio al congruo numero di verifiche sulla base delle quali gli insegnanti di "X" e "Y" avevano PROPOSTO i propri voti. Ebbene codesti voti sono carta straccia, allo scrutinio finale, sulla base di NESSUN GENERE di verifica, insegnanti di altre materie, distorcono a qualsiasi livello queste risultanze, piegandole ad altre considerazioni.
Quindi non andiamo a cercare la pagliuzza del cheating DEGLI STUDENTI, quando la sQuola in toto è a partire dal "vertice" la sede del cheating legale di stato. Dare colpe agli studenti diventa esilarante, grottesco, e surreale.

Gruppo di Firenze ha detto...

La pratica dei condoni negli scrutini l'abbiamo sempre denunciata anche noi. Non si capisce però perché chi giustamente si scandalizza per questo debba poi condonare i comportamenti scorretti di molti studenti e di non pochi docenti durante gli esami, nei compiti in classe e nelle prove Invalsi. Il quale qui c'entra soltanto per le sue stime sui "comportamenti opportunistici" e non per l'attendibilità dei suoi test. Non c'è alcuna pagliuzza, ma due travi di notevoli dimensioni.

Gianfranco Porcelli ha detto...

"Cheating" e "copiare" hanno due configurazioni ben diverse. In certi sistemi scolastici, l'idea di fondo è che chi è in classe con te un domani sarà tuo concorrente per i posti di lavoro, le borse di studio, ecc. Se lo denunci perché imbroglia (e certi sistemi lo incoraggiano esplicitamente) ti salvaguardi dalla concorrenza sleale.

Da noi si copia tra studenti in una sorta di alleanza complice, dove il "nemico" è il prof., spesso percepito come emanazione dall'autorità statale.

C'è bisogno di un cambio di mentalità generale - vorrei vivere abbastanza a lungo per vederlo attuato.

Luca M. Cini ha detto...

Sono il marito di un'insegnante, e l'unica esperienza scolastica che ho è relativa agli anni in cui studiavo.
Tutti i vostri commenti sono condivisibili, ma la sostanza è che nelle scuole, soprattutto in quelle piccole di paese, non si boccia più per evitare di perdere numeri, quindi classi, quindi posti di lavoro. E i lavativi, che esultano e si moltiplicano, vanno ad ingrossare la schiera di futuri ignoranti con i quali, tra qualche anno dovremo nuovamente fare i conti.

Luca M. Cini ha detto...

Sono il marito di un'insegnante, e l'unica esperienza scolastica che ho è relativa agli anni in cui studiavo.
Tutti i vostri commenti sono condivisibili, ma la sostanza è che nelle scuole, soprattutto in quelle piccole di paese, non si boccia più per evitare di perdere numeri, quindi classi, quindi posti di lavoro. E i lavativi, che esultano e si moltiplicano, vanno ad ingrossare la schiera di futuri ignoranti con i quali, tra qualche anno, dovremo nuovamente fare i conti.

Papik.f ha detto...

A proposito dei primi due commenti, faccio notare che lo stesso Giulio Mario Palenzona ha postato successivamente il seguente, più interessante, commento:
"Per restituire una parvenza minima di veridicità al sistema scolastico intero bisognerebbe avere il coraggio di fare alcune scelte banali ma potenti.
1) gli studenti non sono bocciabili, possono avanzare in ogni caso
2) i voti agli scrutini coincidono necessariamente coi soli voti ottenuti dai singoli insegnanti disciplinari. Questo significa che è assai meglio promuovere con un DUE REALE piuttosto che con un SEI FINTO votato a maggioranza, perché il primo descrive la situazione vera, il secondo è una foglia di fico di comodo.
3) all'esame di stato, si attribuisce un voto scaturente dalla media di tutte le materie, esteso, attraverso opportuni pesi decrescenti, all'intero corso di studi : tale voto integra quindi l'intero percorso in modo non soggettivo e assolutamente non "volatile" (per usare un gergo finanziario).
Ma soprattutto, ai fini del trovare lavoro o delle iscrizioni a questa o quella facoltà, non servirebbero più filtri in ingresso, basterebbe andarsi a ricavare dalle pagelle i VOTI AUTENTICI incorrotti delle discipline di interesse. L'intero sistema sarebbe snello e veridico. E risparmioso, perché il tempo medio di "percorrenza" del curricolo sarebbe di 5 anni per tutti, invece dell'attuale, dove taluni si trascinano stancamente di bocciatura in bocciatura a singhiozzo, riuscendo in qualche modo, con pazienza, a filtrare per "anzianità di iscrizione". Ognuno passerebbe in un tempo definito, e raccoglierebbe alla fine esattamente quel che aveva seminato. Fine anche della dispersione".
Sarei pienamente d'accordo con lui (e se non erro, una proposta analoga fu avanzata anche da qualcuno del GDF), ma mi sembra che - come gli è stato fatto osservare - un simile sistema sia incompatibile con il valore legale del titolo di studio, o ne richieda comunque una profonda revisione.

Papik.f ha detto...

Per quanto riguarda il commento di Gianfranco Porcelli, anch'io vorrei vedere un simile cambiamento prima di morire, ma mi sembra di comportarmi un po' come la vedova scaltra della barzelletta: "Signore, fatemi vedere che calano le tasse e poi chiamatemi pure accanto a quell'anima santa e benedetta ..."

Anonimo ha detto...

Sono la Preside di un Liceo: nel corrente anno abbiamo somministrato i test INVALSI, letti ma non tabulati e soprattutto NON consegnati, perché....perché da anni ci accusano di cheating ingiustamente. Ho invitato INVALSI a mandare gli osservatori e a lavorare meglio (è ovvio che in un liceo rispondano esattamente a un tot di domande....). INVALSI: l'opera buffa!

V.P. ha detto...

Amarcord. Voti veri e abolire le bocciature (2005)

http://www.orizzontescuola.it/news/amarcord-voti-veri-e-abolire-le-bocciature-2005

V.P. ha detto...

È UNA CHE SE VUOLE CE LA PUÒ FARE

di Daniela Pia - 12 h

Studentessa dichiara, all'orale del giudizio sospeso, (4 discipline) di NON saper rispondere alle domande di italiano e storia. La studentessa dovrebbe passare in quinta, dove è noto che l'italiano non sia materia dirimente, non parlo poi della storia. Prende 4 in italiano (media con lo scritto) e 3 in storia. Viene promossa perché tanto ha recuperato le altre due materie col 6. E poi è una che se vuole ce la può fare, si è vero non studia, ha sempre le cuffie nelle orecchie, si è vero che è sempre fuori dall'aula ed è un'assenteista. MA se vuole le capacità le ha. Ecco mi mancava la scuola delle presunte capacità.

https://www.facebook.com/groups/docentincazzati/?fref=nf

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ho vissuto casi simili con l'aggiunta che magari a giugno le materie insufficienti erano più di quattro, ridotte a quattro con considerazioni simili.

Unknown ha detto...

Rispondo a PApik.f sulla (presunta) incompatibilità del valore legale del titolo di studio.
Perché sussisterebbe ?
Se uno si presenta alla fine corso con sfilze di due e tre e prende, via una media opportunamente ponderata, un diploma riassumibile con, ad es., 38 / 100 esimi, perché non ha valore legale ? NE ha : ma è un DISVALORE legale, com'è giusto che sia. In altre parole, un ipotetico datore di lavoro, una volta visto un titolo del genere, è in grado di GRADUARLO secondo i suoi bisogni, e scartare un tale candidato senza rischi. Anche nei concorsi : clausole come : sono ammessi aspiranti diplomati con non meno di XXX (magari con ulteriori specifiche nei singoli ambiti), si presterebbero ottimamente alla GRADUAZIONE del valore legale di un titolo. Che non assumerebbe più la dicotomia : possesso o non possesso, ma assumerebbe infiniti valori (dico infiniti se si pongono clausole settoriali specifiche), o cmq non meno di 100 DIVERSI VALORI VALIDI guardando solo la media. Ecco la base di una vera e potenziale meritocrazia (ovviamente se chi assume poi guarda amici, parenti, raccomandazioni, o se i concorsi sono truccati, non c'è voti che tengano ... ma diciamo che ci sarebbe il supporto dal basso a possibili implementazioni apicali di meritocrazia. Oggi manca anche il supporto dal basso, senza che voglia essere una scusa per chi sta sopra, per carità)
(sono Giulio Mario Palenzona)

Papik.f ha detto...

Il mio riferimento era al principale uso che si fa del valore legale del titolo di studio: l'accesso ai pubblici concorsi.
Se un candidato ha una licenza di Liceo Scientifico con tre in Matematica e quattro in fisica, si considera questo titolo valido per l'accesso a un concorso al Catasto o alle Poste oppure no?
Io sarei per il no, ma questo comporterebbe che il valore legale di detto titolo verrebbe di fatto a decadere.
Oppure si potrebbe considerare valido il titolo per l'accesso, ma penalizzando sostanzialmente il candidato rispetto a un altro in possesso del titolo con tutte le sufficienze.
In ogni caso questo comporterebbe, come scrivevo sopra, una sostanziale revisione del concetto di "Valore legale", anche se non necessariamente una sua soppressione.
Per non parlare del fatto che i diplomifici ci sguazzerebbero ancor più di quanto avviene oggi.
Ciò non toglie che sia una proposta interessante e valida, da me condivisa in linea di principio.
Solo che richiederebbe di essere attuata dopo uno studio attento e l'individuazione dei problemi che si verrebbero a creare e delle possibili soluzioni, non con l'improvvisazione estemporanea che ha spesso contraddistinto certe riforme, soprattutto negli ultimi tempi.

Unknown ha detto...

Il mio riferimento era al principale uso che si fa del valore legale del titolo di studio: l'accesso ai pubblici concorsi.

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anche io mi riferivo a quel contesto
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Se un candidato ha una licenza di Liceo Scientifico con tre in Matematica e quattro in fisica, si considera questo titolo valido per l'accesso a un concorso al Catasto o alle Poste oppure no?

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NI, e nella misura in cui è si, è irrilevante. Mi spiego : attualmente si nega che tale titolo possa sottendere un 3 e 4, in quanto sanati per magia. Ma non è quella la sostanza del discorso. Una cosa è COME VIENE IMPLEMENTATO il valore legale, altro è abolire tout court il medesimo. Io sono per mantenerlo, ma deve essere cambiato. Anche una laurea alla NORMALE di Pisa o alla SISSA non hanno e non dovrebbero avere il medesimo valore, anche legale, di una dell'univ. dell'Insubria. Ci vuole un sistema di rating nazionale pubblico, e i titoli andrebbero pesati SIA per il voto di laurea, SIA per la posizione della data facoltà nel rank nazionale.
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Io sarei per il no, ma questo comporterebbe che il valore legale di detto titolo verrebbe di fatto a decadere.

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perché non ti piace l'idea del VALORE LEGALE VARIABILE ? E' molto flessibile, ma evita la discrezionalità. Si sa come finisce quando si lascia discrezionalità in itaGlia. Clientelismi legalizzati, nepotismi, raccomandazioni ...
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Oppure si potrebbe considerare valido il titolo per l'accesso, ma penalizzando sostanzialmente il candidato rispetto a un altro in possesso del titolo con tutte le sufficienze.

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non sarebbe impossibile inserire in ogni concorso, specificamente, vincoli analitici sui singoli voti. Anche sul fatto di avere fatto una data materia o meno
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In ogni caso questo comporterebbe, come scrivevo sopra, una sostanziale revisione del concetto di "Valore legale", anche se non necessariamente una sua soppressione.

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su cui sono d'accordo. Attualmente il valore è : INCOGNITO, INDEFINITO, visto che rappresenta numeri fittizi, falsati. Questo non può andare bene a prescindere ----

Per non parlare del fatto che i diplomifici ci sguazzerebbero ancor più di quanto avviene oggi.

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Beh, il patrocinio statale deve presupporre anche controlli e mazziate. Esistono in giro per il mondo enti (terzi) di validazione, che se bari, ti blindano tutto
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Ciò non toglie che sia una proposta interessante e valida, da me condivisa in linea di principio.
Solo che richiederebbe di essere attuata dopo uno studio attento e l'individuazione dei problemi che si verrebbero a creare

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non è poi così difficile. L'unico paletto è, come dicevi, sul ripristino di controlli seri e sanzioni su chi BARA. Ma è fantascienza, in itaGlia
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e delle possibili soluzioni, non con l'improvvisazione estemporanea che ha spesso contraddistinto certe riforme, soprattutto negli ultimi tempi.

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intendiamoci, non è LA riforma migliore, è solo una cosa minimale a costo negativo (risparmio), ma malvista dai politici, che nella finzione sguazzano, e si avvalgono dell'incapacità della cittadinanza di riconoscerla. Essi NON VOGLIONO che la scuola funzioni, l'aveva già capito bene A. Gramsci.
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Papik.f ha detto...

Non sono in disaccordo, anzi sono d'accordo su molti punti, in particolare sulle conclusioni.
Lo sono di meno sull'idea del sistema di ranking.
Un privato ha tutto il diritto di scegliere un laureato di una determinata Università rispetto a quello di un'altra: la sua valutazione soggettiva è insindacabile, poiché rischia i propri soldi.
Lo Stato a mio parere non può farlo, perché i soldi sono del contribuente. Potrebbe (anzi dovrebbe) se fosse possibile dare una valutazione qualitativa oggettiva, di un Ente formativo come di altro, ma personalmente condivido l'idea - sostenuta da tanti che ne sanno assai più di me - che non lo sia.
Ovviamente tutto ciò non riguarderebbe il caso di un titolo di studio comprendente alcune insufficienze come nell'esempio estremo che facevo sopra. Quindi si potrebbe benissimo dire che per accedere al tale concorso occorre un diploma con un dato punteggio minimo in una tale materia.
Nascerebbe però un altro problema: poiché - dalla legge Codignola in poi - tutti i titoli di secondaria superiore sono equiparati, si dovrebbe mettere sullo stesso piano una valutazione in matematica di un Liceo scientifico con una di un Professionale, e con tutto il rispetto per quest'ultimo, mi sembrerebbe una assurdità.
Oppure si dovrebbe dire che per accedere a un determinato concorso si deve necessariamente essere in possesso del diploma di un determinato indirizzo (il che credo sia attualmente possibile solo per gli indirizzi professionalmente abilitanti).
Questo intendevo dire sostenendo che una simile riforma comporterebbe una sostanziale revisione del concetto di valore legale del titolo di studio: che si creerebbero notevoli complicazioni.
Ma non intendevo dire che non varrebbe la pena di affrontarle.
Ammesso che lo si volesse fare, del che dubito proprio perché condivido le tue considerazioni conclusive, i modi si potrebbero trovare, se non altro per migliorare la situazione rispetto al disastro attuale.

V.P. ha detto...

"intendiamoci, non è LA riforma migliore, è solo una cosa minimale a costo negativo (risparmio), ma malvista dai politici, che nella finzione sguazzano, e si avvalgono dell'incapacità della cittadinanza di riconoscerla. Essi NON VOGLIONO che la scuola funzioni, l'aveva già capito bene A. Gramsci."

sì, NON VOGLIONO in più sono presuntuosi, faciloni e vorrebbero lasciare una loro traccia.

però le discussioni in questo blog e altrove servono a cercare di svegliare la cittadinanza o opinione pubblica.

p.s. segnalo:
https://secure.avaaz.org/it/petition/A_Docenti_e_ATA_Bocciamo_il_Piano_scuola_di_Renzi/?dMSCYcb

Unknown ha detto...

proseguo, senza quoting letterale ...

Lo sono di meno sull'idea del sistema di ranking.

Il rank degli atenei (e delle scuole, un po' meno) è delicato, e certamente dovrebbe almeno nel primo caso avvalersi di peer reviewing a livello anche GLOBALE e non localistico. Avere riscontri terzi non interessati è quanto di più oggettivo si possa ottenere in un problema molto facilmente soggettivo.
L'altra possibile soluzione è "a priori" : limitare l'autonomia e richiedere prestazioni standard minime. Nell'università questo approccio è imho piuttosto restrittivo (anche se in certa minima misura essenziale) nella scuola secondaria superiore lo vedo invece come esigenza assoluta da riscoprire (nel rottamare contestualmente la pagliacciata o truffa definita autonomia). L'università ha più pudore perché ha più visibilità e vende un prodotto top class di cui rendere conto : l'autonomia a sQuola sostanzialmente coincide con il pedissequo assecondare il cliente-padrone, e una svalutazione totale dei contenuti.

Quanto ai rischi del privato che deve decidere insindacabilmente perché rischia i soldi propri, vorrei sottolineare che sovente non rischia solo quelli né principalmente.
Se un ingegnere di ditta di costruzioni private (conveniente perché di ateneo scarso) fa i calcoli errati sul calcestruzzo strutturale, oltre a pagare, rischia la vita degli inquilini. La tutela del pubblico interesse nell'esercizio di professioni di responsabilità (mettiamoci anche i medici di ospedali privati : in caso di errore è più parte lesa il datore di lavoro o il paziente vittima ?) si estende in parte anche alla sfera privata, è inevitabile, e quindi almeno dei minimi qualitativi sindacali, se non una meritocrazia ortodossa stile ranking, è necessaria.

Cmq oggettivizzare il ranking è cosa che non riesce malaccio altrove. Potremmo fare una cosa furba : COPIARE. Copiare le norme di dove funzionano, e possibilmente l'etica annessa (senza la quale le norme sono lettera morta).

E' fuor di dubbio che se poniamo a somma 100 il diritto all'autonomia e il dovere di standardizzazione e di requisiti minimi, all'università magari spetterà un 70:30 o un 60:40. Alla scuola superiore tranquillamente un 5:95. Altrimenti questa si orienta verso il cheating deliberato, basato sulla svalutazione dei programmi per raccattare la massa di iscrizioni. Fatte salve le oasi felici dove si concentrerebbero i (pochi) buoni studenti.

Unknown ha detto...

Passerei ora al problema, a cui ho già pensato e da molto, circa il diverso livello dei corsi di pari denominazione di un liceo scientifico e di un professionale.
Il punto fermo che vorrei condividere è che un'equiparazione di nome, ma non di fatto, che non sottenda sostanza, è da abolire al più presto.
Ma la soluzione non mi pare sic et simpliciter dire : ok, non si equivalgono, punto.
Allora come fare ?

Imho cambiando denominazioni, ma non in modo banale, semplicemente RIARTICOLANDO i programmi.
Scomponendoli in "moduli standard, elementari e REALMENTE intercambiabili", e poi ricomponendo questi moduli con una diversa scansione oraria.

Ad es. immaginiamo di suddividere tutto lo scibile attuale di matematica in moduli standardizzati (per contenuto e livello, in modo analitico)
come Mat1, Mat2, Mat3, ... , Mat99

Ora in un professionale, in ad es. 5 ore settimanali, potrebbero essere previsti alcuni moduli (diciamo 3), fatte salve le propedeuticità interne, da standardizzare pure esse, con l'aiuto dei matematici.

In 5 ore settimanali di un liceo scientifico o tecnologico o in un perito informatico, potrebbero venire previsti 5 o 6 moduli standard.

Si avrebbe una differente densità di scansione, con accumulo di un numero variegato di crediti, tra loro confrontabili.
Ossia, il modulo Mat7 svolto nel migliore liceo deve essere identico (equivalente) in ogni senso a Mat7 svolto al migliore liceo. Solo che in quest'ultimo questa parte di programma consumerà una settimana, nell'altro caso due mesi e mezzo.
Bisogna partire dalla rinuncia a raccontarci balle, in sostanza.
Se uno vuole fare il passaggio da una scuola all'altra, sono automaticamente determinate le carenze da colmare: basta verificare le propedeuticità dei moduli a cui si chiede di accedere.

A quel punto per accedere a un concorso richiedi i moduli APICALI, sfrondati di tutte le propedeuticità date per implicite (Mat8, Mat13, Mat 22).

Anche se hanno fatto le stesse ore curricolari, quello del liceo probabilmente le avrà maturate (sempre che abbia ottenuto le sufficienze in detti moduli ! Problema questo individuale che si innesta in quello curricolare : io sono per diplomare anche in presenza di buchi, purché poi questi condizionino l'accesso al lavoro e concorsi). Quello del professionale probabilmente non avrà detti crediti.

In sostanza standardizzare I CONTENUTI, eliminando autonomia, renderebbe univocamente confrontabili i livelli a prescindere dalla sede e dalla denominazione della scuola, imho

Cmq ... stiamo purtroppo tristemente strillando nel deserto. Non c'è peggior sordo di chi sa già e non vuol sentire :)

Papik.f ha detto...

"Se un ingegnere di ditta di costruzioni private (conveniente perché di ateneo scarso) fa i calcoli errati sul calcestruzzo strutturale, oltre a pagare, rischia la vita degli inquilini". Sì, ma vanno in galera, lui e il costruttore, e non lavorano mai più. O almeno così dovrebbe essere, così è nei Paesi civili. Ma sono comunque questioni da codice penale, più che da ranking dei diplomi.
Io credo soprattutto nel "votare coi piedi" basato sulla comunicazione diretta tra studenti: se un'Università offre formazione non soddisfacente, chi vuole limitare i rischi nella sua futura attività professionale va a iscriversi altrove.
Per garantire comunque i minimi qualitativi credo più nel "limitare l'autonomia e richiedere prestazioni standard minime", non avendo molta fiducia nei sistemi di ranking; ma questa è, comunque, una mia opinione personale.
Sul secondo intervento, invece, sono d'accordo in tutto; però è la conferma che non si tratterebbe affatto di una riforma semplice, anche se a mio parere sarebbe certamente opportuna.